Ma che Mediterraneo d’Egitto!
E’, con questa, la quarta volta che andiamo in Egitto, un paese straordinario sia storicamente, come culla di una grande civiltà, che dal punto di vista naturalistico, con i suoi paesaggi desertici e le sue meravigliose coste, e come nelle altre occasioni anche in questa contiamo di non rimanere delusi … anzi! L’avventura ha inizio alle 13:40 di un tranquillo venerdì di settembre … non porta sfortuna questo malfamato giorno della settimana, lo abbiamo potuto appurare con la partenza di tanti altri bei viaggi … e comunque un quarto dopo il via entriamo in autostrada a Faenza per affrontare il breve tratto di asfalto che ci conduce in quel di Bologna, da dove spiccheremo il volo.
Lasciamo l’auto nel parcheggio convenzionato e alle 14:35 mettiamo piede dentro all’aeroporto Marconi del capoluogo felsineo. Facciamo una lunga coda per il check-in e alla fine imbarchiamo i bagagli. Oltrepassiamo il metal-detector e ci mettiamo in attesa alla porta numero 4 … Dobbiamo pazientare un po’, ma poi saliamo sul Boeing 737 della compagnia di charter Neos che alle 17:14, in leggero ritardo sulla tabella di marcia, prende quota, identificato come volo NO5752, virando immediatamente verso sud.
Sorvoliamo tutta la dorsale appenninica per affacciarci sul mare nel Golfo di Taranto, attraversiamo lo Ionio, passiamo sopra all’isola di Zante e alle propaggini più meridionali del Peloponneso, mentre il sole va tramontando. Nel contempo sistemiamo le lancette dell’orologio sul fuso orario di destinazione: un’ora in più rispetto all’Italia.
Sfioriamo l’isola di Creta e subito cominciamo la discesa verso la nostra sospirata meta … Alle 20:46 locali atterriamo così nell’aeroporto militare di Marsa Matrouh, utilizzato saltuariamente anche per scopi civili. Infatti siamo, a quanto pare, gli unici passeggeri in transito e l’atmosfera è piuttosto trasandata, con le piste e le zone di sbarco scarsamente illuminate e con un unico nastro trasportatore dei bagagli, messo in movimento solo ed esclusivamente per noi.
Sbrighiamo tutte le formalità doganali, comprese quelle sanitarie, con due inquietanti personaggi ad attenderci, dotati di mascherine, causa probabilmente l’allarme per l’influenza suina, e una volta usciti all’aria aperta veniamo fatti salire su dei pullman.
Nell’attesa che ci raggiungano tutti i nostri compagni di viaggio apprendiamo che in questo periodo il fuso orario è identico a quello italiano perché, causa il ramadan in corso, è stata adottata in anticipo l’ora solare e per questo motivo dobbiamo riportare indietro quelle stesse lancette che poco fa avevamo spostato in avanti … Poi finalmente ci muoviamo e in circa mezzora raggiungiamo il Bravo Club Almaza Beach, che ci ospiterà per una settimana intera.
Andiamo a cena e quindi a spasso per il villaggio, che nonostante l’oscurità si presenta piuttosto bene, poi ci ritiriamo nella nostra camera (la 3219) per il sospirato riposo … Domani mattina comincerà la vacanza vera e propria e dovremo essere nella condizione migliore.
Sabato 5 Settembre: La luce fa capolino dalla finestra della stanza dove il torpore regna ancora assoluto ed il sole illumina Almaza Bay … scostiamo le tende e ci godiamo la vista dal nostro terrazzo, che promette davvero bene.
Andiamo a far colazione e poi a prendere posto nell’ordinata e bianchissima spiaggia del villaggio che offre comodi lettini schierati ai piedi di fitti ombrelloni impagliati, fronteggiati da un’ampia distesa di sabbia.
Sistemiamo i teli e poi facciamo una passeggiata lungo il bagnasciuga fino alla punta a sinistra del Bravo Club accompagnati su di un lato dalla vista di un mare davvero strepitoso, come ce lo avevano descritto, e sull’altro dalla grande mole non proprio entusiasmante dei villaggi turistici, infatti oltre al nostro, ad Almaza Bay, ce ne sono altri due, entrambi a gestione italiana: il Ventaglio ed il Vera Club, con un quarto in costruzione fra non molto a giudicare dalle ruspe in continuo movimento.
Alle 10:00 vado con Federico al briefing informativo al termine del quale prenoto un paio di escursioni e poi corriamo a goderci un primo, sospiratissimo bagno: l’acqua oltre ad avere straordinari riflessi cristallini è anche caldissima e pure Sabrina concorda, lei che ha sempre freddo! … Così restiamo a lungo a farci coccolare dalle onde e quando ne usciamo il mezzogiorno è già da tempo passato.
Andiamo a pranzo e nel pomeriggio torniamo a spassarcela nella spiaggia e nello splendido mare di Almaza Bay, ma anche a fare pura vita da villaggio, che notoriamente non amiamo, ma sforzandosi un po’ tutto sommato può anche essere piacevole. Così consumiamo un bagno in piscina e poi ci lasciamo coinvolgere nell’emozionate esperienza del tiro con l’arco, mentre il sole pian piano scende verso la linea dell’orizzonte, infiammando il cielo e mettendo fine alla prima, bella giornata, di completo relax, in questa vacanza nord-africana.
Dopo cena ci concediamo il simpatico spettacolo messo in piedi dallo staff di animazione del Bravo Club e poi corriamo in camera a dormire, perché domani mattina ci aspetta la prima vera escursione di questo viaggio e anche una discreta levataccia.
Domenica 6 Settembre: La sveglia è, col buio ancora completo, poco prima delle 5:00. La colazione mezzora più tardi e alle 6:00 in punto viene a prelevarci il pullman che ci accompagnerà dal Bravo Club ad Alessandria d’Egitto.
Servono due ore e mezza di viaggio da Marsa Matrouh, durante le quali dormicchiamo un po’ tutti, poi arriviamo in vista della seconda città egiziana, con i suoi cinque milioni di abitanti, fondata nel 332 a.C. Nientemeno che dal prode condottiero Alessandro Magno, quando, conquistata la zona, passò di qui diretto al Tempio dell’Oracolo di Siwa.
All’epoca sulla striscia di terra compresa tra il mare ed il lago Mariout c’era un piccolo villaggio chiamato Raqote e a poche centinaia di metri dalla battigia un’isola, detta Pharos: antico scalo commerciale già usato dalle navi fenice.
Alessandro ordinò la costruzione della sua città proprio qui, intuendo le potenzialità dell’approdo, e Alessandria divenne uno splendido centro, ma anche uno dei luoghi culturali più importanti dell’ellenismo. Il suo celebre fondatore però non la vide mai, dato che lasciò il paese nella primavera del 331 a.C., quando l’architetto Dinocrate di Rodi incaricato del progetto aveva appena avviato i lavori, e morì a Babilonia otto anni più tardi senza essere più tornato in Egitto.
Percorrendo strade fiancheggiate da fatiscenti ed orrendi palazzoni giungiamo sul lungomare, che la guida probabilmente in buona fede decanta in maniera spropositata, per seguirlo brevemente verso levante … Il luogo per dir la verità è anche piuttosto bruttino e attualmente sembrano lontanissimi gli anni d’oro dell’epoca coloniale, quando l’intero centro cittadino pulsava di mondanità e grossi intrighi internazionali.
Passiamo davanti alla modernissima Biblioteca di Alessandria, alla quale torneremo a far visita in tarda mattinata, e seguendo il litorale giungiamo in vista del forte Quait Bey, eretto verso il 1480 e successivamente ampliato dal sultano Mohammed Alì … La costruzione militare sorge imperiosa su quella che un tempo era l’isola di Pharos, nel luogo in cui svettava il celeberrimo Faro di Alessandria (la comune parola faro deriva dal nome dell’isola e non viceversa!), una delle Sette Meraviglie del mondo antico.
Forse concepito da Alessandro stesso, il faro fu costruito durante il regno di Tolomeo II (attorno al 290 a.C.) e superava i 125 metri di altezza, con una portata della grande lanterna che, a quanto si narra, andava oltre i cinquanta chilometri di distanza, ma fu irrimediabilmente distrutto da un terremoto nel 1303 e sostituito quasi due secoli più tardi, appunto, dal Forte Quait Bey.
L’ingresso alla poderosa opera difensiva lo troviamo però chiuso e dobbiamo accontentarci di vederla dall’esterno, come del resto, per motivi di sicurezza (forse esagerati), la vicina, monumentale moschea Abu al-Abbas al-Mursi, il più importante edificio religioso della città, dedicato al santo patrono dei pescatori e dei marinai, edificato nel 1943, ma con la stessa eclettica aria dell’originale del XVI secolo, caratterizzato da fantasiose cupole e slanciati minareti.
In pullman passiamo di fronte al neoclassico monumento al Milite Ignoto, eretto anche con i contributi di Vittorio Emanuele III di Savoia, re d’Italia esule in Egitto dopo la seconda guerra mondiale e sepolto proprio qui ad Alessandria, nella cattedrale cattolica di Santa Caterina.
Giungiamo così, attraversando fatiscenti quartieri lungo le cui strade sferragliano decadenti e arrugginiti tram, in vista di uno dei monumenti storici più importanti della città: la cosiddetta Colonna di Pompeo.
L’unica testimonianza tangibile di Alessandria risalente all’antichità e ancora protesa verso il cielo è una colonna di granito rosso alta circa 25 metri, proveniente dal tempio in rovina di Serapide ed eretta, a dispetto del nome, in onore dell’imperatore Diocleziano verso la fine del II secolo d.C. Il monumento domina un crinale di pietra calcarea disseminato di reperti, fra i quali due sfingi, ed alcuni scavi, comprese tre gallerie sotterranee dove venivano interrati i buoi sacri di Api e dove furono a suo tempo sistemati provvisoriamente i pregiati scritti salvati dalla distruzione dell’antica Biblioteca Alessandrina.
Sotto un sole cocente osserviamo da più angolazioni l’intrigante Colonna di Pompeo, poi risaliti in pullman arriviamo, nelle vicinanze, anche alle Catacombe di Kom es-Shoqafa.
Alla necropoli più antica e sorprendente di Alessandria, risalente al I-III secolo d.C., accediamo attraverso un’ampia scala a chiocciola. Esploriamo così alcuni ipogei, disseminati di macabre nicchie nella roccia, all’interno dei quali è stranamente vietato fotografare, che si sviluppano su tre piani per una profondità di circa 35 metri, fin dove si trova la tomba più interessante, il cui atrio è sorvegliato da rilievi di serpenti e al cui interno si trovano alcuni enigmatici dipinti … certo, nulla di speciale se paragonato alla Valle dei Re o delle Regine di Luxor, ma comunque un’esperienza ricca di fascino e mistero.
Riemersi dal sottosuolo chiudiamo il cerchio della visita ad Alessandria e passando di nuovo per quartieri fortemente degradati, sfioriamo i resti del Teatro Romano e torniamo sul lungomare alla Biblioteca Alessandrina.
Progettata da un’equipe di architetti norvegesi ed austriaci, fortemente voluta dall’Unesco e finanziata da molti paesi arabi ed europei la nuova biblioteca è stata inaugurata nell’ottobre del 2002 dopo oltre sette anni di lavori e si presenta, modernissima nelle forme, come un enorme cilindro tagliato in diagonale alla sommità a rappresentare il disco solare che sorge dal mare (in realtà un grande lago artificiale), in memoria di Ra, il Dio del Sole dell’antico Egitto.
Sull’immenso muro di pietra esterno sono poi incisi pittogrammi, geroglifici e lettere di tutti gli alfabeti conosciuti, a ricordare anche l’internazionalità dell’antica Biblioteca, fondata poco dopo Alessandria stessa, che già verso la metà del I secolo d.C. Racchiudeva oltre mezzo milione di manoscritti, andati poi in massima parte distrutti per mano dei romani di Cesare e più tardi dall’ignoranza dei primi cristiani e dei musulmani, entrambi contrari al sapere universale.
Visitiamo il luogo anche al suo interno: concettualmente molto interessante e architettonicamente impressionante, con la sua sala di lettura, su più livelli, che si estende per circa ventimila metri quadrati … L’intera opera, in definitiva, appare fin troppo perfetta ed efficiente, considerato il contesto nel quale è inserita, tanto da poterla definire un’oasi nel disordinato caos urbano circostante.
Con la Biblioteca Alessandrina si esaurisce in pratica l’intenso programma di visite mattutino e successivamente andiamo a pranzo in un lussuoso hotel del centro per poi intraprendere, senza troppa fretta, il viaggio di rientro a Marsa Matrouh.
Perdiamo un po’ di tempo, nella periferia della città, in un bazar convenzionato con la nostra locale agenzia viaggi, nella cui trappola non cade praticamente nessuno, quindi dopo circa un’ora di strada giungiamo al Sacrario di Guerra Italiano di El Alamein.
In questa località della costa mediterranea egiziana e nel suo aspro entroterra si consumò (fra luglio e novembre 1942) l’ultimo atto della campagna nord-africana della seconda guerra mondiale, durante la quale persero la vita oltre centomila soldati, suddivisi fra le varie nazioni impegnate nel conflitto. Da una parte c’era il feldmaresciallo Erwin Rommel (detto anche la Volpe del Deserto) e comandante l’avanzata dell’Afrika Korps italo-tedesca e dall’altra il generale Bernard Montgomery ad organizzare la disperata difesa alleata, che però ebbe successo. Per i battaglioni italiani impegnati nell’evento fu una vera e propria disfatta ed il Sacrario è dedicato ai 4800 soldati ufficialmente morti, ed ai 38000 dispersi, che il mare ed il deserto non hanno mai restituito.
In un clima composto rendiamo così omaggio ai nostri caduti, ma idealmente anche a tutti quelli (amici o nemici) deceduti assieme a loro … vittime di quell’assurdità umana che è la guerra! Alle 18:30 arriviamo un po’ stanchini, dopo un’intensa giornata di visite, all’Almaza Beach … Ci fermiamo al bar della piscina giusto il tempo per dissetarci e ci guardiamo intorno: che contrasto di realtà fra lo sfarzo del nostro villaggio e i quartieri degradati di Alessandria … ecco uno dei motivi per cui continueranno ad esserci le guerre! … Poi andiamo a prepararci per la serata, sentendoci forse un po’ in colpa per tutto questo, ma in fondo non possiamo cambiare il mondo da soli! Dopo cena veniamo allietati da un simpatico spettacolo di cabaret, poi a mezzanotte ci sarebbe anche un party in spiaggia, ma il sonno ci assale prima del tempo e così ci trasciniamo stancamente in camera a riposare, ma anche a meditare sulle interessanti esperienze odierne.
Lunedì 7 Settembre: Dopo la lunga escursione di ieri ci prendiamo, in pratica, una giornata intera di assoluto relax, a parte una piccola avventura che ci attende nel tardo pomeriggio.
Ci alziamo con calma e andiamo a prendere il nostro posto sotto ad un ombrellone della prima fila, quindi a far colazione … Tornati in spiaggia facciamo una bella passeggiata sulla sinistra di Almaza Bay, fino ad un punto nel quale non ci sono onde ed il mare è una vera e propria piscina, allora ci concediamo un lungo, indimenticabile bagno, uno di quei bagni che ti riempiono di gioia e ti fanno sentire completamente appagato della vacanza … un po’ come essere dentro ad un sogno che vorresti non finisse mai.
La meravigliosa sensazione ha però anche una fine e, rimessi i piedi sulla terraferma, riguadagniamo il nostro ombrellone in tempo per andare prima a prenotare le escursioni per il resto della settimana e poi a pranzo in uno dei due ristoranti del villaggio.
Il primo pomeriggio è una lode totale al dolce far niente … una buona lettura, una sana pennichella e, naturalmente, un altro bellissimo bagno, così in men che non si dica si fanno le 17:00: l’orario previsto per l’avventura di questa giornata.
Mentre Sabrina rimane in spiaggia a godersi gli ultimi caldi raggi di sole, in compagnia di Federico, mezzora più tardi prendo il via dalla réception, assieme ad altri ospiti, per raggiungere una zona completamente desertica a pochi chilometri dal villaggio … Lì ci aspetta una fila di rombanti quad, con i quali affrontiamo un accidentato percorso caratterizzato dai colori del cielo al tramonto, che rendono l’atmosfera ancora più eccitante.
Dopo trenta minuti abbondanti di sconquassate piste giungiamo ad una tenda beduina (chiaramente montata per l’occasione), dove ci viene offerta una tradizionale tazza di tè e poi facciamo rientro, col buio completo, sovrastati da una magnifica stellata, mettendo fine ad una bella esperienza (addirittura fantastica per Federico, che ha guidato per tutto il tragitto) … anche se solo un po’ … anzi, molto, ma molto polverosa! Tornati all’Almaza Beach, dopo una provvidenziale quanto indispensabile doccia, la tranquilla ma piacevole giornata si conclude in teatro, con un divertente spettacolo di varietà.
Martedì 8 Settembre: Anche se, a tutti gli effetti, siamo nelle mani di Alpitour oggi vogliamo indossare le classiche vesti dei “turisti fai da te”! … Sveglia, colazione e appuntamento alla réception con un taxi per l’escursione auto-gestita … Sì, perché quella “organizzata” dal villaggio a Marsa Matrouh non prevede la visita ad Agiba Beach, secondo le mie informazioni la spiaggia più bella dell’intera la zona.
Sfrecciamo a tutta velocità sulla superstrada e in breve arriviamo sul lungomare di Marsa Matrouh, che con i suoi circa ottantamila abitanti è la città più importante di questa parte d’Egitto, nonché capoluogo del Governatorato del Mediterraneo.
Fondata da Alessandro Magno e rifugio di Marco Antonio e Cleopatra, l’abitato ha però un aspetto più che altro moderno, essendo oggi una stazione balneare di prim’ordine, soprattutto per quanto riguarda il turismo locale (egiziano e libico).
Ci fermiamo a scattare una foto alla moschea, unico monumento di un certo interesse, ubicato fra innumerevoli e poco accoglienti alberghi semi-deserti, a causa della stagione terminata in anticipo per il ramadan, mentre proprio di fronte spiccano i bellissimi colori di un mare davvero strepitoso se si pensa che siamo in pieno centro abitato! Proseguendo lungo la costa per ancora una ventina di chilometri verso ovest giungiamo poi ad Agiba Beach (che significa miracolosa).
Il nostro tassista lascia l’auto in un ampio parcheggio e a piedi ci affacciamo sulla baia dall’alto, che per i suoi splendidi colori ci lascia senza parole … E’ una stretta e profonda insenatura sabbiosa, contornata da scogliere giallo-ocra, che contrastano con il luccicante e vitreo azzurro del mare circostante.
Non c’è che dire: è bellissima Agiba Beach e sarebbe stato davvero un peccato non venirci … in più è praticamente deserta, sempre a causa del ramadan, e verrebbe proprio la voglia di fare un bel bagno, ma siamo al di fuori di una struttura turistica di tipo occidentale e non è consigliabile a meno di non farlo vestiti (in particolare per quanto riguarda le donne), così desistiamo e ci accontentiamo di scattare un bel servizio fotografico … Certo che la nostra cultura è distante anni luce da questa e non riusciremo mai, a tali condizioni, a condividere qualsiasi tipo di emozione con questa gente. Fra l’altro nella zona, molto più che in altre regioni dell’Egitto (considerato, ricordiamolo, un paese islamico moderato) abbiamo incontrato donne, per strada, che indossano il burqa, una tradizione (se così la si può definire) davvero, per noi, inconcepibile! Tornando in auto verso Marsa Matrouh facciamo tappa anche al cosiddetto “Bagno di Cleopatra” … In un tratto di costa per lo più roccioso e lambito da un bel mare si trova una sorta di vasca, scavata tra gli scogli, dove si dice che la mitica regina e Marco Aurelio si abbandonassero ai loro giochi d’amore: una storia davvero affascinante se fosse vera, ma ovviamente non c’è nessuna prova scientifica a comprovarne l’autenticità.
Attraversata nuovamente tutta Marsa Matrouh ci facciamo accompagnare sul promontorio che si estende ad est della città, dove di trova la spiaggia chiamata Rommel Beach. Pare che la Volpe del Deserto amasse fare il bagno proprio qui (e a giusta ragione visti gli splendidi colori del mare), mentre organizzava l’avanzata dell’Afrika Korps. Il suo quartier generale era probabilmente il bunker scavato nella vicina scogliera che oggi ospita il minuscolo Rommel Museum, contenente alcuni cimeli dell’epoca.
Con la breve ma interessante visita a Rommel Beach si conclude in pratica il nostro tour auto-gestito, così chiediamo al nostro fedele tassista di riaccompagnarci all’hotel.
Poco dopo mezzogiorno mettiamo nuovamente piede all’interno dell’Almaza Beach e subito corriamo in spiaggia a goderci un bagno ristoratore che già da un po’ di tempo stava in testa alla classifica dei nostri desideri, poi andiamo ovviamente a pranzo.
Il pomeriggio trascorre ancora una volta nel relax più completo … e anche la sera, con una ritirata anticipata in vista della partenza, all’alba di domani mattina, per l’ultima e forse più importante escursione di questa bella vacanza egiziana.
Mercoledì 9 Settembre: Oggi è proprio il 09-09-09 … Si dice porti fortuna questa data … Cosa desiderare quindi di più propizio per l’escursione che andiamo ad iniziare! La sveglia suona prestissimo, alle 5:00, quando è ancora buio, e dopo una prematura colazione, alle 6:00 in punto, partiamo per l’Oasi di Siwa.
Tutta la vita egiziana si è svolta, nei secoli, lungo la Valle del Nilo, nota anche come “terra nera”, per il colore dei suoi fertili depositi alluvionali. Oltre il grande fiume si estende però la “terra rossa”, cioè il deserto vero e proprio: quello orientale proteso verso la costa del Mar Rosso e quello occidentale, immenso, ritenuto il regno di Osiride, signore dei morti … In quest’arida, sconfinata e inospitale distesa si trovano però alcune oasi, veri e propri miracoli della natura, fra le quali una delle più significative è proprio l’Oasi di Siwa, verso la quale siamo diretti.
Seguiamo la strada costiera fino a Marsa Matrouh e poi giriamo la prua verso sud. Il paesaggio si fa subito desolante, con il nastro d’asfalto perfettamente rettilineo e ai lati, a perdita d’occhio, una piana polverosa disseminata di ciottoli … una stupefacente monotonia lunga circa trecento chilometri, durante i quali facciamo una breve sosta in un isolato esercizio commerciale, ai confini della realtà (e della sanità mentale), e passiamo accanto all’immensa depressione di Qattara, uno dei luoghi più bassi del pianeta (oltre cento metri sotto il livello del mare) e sicuramente il più basso dell’intero continente africano.
Alla fine giungiamo in un vasto avvallamento del terreno nel quale si trova l’Oasi di Siwa … Il paesaggio cambia radicalmente d’aspetto e nel giro di pochi chilometri si para davanti ai nostri occhi un’immensa distesa di palme.
L’Oasi di Siwa, 82 chilometri per 28 e una popolazione di circa ventimila abitanti, essendo piuttosto decentrata è rimasta virtualmente indipendente dall’Egitto fino alla fine dell’Ottocento, sviluppando una propria cultura specifica, ciò nonostante nei secoli ne ha subito inevitabilmente l’influenza.
La nostra prima sosta è alla periferia del centro abitato al Jebel al-Mawta, o Monte dei Morti, un antico e suggestivo cimitero risalente alla XXVI dinastia e all’epoca tolemaica. Un’intera collina completamente crivellata allo scopo di ottenere tombe, la maggior parte delle quali ormai in condizioni fatiscenti. Almeno un paio sono però ancora decorate con interessanti dipinti dell’epoca e le esploriamo. Dalla posizione elevata rispetto al territorio circostante si ha poi una bella vista dell’oasi, dei suoi immensi palmeti e, in lontananza, dell’inquietante Mare di Sabbia.
Terminata la visita al Monte dei Morti andiamo verso il cuore dell’oasi e dopo una breve sosta alla ricostruzione di una tipica casa siwana giungiamo nel centro nevralgico di Siwa, dove si trova una piazza, contornata da numerosi esercizi commerciali, sulla quale prospettano le rovine dell’antico villaggio di Shali.
Sulla collina che domina l’abitato moderno, verso la fine del XIX secolo, si estendeva un vasto ed intricato complesso abitativo su più livelli, che raggiungeva un’altezza di oltre sessanta metri. Nel 1929 una pioggia eccezionale, che si protrasse per ben tre giorni, causò il crollo di numerose strutture e la morte di parecchie persone, questo perché il materiale da costruzione impiegato, a base di fango e sale, in condizioni normali è duro come il cemento, ma si scioglie facilmente sotto l’acqua. Il risultato è un’affascinante ammasso di rovine surreali, ricche di involontari effetti plastici, nelle quali spicca il bellissimo minareto conico di una moschea.
La guida non ci accompagna, né ci consiglia di avventurarci fra le rovine, ma la mia curiosità è troppo grande e mentre tutti se ne vanno inutilmente a spasso per negozietti, in compagnia di Federico, assoldo un’altra guida (locale) e mi faccio accompagnare, fra intriganti scorci, fino alla sommità della collina … una magnifica esperienza al costo irrisorio di soli due euro, compreso un originale souvenir in salgemma, una pietra di sale estratta nei dintorni.
Al ritorno dalle rovine di Shali ritrovo i compagni d’escursione impegnati nell’acquisto delle più svariate cianfrusaglie, mentre per le vie del centro passa una quantità impressionante di mezzi sospinti da asini, con sopra i folcloristici abitanti dell’oasi, tutti rigorosamente in abiti tradizionali.
Poco più tardi siamo noi a salire su dei carretti trainati da somarelli (una specie di taxi locali) e con quelli raggiungiamo, a pochissimi chilometri di distanza le rovine del Tempio dell’Oracolo di Amon, sicuramente il più importante e rappresentativo monumento dell’oasi.
Risalente, si pensa, alla metà circa del VI secolo a.C. Il tempio si trova inglobato nei resti del villaggio di Aghurmi, poco ad est del moderno agglomerato di Siwa e vi si accede lungo un tortuoso viottolo al termine del quale si trova la stretta porta del vecchio borgo. Superata l’affascinante struttura di fango e sassi ci si trova ai piedi dell’antica acropoli, dominata dall’imponente sagoma del tempio, ristrutturato di recente, perché fino agli anni sessanta del secolo scorso era utilizzato come abitazione.
Il sito archeologico non é nulla di esaltante se paragonato ai più noti visitabili lungo la Valle del Nilo, ma è comunque significativo considerata l’importanza che ha rivestito l’oracolo durante il suo periodo di massimo splendore (in epoca ellenistica), quando il suo più noto estimatore, Alessandro Magno, lo consultò nel 331 a.C. Prima di essere proclamato faraone … in più c’è il contesto ambientale nel quale è inserito, perché dalla rocca del tempio si può abbracciare l’intera oasi, con i suoi palmeti, i suoi laghi salati, le alture e le dune di sabbia più in lontananza, ed ammirarne appieno tutta la sua bellezza.
Riguadagnata l’aria condizionata del pullman (una vera manna visto che saremo intorno ai quaranta gradi!), passiamo accanto alle ridottissime rovine del Tempio di Amon e percorriamo un tratto di sterrato fra immensi palmeti per arrivare nel luogo in cui si trovano i cosiddetti Bagni di Cleopatra: un’ampia vasca rotonda nella quale sono raccolte le limpide acque di una sorgente (la fontana di Ain al-Gubah), dove si dice abbia nuotato anche la famosa regina dei Tolomei e dove, fino a tempi recenti, le spose di Siwa consumavano un bagno rituale nel giorno delle loro nozze … e ci sarebbe la possibilità di imitarle, ma nessuno lo fa, vista anche l’ora ormai tarda, così anche noi ci associamo all’idea di andare quanto prima a pranzo in un vicino hotel.
Subito dopo esserci rifocillati e superate le titubanze di Sabrina per gli eventuali, inopportuni sobbalzi, partiamo tutti assieme per una breve escursione, di 45 minuti, con dei mezzi fuoristrada, sulle prime propaggini del Great Sea of Sand.
Il Grande Mare di Sabbia, con le sue enormi onde alte più di cento metri, è uno dei maggiori campi di dune esistenti sulla terra e fanno davvero impressione i 72000 chilometri quadrati di estensione fra l’Egitto e la Libia (450 chilometri in direzione nord-sud!), tanto che un’esplorazione dei suoi giganteschi dorsi dorati può valere da sola il viaggio in quest’angolo inospitale del pianeta! In breve ci troviamo a correre in un soffice mondo bicolore, fra il giallo della sabbia e l’azzurro del cielo, su e giù da colline a perdita d’occhio … una di quelle esperienze che lasciano il segno nella memoria di ogni viaggiatore … Semplicemente stupendo! … E se penso a tutti quei “topi” da villaggio, che non si schiodano dal loro lettino! … Beh! … peggio per loro! Tornati all’hotel nel deserto ci viene concesso anche il tempo per un refrigerante bagno in piscina e poi, verso le 16:00, partiamo per il lungo viaggio di rientro all’Alamaza Beach.
Salutiamo l’oasi e il Grande Mare di Sabbia … dobbiamo proprio andare, anche se ci sarebbero altre cose da vedere nei dintorni, poi sarebbe bello attendere il calar del sole e passare la notte nel deserto … ma torneremo prima o poi per un tour delle oasi e di tutto il Deserto Occidentale, perché siamo rimasti affascinati, e sarà un’ottima occasione per il nostro quinto viaggio in Egitto … E’ una promessa! … Sono questi i nostri ultimi pensieri prima di affrontare il nastro d’asfalto che corre rettilineo verso nord e verso il Mediterraneo, allietati quasi a metà strada da un infuocato tramonto.
Arriviamo in hotel per ora di cena, dopo la quale ci ritiriamo in camera a vedere la partita di calcio Italia-Bulgaria (2-0) e a riposarci, al termine di un intensissimo ma indimenticabile mercoledì di fine estate.
Giovedì 10 Settembre: Con ancora negli occhi le affascinanti immagini del deserto andiamo ad iniziare anche l’ultimo giorno intero di questa vacanza nel nord dell’Egitto, ultimo giorno che pensiamo di trascorrere in completo relax … anche perché sembra non ci sia altro da visitare negli immediati dintorni. L’unica alternativa che ci resta, a quanto pare, è una passeggiata a destra dell’Almaza Beach, in un tratto di costa ancora vergine (ma chissà per quanto).
Fra belle viste a mare caratterizzate da sabbia, scogli e acqua cristallina avvistiamo anche un colorato martin pescatore (almeno ci sembra, ma non ci metterei la mano sul fuoco, visto la nostra scarsa esperienza avifaunistica) … Poi andiamo a fare un bel bagno nella parte più occidentale di Almaza Bay, dove il mare è sempre calmo e sembra una piscina.
Quando la situazione è piacevole il tempo vola e in breve si fa anche mezzogiorno, così andiamo a pranzo per tornare più tardi, con calma, in spiaggia e trascorrere oziando tutto il pomeriggio.
Davanti ad un impensabile Mediterraneo d’Egitto le ombre della sera s’allungano inesorabilmente ed il sole tramonta alle spalle del villaggio, così, con velata tristezza, ce ne andiamo in camera a prepararci per la cena, ma anche a riordinare un po’ i bagagli in vista della partenza di domani pomeriggio.
L’ultima serata, poco più tardi, la trascorriamo spensieratamente, allietati da un simpatico spettacolo organizzato dallo staff di animazione, dopo il quale ci ritiriamo nei nostri appartamenti.
Venerdì 11 Settembre: La data è piuttosto inquietante per prendere, a fine giornata, un volo (da un paese arabo, fra l’altro), ma la cosa non ci spaventa affatto, anzi, siamo molto più preoccupati dell’ultima alba, di questo viaggio, su Almaza Bay, che non è delle migliori. Infatti in cielo c’è qualche nuvola di troppo e soffia un forte vento dal deserto che genera una piccola tempesta di sabbia.
Dopo colazione andiamo ugualmente in spiaggia dove, a tratti, filtra anche qualche raggio di sole, ma l’atmosfera è stranamente offuscata, il cielo evanescente e la Baia Diamante (questo il significato tradotto dall’arabo di Almaza Bay) oggi non brilla affatto! … Peccato, perché pensavamo di trascorrervi ancora qualche ora con i fiocchi! Alle 12:00 in punto dobbiamo mettere tutti i bagagli fuori della camera … ma non è ancora l’ora di partire e dopo pranzo ci sistemiamo sui bordi della piscina, con l’atmosfera circostante sempre intrisa … di sabbia. Dispiace sul serio che debba finire in questa maniera e comunque, in compagnia di Federico, più tardi vado a consumare un ultimo bagno nel magnifico mare antistante il villaggio, così da preservarne il ricordo, anche se non nelle migliori condizioni.
Poco dopo le 16:00 torniamo ad indossare “abiti civili” e con tutti i bagagli ci presentiamo alla réception. Sembra proprio sia giunto il tempo di andare, infatti arrivano a prelevarci i pullman preposti e dieci minuti prima delle 17:00 salutiamo il Bravo Club Almaza Beach (che ci ha più che soddisfatto), per dirigerci verso l’aeroporto di Marsa Matrouh.
Dopo mezzora di strada affrontiamo la fila per espletare tutte le macchinose operazioni doganali, al termine delle quali ci mettiamo in attesa, all’unica porta, dell’unico volo in partenza: l’NO5753. Per fortuna non sembra ci siano ritardi e passate da poco le 20:00 iniziano le operazioni d’imbarco, così in perfetto orario (alle 20:31) il Boeing 737 della compagnia Neos stacca da terra virando subito verso nord e verso l’Italia … Fuori del finestrino è ormai buio completo e possiamo vedere solo le luci di Marsa Matrouh allontanarsi nella notte egiziana, prima di inoltrarci sul Mar Mediterraneo.
Dopo un paio d’ore di volo appaiono sotto di noi le coste italiane e subito dopo incominciamo la discesa.
Alle 23:00 in punto tocchiamo terra, ma l’aeroporto per noi non è ancora quello giusto, perché è previsto uno scalo in quel di Roma Fiumicino … Scendono tutti i “romani” e poi, causa la necessità di fare rifornimento, l’attesa si prolunga più del previsto, così scocca la mezzanotte ed è … … Sabato 12 Settembre: L’aereo finalmente si muove, ma poi fa una lunga strada fra le piste dell’aeroporto capitolino e decolla solo 29 minuti dopo le 24:00 … Nemmeno il tempo di prendere quota che si comincia a scendere, così all’1:05 siamo di nuovo nell’aeroporto Marconi di Bologna.
Ritiriamo sani e salvi tutti i bagagli, poi chiamiamo il servizio di navetta gratuito e raggiunto il parcheggio ritroviamo la nostra auto con la quale partiamo immediatamente verso casa.
Alle 2:00 ci lasciamo alle spalle Bologna sulla A14 e 25 minuti più tardi usciamo dall’autostrada a Faenza, così alle 2:38 concludiamo davanti al cancello di casa anche questo viaggio nella terra dei faraoni, un viaggio speciale, fatto con una creatura in arrivo, nel mare meno noto d’Egitto, ma non per questo meno bello, in un luogo ricco di storia affascinante e alle porte del grande Deserto Occidentale … un deserto che ci ha veramente affascinato, e “peccato” (fra smisurate virgolette!) per il piccolo, inevitabile freno in un imminente futuro, ma siamo ancora “molto giovani” e, ormai stregati da questa terra, prima o poi torneremo … eccome se torneremo! Dal 4 al 12 Settembre 2009