Madagascar mora mora 2

15/10/2005 ( ancora ignari che percorreremo ben 2230 km su suolo malgascio) Il nostro viaggio comincia già qualche mese prima di partire veramente. Nel momento in cui decidiamo la meta, cominciamo a sognare quel posto che a breve diventerà realtà. Come gli altri viaggi fatti, anche questo decidiamo di affrontarlo autonomamente, organizzato in...
Scritto da: Luca Paroli
madagascar mora mora 2
Partenza il: 15/10/2005
Ritorno il: 31/10/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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15/10/2005 ( ancora ignari che percorreremo ben 2230 km su suolo malgascio) Il nostro viaggio comincia già qualche mese prima di partire veramente. Nel momento in cui decidiamo la meta, cominciamo a sognare quel posto che a breve diventerà realtà.

Come gli altri viaggi fatti, anche questo decidiamo di affrontarlo autonomamente, organizzato in proprio da casa. Io e la Ciusky abbiamo cosi cominciato ad informarci tramite internet, a contattare via e-mail altri viaggiatori su cosa valesse la pena vedere e non, su come muoversi su un territorio cosi vasto in appena 15 gg di permanenza. Alla fine si è deciso di partire il 15 ottobre da Bologna con l’Air France, fare scalo a Parigi e da li arrivare ad Antananarivo, capitale del Madagascar, dopo ben 10 ore di volo. Il tutto per la modica cifra di 898.50 euro. Il biglietto acquistato direttamente su internet sul sito di last minute.

Avendo a disposizione solamente 15 giorni, e volendo vedere il più possibile, abbiamo deciso di prendere un auto a noleggio. I mezzi locali sono presenti e coprono gran parte del territorio, il problema è che sono molte volte zeppi di persone, caricati all’osso e non hanno orari precisi a cui partono. Si muovono solamente se hanno riempito tutti i posti, e con riempito intendo messe persone letteralmente “una sopra all’altra” . Ovviamente il contatto ravvicinato con i locali è assicurato, ma noi decidiamo di noleggiare quest’auto con autista. Già perché in Madagascar sono poche le auto che si noleggiano ai turisti senza autista. Vuoi perché le strade asfaltate sono veramente poche e le altre sono impercorribili se non con una jeep, vuoi perché cosi l’autista riesce a campare, lui e la sua famiglia, o vuoi che le auto che vedi in giro sono cosi usate da non saper dove mettere mano in caso di guasto. Eugéne, il nostro autista, lo contattiamo tramite due ragazze italiane che ci danno la sua e-mail. Lui molto cordiale ci risponde in italiano e ci da dei consigli riguardanti il tour che abbiamo preventivato di fare con lui. Soprattutto ci consiglia sulle tempistiche di viaggio tra un paese ed un altro, e questo si rivela molto utile per capire anche noi, se non stiamo tirando un po’ troppo. Rivedute alcune tappe grazie alle sue informazioni, confermiamo per Eugéne. Spenderemo circa 590 euro a testa tutto compreso, benzina e alloggio per l’autista.

Il 15 ottobre partiamo alle ore 7.30 da Bologna con destinazione Parigi. Qui le solite corse per prendere la coincidenza, ma ce la facciamo. Alle 9.30 si parte all’insegna di 10 ore massacranti. Alle 21.00 circa (ora locale) arriviamo nell’oscurità all’aeroporto d’Antananarivo (fuso orario: +1ora). La curiosità ci spinge a guardarci attorno per scorgere almeno un po’ di quel sogno che ci siamo portati dietro dall’Italia. Aimè l’oscurità non si sbilancia molto ma siamo elettrizzati ugualmente. L’aeroporto è piccolo ma come me lo aspettavo: semplice e rispettoso. Usciti dall’aereo attraversiamo la pista e agli arrivi ci mettiamo in fila per bollare il nostro passaporto (150000Fmg). Dopo di che ci rimettiamo in fila, dove agenti portuali ci timbrano il passaporto. Ecco dopo circa 1 ora, siamo ufficialmente in Madagascar!!! Presi i nostri zaini, ci dirigiamo all’esterno dove come da copione una massa d’autisti ci viene in contro chiedendoci dove siamo diretti. Ah, a proposito, in Madagascar si parla solamente il francese o il malgascio. Le altre lingue, alcuni le conoscono perché avendo a che fare con i turisti le imparano per necessità. Ciò nonostante riusciamo a districarci e a trovare l’autista che ha mandato per noi l’hotel SAKAMANGA., contattato dall’Italia. Prima di uscire scambiamo i soldi nella banca sempre aperta dell’aeroporto. Io scambio 400 euro e ci rimango male quando vedo tutti quei soldi che il tipo mi da. Il cambio è di 2400Ar = 1 euro, perciò ricevo la bellezza di 960000Ar. Il problema è che il taglio in Madagascar è piccolo e quindi ricevo una montagna di soldi che mi sembra di aver rapinato una banca. Il Madagascar ha ancora due monete ufficiali, il franco malgascio(Fmg) e l’ariary (Ar). In circolazione ci sono ancora entrambe ed entrambe vengono accettate dai negozietti o dai ristoranti. Ciò nonostante tra qualche anno il Fmg verrà eliminato ed è per questo che il 90% dei prezzi che si vedono in giro sono espressi in Ar e il cambio venga fatto in Ar. Il cambio Ar-Fmg è di 1 a 5, cioè 5Fmg = 1Ar perciò occorre fare molta attenzione al resto che si riceve e controllare che venga dato sempre della stessa valuta usata per pagare, per non essere fregati.

Il tragitto verso l’hotel ci ricorda alcuni viaggi fatti in egitto, dove gli autisti di notte viaggiano a luci spente per le strade. Poche luci e persone lungo le strade. Finalmente dopo 15 min circa arriviamo all’hotel. Pulito , carino e molto accogliente. Ci dirigiamo nella nostra stanza distrutti dal viaggio. (doppia con bagno in camera: 36000 Ar in due) 16/10/2005 Alla mattina sveglia presto, colazione al ristorante dell’hotel con caffè e croissant (2400 Ar) e alle otto prendiamo i nostri bagagli per andare all’ingresso dove abbiamo appuntamento con eugen, il nostro autista. Il nostro fido condottiero ci da subito una brutta notizia. Sua figlia deve essere operata all’ospedale e lui non può lasciarla da sola e quindi neanche accompagnarci per il nostro tour. Al suo posto ci propone di viaggiare con suo fratello, un signore di circa 50 anni , e un ragazzo, Victor, di 29 anni che fa da choeffeur. Accettiamo vedendo poche vie d’uscita. Paghiamo la somma pattuita dall’Italia e partiamo per la nostra prima tappa: ANDASIBE. Uscendo da Tana, cosi la chiamano Antananarivo, ci si accorge che la città non è poi cosi pericolosa come c’immaginiamo. Molto modesta, non è una metropoli. Case colorate, diroccate, baracche in lamiera, case in costruzione, tutto costituisce la città, come la varietà della gente che la vive. Lungo le strade si vede di tutto, gente scalza vestita solo di stracci, donne ben vestite che vanno a messa, signori in giacca e cravatta che comprano il pane.

Fatto il pieno all’auto, una specie di peugeot familiare non senz’altro nuova, visto i 340000km segnati sul conta chilometro rotto, chissà poi da quanto, usciamo dalla città.

Questa parte di Madagascar si presenta montuosa, molto verde a volte, coltivata a riso su terrazzamenti che ricordano l’oriente. Il verde di questo riso è qualcosa di indescrivibile, un verde cosi non lo si aveva mai visto. Lungo il tragitto di quasi tre ore per arrivare ad Andasibe, circa 134 km, attraversiamo piccoli villaggi di case fatte in terra cruda rossa e tetti in paglia . Gli abitanti li vedi semi nudi girare in bicicletta oppure portare sul ciglio della strada sacchi pieni di erba secca. Scopriamo che l’erba viene raccolta nei campi, a bordo strada, ovunque praticamente, per poi essere portata al mercato e venduta come cibo per gli zebù, la loro mucca. Vediamo poi vere e proprie piramidi di mattoni crudi che vengono accatastati al sole per poi essere cotti. Alla base , infatti, di queste piramidi si vedono delle aperture in cui vengono bruciate fascine di legna. Il calore prodotto cuoce lentamente i mattoni. Arrivati ad Andasibe, lasciamo la strada asfaltata per dirigerci verso l’hotel. La strada incomincia ad essere veramente impraticabile e Victor, il pilota, guida praticamente a passo di lumaca per non distruggere l’auto. Salite, discese, strade disperse nella foresta e nient’altro nei dintorni. Proseguiamo attraversando fiumiciattoli su ponti di legno, vallate verdi e ancora foresta. Ad un certo punto, come un miraggio nel deserto, lo avvistiamo. E’ il VAKONA FOREST LODGE, la nostra sistemazione per una notte. Immediatamente ci pentiamo di non aver prenotato per più notti vista la bellezza spettacolare del posto, dell’hotel e della pace che si respira qui. Costruito su di un laghetto artificiale in mezzo alla foresta, il vakona è costituito da tante piccole casette dislocate nei dintorni di un grande edificio centrale, in cui si trova il ristorante , la reception e la sala giochi. Tutto è realizzato in legno, con fiori dappertutto. Appena preso possesso del nostro alloggio, incominciamo a curiosare di qui e di là. Sembra un paradiso! (camera doppia con bagno in camera: 80000Ar in due).

Visto che siamo arrivati per mezzo giorno decidiamo di andare a visitare il parco e vedere l’indri, il più grosso lemure dell’isola. Presa la macchina ci facciamo accompagnare all’ingresso del parco dove però conviene arrivare alla mattina per accaparrarsi una guida esperta. Lì , infatti, ci dicono che orami è tardi, tutte le guide sono fuori con altri turisti. Aspettiamo fino alle due e mezza nel ristorantino lì a fianco e per la prima volta proviamo gli spiedini di zebù (5000Ar). Poi riproviamo a sentire se magari una guida si è liberata. Aimè non siamo fortunati e quindi ci propongono una visita di circa due ore, per 25000Ar in due con una guida inesperta, o meglio capace di farci girare la foresta e portarci fuori da essa, ma non tanto capace di scovare gli animali. Accettiamo e c’incamminiamo con la nostra giovane guida alla scoperta dell’indri. La foresta è magnifica, con felci giganti, uccelli, piante strane, eucalipti, ma dell’indri nessuna traccia. Ad un certo punto c’inoltriamo nella vegetazione per scovare meglio l’indri. La guida con la scusa di voler andare a cercare il famoso lemure, ci lascia in mezzo alla foresta da soli. Aspetta, aspetta, ad un certo punto io scovo proprio due indri sopra le nostre teste. Accovacciati l’uno vicino all’altro, se ne stanno lì in santa pace a dormire. Il tutto viene abbondantemente filmato dalla ciusky, e quando la guida ritorna gli facciamo presente la cosa e lui in modo simpatico ci dice che siamo stati veramente fortunati, più di lui. Continuando il nostro giro arriviamo alla fine delle due ore soddisfatti di aver visto almeno qualcosa. Ci congediamo dalla guida e torniamo con l’auto all’hotel. Alla sera, decidiamo di trattarci bene per la cena. Pesce a volontà e poi ci ritiriamo nella nostra casettina.

17/10/2005 ( 402 km percorsi oggi) Ci alziamo presto, verso le 7.30. Facciamo colazione con croissant a volontà, e paghiamo il conto ( 80000Ar). Oggi ci aspetta un lungo viaggio per FIANARANTSOA. Il tragitto è pieno di curve ma lo scenario che si apre davanti ai nostri occhi ogni volta che svoltiamo, ci fa rimanere senza fiato. A meta mattina decidiamo che forse è meglio fare uno stop intermedio nella città di ANTSIRABE. La città non è niente di che. Il nostro autista ci porta in un hotel di sua conoscenza, l’hotel HASINA. Tranquillo, pulito dispone anche di camere nuove visto il recente ampliamento. (camera doppia con bagno: 25000Ar in due) Essendo arrivati verso le 14.30 in hotel, decidiamo di uscire per mangiare un boccone e poi trovarci con l’autista per un tour della città e ad un vicino lago. Appena usciamo dalla porta dell’hotel veniamo letteralmente assaliti da uno sciame di pousse pousse, il mezzo di trasporto azionato da forza umana più comune in questa città. Sì perché si dice che Anstirabe sia la città con la maggior concentrazione di pousse pousse dell’isola, e questo è vero. Se non fosse per l’insistenza con cui vieni colpito appena metti piede fuori dall’albergo, saremmo stati anche contenti e un pò curiosi di provarne uno. Il problema è che pur dicendogli di no, loro ti seguono e continuano a ripeterti fino allo spasimo il loro nome, con la speranza di essere richiamati più tardi. Appena usciti, ci districhiamo tra i vari pousse pousse e ci fermiamo al ristorante SARABANDA, gestito da un italiano, a trecento metri dall’hotel. Lui è in Madagascar da ormai otto anni e ci dispensa qualche informazione utile. Alle 15.30 ci troviamo con le nostre guide e partiamo con loro per il lago ANDRAIKIBA. Questo è un lago vulcanico appena fuori la cittadina. Facciamo un giro a piedi sulle sue rive e visitiamo qualche chiosco. Il lago è infatti circondato da una miriade di piccoli negozietti che vendono pietre preziose. Nulla di che. Ripresa l’auto ritorniamo verso l’albergo. A cena decidiamo di ritornare dal nostro amico italiano. Il cibo è ottimo, ed io mangio una pizza al tonno veramente buona.

18/10/2005 ( 256 km percorsi oggi) Partenza alle ore otto per AMBOSITRA, il paese dell’artigianato malgascio, e per poi proseguire verso FIANARANTSOA. Il tragitto è stupendo come al solito, con vedute mozzafiato e stralci di vita malgascia che sembra di tornare indietro nel tempo. Lungo il percorso accostiamo l’auto per osservare dei contadini che con i loro zebù arano le risaie. Sono scene che avevamo visto solamente in certe sagre come rievocazione di tempi passati. Qui invece succede quotidianamente, è il loro modo di vivere. Circa due ore dopo la partenza, arriviamo ad andasibe. Qualche km prima del paese, l’autista si ferma in alcuni negozietti in cui lui dice si facciano i migliori affari. Qui si vende di tutto, dai bracciali fatti con corno di zebù, alle svariate statue o maschere in legno, ai quadri, ai tavolini, ai tamburi, alle macchinine di latta, ecc.Ecc. Fatti alcuni acquisti, ripartiamo per il villaggio. Ambositra è molto caotica, piena di gente che fa compere e che vende nei loro negozietti. Ci lasciamo con i nostri autisti e facciamo un giro. Il 90% dei negozi vende ovviamente ai turisti e ovviamente hanno tutti le stesse cose di artigianato. A pranzo ci fermiamo in una locanda squallida, dipinta di rosa, in cui lo zebù assomiglia più ad una suola di scarpe che a un boccone di carne. Dopo pranzo andiamo in posta a prendere i francobolli per le cartoline e ripartiamo per Fianarantsoa.

Arriviamo verso le 16 e subito ci fermiamo in stazione a ritirare i biglietti prenotati con internet (12000 Ar + 5000 Ar di prenotazione) dall’Italia per il viaggio dell’indomani per Manakara. Fatto ciò andiamo allo Tsara guest house per confermare la notte del 21, visto che non ci siamo riusciti da Tana appena arrivati. Libidine!! Un posto cosi bello lo si vede solo nei film. Non vediamo l’ora di dormirci e tentati chiediamo se è possibile avere una camera all’ultimo minuto. Purtroppo è tutto pieno e non si fa nulla. Estasiati ci dirigiamo verso l’hotel COTSOYANNIS. Nulla di che, accogliente, con camere normalissime e un ristorante intimo dalla buona cucina. Da buoni italiani mangiamo per la seconda volta la pizza. Molto buona. (camera doppia con bagno: 8 euro in due).

19/10/2005 Oggi si parte in treno per MANAKARA, un viaggio infinito di cui le aspettative sono alte.

Sveglia molto presto perché il treno parte alle 7.00. Per sicurezza bisogna essere la verso le 6.30. In stazione, visti i biglietti prima di salire, ci portiamo sul vagone della prima classe e prendiamo posto. Come preannunciato dalla lonely planet, sul nostro vagone ci sono solo turisti e anche abbastanza costipati. Per fortuna siamo seduti vicino ai finestrini, pronti ad osservare le meraviglie del paesaggio. Durante il viaggio per Manakara abbiamo preferito sederci sul lato sx del treno, quello che guarda la stazione per intenderci. Questo lato offre le viste panoramiche migliori e le vedute più suggestive. Finalmente partiamo e incomincia un’avventura magnifica. Paesaggi stupendi dai colori accesi. Si passa dalle risaie fuori della città per poi attraversare la foresta e i bananeti. Ad ogni piccola stazione, il treno si ferma e la gente del villaggio si affianca ai finestrini per vendere soprattutto cibo ai viaggiatori. Ti vendono di tutto, dai gamberi di fiume fritti, banane di tutti i tipi, a carne cucinata a mò di polpettine da mangiare con il pane, a dolci ovviamente fatti di banane, alle classiche patatine e biscotti. Io e la ciusky proviamo un po’ di tutto, dalle banane, ai biscottini, a striscioline fritte di pastella. La ciusky prova anche i gamberi fritti.

Lungo questo tragitto, penso di aver visto gente vivere proprio di nulla. Ti accorgi che la gente che vive sui monti, a coltivare e raccogliere banane, non ha nulla. Con quel poco che riescono a guadagnare con i “vasah”, i turisti come ci chiamano loro, o dalla raccolta delle banane che però non è tutto l’anno, tirano avanti. Ti arriva una botta di vita che ti assesta un attimo.

Dopo 5/6 ore di treno, cominci a non farcela più e preghi il cielo che Manakara arrivi presto.

Quando cominciano ad apparire palme da cocco, e finalmente avvisti il mare attraversando in treno la pista di atterraggio degli aerei, allora sei arrivato. Appena scesi , una bolgia di pousse pousse ci assale. Noi rimaniamo in stazione perché dobbiamo prendere i biglietti per il viaggio di ritorno dell’indomani. Sbrigate queste pratiche, proviamo finalmente il pousse pousse che ci trasporta entrambi per 5000 Ar, compreso zaini, all’hotel LEONG. È incredibile cosa si possa fare per guadagnare qualche soldo in più. A noi ci sa male vederlo fare tanta fatica ma lui insiste per farci sedere sul suo carretto e portarci entrambi all’hotel. Datogli ovviamente qualche soldo in più, ci accordiamo con lui per il relativo trasporto hotel-stazione all’indomani mattina. L’hotel sembra bello da fuori. Le stanze (camera doppia con bagno: 27000 Ar) si rivelano poi normalissime, con acqua fredda e vista la nostra fortuna, senza luce elettrica fino alle 21.00. L’elettricità, infatti, qui è data da generatori a gasolio che forniscono tutto il villaggio. Probabilmente, per risparmiare, in alcune zone del paese ed in modo alternato, spengono i generatori e cosi si rimane al buio. Dato che sono solamente le 16.00 andiamo a fare un giro. Il paese non è grandissimo, con strade sabbiose molto grandi. Purtroppo il mare non è vicinissimo, a circa 20 min di distanza con un pousse pousse. Preferiamo fare un giro per il mercato centrale, veramente ricco di ogni genere. Compriamo qualche cd di musica malgascia da mettere come sottofondo al video di questa vacanza e torniamo in hotel per riposarci un attimo prima di cena. Verso le sette usciamo e ci dirigiamo nel buio, perché lungo le strade non c’e luce se non quella della luna, al ristorante DELICIOUS, consigliatoci dai cinesi gestori dell’hotel. Qui ci facciamo un piatto abbondante di gamberoni giganti alla griglia veramente buoni e praticamente gratis (13000 Ar) Il tutto condito da un servizio ottimo. Dopo cena ritorniamo in hotel aspettando il giorno che verrà.

20/10/2005 Oggi torniamo a Fiana in treno. Nulla di nuovo se non che ci sono meno turisti e si sta un po’ più larghi. Il viaggio questa volta dura qualche ora in più, visto che dal mare ci dirigiamo verso i monti. Ad ogni stazione, oltre a vedere le solite facce del giorno prima vendere cibo, il treno viene caricato all’estremo con sacchi di riso, ceste di banane e altra roba da vendere a Fiana al mercato. Questo carico, fa sì che il treno a volte sembri non farcela. Ogni tanto ci si ferma lungo il tragitto per far riposare la motrice, addirittura una volta ci siamo fermato dentro una galleria, al buio, con il buonissimo fumo della motrice direttamente dentro i vagoni. Uno spettacolo! Partiti sempre verso le sette, alle 16.20 circa arriviamo in stazione a Fianaratsoa e ritroviamo Victor e il fido compagno di viaggio. Caricata l’auto, ripartiamo immediatamente per Ranomafana. Altre tre ore massacranti per fare solamente 34 km. La strada è pessima, piena di buche enormi che ci costringono ad una velocità di crociera di circa 10Km/h. Andar più veloce è letteralmente impossibile se non si vuole distruggere tutto. Ci addentriamo nel bosco, su salite impervie, attraversando piccoli villaggi fatti di capanne e terra cruda dispersi nel nulla e isolati il più possibile da tutti. Ormai comincia a fare buio e per la prima volta vediamo la nostra macchina con le luci accese. Dopo circa un’ora e mezza di stradaccia, si ritorna per fortuna su una strada asfaltata come il signore comanda. Procediamo per circa 15min e subito ci tocca fermarci perché stanno facendo le righe per terra. È incredibile, di sera, senza luce, loro fanno le righe per terra!!! Dopo poco ripartiamo e finalmente arriviamo a Ranomafana dove abbiamo prenotato un bungalow all’hotel IHARY. L’alloggio (bungalow con bagno: 25000 Ar in due) è essenziale e pulito, quello che lascia desiderare è il ristorante: camerieri inefficienti, cibo da schifo, musica a manetta come sottofondo che rompe i timpani.

21/10/2006 Sveglia presto, colazione cosi cosi, e poi via subito all’ingresso del parco. Prendiamo una guida che parla sia francese sia inglese e partiamo per il nostro tour di circa 4 ore (25000Ar+ 17000 per la guida a testa). La nostra guida è molto preparata e disponibile. Subito ci spiega la storia del parco, quando è stato fondato e di come viene gestito. Una parte dei soldi d’ingresso vengono devoluti ai villaggi che sono racchiusi dentro il perimetro del parco per far sì che loro mantengano puliti i sentieri, non brucino le piante per coltivare, non uccidano i lemuri per mangiarli. All’interno del parco vivono circa otto specie diverse di lemure, tre notturni e cinque diurni, in più molte specie di uccelli, camaleonti e insetti.La visita merita moltissimo. Ci addentriamo, infatti, come dei veri ricercatori, anzi con i ricercatori. Infatti, incontriamo studenti e ricercatori che seguono e catalogano i lemuri del parco. Con la guida li seguiamo abbandonando i sentieri per vedere una famiglia di lemuri e per poco non ci perdiamo nella foresta. Verso le 13 finiamo la visita, stremati e con i polpacci distrutti dalle salite ma felici di aver visto ben 5 specie diverse di lemure più due gechi coloratissimi. La giuda ci dice che siamo stati fortunati, di solito se ne vedono meno. Salutata la guida ci ristoriamo nel ristorantino all’ingresso. Molto buono. Pranziamo con i nostri autisti e dopo una chiacchiera e l’altra, ripartiamo per la volta di Fianaratsoa spaventati dall’idea di dover ripercorrere la strada infernale di ieri. Verso le 16 arriviamo a destinazione. Ci fermiamo a ritirare un po’ di soldi da uno sportello automatico e poi passiamo presso l’ufficio della Air Madagascar per vedere se ci sono posti liberi sul volo di ritorno Toliara-Tana. Purtroppo nulla da fare, fino a novembre non ci sono posti liberi e ci dicono di riprovare casomai a Toliara. Importante infatti è prenotare abbastanza in anticipo da casa, se possibile, i voli interni perché la compagnia interna è unica (air Madagascar) ed è sempre piena.

Abbattuti ci dirigiamo verso lo TSARA GUEST HOUSE dove abbiamo prenotato una camera (camera doppia con bagno in comune pulitissimo, meglio che in Italia: 14 euro in due). Il paradiso! A cena ci trattiamo bene visto anche le delizie che qui vengono cucinate. Fortuna che scendiamo presto e troviamo un tavolo. Anche qui infatti, è meglio prenotare un tavolo in anticipo essendo molto rinomato anche sulla lonely planet il posto.

22/10/2006 ( 266 km percorsi oggi) Sveglia presto, verso le 6, e colazione abbondante a base di uova, frutta, paste al cioccolato, caffè e the. Oggi ci muoviamo verso sud, direzione RANOHIRA e il parco dell’ISALO. Man mano ci spostiamo la temperatura si alza. La cosa più affascinante è come cambia il paesaggio. Da campi verdi, risaie e foreste brulle, si passa al nulla. Neanche una pianta, una foglia per miglia e miglia. Solamente distese di infinite praterie secche, una vera savana. Una spazialità cosi non la avevamo mai vista. L’orizzonte di tanto in tanto è spezzato da qualche ammasso roccioso capitato lì per caso. Sembra di essere dentro un giardino zen. Lungo il tragitto, la strada da piena di curve e tortuosa si fa sempre più rettilinea e infinita. Saltuariamente avvistiamo una macchina venire nell’altro senso di marcia, alcune mandrie di zebù qualche villaggio. A volte la paura di rimanere a piedi lì in mezzo ci assale. Dopo circa 4 ore di viaggio ininterrotto, ci fermiamo a AMBALAVAO per una visitina veloce alla fabbrica della carta. Interessante la visita ma è meglio ripartire. Dopo altre due ore e mezza circa, arriviamo Ranohira. Il paese è piccolo e oltre al parco non c’è nulla di interessante da vedere. Noi alloggiamo circa un km prima del paese, al MOTEL dell’ISALO, proprio sulla strada. Qui ci sono bungalow in pietra molto carini e in più, la tranquillità e la vista del paesaggio meritano di fermarsi (BUNGALOW CON BAGNO : 40000Ar in due). C’è anche un ristorante nel motel in cui si mangia molto bene. Il padrone, proprietario di tutto è molto simpatico e disponibile. Verso le 13 pranziamo e poi ci rechiamo all’angap, l’agenzia di gestione del parco, per vedere cosa si farà domani. Arrivati troviamo una guida che parla a suo modo un po’ di italiano che ci propone un’escursione di mezza giornata. Prendiamo subito un ticket che vale due giorni per 37000 Ar a testa. Accettiamo e tornati al motel per prendere gli zaini, partiamo con lui verso il punto di partenza del percorso. Li lasciamo l’autista a guardia dell’auto e noi ci incamminiamo. A proposito, il parco dell’isalo è una catena montuosa lunga circa 25 km e larga appena 2.5km circondata da savana. Ovviamente avendo acqua, sulle montagne ci sono vegetazione e molti animali. Ci sono molti posti da visitare: da cascate, a canyon a grotte ecc.. Questo pomeriggio visiteremo la piscina azzurra, quella nera e la cascata. Il posto è bellissimo e si può anche campeggiare dentro il parco e dormire. Con le tende. Appena partiamo, lungo il nostro sentiero avvistiamo i lemuri catta catta, quelli con la coda ad anelli. Essendo abituati ormai all’uomo non scappano e si lasciano vedere da vicino. Poi come degli indiana jones, risaliamo il torrente attraversandolo su massi e percorsi scivolosi. Dopo tanta fatica arriviamo alla prima piscina, quella azzurra. Questa ha un colore smeraldo magnifico con acqua limpidissima e una cascata naturale. Siamo tentatissimi di fare un tuffo ma purtroppo non abbiamo il costume con noi. Dopo un po’ di relax ripartiamo per la piscina nera, appena un po’ più su rispetto a questa ma molto simile. Qui l’acqua è molto scura perché la profondità della piscina è elevata. Ora tocca alla cascata. Ritorniamo sui nostri passi e imbocchiamo un altro sentiero. Scaliamo rocce e arriviamo alla cascata. Qui c’è gente che fa il bagno. In certi periodi dell’anno qui si accoppiano grosse rane. Da questo prende nome il posto. Dopo tanta fatica ci riposiamo e torniamo alla macchina. Ormai sono le 17 e prima di tornare al motel ci fermiamo all’angap per accordarci con un’altra guida che parla italiano sulla visita di domani. Al motel un tramonto mozzafiato ci incolla al cielo e dal portico di fronte al bungalow ce lo gustiamo tutto. Vediamo anche per la prima volta i camaleonti direttamente tra i fiori del giardino. Sono buffi, una sorta di iguana dagli occhi rotanti, alcuni verdi alcuni marrone. Cena ottima 23/10/2005 compleanno della Ciusky Sveglia alle 6.30, colazione e alle 7.15 ci avviamo con l’auto verso la casa della guida per prenderlo e dirigerci verso il punto di partenza del nostro tour giornaliero. Oggi visitiamo alla mattina il canyon dei lemuri e la piscina naturale al pomeriggio. Il parcheggio è circa a sette km dal motel e impieghiamo circa 30 min per raggiungerlo. Lungo il tragitto la guida ci spiega tante cose riguardanti il parco e le tribù che lo abitano. I bara vivono questi territori. Popolazione nomade, si sposta con il bestiame di zebù alla volta di campi dove cibare le bestie. Pei i bara, unica tribù del Madagascar ad essere poligama, l’allevare e vendere zebù sembra la priorità nella vita, ancor prima della famiglia o della casa. Ogni uomo bara, può avere più mogli come spose. La più bella diventa la sua accompagnatrice durante i viaggi in città o al mercato mentre le altre rimangono a casa . Per sposarsi occorre che l’uomo abbia almeno una casa e due zebù. Uno da uccidere per il banchetto nuziale e l’altro da donare alla famiglia della sposa. Ogni volta che si prende moglie, poi,l’uomo deve donare uno zebù alla famiglia della nuova moglie, e due a quella della prima, e via cosi per tutte le mogli successive. Alla fine solamente chi possiede una grande mandria può possedere più mogli. Sempre parlando di zebù, anche tra i bara ci sono i ladri di bestiame. Ci viene spiegato che questi, per non lasciare tracce lungo il loro cammino, bruciano l’erba secca su cui passano. Guardandoci attorno, infatti, molti sono le zone annerite dal fuoco e ci viene detto che in Madagascar tutti bruciano la natura, per un motivo o un altro. Al nord bruciano le foreste per coltivare, al sud ci sono i ladri di bestiame, e gli allevatori bruciano l’erba secca per farla ricrescere verde da dare agli zebù, i malcontenti della situazione dello stato, per ribellione bruciano anche loro. Insomma tutto brucia. Lasciato l’autista al parcheggio ci incamminiamo attraverso campi arati, ovviamente a mano, risaie secche e non, guadando piccoli torrenti. Attraversiamo anche un piccolo villaggio e osserviamo da vicino la risaia e il suo verde magnifico. Incontriamo una giovane mamma, con i suoi bambini, con il volto cosparso di una pasta biancastra ottenuta da una pianta. La guida ci dice che serve per proteggere le giovani mamme sia dal sole che per allontanare gli spiriti maligni. Assieme a questa, i bara hanno tanti altri tabù e credenze. Ad esempio, non indicano mai con l’indice una loro tomba, oppure possiedono braccialetti che tengono lontano il diavolo dall’acqua quando uno nuota. Addentrati di più nella vegetazione, visitiamo cascate e torrenti e avvistiamo una famiglia di lemuri con piccoli sulla schiena della mamma. Verso le 12.30 ritorniamo dall’autista e dopo averci dato appuntamento per le due, andiamo a mangiare al motel. Il pomeriggio, come al solito lasciamo l’autista al parcheggio e ci incamminiamo su per i monti. Appena saliti il panorama è magnifico. Camminando incontriamo le tombe bara, un accumulo di sassi sotto cui riposa il morto. Esistono due tipi di tombe: quella provvisoria e quella definitiva. La prima è più accessibile, la seconda invece è dentro a buchi sulle pareti delle montagne, dove per inserire il feretro occorrono corde e arrampicatori. Ogni 2/3 anni, i bara compiono la riesumazione del cadavere. Tolgono il morto dalla bara e lo puliscono. Fanno cosi fino a che non rimane solamente la pelle e le ossa. A questo punto, nell’ultima riesumazione tolgono la pelle e le ossa vengono sistemate dentro un feretro più piccolo e nella tomba definitiva. Riprendendo il cammino arriviamo alla piscina naturale. Uno spettacolo di acqua limpida, azzurro smeraldo con rocce sullo sfondo. Anche qui è un peccato non avere il costume altrimenti un bagno ci scappava. Il ritorno è duro per noi non abituati. Alle 17 siamo alla macchina, salutiamo la guida e andiamo a riposarci al motel. Come ieri lo spettacolo che offre il sole tramontando è da urlo. Cena ottima.

24/10/2005 In viaggio per IFATY. ( 285 km percorsi oggi) Partenza alle 7.00 per una lunga giornata in macchina. Lungo il percorso osserviamo il massiccio dell’isalo e lo attraversiamo. Ci sono rocce stupende con forme stranissime, come la regina dell’isalo, una roccia a forma di regina seduta sul suo trono. Attraversiamo tanti villaggi e cittadine tra cui ILAKARA, paese di zaffiri. Non sembra tanto sicura visto la gente che gira e le inferriate ai negozi. Verso le 12.00 arriviamo a Toliara. Facciamo un salto allo sportello per prelevare un pò di soldi e riproviamo a sentire dall’air Madagascar se ci sono posti per ritornare a Tana con l’aereo. Nulla da fare anche qui e quindi siamo costretti a risalire verso la capitale con i pullman o con un autista. Usciti dall’ufficio ci dirigiamo direttamente verso IFATY. La strada adesso diventa di sabbia e in certi punti rischiamo di insabbiarci. Ciò nonostante il tipo sembra sfrecciare più che sull’asfalto. Ad un certo punto, finalmente intravediamo il mare. Un colore blu stupendo. I villaggi di pescatori che attraversiamo sono piccolissimi, fatti di case in legno con recinti in cactus. Ogn’uno ha la sua piroga e li vedi navigare sul mare che sembra infinito. Dopo circa un’ora di macchina arriviamo a ifaty. Il paese è come tutti gli altri, con strade in sabbia e case fatte di rami e legni vari. Gli hotel sono in riva al mare, su una strada parallela a quella che attraversa il villaggio. Arrivati al VOVOTELO, il nostro hotel, rimaniamo stupefatti dalla meraviglia del posto. Sabbia bianca, musica molto rilassante e bungalow in riva al mare. Sembra un paradiso. Il paradiso meritato dopo 10 giorni di sfacchinata. Subito prendiamo possesso del nostro bungalow. Questo sarà per due notti la nostra casa ( bungalow con bagno: 30000 Ar a notte in due), poi ci trasferiremo in uno ancora più vicino al mare ( 45000 Ar, come l’altro). I bungalow sono in muratura fino a circa un metro da terra, poi il resto è fatto in bambù, porte e finestre compreso. È molto caratteristico ma siamo un po’ perplessi in quanto animali, insetti e zanzare possono entrare liberamente attraverso le fessure tra un bambù e l’altro. Per fortuna c’è la zanzariera sopra il letto che ci protegge. Il cibo è fantastico, pesce a più non posso, pizza e dolci tra cui una crêpe con cioccolata buonissima. Dopo pranzo cominciamo la nostra vita da spiaggia. Sole, bagno, giretto sul bagnasciuga e poco più. Sulla spiaggia vi sono tanti banchetti che vendono ai turisti souvenir, collane, braccialetti fular e artigianato in legno locale. Il posto è proprio bello e ci godiamo il tramonto in riva al mare . Dopo cena, andiamo a letto presto visto anche la poca luce elettrica nell’hotel.

25-26-27-28/10/2005 la giornata tipo prevede sveglia verso le 7.00, in quanto la luce del sole fuori ti invade tutta la camera entrando dalle fessure del bambù, colazione con caffè, frutta, crépe , latte ecc. Ritorno in bungalow per indossare il costume e poi spiaggia e bagno di sole a più non posso. Noi eravamo forse gli unici a passare 5 giorni lì e dalla spiaggia osservavamo i cambiamenti nell’hotel. Ovviamente a cambiare erano i clienti e abbiamo riconosciuto tante facce già viste sul nostro cammino, dal treno per manakara all’aereo quando siamo arrivati. A mezzo giorno pranzo a base di pesce e poi di nuovo relax in spiaggia. Effettivamente 5 giorni li sono stati un po’ tanti ma è andata bene cosi. Il 28, lasciandoci convincere da un ragazzo locale sulla spiaggia, abbiamo fatto un’escursione alle spalle del villaggio per vedere la foresta spinosa e i famosi baobab (5000 Ar a testa). Qui cactus alti un paio di metri e più, piante secche, medicinali che loro usano come automedicazione e baobab la fanno da padrone. Quelli che abbiamo visto, a nostro avviso, sono più piccoli di quelli che si possono vedere a Morondava, ma ciò nonostante ne abbiamo visti di vari tipi e con diametri del tronco fino a due metri e mezzo. Alla fine ne è valsa la pena. Curiosità sull’hotel: è gestito da due donne francesi giovani, di cui vedi sempre in giro i 4 figli sempre a giocare. È pieno di cani e gatti che durante il giorno non li vedi mai in giro ma alla sera, per ora di cena sbucano fuori da chissà dove. Dei cani non ce n’è uno che sia sano. Uno è zoppo, un altro sembra abbia una paresi su mezzo corpo. Ciò nonostante ci fanno tenerezza e un boccone non gli si nega mai. La musica dell’hotel sembra aggiornata. Hanno dei cd fantastici che io e la ciusky invidiavamo molto. Abbiamo provato anche a chiedere inutilmente una copia.

29/10/2005 ( 551 km percorsi oggi) partenza senza colazione molto presto a causa del caldo(6.30). La meta di oggi è Fiana e il suo magnifico Tsara guest house. Alla fine abbiamo deciso di risalire con gli stessi autisti che ci hanno portato giù. Visto che loro sarebbero stati a ifaty o Toliara in attesa di un cliente intenzionato a risalire verso nord e non avendo loro i soldi per risalire a causa del fatto che eugen aveva dato loro solamente una parte dei soldi pagati da noi, decidiamo di ingaggiarli nuovamente. Contrattato a lungo sul prezzo, per 150 euro in due ci porteranno a Tana. Saliti in macchina lasciamo Ifaty con un po’ di malinconia. Passiamo per Toliara dove facciamo benzina e compriamo viveri da mangiare lungo il viaggio. Il viaggio è una palla e sembra infinito. Facciamo pausa a Ranohira, presso il motel dell’isalo dove pranziamo e ripartiamo immediatamente. Verso le 16.00 siamo a Fiana, rifacciamo bancomat e andiamo allo tsara. Come al solito un paradiso. Ci godiamo tutto il più possibile, dal bagno, alle lenzuola pulite, agli asciugamani morbidi al ristorante fantastico. Dopo cena andiamo a letto distrutti.

30/10/2005 ( 286 km percorsi oggi) altra giornata di viaggio. La meta è Antananarivo. Oggi sarà soprattutto per me una giornata infernale. Alla partenza, verso le sette, scopriamo che fino a AMBOSITRA non siamo soli in macchina. Con noi sale una coppia di signori francesi, o meglio delle isole comore. Io e la ciusky ci ficchiamo costretti in fondo all’auto. La strada è piena di curve e dopo circa un’oretta accuso i primi sintomi di nausea che non tarderà molto ad evolversi in peggio. Il mio calvario dura fino a Antsirabe, dopo la quale la strada comincia ad appianarsi e a raddrizzarsi. Scaricati i nostri compagni di viaggio, proseguiamo spediti senza fermarci neanche a mangiare per Tana. Verso le 16.00 arriviamo all’hotel Sakamanga. La città è piena di vita e non vedi nessuno lavorare. D’altronde oggi è domenica e vedi tanta gente a passeggio lungo il lago oppure che va a ballare o semplicemente che chiacchiera lungo la strada. Prima di salutare i nostri piloti, regaliamo a loro cerotti, aspirine e tanti dei medicinali che a loro senz’altro serviranno più che a noi. Regaliamo anche a Victor due scatole di pastelli con cui senz’altro i suoi figli si divertiranno a disegnare. All’hotel ci accordiamo per il trasferimento verso l’aeroporto e ci riposiamo in camera. Scopriamo poi che il Sakamanga possiede una piccola corte interna verde in cui rilassarsi e giocare con i giochi di società che loro mettono a disposizione dei clienti, oppure bere in pace qualcosa. Rimaniamo lì fino all’ora di cena, che consumiamo al ristorante dell’hotel. Dopo cena ultimiamo le ultime cose, chiudiamo gli zaini e alle 22.00 ci passano a prendere per portarci all’aeroporto. Il taxi è la mitica R4 scassatissima, con la portella che si apre ad ogni buca presa. All’aeroporto, la disperazione!!! Per il check-in c’è una fila interminabile. Ci accodiamo alle 22.30 e alle 00.15 imbarchiamo i bagagli. Ci dicono pure che partiremo con circa 1 ora di ritardo e ci rimborsano con un panino pagato da loro al bar . Verso le 2.00 partiamo alla volta di Parigi, dove arriveremo verso le 10.30 della mattina. Da Parigi poi, volo alle 13.00 per essere in Italia, a Bologna, alle 14.45. Il tempo fa schifo e rimpiangiamo già il sole lasciato dietro di noi.

Per info: Luca Paroli: paroliluca@aliceposta.It Francesca Bulgarelli: francesca.Bulgarelli@cnare.It



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