M’assalama Hurgada
Meta: Hurgada.
Molto più di un viaggio in una meta calda per rilassarsi e dimenticare il nostro inverno per una settimana.
Il 13 febbraio scorso Michele e io siamo in aeroporto a Bologna in fila per effettuare il check-in per Hurgada con il gruppo di italiani che come noi soggiorneranno al Fort Arabesque di Makadi Bay.
La nostra partenza è con un volo Neos.
Una ventina di minuti prima del nostro atteraggio nell’aeroporto di Hurgada si comincia già a respirare un’aria diversa: dal finestrino del nostro aereo, sotto di noi, si estende il deserto, e poi notiamo un corso d’acqua, o meglio il corso d’acqua. E’ il Nilo.
Non ce ne accorgiamo nemmeno già affascinati e vogliosi di mettere piede su questa terra che è l’Egitto per andarne alla scoperta.
Un aeroporto molto piccolo e molto affollato , molto alla mano e molto rumoroso. Ci abitueremo presto a questa rumorosità! Ci accoglie il nostro operatore Francorosso egiziano DOC che ci aiuta a sbrigare la burocrazia per i visti, si procede abbastanza velocemente e una volta recuperati i nostri bagagli, con un ultimo sguardo al banchetto informazioni dove ci consegano un pacchetto pieno zeppo di locandine pubblicitarie su Hurgada ( El Gardhaka) saliamo sul pulmino che ci porta fino al nostro villaggio.
Affrontiamo una mezz’ora di pulman, e quasi non sentiamo il caldo, non ci rendiamo ancora conto di percorrere una strada costruita nel bel mezzo del deserto. Fuori dal finestrino tutto è in costruzione, è tutto nuovo, è una città in piena formazione, è una città rigidamente tenuta sotto controllo da poliziotti posti sulla strada in innumerevoli blocchi. Poliziotti vestiti di nero, che imbracciano mitra e che salutano noi turisti. Poliziotti vestiti di nero sotto il sole cocente, che non sembrano interessarsi a fermare nessuno e che tengono stretta a loro le care e preziose acque in bottiglia.
Poco prima di giungere al nostro albergo ancora polizia in veste nera che ci saluta calorosamente, barricata in un cubo di cemento pittoresco: pittoresco per via della bandiera della Repubblica Araba Egiziana pitturata su esso.
Arrivati nella nostra struttura ci rendiamo conto del caldo che c’è e nemmeno il tempo di farsi una doccia che è già ora di cena. Facciamo in tempo a fare un giro di “perlustrazione” sulla spiaggia e già cominciamo ad affezionarci al Mar Rosso. La nostra passeggiata procede fra un po’ di freddo e il vento tipico di questa zona. Le sere future sapremo come vestirci, appena arrivati non abbiamo pensato di vestirci più pesanti; giustamente però è normale la sera la temperatura cali essendo praticamente nel deserto.
A cena avviene il nostro primo incontro con una cultura culinaria differente dalla nostra. Le spezie e i profumi mi sono rimasti impressi nella mente e nel naso: io assaggio e poi assaporo riso speziato con cannella.
E poi mangio montone, che in un Paese in maggioranza di religione musulmana è cucinato spesso soprattutto in sostituzione all’apporto di grassi e calorie che possiede la carne di maiale.
I camerieri sono vitali, sorridenti e molto ospitali. E già cominciamo a scherzare col metre che alla nostra partenza lasciamo con malinconia, ma scambiandoci gli indirizzi.
Gente diversa, diversa in senso positivo, persone indimenticabili.
Ciò che si nota immediamente è la mancanza di donne. Le mansioni ( cameriere, receptionist, addetto alle pulizie) sono svolte esclusivamente da uomini. Pochi giorni dopo scopriamo grazie alla nostra guida del deserto Giourgis che la gran parte delle donne sta, o meglio deve stare a casa e non può nemmeno uscire se non per occasioni legate a eventi riguardati i propri parenti.
Per noi è strano, ma dopo poco ci abituiamo a muoverci in un mondo dove si incrociano solo uomini.
Le nostre giornate trascorrono tranquille e gioiose; prima di andare a dormire facendo zapping alla televisione soffermiamo i nostri occhi sui canali arabi e ci fermiamo ad ascoltare questa lingua così complicata che ci affascina fin dal primo istante e rimaniamo ammutoliti alla vista di messaggi pubblicitari di detersivi dove si notano donne che sponsorizzano i prodotti avvolte nel loro tipico velo. La nostra avventura attraverso la cucina egiziana e la cultura araba continua. Notiamo che il fritto e friggere gli alimenti è molto usuale, noi prendiamo nota ed evitiamo di mangiare sempre fritto altrimenti potremo scordarci lo snorkeling. Snorkeling che dopo qualche mia insicurezza, cominciamo a fare assiduamente e di cui non ci pentiremo. La barriera corallina è impossibile dimenticarla dopo averla osservata anche solo per un istante, con il suo corallo dai tanti colori, fucsia, verde e i suoi abitanti, pesci anch’essi dai mille colori, gialli, viola, neri, rossi. Nella zona dove siamo noi è frequente osservare pesci pagliaccio, davvero bellissimi e a noi e persino capitato di imbatterci in un banco di barracuda. Immancabili le meduse che soprattutto al mattino affolano il mare, ma che non fanno nulla a detta del ragazzo del diving centre: a me una medusa ha lasciato un fastidioso segno rosso su una gamba…Mah!! Acqua limpida e sabbia fine con mescolanze di coralli e resti di conchiglie: un sogno, magnifico. ( mi raccomando non portate via con voi coralli e conchiglie! ) Giovedì andiamo a visitare la città di Hurgada e il nostro occhio non riesce a non notare che Mc Donald’s è arrivato persino qui. Non manca nemmeno l’Hard Rock Cafè. Il nostro tipico e scassato ( come tutti gli altri) pulmino ci lascia in un parcheggio nel centro per lasciare che andiamo alla scoperta soli soletti. Ho evitato maglie scollate, e qualsiasi vestito succinto, nostante mi avessero rassicurata sulla sicurezza della città.
E davvero io non mi sono mai sentita molestata nemmeno con uno sguardo, e molto probabilmente comincio a credere che tutte queste paure sia molto più usuali nelle nostre città, perchè non sono culture e religioni diverse che ci molestano e ci fanno del male, anzi esse ci arrichiscono sul serio. Inseguiti dai venditori amublanti che fino al calare del sole tentano di vendere papiri e cianfrusaglie di qualsiasi genere ai visitatori, le nostre orecchie sono tormentate dai clacson continuamente in funzione, il nostro naso è a caccia dell’odore di fritto e spezie che si diffonde nell’aria, e i nostri occhi osservano sporcizia, povertà e centri commerciali nuovi di zecca tutto intorno a noi. Non resisto e compero lo zafferano egiziano e riesco a farmi regalare delle foglie di tè all’ibisco.
Ci destreggiamo abilmente fra euro e lire egiziane e percoriammo la via avanti e indietro, rischiando ogni volta che attraversiamo la strada vista la guida spericolata di coloro che sono in possesso di un patente e vista la normale mancanza di strisce pedonali.
Il ritorno la sera con il pulmino ci fa notare anche che non è raro imbattersi in automobili e pulmini che affrontano le corsie senza fari.
Venerdì è arrivato, e noi finito di pranzare ci rechiamo nella hall dell’hotel in attesa dell’arrivo delle jeep che ci accompagneranno nel deserto.
Due jeep con due autisti spericolati, la nostra guida Goiurgis dell’agenzia Travco ( agenzia presente all’interno dell’aeroporto di Hurgada) e il nostro cameramen acrobata e spericolato che ci ha filmato per l’intera giornata e ha viaggiato appolaiato sul tetto della nostra jeep.
Il deserto presente in questa zona è un deserto roccioso, infatti ci è possibile arrampicarci su una motagna di roccia e sabbia insieme alla nostra guida che ha avuto ragione a spronarci alla salita: il panorama dall’alto di questo rilievo del deserto e fantastico ed è altrettanto fantastica la discesa di corsa per le dune di sabbia!!! Ci fermiamo ad ammirare un miraggio, all’orizzonte sembra di vedere un lago con delle palme, e invece quando risaliamo a bordo delle jeep ci rendiamo conto che quel lago non si potrà mai raggiungere, si potrebbe camminare all’infinito e non raggiungerlo mai.
Lungo la strada verso il villaggio dei beduini in cui siamo diretti siamo spaventati e anche divertiti per la guida “ialla ialla” ( veloce ) del nostro autista che a tratti gareggia con l’autista dell’altra jeep e siamo allietati dalla musica araba provenienente dalla musica gracchiante che ci terrà compagnia per l’intero tragitto.
Arrivati all’accampamento beduino ci viene offerto del tè impossibile da rifiutare e poi andiamo a fare la nostra passeggiata sui dromedari, che scopriamo che i beduini chiamano cammelli poichè la parola dromedario i arabo è troppo complicata da pronunciare. Rimango incantata e impietosita alla vista dei bambini che vengono a chiederti caramelle, e che le divorano persino comprese della carta. Si imprimono nella mia mente i volti inespressivi e indimenticabili di questi bambini ricoperti di sporcizia che tutti stringono a sè almeno una volta, di questi bambini della sabbia e del vento.
E’ il turno del banchetto di spezie beduino, dove ci mostrano la rosa del deserto e tante altre foglie e spezie in grado di curare differenti disturbi e dopo di questo è il turno del banchetto dell’artigianato.
Scopriamo che persino nel deserto c’è una moschea, che possiamo ammirare solo dall’esterno sia noi che la nostra guida cristiano copta; il pozzo del villaggio è posto fuori dall’accampamento come anche una curiosa costruzione bianca, che è una piccionaia dove i beduini fanno dimorare i piccioni per poi cucinarli.
Cala velocemente la sera e il freddo si fa sentire, per via dell’escursione termica. Ceniamo e fumiamo la sisha ( comunemente narghilè) e prima di ripartire quasi al limite delle forze rimaniamo ad osservare le stelle e rimaniamo incantati alla vista di un cielo incantato che da noi non potremmo vedere mai e poi mai a causa dell’inquinamento delle luci.
Ritornati all’hotel prima di congedarci diamo la mancia alla nostra guida e al nostro autista: ricordo che dare 5 lire egiziane ( nemmeno un euro dei nostri, tenendo conto che 7 lire egiziane sono circa un euro) alla guida per persona è usuale, e all’autista bisogna darli solamente se soddisfatti.
La nostra partenza si avvicina e trascorriamo le giornate immersi nelle acque del mar rosso, e facciamo anche un’escursione a Turtle Paradise sbagliando però momento dello giornata; noi siamo andati al pomeriggio dove la presenza di pesci da avvistare è minore, quindi consiglio di procedere con le escursioni marine sempre al mattino. Ci crogioliamo al caldo sole e ogni sera al nostro ritorno in camera troviamo una nuova composizione con gli asciugamani fatta da Rakhed, l’addetto alle pulizie del nostro piano che fa di tutto per ottenere mancie.
Nel negozio adiacente all’albergo conosciamo i ragazzi del negozio, che ci invitano a bere del tè nero e a fumare la sisha e come di norma qui in egitto del buon tè caldo accompagnato da una fumata non si può rifiutare. Lunedì pomeriggio già tristi al pensiero della partenza, sorseggio del karkadè egiziano ( ovvero tè all’ibisco assolutamente da acquistare prima del rientro a casa) ripensando ai giorni passati e a cena la sorpresa per Michele che il giorno seguente compie 23 anni: come in accordo con il metre, ormai nostro amico, i camerieri arrivano al nostro tavolo cantando in arabo e suonando delle specie di djambè e bonghi e ci invitano a ballare, lasciandoci poi con una gustosa torta da divorare!!!!! Purtroppo martedì è arrivato e ci prepariamo al rientro in Italia. All’aeroporto di Hurgada prima della cosegna delle valigie, affrontiamo senza problemi un primo controllo con metaldetector e polizia, volto a beccare i turisti che vogliono portare via pezzi di corallo e conchiglie e state attenti perchè le multe sono salatissime ( da 500 $ e si rischia di perdere il volo di rientro), compiliamo poi una carta di di uscita identica a quella di sbarco, facciamo tristemente applicare il visto d’uscita sul nostro passaporto e ci ritroviamo nella più totale folla ad attendere il nostro volo. In bagno trovo una donna col velo, la prima donna o la seconda forse che vedo dal mio arrivo, passo davanti alla sala fumatori dalla quale giunge un’aria ancora più irrespirabile di quella del resto dell’aeroporto e poco dopo lasciamo questo Egitto, diventato anche un po’ il nostro Egitto.
Grazie Egitto – Shukran Arabic Republic Of Egypt Vanessa e Michele