Lungo la costa dell’Arakan

Alla scoperta di spiagge esotiche e dei misteriosi templi di Mrauk U
Scritto da: giubren
lungo la costa dell'arakan
Partenza il: 26/12/2016
Ritorno il: 09/01/2017
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Sono ormai trascorsi più di dieci anni dal nostro ultimo viaggio in Birmania e il Paese è inevitabilmente cambiato.

L’amatissima Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, è oggi libera dagli arresti domiciliari; con la vittoria alle elezioni del 2015 è stata nominata State Cancelor con competenze agli affari esteri, anche se la giunta militare conserva ancora una forte influenza nelle decisioni politiche.

Yangon non è più la capitale, ma rimane il maggiore centro abitato con i suoi nove milioni di abitanti oltre ad essere la principale porta d’accesso nel Paese.

La città è proiettata verso il futuro e sta perdendo quella sonnolenta atmosfera che l’aveva pervasa fino a poco tempo fa: le strade sono ingolfate dal traffico nelle ore di punta e sono sorti un po’ come funghi alti palazzi nei diversi quartieri. Carte di credito e cellulari sono diffusissimi ed il governo sta investendo molto nel turismo che ha conosciuto una crescita esponenziale nel 2016.

Dalla terrazza dell’albergo spazia il panorama sul lago Kandawgyi circondato dalla lussureggiante vegetazione del parco sul quale volteggiano stormi di corvi; spiccano le bizzarre architetture del Karaweik Palace a forma di chiatta reale e all’orizzonte rifulge in tutto il suo splendore la guglia dorata della pagoda Shwedagon… la vista ricorda ancora quella che decantarono Kipling e Orwell nei loro libri, testimoni degli splendori di questa terra agli inizi del ‘900, anche se sulla riva meridionale sono in costruzione altri mostri di cemento che presto condivideranno con l’edificio che ci ospita l’invidiabile colpo d’occhio.

Torniamo a visitare il Buddha reclinato della Chaukhtatgyi paya nel tardo pomeriggio. La grande statua di 65 metri fu inizialmente realizzata nel 1906, ma quella che si ammira oggi è in realtà un rifacimento degli anni ’70. Nelle vicinanze ammiriamo invece per la prima volta il Buddha seduto di 14 metri della Ngahtatgyi paya, una delle statue più affascinanti nel sud della Birmania.

Nel Museo Nazionale girovaghiamo tra le ampie esposizioni dei 5 piani del palazzo, in particolare colpiscono gli abiti e le suppellettili appartenuti all’ultimo re Thibaw Min spodestato dagli inglesi, tra cui il famoso trono del leone.

Rieccoci nella downtown, dove la modernità incombe sulla sbiadita grandeur coloniale della vecchia Rangoon. Molti edifici dalle cupole neoclassiche o dalle linee art deco’ appaiono sempre più decrepiti e fatiscenti, solo sulla Strand Road il Region Office Complex, adornato sulla facciata da un grandioso colonnato, è in ristrutturazione e destinato ad ospitare un nuovo albergo di lusso di una nota catena internazionale.

Nonostante i cambiamenti non sempre positivi, è bello ritrovarsi tra le strade di questa città brulicante di vita anche se il pensiero corre ai tempi andati ed a quella tranquillità perduta che oggi rendono Yangon una città meno diversa rispetto alle tante altre metropoli del sud est asiatico…

La meta principale del nostro viaggio è l’Arakan, alla ricerca di luoghi meno contaminati, ma prima ci concediamo una pausa di 5 giorni alla spiaggia di Ngapali dove saluteremo l’alba del nuovo anno.

Il breve volo di un’ora da Yangon atterra all’aeroporto di Thandwe, la vecchia Sandoway degli inglesi. Osserviamo dall’alto la catena montuosa dell’Arakan, ricoperta da verdi foreste, che delimita i confini dell’omonimo stato che si allunga sul golfo del Bengala e poi i vividi colori della baia con l’isola delle perle e le barche dei pescatori.

Donne con il cappello di bambù cercano di vendere all’uscita dello scalo cestini di riso glutinoso ai turisti appena sbarcati ed in attesa delle navette per i vari resort sulla spiaggia.

Si dice che Ngapali sia stata battezzata così da un marinaio italiano a cui la baia a forma di mezzaluna ricordò il golfo di Napoli.

Indipendentemente dalle effettive origini del nome, Ngapali è un posto che non si dimentica con il suo vasto litorale di sabbia chiara orlato di palme ed accarezzato dalle placide acque trasparenti del mare. Anche nel periodo di alta stagione non si ha mai l’impressione di trovarsi in un luogo affollato, si è immersi nella tranquillità e nel relax.

Malgrado si stiano moltiplicando i resort, Ngapali è ancora poco frequentata forse grazie agli scarsi collegamenti con il resto del Paese. Gran parte degli stranieri sono di passaggio solamente per un paio di giorni, concentrando il viaggio per le visite degli spettacolari siti dell’entroterra.

Nella parte meridionale della baia, il villaggio dei pescatori di Gyeik Taw si raggiunge con una piacevole passeggiata. Un piccolo tempio dallo zedi dorato sorge su una palafitta tra le basse acque del litorale e sulla spiaggia le donne distendono il pesce ad essiccare su reti azzurre.

Indimenticabili le venditrici di frutta esotica con i loro vassoi in equilibrio sulla testa, gli infuocati tramonti e i ristorantini sulla spiaggia, con le portate di pesce freschissimo che si consumano mentre si è accarezzati dalla fresca brezza serale mentre le lampare delle barche dei pescatori rischiarano l’orizzonte del mare.

Il giorno della partenza da Ngapali delle piogge improvvise ritardano i voli all’aeroporto di Thandwe che riprendono nel pomeriggio dopo diverse ore.

Riusciamo a raggiungere Sittwe, il capoluogo dell’Arakan, soltanto verso sera. Avevamo in programma di raggiungere la misteriosa Mrauk U via fiume, tuttavia difficilmente la traversata di 5 ore in barca potrebbe essere affrontata di notte. Parlando con gli altri pochi turisti stranieri, scopriamo che Mrauk U è ora raggiungibile anche in auto con un notevole risparmio di tempo, dal momento che sta per essere ultimata la nuova strada che la collega all’aeroporto. Le guide in italiano non solo assolutamente aggiornate al riguardo. Mrauk U era l’antica capitale del regno di Arakan, una potenza marinara che nel ‘600 estendeva i suoi commerci con il Medio Oriente ed i Paesi Europei. I portoghesi avevano un loro quartiere e la descrivevano come una città ricchissima e paragonabile a Venezia o Londra. Dopo la conquista dell’Arakan da parte dei birmani, Mrauk U decadde e le sue sorti non migliorarono durante la dominazione britannica che invece svilupparono il porto di Akyab (l’odierna Sittwe). Mrauk U vive nella sua atmosfera sospesa, dove i ritmi sono rimasti quelli di un tempo ma anche qui la situazione potrebbe a breve cambiare visto che le nuove infrastrutture stanno facendo venir meno il suo relativo isolamento. A differenza di Bagan, i templi in pietra basaltica non si trovano in un parco archeologico ma fanno parte integrante del tessuto urbano, alcuni sono più decentrati ed immersi in un’atmosfera bucolica tra campi di risaie e contadini al lavoro.

La Kothaung paya fa parte del gruppo orientale ed è il tempio più spettacolare di Mrauk U: i suoi innumerevoli piccoli stupa laterali ricordano l’architettura di Borobudur sull’isola di Giava. All’ingresso, un gruppo di anziane monache dalle tuniche rosa attende le offerte dai fedeli che si recano a pregare innanzi al grande stupa a forma di campana che si erge sulla sommità, ai lati del quale si attraversano nella penombra lunghi corridoi con ai lati enigmatiche statue sedute del Buddha. Nei dintorni si visitano altri zedi minori, particolarmente interessante la Peisi Daung paya, uno stupa in rovina costruito in collina dove al suo interno sono custoditi quattro grandi statue del Buddha con occhi di marmo situati nei punti cardinali.

Al centro di Mrauk U sorgeva il palazzo reale, del quale rimangono soltanto le alte mura perimetrali di forma quadrata e nella parte settentrionale si concentrano gran parte dei templi della cittadina. Le pagode Shittaung e Dukkanthein ricordano delle massicce fortezze ed anche qui, al loro interno, si attraversano lunghi corridoi pieni di statue e bassorilievi che talvolta conservano i colori originari.

Le giornate si concludono sui belvedere, ammirando il sole che tinge di rosso i cieli e che inonda di luce dorata le guglie delle pagode.

Sul fiume Lemro ci imbarchiamo per visitare dei villaggi abitati dall’etnia Chin: questa minoranza che abita prevalentemente in un proprio stato dell’unione birmana, popola anche un paio di piccoli centri all’interno dell’Arakan. Le donne seguivano la tradizione, ormai in disuso, di tatuarsi il viso con motivi geometrici a forma di ragnatela. Compiuta l’età di 10 anni, le ragazze venivano sottoposte a questa pratica ed il disegnatore impiegava almeno due giorni per completare l’opera, servendosi di aghi e della bile dei bufali d’acqua come inchiostro.

Oggi soltanto le anziane sfoggiano i tatuaggi, sembra infatti che si sia persa la capacità tecnica nel realizzarli… una sorta di nemesi storica, visto che nel nostro mondo stanno conoscendo tra i giovani un exploit senza precedenti…

Giriamo tra le capanne di bambù mentre i bambini ci osservano incuriositi con i loro grandi occhi neri e le donne sono affaccendate ai telai per realizzare sciarpe colorate da vendere ai rari visitatori.

E’ alta stagione, ma il nostro semplice resort di Mrauk U sembra semivuoto… occorre un minimo di adattamento perché questa zona, dove internet manca quasi del tutto, continua ad essere ai margini e poco pubblicizzata dalle autorità per lo sviluppo turistico.

Il nostro viaggio si è ormai concluso e tornando a Yangon ci attende il volo di rientro… ma un angolo della Birmania di dieci anni fa l’abbiamo senz’altro ritrovato.

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Ngahtatgyi paya



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