Lungo le rive del San Lorenzo
1° GIORNO PARTENZA PER MONTREAL 20 LUGLIO 2009 La fila al checkin dura più di un’ora. La paura per il virus H1N1 non sembra aver contagiato i passeggeri, speriamo che sia così anche per il virus stesso. I monitor per i film sono un po’ lontano da noi, ma pazienza. Con il solito traffico estivo non si riesce a partire puntuali e si sta piuttosto stretti, 9 sedili per fila più i corridoi, gambe e braccia non trovano mai abbastanza spazio. Riceviamo pranzi e spuntini vari, poi 2 film e infine un po’ di riposo. A Montreal verso le 19 locali, il tempo è abbastanza buono. I bagagli arrivano prima di noi. Prendiamo la navetta che va alla stazione centrale degli autobus e poi un altro piccolo bus, che smista i viaggiatori tra i vari alberghi, così raggiungiamo il nostro il “Days hotel”, non proprio centrale, molto grande, come spesso da queste parti, la stanza enorme per gli standard europei, con due letti matrimoniali, teiera elettrica, televisione, computer ed elenco dei prezzi per rimborsare ogni eventuale danno a mobili o accessori. Cerchiamo di sfogliare depliants per fare il programma per domani e per non dormire troppo presto, dobbiamo, infatti, cercare di abituarci al più presto al nuovo orario, verso le 2 (ora italiana) però crolliamo. 2° GIORNO MONTREAL 21-7 Alle 7 (locali) basta! Cominciamo la giornata, inutile cercare di dormire ancora, con la luce che filtra, i rumori, ecc. La colazione, compresa nel prezzo della stanza, è continentale ma sufficiente. La giornata è molto bella, e forse anche un po’ troppo calda per noi che siamo venute in Canada sperando in un clima più fresco che in Italia. Usciamo presto per l’orto botanico, nella zona olimpica, che apre alle 9. Compriamo la tessera di libera circolazione su autobus e metropolitana per tutta la giornata a 9 dollari, alla stazione della metropolitana più vicina all’albergo, quella di “Guy-Concordia”. Poi dalla fermata della metropolitana “Pio nono” bisogna camminare un po’, ci sarebbero degli autobus, ma non si capisce molto bene ogni quanto tempo dovrebbero passare. Si vede la strana torre olimpica, su cui siamo salite nella visita precedente. Il giardino è il più grande del suo genere dopo i “Kew gardens” di Londra e quello di Berlino. Non riusciremo neanche a girarlo tutto. Ci sono delle serre con percorsi obbligati, vari ambienti di diverse zone geografiche, una collezione di bonsai cinesi, ecc. All’aperto altre zone con piante ornamentali, medicinali, alimentari, velenose; poi lo stagno con ninfee, uccelli e tante persone sedute lì con i loro cavalletti a disegnare e dipingere. Poi i giardini etnici; dei nativi americani, cinese e giapponese con anche costruzioni in stile. Passano ore e cominciamo ad essere veramente stanche, ci sarebbe anche un trenino, ma poi come si vedono e fotografano le piante? Guardiamo il negozio fornito di semi e bulbi ma non compriamo niente, perché incerte su cosa scegliere. Di nuovo verso il centro con la metropolitana per non perdere tempo, con un cambio arriviamo fino al municipio. Ci fermiamo a mangiare in un bistrot verso le 13.30 “A Propos” un’insalata con “chevre chaude” (cioè con crostini caldi con formaggio di capra un po’ fondente) e poi una creme bruleé al momento con una fiamma alimentata da una bomboletta di gas. Di fronte c’è il museo Ramazay, uno dei più antichi palazzi di Montreal, è appartenuto prima a una ricca famiglia, poi è passato allo stato e nel 1775-76 anche ai ribelli delle colonie americane in rivolta contro l’Inghilterra, che avevano occupato Montreal. Nel XIX secolo è stato donato alla società archeologica ed è stato aperto come museo sulla storia di Montreal e del Quebec con oggetti antichi, mobili, quadri e un piccolo giardino di città. Interessante, ma siamo già stanche! Andiamo comunque all’ufficio turistico e poi aspettiamo due bus per tornare un po’ in albergo a riposare. Bisognerà uscire di nuovo per prendere la macchina a noleggio verso le 18, di nuovo in metropolitana e poi un tratto di strada a piedi, eccoci finalmente all’agenzia Hertz, sembra tutto O.K. A parte il fatto che cercano di venderci un’assicurazione più sicura e ci danno una macchina gigante, una specie di SUV, una Ford Edge, invece di una più piccola della prima categoria, ma sempre per lo stesso prezzo. C’è la zona commerciale di McGill qui vicino, così, prima di tornare in albergo, entriamo nel centro commerciale Eaton. Ci sono molti negozi ed anche in Canada è periodo di saldi, e alcuni prezzi sono abbastanza buoni, ma al prezzo scritto sul cartellino bisogna sempre aggiungere la tassa locale e statale (che fatica!). Alla fine, per non perdere troppo tempo e poter andare a riposare, compriamo due sandwich da portare in albergo, bisogna aspettare un bel po’ per averli fatti sul momento, però nel frattempo ci offrono acqua e ghiaccio gratis. I panini ci sembrano anche piuttosto cari, sui 5 dollari canadesi. Però scopriamo che si tratta di una cena, anche abbondante: un panino gigante, insalate, chips (di mais), pane e burro più salse strane, qualcosa resterà anche per domani, così avremo ad un solo prezzo due pasti. Finalmente a riposo. 3° GIORNO MONTREAL – QUEBEC 22-7 (c.255 km) Qualche effetto dello “jet lag”, comunque dobbiamo partire, verso le 9 siamo in macchina alla ricerca della “Rue Royal” per Quebec. Si costeggia solo in parte il San Lorenzo un po’ sull’autostrada e un po’ su una strada nazionale. Prima tappa a Trois Rivieres, dove tre diversi fiumi confluiscono nel San Lorenzo. È stata una delle prime colonie francesi nel Quebec. Ci sono alcuni edifici storici, vecchi di un paio di secoli o poco più, e poi una bella terrazza con vista sul San Lorenzo. Qui le merci passavano da zatteroni con poco pescaggio e quindi capaci di risalire il fiume, alle navi più grandi che potevano resistere alla traversata dell’oceano Atlantico. Vicino al parcheggio c’è una torrefazione, con un ottimo aroma di caffè, così non resisto e prendo il primo espresso canadese, poi do un’occhiata a tutte le caffettiere in vendita (molte importate dall’Italia) e alle tazze da espresso e da caffè lungo (più o meno da tè). Facciamo un salto all’ufficio turistico, ma poi preferiamo continuare il viaggio invece di attardarci qui, ormai sotto la pioggia. Facciamo una sosta al Santuario della Madonna di “Notre Dame du Cap”, dove è stato anche Giovanni Paolo II. Una basilica a pianta ottagonale è stata costruita all’inizio del 1900, mentre prima c’era soltanto una cappelletta del 1714, dove pare che una statua della Madonna avesse mosso gli occhi. Il sito è visitato da almeno un milione di pellegrini all’anno. Dopo la visita, facciamo un picnic con il pane e burro e patatine avanzati dalla cena di ieri sera. Il santuario è proprio sul San Lorenzo, al momento però è tutto grigio, anche se per fortuna non piove. Ci fermiamo ancora, per la chiesa di Sainte Anne de Parade, dove c’è una stazione di informazione sulla pesca dei merluzzi sotto il ghiaccio, quando si trasportavano fin qui sul ghiaccio delle capanne, per viverci durante tutta la stagione della pesca e si facevano direttamente dei fori nel ghiaccio che costituiva il pavimento delle capanne per calare gli ami nell’acqua che scorreva più in basso. Poi finalmente proseguiamo dritte su Quebec ma ci sono ancora più di 100 chilometri. Trovare l’albergo (hotel Clarino) nel sobborgo di Sainte Foy è un’impresa, gira e rigira, chiedi informazioni, ci sono sensi unici, strade senza uscita. Si fanno le 17 prima di poter salire in camera, dopo aver dato al solito il numero della carta di credito (come dappertutto al di là dell’Atlantico). Un riposino molto breve, perché siamo curiose di dare una prima occhiata a Quebec e anche di trovare un posto dove mettere qualcosa sotto i denti in centro e non qui nei sobborghi. Il centro di Quebec è circondato da mura, pieno di gente, negozi aperti fino a tardi, artisti di strada. Però c’è un vento forte e freddo e non siamo molto coperte, troviamo un posto dove mangiare (il ristorante Buade), Il problema del “to be seated” compare anche qui, ci sono tavoli liberi, ma per un bel po’ nessuno si cura di noi, è difficile attirare l’attenzione di un cameriere. Alla fine devo chiedere alla cassa, se sono interessati ad averci come clienti, si scusano e ci fanno sedere. Al ritorno scopriamo di aver lasciato lo zoom-tele in albergo a Montreal, a parte il costo, gli animali come li potremo fotografare? Proviamo a telefonare all’albergo di Montreal e ci riproveremo anche domani, sperando che se lo hanno trovato, potremo pagare un corriere per portarcelo, ma i numerosi tentativi di parlare con un qualche responsabile al Days hotel, non avranno mai successo. QUEBEC 23-7 Di nuovo sveglia verso le 5, ce ne vuole di tempo per passare al nuovo orario! Le colazioni non sono più comprese, ma in camera c’è sempre un bollitore per prepararsi un te o un caffè, prima di affrontare la giornata. Torniamo al centro di Quebec e parcheggiamo come ieri sera davanti al Castello Frontenac, oggi è una giornata bella e calda. Passiamo all’ufficio turistico dove prendiamo “depliants” praticamente per tutto il Canada francese. Cominciamo il giro a piedi suggerito, tralasciando i musei, dovremmo metterci un paio di ore. Prima la Cattedrale, non troppo antica, distrutta apposta dagli Inglesi durante il loro assedio a Quebec per demoralizzare gli assediati è stata ricostruita, ma poi è andata a fuoco, in quel caso anche gli anglicani o altri protestanti hanno aiutato a ricostruirla. E’ molto imponente, tutta decorata, ma ancora in legno dipinto e quindi facilmente infiammabile. Vicino c’è il Seminario costruito presto dopo lo sbarco dei primi coloni francesi e con una lunga storia; in basso si possono vedere il fiume e il porto. Proseguiamo seguendo approssimativamente l’itinerario suggerito, diamo anche un’occhiata a qualche vetrina sulla rue Saint Jean, dove troviamo un locale dove fanno di tutto con l’acero e me lo fanno anche assaggiare in un gelato alla banana. Decidiamo di entrare e mangiare delle tortine con sciroppo d’acero, poi visitiamo il loro piccolo museo con la storia della raccolta del succo di acero e del suo utilizzo alimentare scoperto dagli Indiani della regione, poi ci arrampichiamo in alto lungo le mura fino alla Cittadella, che però si può visitare solo con lunga visita guidata sulla storia del reggimento che vi risiede ora. Gli Inglesi l’hanno costruita a fine 1700 per difendersi dai ribelli statunitensi e dai francesi. Ci manca ancora la parte bassa della città, così riprendiamo la macchina e cerchiamo di scendere a livello del fiume. In questa città il traffico è sempre tanto e trovare un parcheggio è molto difficile. Ci tocca fermarci ad uno costoso a pagamento. Cerchiamo subito dove mangiare, sono quasi le 15, per fortuna qui si mangia a qualsiasi ora. Siamo nel quartiere “petit Champlain”. La Rue de Petit Champlain è piena di boutiques, negozi, case restaurate, una volta era molto decaduto ma ora è pieno di vita e turisti. Troviamo un posto dove mangiare (Le Casse Cru) un “croque messieur” e del pane al vino bianco. Poi ancora un po’ in giro, anche se sempre più stanche e fa anche più caldo. Raggiungiamo la Place Royal, uno dei siti più antichi della città con una chiesa con ex voto, soprattutto di marinai, compresa una piccola nave, poi la Place de Paris e di nuovo in macchina a cercare di trovare presto la strada giusta per Sainte Foy, per un po’ di riposo prima della visita ai centri commerciali, ma il traffico è impossibile! Siamo bloccate sotto il sole per tanto tempo, l’unica cosa positiva è un’occhiata agli artisti del Cirque du soleil che si allenano, al di là di una rete, di fianco alla strada. Così torniamo in albergo alle 17 passate, con poco tempo per riposare prima di andare in cerca di un nuovo teleobbiettivo. Ci sono vari centri commerciali in zona, uno accanto all’altro. Così ho almeno la possibilità di confrontare gli obbiettivi e i loro prezzi in più negozi alla fine ho il mio nuovo zoom Nikon, 70-300. Ormai esauste ci fermiamo in un ristorante bretone per un’insalata gigante e finalmente si può andare a dormire. Il centro storico di Quebec è molto bello e ben tenuto, d’altra parte è uno dei siti storici più antichi di tutto il nord America! QUEBEC – RIVIERE DU LOUP 24-7 (170 km, senza la deviazione a Montmorency) Prima di proseguire lungo l’itinerario previsto lungo il lato orientale del San Lorenzo decidiamo di andare a visitare le Cascate di Montmorency a 7 km da Quebec, più alte di quelle del Niagara, ma meno spettacolari, perché con una minore portata di acqua Il cielo è grigio, speriamo che almeno non piova. Al parco delle cascate si arriva facilmente, ma è difficile trovare l’entrata del parcheggio ed è anche piuttosto costoso. Una funivia permette di arrivare in cima alle cascate, anche se non ci passa proprio vicino. Un sentiero comodo con vari punti di osservazione porta ad un ponte in acciaio sopra alla cascata, costruito dopo che uno più antico meno solido ha ceduto uccidendo anche qualche passante. Tornando indietro visitiamo il Morency Manoir, con un piccolo museo che illustra la storia dei vari proprietari, che si sono succeduti, delle industrie costruite qui perché potevano sfruttare l’energia delle cascate, prima industrie tessili, poi idroelettriche ecc. Il tempo per bere un caffè e riscendiamo. Facciamo un tratto del sentiero che si avvicina alle cascate dal basso, più si va avanti più ci si bagna, così rinunciamo a salire i 400 gradini che portano ad un punto di osservazione. Poi si riparte verso Sainte Foy per passare l’ultimo lungo ponte sul San Lorenzo, più avanti verso il mare ci saranno solo traghetti. Tralasciamo vari villaggi indicati sulla guida solo per una chiesa, un panorama, qualche casa storica. Prima tappa Montmagny anche per poter mangiare qualcosa. Dovrebbero esserci molte case antiche, carine, ed è vero, sulla piazza della chiesa c’è il “Coin du Monde”, un locale molto carino con piatti locali, pieno soprattutto di signore (due uomini in tutto) che prendono tè o caffè dopo pranzo, mentre per noi è ancora proprio ora di pranzo. Sulla piazza della chiesa nei giardini pubblici c’è un monumento alle oche della neve, in nome delle quali si svolge un festival ad ottobre. Poi ci fermiamo solo a Saint Jean Port Joli dove ci sono i migliori scultori del legno della regione. In effetti ci sono ateliers e negozi che vendono sculture dovunque, la chiesa di San Giovanni Battista ha molte sculture in legno: statue, il pulpito, l’acquasantiera ed anche una mostra a pagamento con presepi di tutto il mondo. Si può anche votare per i presepi migliori. Sempre in paese c’è un parco appena inaugurato con statue che hanno partecipato negli ultimi anni ad un’esposizione internazionale proprio qui, con un tema diverso ogni anno. Il tempo è sempre più brutto e piove sempre più forte, così, anche perché è tardi, cerchiamo di andare dritte fino a Riviere du Loup. Ci arriviamo non tanto presto. L’albergo Universel è in periferia nella zona commerciale così per stasera non andiamo a cercare qualcosa in centro e mangiamo in zona in uno dei tanti “fast food”. RIVIERE DU LOUP – NEW RICHMOND 25-7 Rinunciamo al centro del paese, che non sembrerebbe offrire niente di particolare, prima di proseguire il viaggio andiamo a vedere le cascate del Loup con passerelle panoramiche, che permettono di osservarle dall’alto e dal basso, poi partiamo per Rimouski, a tratti lungo il san Lorenzo a tratti nell’interno però ci sono ancora nebbia e pioggia. Il San Lorenzo in alcuni punti è nascosto dalla nebbia, quando c’è visibilità si vede molto fango e alghe a riva, dovremmo essere in bassa marea! A Rimouski sono tutti in giro per lo shopping del sabato, dopo l’ufficio turistico ho notato una torrefazione e vorrei andare lì, ma non c’è un tavolo libero, così finiamo in un altro “fast food”: Mike. Proseguiamo per una casa antica a Colombage e il faro, fuori del paese. La casa de Lamontagne la visitiamo a pagamento ma per conto nostro, senza aspettare la visita guidata; poi al faro, ma c’è una lunga fila per salire così rinunciamo, bisogna attraversare tutta la penisola da parte a parte per arrivare quasi al confine con il New Brunswich prima di sera. Si attraversa la valle di Matapedia, molto bella con montagne tutto attorno, boschi di conifere ed aceri, laghi, però ci sono ancora pioggia, nebbia e bisogna stare con il riscaldamento acceso. Dopo ore arriviamo a New Richmond, che come molti paesi da queste parti non ha un vero centro cittadino. L’albergo Le Francis è molto carino su un fiume e molti degli ospiti sono pescatori. Purtroppo non esiste ascensore così bisogna fare un piano di scale con i bagagli. Facciamo uno spuntino in camera, piuttosto che andare a cercare il resto del paese. NEW RICHMOND – PERCE’ 26 – 7 (c. 200 km senza contare i km per tornare indietro a visitare il parco di Miguasha) Per la domenica ci concediamo una colazione in albergo con crepes allo sciroppo d’acero con patatine arrosto e qualche pezzetto di frutta. Si riparte tornando indietro per il parco dei fossili di Miguasha, che non avevamo visto ieri perché ormai era troppo tardi. C’è un museo con vari fossili pesci e piante di almeno 400000 anni fa. Pare che qui lungo la scogliera ci siano più pesci fossili del Devoniano che in tutto il resto del mondo. Si tratterebbe degli anelli di congiunzione tra pesci e tetrapodi, però andando sulla spiaggia da sole di fossili non ne vediamo, è una passeggiata piacevole con il sole ma senza afa. Si riparte verso nord, data la bella giornata molti locali si godono la domenica sulla spiaggia, qualcuno è anche in acqua. Facciamo una deviazione verso il monte San Joseph 550 metri, scopro soltanto in cima che bisogna pagare non il parcheggio ma per ogni persona che vuole visitare il sito e per fare altri soldi, la chiesetta contiene anche una mostra di quadri in vendita e un negozio di souvenirs e snacks. Il panorama comunque è molto bello Continuiamo per la costa est verso nord, facciamo una breve passeggiata e qualche foto sul lungomare di Maria, poi troviamo un ristorante sulla strada e ci sediamo sulla terrazza con vista sul mare. All’ombra fa un po’ fresco ma con un golf si sta bene. Il signore che ci serve dice di essere metà toscano e metà francese, però non capisce l’italiano. Prendiamo un filetto di pesce con contorno di spaghetti al burro che però non sono scotti; purtroppo poi si dimenticano di noi e alla fine dobbiamo bussare sul vetro della finestra per attirare l’attenzione di qualcuno. Con il menù completo abbiamo anche una fetta di torta all’acero e il tè. Finalmente ci rimettiamo in viaggio, dopo le 15. A Bonaventura ci fermiamo a vedere il museo degli Acadiani, che ricorda il loro esilio. Erano stati i primi coloni Francesi a stabilirsi in Nova Scotia, dopo la fine della guerra tra Francia e Inghilterra e il passaggio di tutto il nord America al regno inglese, non vollero prestare giuramento al re d’Inghilterra e furono deportati in Inghilterra, dove molti morirono tra malattie e stenti. Altri scapparono in Quebec e Louisiana e adesso i loro discendenti sono in giro per tutto il mondo, ma cercano di conservare la loro cultura. C’è anche una mostra fotografica con alcuni Acadiani attuali illustri e non, con i loro commenti su cosa significa essere Acadiani. Proseguiamo lungo la costa fino a Percè. Comincia a calare la nebbia, l’Isola di Bonaventure ha un cappello di nuvole sulla testa! Speriamo bene per domani, quando dovremmo andarci con la barca. Fa di nuovo piuttosto fresco. Percè è praticamente costituito da alberghi, negozi e case lungo la strada statale che qui è anche la strada principale del paese e la litoranea. Essendo abbastanza stanche dopo il lungo percorso di oggi, compriamo tramezzini e dolcetti e ce ne torniamo in camera al calduccio. Stavolta siamo in un lodge “Fleur de Lys” quasi sul mare. PERCE’ 27-7 C’soltanto nebbia stamattina, che si può fare? Andiamo all’isola di Bonaventura a vedere gli uccelli e le foche con questa nebbia e ogni tanto anche uno scroscio di pioggia? Oppure? Visitiamo tutto ciò che si può in paese, andiamo alla chiesa e al municipio, la galleria d’arte, il centro di documentazione, verso le 12 abbiamo visto tutto, decidiamo di raggiungere Chandler, sperando sia un centro un po’ più importante, ma ci troviamo solo qualche centro commerciale, neanche troppo grande. Alla fine ci fermiamo a pranzo dal Mc Donalds. Al ritorno vediamo di tutto, nebbia, pioggia, grandine. Alla fine ci rintaniamo in camera per un po’ di riposo verso le 16. Però per TV non c’è niente di interessante nonostante i tanti canali in lingua francese ed inglese che ci sono. Verso le 19 usciamo, finalmente non piove, troviamo la passeggiata a mare di legno e cemento, al di là dei motels, fino al molo. Si vedono un po’ di aironi a pesca e forse anche una foca, provo anche a fare delle foto. Poi andiamo a passeggiare sul pontile come tanti altri. E’ un po’ pericoloso perché ci sono molti pescatori che lanciano gli ami rischiando di colpire qualche spettatore. Vediamo anche un po’ di negozi di souvenirs e poi ci fermiamo vicino al motel al “Morutiere”, dove sembra esserci sia un caffè che un ristorante. Comunque la mia entree è piuttosto grossa è una specie di “coquille saint Jacques”. Poi torniamo tra tuoni e lampi in albergo, di nuovo sotto la pioggia. Prima il tempo sembrava migliorato, e invece…domani come si arriverà all’isola Bonaventura? PERCE’ – GASPE’ – SAINTE ANNE DES MONTS 28-7 (c.280 KM) Oggi c’è di nuovo il sole, speriamo bene per la gita all’isola, contrariamente a ieri bisognerà fare tutto un po’ di corsa. Partenza per l’isola con sole splendido e mare calmo (meno male che qui il tempo cambia frequentemente dopo i tuoni di ieri sera durati ore). Compriamo i biglietti per la gita in barca con piccolo sconto ad un chiosco qui in paese. Chiudiamo i bagagli e poi portiamo la macchina al porto, siamo tra gli ultimi a salire sulla nave e così troviamo posto solo sul ponte inferiore della nave, però poi ci troviamo bene, meno sole, vento e niente gabbiani che svolazzano giusto sulla testa! Il mare non dà molto fastidio, prima ci avviciniamo alla famosa roccia con il buco (Percè, che dà il nome alla località) poi si punta verso l’isola di Bonaventure. Si passa prima dal lato esterno sotto la scogliera dove c’è un numero incredibile di “Sula Bassanus” a nidificare, in ogni buco disponibile sulle scogliere, altri volano attorno e sugli scogli si vedono anche delle foche. Faccio molte foto, poi bisognerà controllare quali sono a fuoco con il rollio della nave. Per vedere meglio gli animali abbiamo fatto quasi tutto il viaggio in piedi. Si sbarca in un porto con qualche casa antica, ci sono un negozio, la sede del parco e un bar, solo per i visitatori diurni, perché qui ormai non ci vive più nessuno. C’è la fila per pagare i 3,5 dollari di accesso al parco. Dopo le guardie del parco ci spiegano qualcosa e poi siamo liberi di andare da soli o con loro su un solo sentiero che attraversa l’isola fino ai margini della scogliera dove gli uccelli nidificano Ci vorrebbero circa 45 minuti soltanto per l’andata, ma dopo tutta la pioggia di ieri il sentiero in alcuni punti è fango ed acqua. Ahinoi! Un disastro per scarpe e pantaloni . Bisogna stare attenti a non scivolare. Prima si sale fino al centro dell’isola poi si ridiscende un po’ e si comincia a sentire l’odore del guano e poi il rumore degli uccelli. C’è una staccionata tra noi e gli uccelli, comunque sono veramente vicinissimi, tranquilli per i fatti loro, curando i piccoli, dormendo, litigando ecc. Sono un numero incredibile. C’è anche un chiosco che vende da bere, così ci possiamo dissetare prima del ritorno per la stessa strada. Diamo un’occhiata al negozio di souvenirs e al centro informazioni. Poi il ritorno in barca più breve dell’andata perché si punta dritti su Percè. Non ci fermiamo per pranzo in paese perché ci sono troppi turisti ovunque e noi non possiamo perdere tempo. Troviamo un ristorante per strada prima di Gaspè e prendiamo un panino. Ci siamo fermate a mangiare che pioveva a dirotto, ma ce ne ripartiamo sotto il sole verso Gaspè, che però non visitiamo, perché c’è ancora tanta strada da fare per Sainte Anne des Monts, prima nell’interno, tra valli e fiumi e poi di nuovo sulla costa. Le strade spesso sono un continuo sali e scendi, il paese dove arriviamo è sparso come al solito in un vasto spazio. L’albergo è di nuovo un motel “Monaco des Monts”, il più basso di categoria finora, la stanza è lontana dalla reception, ma sempre grande e con aria condizionata. Bisogna ripulire pantaloni e scarpe dal fango preso sull’isola di Bonaventura. Usciamo per cena, facciamo un breve giretto per il centro (dato che si tratta di una strada principale e qualche traversa) e ci fermiamo in uno dei pochi ristoranti aperti che ha anche musica . Prendo un’ottima crepe con gamberi e frutti di mare. SAINTE ANNE DES MONTS 29 – 7 Ci svegliamo ancora stanche, così ci alziamo con un po’ più di calma, dopo le 8. Fa abbastanza caldo ed è bel tempo, così prima tappa il faro di La Martre è “antico” (inizio 1900) e ancora in funzione, tutto dipinto di rosso. Ci guida una simpatica ragazza (che parla un francese non sempre comprensibile) per tre piani di scale, ci sono ancora in funzione dei meccanismi antichi, una specie di peso che fa girare gli ingranaggi. E’ una visita abbastanza interessante ed almeno un faro andava visitato sul San Lorenzo! Che ne ha uno ogni 25 chilometri tutti diversi per colore e per il suono della sirena, così quando c’è la nebbia i marinai li possono identificare tutti (ma adesso non hanno i GPS e i radar?). Balene dalla cima del faro non ne abbiamo viste. Un’occhiata al negozio di souvenirs e poi si ritorna in città, volevo passeggiare sulla spiaggia ma adesso c’è l’alta marea, così andiamo all’Exploramer dove c’è un piccolo acquario e mostre varie. Si possono toccare, seguendo le istruzioni di una guida granchi, aragoste, oloturie e stelle marine, ci spiega come tenerli in mano per il guscio, come bloccare le chele ecc. Ma agli animali farà bene? Comincio ad avere dubbi sulle vocazioni ambientaliste dei Canadesi, in attesa della guida abbiamo visto una mostra sulla caccia alle foche, tutta vista dalla parte dei cacciatori del’Isle de la Madeleine, sarebbero gli animalisti ad avere torto a difendere le foche neonate. Un’altra mostra riguarda i 5 sensi nel mare e le nostre capacità rispetto a quelle degli animali marini come gusto, olfatto ecc. Per esempio scopriamo che i beluga, che aveva già visto Cartier durante i suoi viaggi da queste parti, hanno molto sviluppato il tatto e si toccano molto per rinforzare i legami di affetto e di parentela. Usciamo alle 13 passate. Nel parco fuori dell’Exploramer ci sono una serie di statue fatte con i tronchi spiaggiati; fanno una mostra con nuove sculture tutti gli anni. Forse per questo anche davanti al faro c’era gente che raccoglieva i tronchi sbiancati dal mare, per poterli scolpire. Pensiamo di passare per un panino al centro commerciale, da Tim Horton prendiamo un combo: panino, bibita e dolcetto. E’ ancora bel tempo, proviamo a raggiungere il Parco de la Gaspesie nell’interno, c’è un centro informazioni a circa 35 chilometri da qui. Ci fermiamo a prendere informazioni, paghiamo la solita”tassa parco” e poi scegliamo un sentiero facile di un chilometro verso il fiume. Peccato che poco dopo cominci a piovere e si sente un tuono tra pini e betulle. Andiamo via di corsa, ci rifugiamo nel portico dell’albergo qui vicino e quando spiove un po’ andiamo a riprendere la macchina, ci parcheggiamo più vicino alle rapide che volevamo raggiungere a piedi, ritentiamo una breve passeggiata e ci riprende la pioggia, ma per fortuna siamo vicine alla macchina ci torniamo di corsa e ritorniamo a Sainte Anne. Tutto chiude alle 17.30 così un rapido salto al supermercato e un po’ di riposo. Cena in albergo o riusciamo ad andare a vedere il tramonto sul San Lorenzo? Verso le 20 decidiamo di cenare in albergo, con un filetto di sogliola e patate. SAINTE ANNE DES MONTS – RIMOUSKI –FORESTVILLE-TAUDOSSAC 30 – 7 (c.350 km) Il tempo per il momento è più nebbioso che piovoso, ma così non si vede niente. Andiamo verso Rimouski che già all’andata era sotto la pioggia. La nebbia continua per un bel po’. Però verso Rimouski ha la meglio il sole. Il tempo disponibile prima di salire sul traghetto non è molto, così decidiamo per il Canyon porte de l’Infer. Sono 35 chilometri, arriviamo all’ufficio informazioni e studiamo un po’ i sentieri, si può raggiungere una cascata, delle rapide o il ponte sospeso più alto del paese. Che si fa? Andiamo verso il ponte sospeso prima in auto e poi a piedi, ce la dovremmo fare in una ora senza scendere al fiume. Andiamo senza scarpe da trekking, perché qui i sentieri sono tutti attrezzati con scale e ringhiere, così non sono mai difficili da percorrere e non si fa troppa fatica. Abbiamo anche uno spuntino con noi. Purtroppo, il sentiero al ritorno è un po’ troppo assolato e così riusciamo anche a sudare (e pensare che ero venuta in Canada per il fresco!). Ritorniamo con un po’ di ansia, ma comunque al porto siamo in tempo per la fila delle macchine prenotate. Il viaggio dura meno di un’ora, molto tranquillo, stiamo quasi sempre fuori sul ponte ma non vediamo balene. Da Forestville a Taudossac sono circa 100 chilometri. A Taudossac troviamo l’albergo Georges con la mappa ma, sorpresa, è tutto pieno e per noi c’è solo una camera ad un letto, da una piazza e mezzo, ma si vede chiaramente che si tratta di una singola visto che ci sono solo un comodino e un minuscolo “pseudo armadio”. L’impiegato della reception ci dice che è colpa del tour operator canadese Jonview, a cui fanno riferimento la maggior parte dei tour operators italiani. Sembra che chiedano se possibile due letti altrimenti anche uno solo e ,visto che la camera ad un letto costa di meno, l’albergo ci avrebbe riservato la camera con un solo letto, Non ci era successo in nessuno degli alberghi dove abbiamo pernottato finora! Per un lettino da campo aggiunto bisognerebbe pagare altri 15 dollari. Telefoniamo alla Jonview e l’impiegato sostiene che la Giver non ha mai chiesto 2 letti e che “twin room” in Nord America indica il numero dei clienti che occupano una stanza e non il numero dei letti. Strano che in altri 2 viaggi in Canada e uno negli USA nessun altro abbia dato la stessa interpretazione! Di chi la responsabilità? Chi lo sa? Ma intanto ci hanno rovinato la serata. La stanza è piccola e meno male che ci avrebbero comunque dato un letto più grande di quello standard! D’altra parte avendo pagato tutto dall’Italia, ed essendo pieni gli alberghi in zona dove ce ne andiamo? Penseremo a contestare in Italia. Usciamo per una passeggiata, un sentiero facilitato costeggia il promontorio tra il porto e il fiordo, ci sono insieme i riflessi del tramonto e uno spicchio di luna, e purtroppo tante zanzare. Poi al secondo tentativo troviamo posto in un ristorante, un po’ caro, ma con una cucina abbastanza buona, si sta bene seduti all’interno vicino alla porta finestra, ma dietro una zanzariera. Alla fine la cameriera ci ha chiesto se volevamo il servizio (leggi mancia) sul conto, così ci ha aggiunto 7 dollari al conto ma ci ha calcolato su anche la tassa regionale e statale! Da non ripetere assolutamente, meglio la mancia “ in nero” che pagarci anche le tasse sopra! TAUDOSSAC – CHICOUTIMI 31 – 7 (200KM) La stanza si è rilevata anche molto rumorosa, tutta la notte ci sono stati camion che sgommavano per la salita, qui sotto le finestre, quindi abbiamo dormito poco e male. Lasciamo l’albergo dopo aver chiesto una dichiarazione sulla prenotazione da parte della Jonview. Prima di prendere la nave per andare a vedere le balene facciamo colazione al porto. A bordo, troviamo una panca sul secondo ponte a poppa un po’ riparata dal vento. Ci sono molti Italiani sulla barca, si fa un altro scalo, al di là del fiordo, a Sainte Catherine, poi finalmente vergo il largo, tutti a bordo eccitati scrutano l’orizzonte in cerca delle balene. Ci avvertono dagli altoparlanti di bordo che c’è un beluga sotto costa, ma si vede solo una macchia bianca. Con noi ci sono altre barche e gommoni e finalmente la prima balena “Mink”. E’ proprio il posto giusto ci troviamo quasi circondati da balene, alla fine dopo l’animazione iniziale ci stanchiamo un po’ tutti di sbuffi e code. Comunque sembrano tutti soddisfatti di quello che hanno visto. Si torna dopo le 12.30. Visitiamo la vecchia chiesetta di Tadoussac, la più antica in legno del Quebec costruita dai Gesuiti, bruciata una prima volta dagli Irochesi e ricostruita nel 1700. Ora è un museo a pagamento, poi vediamo anche la chiesa moderna. Non ci fermiamo in paese per mangiare, un po’ perché per gli orari romani è presto e un po’ perché Tadoussac è veramente il posto più turistico che abbiamo visto finora, meglio proseguire per un pezzo lungo il fiordo, ma non ci sono posti di ristoro, dobbiamo arrivare ad un paese lungo la strada per Chicoutimi, dove cerchiamo di mangiare rapidamente, poi continuiamo il viaggio con il bel tempo. Il percorso è abbastanza lungo comunque arriviamo in paese e seguiamo le indicazioni, che ci hanno fornito all’inizio del viaggio per trovare l’albergo Le Montagnais. Che è elegante ma enorme, facciamo fatica a trovare la nostra ala ed un ascensore per arrivarci. La stanza è di nuovo enorme con 2 lettoni, tavolo, sedie ecc, non come a Tadoussac. Torniamo subito al centro, verso il porto vecchio. Troviamo l’ufficio turistico, prendiamo dei depliants e scopriamo che il paese è in festa, c’è una specie di mercato artigianale più spettacoli musicali con gruppi folk, provenienti da varie parti del mondo sulla via Racine (la strada principale) chiusa al traffico. Così diamo un’occhiata, ci sono anche dei prodotti artigianali, piuttosto graziosi facciamo qualche acquisto anche alimentare, perché vorremmo utilizzare anche la piscina dell’albergo e poi farci uno spuntino in camera prima di riposare, finalmente! Al momento sui 2 palchi di via Racine ci sono ad esibirsi un gruppo russo ed uno africano per un po’ li ascoltiamo anche noi in piedi in mezzo alla folla, ma poi stanche torniamo alla macchina e in albergo. Ci cambiamo e via in piscina, all’aperto, l’acqua è piuttosto freddina, nuotiamo un po’, poi quando arrivano parecchi bambini ce ne andiamo in camera. Domani bisognerà partire presto perché c’è una tappa piuttosto lunga. CHICOUTIMI – ST. FELICIEN – ST. ALEXIS DES MONTS 1-8 (c.400 Km) Ce la facciamo a partire abbastanza presto, bisogna andare prima verso nord per visitare lo zoo “semiselvaggio” di Saint Felicien, poi bisognerà andare verso ovest per raggiungere le “Lac de l’eau Claire” vicino a Saint Alexis des Monts, dove è stato prenotato l’albergo per stanotte. Arriviamo a Saint Felicien, dove sono previste ben 4 ore per la visita, ma speriamo di metterci un po’ di meno. C’è tanta gente, anche locale visto che è sabato, e in qualche caso anche un po’ di coda, si seguono diversi percorsi guardando il disegno delle impronte di animali stampate per terra. Ci sono rappresentati molti habitat canadesi, e poi altri animali delle zone boreali: macachi del Giappone e tigri dell’Amur. Alcuni animali hanno abbastanza spazio ma altri poco. C’è un trenino che porta in una zona dove gli animali sono liberi e gli uomini in gabbia in vagoni con grate al posto dei vetri dei finestrini, alla stazione c’è fila e ci tocca aspettare un po’. Sul secondo trenino possiamo salire, tutti scattiamo tante foto agli animali abbastanza da vicino: orsi, bisonti, alci, ecc. Torniamo dopo circa un’ora dopo aver attraversato anche zone con ricostruzioni di fattorie, capanne di boscaioli e di venditori di pelli. Non ci fermiamo a mangiare qui allo zoo per evitare file. Arriviamo al lago Saint Jean dove c’è gente sulle spiagge o nell’acqua, ci fermiamo in un ristorante, dove ci sbrighiamo con toasts, insalata e patatine. Poi proseguiamo, la strada da fare è ancora tanta. Per fortuna il tempo è ancora bello. Costeggiamo boschi, fiumi e laghi ma paesi e case sono molto pochi ed è un problema trovare un paese dove fare un po’ di spesa e chiedere informazioni per raggiungere il nostro prossimo albergo sul lago. Il centro più grande dovrebbe essere Shawiningham, ma, come capita spesso da queste parti, non riusciamo a trovare il centro del paese. Dobbiamo chiedere più volte la strada per Saint Alexis, non sembra un posto molto conosciuto. Trovato ed attraversato il paese, ad un certo punto imbocchiamo una strada che prosegue in un bosco, vicino ad un fiume, ma non si intravede nessun lago, né case, e nel frattempo è l’imbrunire. Alla fine ci fermiamo davanti ad una casa isolata, fortunatamente passa una macchina e il guidatore gentilmente si ferma e ci spiega che abbiamo sbagliato tutto. Ritorniamo indietro in paese, altra strada e altri 12 chilometri per arrivare al buio al nostro “Auberge Lac a l’Eau Claire”. La camera è in una dependance. Facciamo uno spuntino con i viveri che abbiamo comprato, così possiamo dormire e domani penseremo a tutte le attività sportive che potremmo fare gratis, usare pedalò, canoe, biciclette, naturalmente tempo permettendo. LAC AU L’EAU CLAIRE 2-9 Che si fa con il tempo grigio di domenica in un posto come questo “au but du monde”? Colazione in camera con il solito bollitore sempre a disposizione dei clienti. Poi passiamo al centro attività in un’altra casetta nel parco e poi dal centro natatorio a vedere la piscina, infine vediamo cosa c’è in paese, ben poco, un supermercato aperto ha varie cose da mangiare, prendiamo panini, macedonia di frutta e dolci. Siamo di nuovo al lago poco dopo le 12, però piove e anche molto che si fa una domenica sul lago lontano da tutto?! La scelta del tour operator di farci sostare qui in viaggio di meno di 2 settimane in Quebec, non mi è molto chiara! Andiamo in piscina prima che si riempia dopo pranzo. La piscina in effetti è bella, ampia e vengono forniti asciugamani e accappatoi, dalle ampie vetrate si può vedere tutto il verde all’esterno, restando al riparo dalla pioggia. Nuotiamo un bel po’ prima finché non cominciano ad arrivare ragazzini vocianti. Ci eravamo prenotate anche una passeggiata guidata nel bosco per cercare di vedere gli orsi nel pomeriggio. Speriamo bene per il tempo! Di nuovo in camera, facciamo il nostro spuntino e poi riposiamo un po’, dormicchiando davanti alla TV, con un programma di musica classica romantica, mi sveglio con le “news”. Intanto durante il pomeriggio il tempo è migliorato, siamo una decina di persone per la passeggiata in cerca di orsi e castori. Nell’attesa della guida vediamo due volpi che passeggiano tranquillamente intorno all’albergo. Ci portano con un minibus in un posto nel bosco dove c’è una cabina di osservazione, dipinta di verde, con finestrone con zanzariera e panche, stiamo un po’ lì parlando a bassa voce, finché compare un orso. In realtà il trucco c’è, hanno messo dei bidoni con pesce e mais e quindi gli orsi passano di qui quasi tutti i giorni. L’orso si siede vicino ad un bidone e mangia, sembra un po’ come Yoghi con i cestini della merenda. Poi ne compare un secondo in mezzo alle felci, proprio vicino a noi, e il primo se ne va. Dopo varie foto e passaggi di binocolo di mano in mano andiamo al bordo di un laghetto a cercare i castori. Non vediamo niente, ma qualcuno già scatta foto, a che cosa? Al panorama? Poi invece un castoro si comincia a vedere e lo possiamo seguire mentre va su e giù in acqua, trova un tronco e comincia a rosicchiarlo. Con il tronco in bocca si riconosce anche meglio, così anche qui facciamo una lunga sosta per foto. Però siamo quasi all’imbrunire e la luce comincia ad essere scarsa. Si torna in albergo, ci cambiamo e andiamo a cena nel ristorante dell’albergo, prenotato per le 20.30. Mangiamo bene, ma stavolta nel conto oltre al servizio ci sono le spese di amministrazione (?) oltre alle tasse. Possibile che ognuno si inventi il conto che vuole? Non ci sono regole? Sono conti creativi! In cielo insieme lampi e stelle. Niente di interessante per televisione in camera, e così ci mettiamo a dormire abbastanza presto. SAINT ALEXIS DES MONTS – MONTREAL 3 – 8 (c.150Km) Facciamo un ultimo giretto a piedi per fotografare il lago con il sole, poi partiamo verso Montreal, visto che abbiamo la macchina vorremmo arrivare fino alla riserva indiana che è quasi un sobborgo di Montreal, al di là del San Lorenzo: Kawarake. Il traffico sulle autostrade che circondano Montreal è folle, anche se non dovrebbe essere un’ora di punta. E’ che sono anche autostrade per collegare le diverse città, così ci sono enormi TIR che corrono come le auto e se si perde un’uscita si è perduti. Siamo pure con poca benzina e dobbiamo uscire dall’autostrada per fare rifornimento. Insomma perdiamo un mucchio di tempo, il quartiere indiano lo riconosciamo dagli occhi un po’ a mandorla e i visi tondi dei passanti e poi le scritte sono in algonchino e Inglese, non in Francese. Vediamo la Chiesa di San Francesco Saverio, dove c’è anche la tomba della prima “beata” indiana. Ci sono molti negozietti che vendono alcool e sigarette “duty free”. Tornare al centro è complicato con deviazioni per lavori lungo la strada, decidiamo di passare per il Mont Royal, la collina che sovrasta Montreal. Per caso ci troviamo all’Oratorio di San Giuseppe, una chiesa piuttosto grande in cima al monte con una gradinata che non finisce più e c’è qualcuno la fa in ginocchio, per devozione! Il panorama che si vede da qui però è verso la periferia e non verso il centro. Proseguiamo per il Mont Royal, vero e proprio, con un ampio parco, sentieri, locali di ristoro, affollato da bambini dei centri estivi, impiegati nell’intervallo di pranzo e turisti. Compriamo anche noi un panino e della frutta e facciamo un picnic su una panchina circondate da scoiattoli a cui diamo anche qualcosa da mangiare. Poi, dopo aver lasciato i bagagli in albergo, restituiamo la macchina all’agenzia. Facciamo un breve giro per negozi, una lunga fila all’ufficio turistico e poi proseguiamo a piedi fino al Vieux Port attraverso il quartiere politico-economico abbastanza deserto di sera, e essendo tutti i palazzi grattacieli o comunque molto grandi, ogni isolato è lungo quasi km! Invece il quartiere vicino al San Lorenzo è affollato di turisti anche italiani. Ci fermiamo in un locale che mi sembra carino (la Cuisine Inspirée). Ci sono piatti un po’ strani ma buoni, prendo una zuppa di mais e legumi, un “entreè” di formaggio di “chevre” con fichi su crostini e un’insalata con gamberetti e avocado. Non ce la facciamo a mangiare anche un dolce; stanche prendiamo un taxi per tornare in albergo. In camera sorpresa! Sul mio letto c’è l’obbiettivo, che avevamo dimenticato all’inizio del giro, certo potevano trovarcelo prima, ora è un doppione. Per TV Italo Americani cantano vecchie canzoni italiane. MONTREAL – ROMA 4 – 8 Sveglia con la luce verso le 5, poi dormicchiato ancora un po’ fino alle 7, poi chiusi i bagagli facciamo colazione in albergo e all’ufficio turistico compriamo la tessera abbonamento per oggi per bus e metro. Così cominciamo a girare per Montreal, abbiamo programmi diversi se ci sarà il sole o la pioggia e prendiamo sia giacca a vento che golf, mentre i bagagli li lasciamo in albergo. Prima tappa verso la parte ovest del centro, dovrebbe essere la parte inglese, ci fermiamo soprattutto ai centri commerciali a comprare qualcosa per parenti e amici, riportiamo i pacchi in albergo e riusciamo verso le 13 per il museo Mc Cord, che illustra la storia del Quebec. C’è una mostra sugli Irlandesi che sono venuti qui soprattutto dopo la carestia in Irlanda attorno al 1840, prima di avere un peso nella società hanno sofferto e lottato molto, molti sono morti di tifo o colera nella “Grosse Ile” il primo centro di accoglienza, prima di fondersi parzialmente in varie generazioni con i cattolici Francesi del Quebec, anche se hanno conservato la musica, le tradizioni, la venerazione per San Patrizio dell’Irlanda. Un’altra mostra è delle foto di un chirurgo: Bethame che da qui andò a curare i feriti civili della guerra di Spagna, nel 1937, poi in Cina, dove morì per una setticemia contratta cercando di operare anche senza guanti. Il resto è l’esposizione permanente sulla storia del Quebec, anche attraverso costume, sport, crescita della città. Dobbiamo andare un po’ di corsa perché il tempo alla fine non è tanto. Prima di entrare abbiamo mangiato da Safeway facendoci costruire il nostro panino pezzo per pezzo. Quasi di fronte al museo troviamo la “Baie” il più grande magazzino locale (derivato dalla compagnia della baia di Hudson) che almeno una volta va visto, stanno scontando tutto e si fa tardi siamo stanche, così cerchiamo il bus 515 che fa il giro della città, lo riusciamo a prendere fino al Vieux Port, una breve passeggiata al Bon Secour, al mercato dell’antiquariato, e alla fine in bus e metro in albergo. Sistemiamo gli acquisti, chiudiamo tutto e partiamo per l’aeroporto in taxi; prezzo ufficiale 38 dollari, ma alla fine vuole la mancia! Fila anche stavolta al checkin e poi passiamo il controllo, si copiano tutti i dati del passaporto (siamo schedate) Aspettiamo che ci chiamino per l’imbarco, ma per un bel po’ tra lampi e tuoni, nessuno ci dice niente, si parte con un’ora e mezzo di ritardo, dopo la fine della tempesta. Naturalmente il viaggio ci sembra molto lungo anche stavolta. Ultimo tappa Fiumicino, dove i bagagli arrivano senza danni. A chi consigliare questo viaggio? A chi è interessato a vedere degli ambienti naturali ancora abbastanza integri, fiumi con rapide e cascate, foreste, coste ed isole con scogliere, etc. A chi vuole osservare in libertà animali come uccelli, castori, foche e balene nel loro habitat. Tutto ciò senza rischi di malattie, governi instabili, animali selvaggi, che possono attaccare, come potrebbe succedere in safari in altri continenti. Dal punto di vista storico ed artistico bisogna considerare che il Canada è un paese giovane. Quebec, l’unica città fortificata del nord America ha comunque monumenti che risalgono solo al diciottesimo secolo, nonostante ciò ci sono siti interessanti che ricordano questi ultimi 3 secoli, come anche espressioni artistiche originali, quali la scultura dei tronchi spiaggiati, o l’artigianato artistico dei nativi di America. I Canadesi in genere sono ospitali e ben disposti nei confronti dei turisti, basta ricordarsi che in Quebec, al di fuori di Montreal, è necessario parlare in francese, non perché i locali siano antipatici, ma solo perché molto spesso, soprattutto nei paesi più piccoli l’inglese non lo capiscono proprio. Il viaggio potrebbe essere interessante anche per un po’ di shopping, soprattutto di abbigliamento ed equipaggiamenti sportivi.