Macumba

Partiti dall'Avana, presto la mattina, io, la mia lei, mia figlia (tre mesi), la sorella di mia moglie, il figlio della sorella di mia moglie, il primo figlio di mia moglie e la SANTA BARBARA, la statua di Santa Barbara in porcellana, il doppio più grande di mia filia. Settepersone, diciamo, più valigioni, il tutto in una pegeaut 106, si ma si...
Scritto da: NikiJapan
macumba
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Partiti dall’Avana, presto la mattina, io, la mia lei, mia figlia (tre mesi), la sorella di mia moglie, il figlio della sorella di mia moglie, il primo figlio di mia moglie e la SANTA BARBARA, la statua di Santa Barbara in porcellana, il doppio più grande di mia filia. Settepersone, diciamo, più valigioni, il tutto in una pegeaut 106, si ma si và ad incontrare il santo…

Viaggio Avana-Pilon de Granma, circa 900 km, tranquillo, siamo arrivati prima che facesse buio unque siamarrivati, tra sfumigamenti vari, soste forzate per la battaglia al moscquito che porta il denghe.

Pilon è una cittadina tranquilla, attorniata da campi in pianura ben coltivati, da un mare stupendo non ancora colonizzato dall’industria turistica ed attorniata dalla Sierra Mastra e dal Pico Turquino.

La Santa Barbara, avvolta in un asciugamano, davanti al sedile del passeggero anteriore, sembrava non avere grandi necessità, anzi viaggiava tranquilla ed alle soste non pretendeva rinfreschi, come tutti gli altri.

L’appuntamento con la santera era per il giorno seguente, su per la loma, la collina quasi montagna, quasi Sierra Maestra, il tempo di riposare scaricare e poi ricaricare.

Si parte, stavolta io, la mia lei, mia figlia, l’altra sorella di mia moglie, il figlio della sorella di mia moglie, il figlio della sorella di mia molgie che era scesa con noi dall’Avana, la mamma di mia moglie (una bella stazza), una signora di Pilon che veniva anche lei, una key, immensa torta di meringhe che da sola occupava tutto lo spazio posteriore, passeggino e pacco viveri per la cermonia e per il santo, e naturalmente la Snta Barbara incappucciata.

La strada prima non sembrava essere tanto ardua, ma dopo un pò la pegeaut incominciava a dare batteo, a protestare, fino a che si trovò davanti ad un’enorme voragine con un rio che passava al di sotto. Niente preoccupazione si passa da qui, e non sò come ne siamo usciti con tanta tranquillità, ma essendo in missione per conto di un santo non mi sono meravigliato più di tanto.

Arrivati vicino alla capanna dove si doveva svolgerer il rito mi comunicano che eravamo in anticipo, accidenti, che stavano ancora pulendo dentro, che era ancora presto. Bene, faccio due passi in collina (?!?), montagna, con una vegetazione mai vista dai miei occhi prima. Salgo ancora un pò, per la strada che era diventata mulattiera, guardando agni tanto quelle capanne vive e con gente, animali da cortile, e trattori e vacche da lavoro, sommerse da tanta giungla.

Mi estranea un pò un quella realtà, ma che caldo anche quassù, quando sento chiamarmi e dei rumori che arrivano da sotto: la cermonia è incominciata…

Nel lasso di tempo trascorso era arrivata una quantità di gente e ragazzini, la capanna traballava, quasi 50 persone stipate dentro, a lessare, e rumba, tanta, forte, da appena una sola conga e una zappa di ferro percossa con uno scalpello. Non credevo che bastasse così poco per fare tanta musica. E poi canti, in coro, solisti a chiamare tutti i santi del calendario…

L’INIZIO La santiera, parente di mia moglie, quindi anche mia (eh! eh!), inizia il suo sermone chiedendo innanzitutto che ha mal di testa, perchè certamente chi ha mal di testa non può restare, sarebbe penso un cattivo approccio, forse. Poi prosegue chiedendo chi avesse paura ed in questo caso il consiglio esplicito è di comprersi un cane, quindi se non bastasse di comprarsi un cavallo che è ben più grande. Prosegue strillando come un ossesso che le cose buone si tengono e le cose cattive si buttano,sparando a destra e sinistra strani intrugli di zucchero, fogliame, terra e chissà che altro. Ancora la cosa rotta si ripara e se non si ripara si butta, bè questa mi è sembrata facile, anche se non ci si pensa mai…

La temperatura dentro arrivav al grado di fusione nucleare e anche se avevo conquistato il posto forse più fresco, stavo esalando l’ultimo respiro, dopo aver buttato via, epidermicamente, tutta la riserva di Bucanero che avevo accumulato nell’ultima settimana… ESCO!!! Lascio moglie, congnate, parenti tutti e figlioletta al loro destino, vado fuori.

Tutti questi santi portati lì, sull’altarino, guardavano con aria spensierata, quasi felice, la gente e tutte quelle offerte dolci e salate, alcoliche e non che davano sfoggio lì davanti. Tra un sermone e l’altro, una richiesta e l’altra, uscivano balla bocca della santiera suoni gutturali, come di feroci animali ed insieme ai suoi occhi girati sul bianco davano una sensazione non certo piacevole, specie per me, e non mi tranquillizzavano neanche le facce tranquille della gente fuori, dei musicisti, 2, ormai quasi nudi in attesa del prossimo canto, e tutti quei ragazzini in attesa della fine della cermonia pe dar manbassa alle afferte. MA CHE IL SANTO SIA CON TE: E certo doveva essere una cermonia importante, tutta quella gente, tutti gli orixà chimati, tutti quei piccoli, diremmo noi, da battezzare, tutte quelle donne danzanti in preda a raptus frenetici, tutto quel caos in 20 metri quadri, tutto quel caldo..

Stavo fuori con la gente che stava fuori, acqua tanta da bere, calda purtroppo, fino a che qualche santo non ha chiamato, ed è arrivato un contadino dal basso con sulle spalle un bel grosso pezzo di ghiaccio, che scongelandosi, creava una gra quantità di stupenda acqua fredda, per tutti e molta per me…

Stava arrivando, dopo due, tre, quattro ore di questa cosa, il culmine della cermonia. Intanto tutti sono taccati dalla santera che imponeva le mani e bisognava fare un giro su se stessi mimando con le mani il lancio delle cose brutte dietro la schiena, come non farlo. Poi il vino dolce per gli uomini in un bicchghierino piccolo piccolo che bisognava passarsi, dove bagnare leggermente le labbra per dar modo a tutti di assaporare quel nettare. Il tipo che continuava a guardarmi in cagnesco dovette accettare da me il bicchiere e questo forse lo calmò un poco…

Ora tutti i binbi stavano in centro, mia figlia in braccio alla mamma che riceveva personalmente il santo, e rideva, sì rideva, dopo tutte quelle ore in quell’inferno, con un drappo rosso sulla testa riceveva il santo insieme allo zucchero, al profumo, all’acqua benedetta spruzzata con un ramentto di erba prufumata, ai confetti alle caranmenlle sparate in aria, al trambusto che seguiva ogni acclamazione della santera. Li chiamò tutto i santi per quei bimbi, e per una protezione intercontinelntale, poenso che trovò qualche orixà in esilio che ci coprisse anche in italia.

Poi parlò a quattrocchi con la uela, la nonna della bimba, mia suocera, che le stava sempre accanto durante la funzione e le faceva da chierichetto, indicando il cielo indicando Linda, mia figlia, con occhi terribili diceva frasi incomprensibili ed ammonimenti preoccupanti, ma guardando la faccia tranquilla di mia suocera penso che non dovessero essere predizioni cattive, forse l’allonamento di qualche mala suerte: Ora il banchetto era aperto, coi panini, i pezzi di key, i rinfreschi vari e tutti si scoprirono affamati, molto affamati, quasi sul punto di una rissa per quei pezzetti di pane, tranne me ormai gonfio d’acqua, stordito dal caldo e dalla disperazione di non potermi muovere, dalla mancanza forse di una Bucanero che mi tirasse sù! C’era da tornare indietro, ripristinare il prezioso carico, con la Santa Barbara sempre lì davanti incappucciata dall’asciugamano e mi sembra più felice e rilassata di prima. Aveva ricaricato i suoi poteri con l’incontro col santo, con quella cermonia sarebbe stata bene almeno te o quattro anni buoni, lassù, lontano, all’Avana.

Due giorni dopo, ricarichiamo l’auto per ripartire da Pilon, baci e abbracci, arrivederci e lacrime. Un pò di ritardo, e si ci stavano aspettando lungo la strada con la sorella che doveva venire con noi all’Avana, e ci aspettavano da tempo. Lì in quell’incrocio che portava in montagna, i suoi tre cavalli legati all’ombra di un albero e loro seduti in cerchio ad aspettare. Aveva chiesta due macete, uno per me ed uno per un mio amico, loro li avevano portati ma poi caricando un enorme sacco di carne di capra, già mezza avariata, in verità, ce ne siamo scordati. E ripartiamo per i tornanti della Sierra prima di trovare la benedetta Carrettera Central.

Stavolta il viaggio è stato più lento, e tra fumigazioni, qualche incidente per strada, le varie fermate, non siamo riusciti ad arrivare in tempo per deviare per Matanzas dove volevo salutare un amico. Si era fatto già scuro e di notte non è piacevole viaggiare, tanto più che manacano 200 km per l’Avana, e con tutto il carico addormentato forse solo la Santa Barbara mi vegliava alla guida. E quel muretto sull’autostrada prima di uscire per il porto dell’Avana non l’avevo proprio visto…

SANTA BARBARA VENDITA!!!!



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