Ma che vi siete persi a guadalupa!

(quello che avreste voluto ma non avete potuto vedere perché siete partiti prima di me) Bene, è il 5 gennaio 2004, un giorno dopo il mio compleanno e …mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana....... …no, quella è un'altra storia... Insomma… ? dopo 10 gg. In flottiglia in barca a vela tra Guadalupa e Antigua, in cui in...
Scritto da: Stefania 13
ma che vi siete persi a guadalupa!
Partenza il: 26/12/2003
Ritorno il: 07/01/2004
Spesa: 1000 €
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(quello che avreste voluto ma non avete potuto vedere perché siete partiti prima di me) Bene, è il 5 gennaio 2004, un giorno dopo il mio compleanno e …Mi imbarcai su un cargo battente bandiera liberiana…

…No, quella è un’altra storia… Insomma… ? dopo 10 gg. In flottiglia in barca a vela tra Guadalupa e Antigua, in cui in realtà si è visto poco o niente, escluso i porti, perché vissuti tra pioggia, mare mosso, avarie delle barche (Barbuda è saltata), travelgum, Xamamina, cerotti e ogni tipo di droga contro il mal di mare: 11 imbarcazioni con circa 10 persone di equipaggio ciascuna, per lo più di provenienza nordica (io di Roma ero estremo Sud, terronissima!) e di cui solo gli skipper conoscevano la differenza tra una cima e una corda – insomma un gran caos e tanta stanchezza; ? salutati gli ultimi equipaggi girovaganti per S. Anna, cittadina sul mare di Guadalupa; ? dopo aver dovuto rinunciare a visitare le meravigliose isole che circondano Guada (Marie-Galante, Le Desiderade, Les Saintes) perchè toccava svegliarsi alle 5.30 am (‘gna potevo fa, dopo tutte le alzatacce); ? ed infine, dopo aver rinunciato anche ad una tanto a lungo assaporata immersione subacquea nella Réserve Costeau, parco marino protetto (mare troppo mosso non si poteva uscire), rimasta (finalmente) sola in hotel (se così lo vogliamo chiamare), ho preso in mano le mie guide turistiche (tentando di fare come i miei amici milanesi e triveneti, “il nord operoso”) per pianificare le mie escursioni nei gg. Successivi, almeno per non perdere anche i posti più belli di Guada. Dopo tutto: NON MI VOGLIO DARE PER VINTA. Ed è lì, nella mia solitaria stanza, che scatta la rosicata megagalattica perchè di posti belli ce ne erano veramente tanti, mal distribuiti nella Basse-Terre e Grande-Terre (Guadalupa è un’isola a forma di farfalla composta di 2 isole), ed io ero per ben 2 gg. Ferma lì senza poterli vedere tutti. Mi sarei dovuta forse rassegnare io, da sola, appiedatisssssima e, soprattutto, senza patente (persa a Milano a novembre), a stare sdraiata al sole sulla stupenda spiaggia di S.Anna (chi l’ha vista lo sa), a prendere quella tintarella agognata (che non avevo preso per ben 10 gg. In barca a dare di stomaco), a fare numerosi bagni, a godermi lo spogliarello coi parei del fico caraibico dal fisico possente e, magari, a fare qualche incontro proficuo (che, diciamocelo, a fine vacanza non fa male vista la Grossa Crisi maschile) o addirittura riposare e dormire, non essendo affatto stanca? Arrivata alla tenera età di 36 anni (uno me lo sono abbonato, mica bisogna per forza compierne uno ogni anno), ho pensato che era tempo sprecato. Il sonno porta consiglio e anche le dritte! Il giorno dopo a seguito di tanta nordicità programmatica ho avuto un’AGNIZIONE: lasciata da sola, lo spirito traffichino romano si era risvegliato in me.

Così, con il mio francese maccheronico, mi sono fatta promettere, dal tizio dell’hotel, abbastanza reticente (era sicuro che non l’avrei ottenuta), che mi avrebbe noleggiato una macchina se gli avessi portato la denuncia della mia patente che purtroppo avevo perso a Guada (ma quando mai!). Allora, di buona lena, mi sono recata alla police dove, dopo avermi fatto aspettare mezz’ora mi hanno comunicato che dovevo andare alla Gendarmerie, situata sulla superstrada nel bel mezzo del nulla (trad. Francese: dans le buch del chiul du mond).

Ovviamente non mi potevo arrendere! Era una questione di principio. Dovevo fargliela a questi francesi. Se no, non mi sarei sentita italiana! Così tra un acquazzone e l’altro (per la strada mi hanno pure prestato un ombrello per continuare a camminare sotto la pioggia. Però che gentilezza!), arrivata a destinazione, un gendarme in calzoncini a cui ho risparmiato il mio romano: ma vatte a vestì, a ridicoloooo! solo perché, assai dispiaciuto della mia perdita, in 2 nanosecondi (unità di misura minima) mi ha prodotto la documentazione che mi serviva. Restituito l’ombrello sulla strada, tornata in hotel (parola grossa), consegnato il doc al tizio, sorpreso (ha telefonato alla gendarmerie per conferma. Puzzolente), mi sono vista consegnare con estrema goduria la mia fiammante Opel Corsa e, tutta soddisfatta, visto che c’era il sole, ho riempito la macchina di: pinne, maschera, magliette, giacchetti, parei, cappello, scarpe di vari tipi e fattezze, guide ad oltranza, una bozza di itinerario alla milanese ed ho deciso di andare nella Basse-Terre, dove normalmente pioveva (come se di pioggia non ne avessi presa abbstanza nei 10 gg. Precedenti), per vedere Le Chute de Carbet cioè altre cascate (recidiva, quelle precedenti del primo giorno a Guada non mi erano bastate) e il vulcano La Soufriere (perchè a Guada, non so se lo sapevate, c’è anche un vulcano).

Prendo la litoranea tutta gasata, vedo la famosa strada piena di palme chiamata Allèe du Manoir, campi infiniti di canna da zucchero e banane; sullo sfondo il vulcano immerso nelle nuvole. Imbocco la via per l’entroterra, percorro in salita con tutte curve una strada solitaria (ma tanto solitaria che ad un certo punto ho esclamato: “ma … ci sarà pericolo! alla Alberto Sordi) e dopo essermi morta di paura, perché mi sono comparsi dei ragazzetti cari e simpatici assai che si sono messi in mezzo alla strada con delle maschere orribili e sciarpe per impaurire i passanti e dopo, ovviamente, aver accellerato, invece di frenare, e tentato freddamente di investirli senza fermarmi (una romana non si può far fregare da quattro sgallettati guadalupici), sono arrivata a destinazione in un parcheggio immerso nella nebbia milanese. Pensate che strano: PIOVEVA! E poi si dice…A Natale vado ai Caraibi.

Però me l’ero proprio cercata.

Con mia grande sorpresa mi accorgo che tra il mio oculato necessaire da viaggio ho dimenticato la mia oramai famosa, invidiata e amatissima cerata che tanto grosso ruolo aveva giuocato nella prima parte barchesca di questa mia vacanza caraibica e da cui effettivamente non mi sarei dovuta separare.

Così, preso il mio cappello bianco acquistato ad Antigua alla Capitano Acab e avvoltami in un pareo modello mex per ripararmi dalla pioggia, bermuda e scarpe da ginnastica, ma non prima di aver fatto la mia solita porca figura – di quella sconclusionata con gli abiti ed accessori sempre fuoriluogo – con il guardiano che, sogghignando, mi chiedeva se ero une mannequin che faceva sfilate di moda, mi son avvicendata attraverso una serie di scalinate in discesa verso le cascate.

Il contatto con la natura, il silenzio e il rumore delle cascate, belle! Bella… faticata al ritorno in salita sotto la pioggia, altro che une mannequin! Ripenso momentaneamente al giorno precedente, quando, con quello stesso pareo ero andata per acquistare delle banane in una bancarella e, con mia sorpresa, invece me le hanno regalate: gentilezza autoctona o c’è da rivedere il mio vestiario? Constatato che il vulcano, ammesso che ci fosse a Guada, non era possibile vederlo vista la nebbia (leggo ora che è quasi sempre così), rimbocco la litoranea per il mio giro della Basse-Terre al sole sul litorale e mi fermo a Petit Bourg, villaggietto con spiaggia gniente de chè, ma trovo interessante, vista l’ora, un localino tipico guadalupense, dove il menù è: te magni quello che c’è, in cui scopro che uno dei piatti tipici dell’isola è l’osso buco che ho visto accompagnato da spaghetti (??La globalizzazione) con una strana salsa a cui rinuncio a favore di maiale, lenticchie e riso. Squisito (Co’ qua’ fame!).

Riprendo il mio viaggio, con ancora più grinta, e mi dirigo verso Sainte-Rose dove c’è la strada per arrivare ad una grande attrazione dell’isola, il Museo del Rhum: simpatico per chi vuol avere un ritratto di Guada ai tempi della colonizzazione. Rinuncio al Domaine de Severin dove c’è un vecchio mulino e distilleria perchè sta facendo buio. Obiettivo prima del tramonto: vedere la famosa spiaggia de La Grande Anse e la cittadina di Deshaies! Torno sulla litoranea e… spettacolo! Una serie di spiagge che al tramonto si dipingono di vari colori. Scatto qualche foto qua e là un po’ impaurita perché un gentilissimo e simpatico indigeno – a cui ho chiesto un’indicazione e che addirittura si prende a cuore le mie manovre di inversione di marcia (la gentilezza caraibica mi colpisce vieppiù e quasi mi pento di averli pensati come francesi puzzolenti) – mi ammonisce su possibili aggressori per le strade; il che non fa che confermare dei miei lontani pensieri e dubbi che ogni tanto mi affioravano nel girovagare. Sono quasi le 17.00 e sta calando la notte: titubo se andare avanti o tornare… …Ma La Grande Anse non può attendere. Tiro fuori l’ultima goccia di coraggio e continuo: La spiaggia vista dall’alto… è da paura, ma da vicino è mozzafiato! Baia da sogno, tramonto, palme, sabbia rosa – mi rifaccio della “persa” Barbuda alla faccia di tutti! – e di nuovo mi stupisco perché all’improvviso, fenomeno assolutamente inspiegabile, PIOVE.

Foto veloci e basso, ma veramente basso, passaggio a Deshaies (fighetta) e mi metto sulla strada del ritorno.

Molto simpaticamente mi accorgo che S.Anna, dove mi attende il mio grandioso hotel è precisamente diametralmente opposta a dove sono io: stradina del cavolo in mezzo a coltivazioni di canna e banani, buio, bufera tropicale che non accenna a terminare, non si vede un emerito … Sembra proprio che si sia aspettato che io terminassi il mio giro e che calasse la notte per iniziare a piovere furiosamente. GENTILEZZA CARAIBICA! Il dubbio e la paura lentamente nonché tragicamente mi assalgono. Dopo essermi tirata la sfiga per almeno una mezz’ora – ripetendo a voce alta: “se mi succede qualcosa qui in mezzo, tipo mi si rompe la macchina, che cavolo faccio, chi mi viene a cercare e soprattutto a prendere?!?” all’altezza di Pointe-à-Pitre, già quindi tra gli esseri umani e non più solo vegetali, mi rendo conto che il volante della mia non più fiammmante Opel, con la quale giusto in quel momento, mi rammento di aver preso varie buche, dossi e strade dissestate, comincia a tirare sulla destra. Ah, ah! Ma la macchina continua a camminare, posso arrivare così fino all’hotel, mancano solo 30 km. Ovviamente, dopo 3 nanosecondi, giusto il tempo di pensare a come avrei nascosto l’avaria al tizio dell’autonoleggio per non pagare spese aggiuntive, comincio a sentire un rumore sempre più forte e la macchina mi porta fuori strada. FANTASTICO! E improvvisamente mi si palesano due grandi VERITA’: 1) se riesco a tirarmela così bene, perché non mi tiro una vincita miliardaria al lotto? 2) il Giona che portava sfiga in barca non era il povero pinguino prendi-vento di plastica di Laura, morto di morte violenta attorcigliato alla scotta dopo un linciaggio di gruppo, bensì Io.

Sto per entrare in città ma vedo più avanti una stazione di servizio, dove mi infilo. Scendo, GOMMA A TERRA. Girandomi intorno tra la bestemmia nutrita di santi del calendario romano e caraibico e la voglia di pianto, scorgo una scritta enorme su di un caseggiato che mi fa rallegrare della globalizzazione: M-I-C-H-E-L-I-N.

E vai, CHE…FORTUNA! La rallegranza si riduce quando abbassando lo sguardo scopro che è tutto buio. Non mi arrendo, mi avvicino e scorgo una lucina in uno sgabbuzzino ed esclamo all’omino che intravedo, il mio bonsoir con nonchalance accompagnato da un sorriso abbozzato tentando di mantenere un’aria vaga e inconsapevole di chi non ha notato le saracinesche abbassate e l’ora tarda. Mi risponde c’est fermeè (come se non l’avessi notato) e a quel punto improvviso quella faccetta smarrita e sconsolata – che solo le donne sanno sfoderare in quei rari casi in cui si rendono conto che la presenza di un uomo è veramente indispensabile per la loro sussistenza – e gli chiedo di aiutarmi a cambiare la ruota.

Purtroppo infatti, in 5 minuti la macchina è pronta.

L’omino mi avverte che devo ringraziare la pioggia se lui è ancora lì ad aspettare che smettesse (chiusura 17.30 e sono le 18.30. Stra..Fortuna. Non pensavo di dover ringraziare a fine viaggio l’odiosa pioggia) e che il pneumatico si è forato perchè è deteriorato lateralmente e bisogna fare convergenza ed equilibratura (ma quanto lo capisco ‘sto francese!). Bene, così ho trovato anche il modo per non pagare all’autonoleggio la riparazione.

Sotto la pioggia me ne torno in hotel, che mi sembra sempre più bello, sotto la pioggia mi mangio un’aragosta da Lucullus, ristorante lì vicino, e sotto il suono della pioggia mi addormento in attesa del tour di domani.

Il giorno dopo c’è il sole. Pur essendo romana, nell’ultimo giorno di soggiorno a Guada mi sveglio di buon ora. Devo sistemare il pneumatico, ho intenzione di vedere la Grande-Terre, vorrei dedicare un po’ di tempo agli ultimi acquisti e, guarda un po’, anche al relax ma realizzo subito un’altra grossa VERITA’: GUADA E’ UN’ISOLA PER VIVERCI e non solo per passarci le vacanze. Qui l’inizio dell’orario di lavoro è molto flessibile: alle 10.00 il tizio dell’autonologgio che sento per telefono, stanca di aspettarlo e per cercare di risolvere la cosa velocemente, mi dice che arriverà tra un’ora (tempi caraibici). Anticipo gli acquisti e quando torno, ancora deve telefonare alla ditta per farsi dire cosa fare (?). Dopo la telefonata, con un sorriso soddisfatto mi dice che ha pronta la soluzione: TARAAN! Mi darà la ruota di scorta di un altro veicolo! IDEONA! Vedo che i tempi lenti caraibici condizionano anche gli ingranaggi dei loro cervelli.

A questo punto parto alla volta di Saint François, molto carina, e poi continuo fino a Pointe de Chàteaux, l’estrema punta sud-orientale dell’isola.

SPETTACOLO. Ci sono dei faraglioni da non perdere, mi inebetisco per mezz’ora a bocca aperta su di una panchina ad osservare la scena.

A questo punto mi sarei dovuta sdraiare su di una bella spiaggia per mangiare qualcosa ma poi mi sono detta: “…E se qualcuno che ha visitato Guada un giorno mi chiedesse se ho visto il famoso cimitero piastrellato di bianco e nero di Morne-A’-l’Eau?!?” Il dolore per una mia eventuale futura risposta negativa mi fa rimodere la coscienza e mi fa prendere la strada verso nord, nel centro dell’isola, per vedere questa perla rara: col senno di poi penso che rispondere no non sarebbe stato in fondo così grave.

Tornata a S.Anna, purtroppo, me ne vado in spiaggia ad assaporare le ultime gocce del sole caraibico. Rivedo il francese che vive 6 mesi qui e sei mesi in Francia (chiamalo fesso) che avevo conosciuto con Cristina 2 gg. Prima: vende le collane di semi di piante dell’isola e ne acquisto una come da mia precedente promessa (non sia mai che io non mantenga le promesse e risparmi). Realizzo che la gentilezza qui ai Caraibi non caratterizza solo gli autoctoni ma è anche contaggiosa, quando me lo vedo tornare con una bustina con tutti semini di diverso colore e forma, con un fogliettino dentro con su scritti i nomi di ognuno: un regalo per me.

Tramonto e ultime foto a parte, parto per l’aeroporto dove vengo a conoscenza di una nuova grande sorpresa: in Italia c’è lo sciopero degli uomini radar, pertanto, numerosi voli sono stati cancellati da Parigi in Italia, tra cui ovviamente il mio. Comincio sempre più a nutrire tristezza per quel povero pinguino morto al mio posto! Mi preparo psicologicamente anche a dover fare un giro al cimitero di Parigi (dove già ero stata in un mio precedente soggiorno per vedere la tomba di J.Morrison. Quando una si fissa…) quando, dopo 3 falsi allarmi d’imbarco (è stato sospeso 2 volte per annunciare nuovi ritardi e una perché una donna era svenuta durante. Una parola: SOPPRIMETELA) monto sull’aereo e il comandante assolutamente desolato prontamente ci comunica scusandosi con grande rammarico ed enfasi che… per un disguido tecnico…Non ci sono pasti a bordo.

MA CHISSENE…!?! Voglio andare a casa! Mi rassegno a perdermi il gioco dei mimi degli assistenti di volo sulle procedure di emergenza tanto le so tutte perchè cado in un sonno profondo. All’arrivo a Roma prendo le mie cose, e a questo punto, la grande cerimonia del bacio del suolo natio, è d’obbligo.

Insomma sarete d’accordo con me nel dire: MA, CHE VI SIETE PERSI A GUADALUPA! Baci a tutti.

Stefania



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