Los roques: racconto di una settimana in paradiso

Milano. Inverno. Freddo, tanto freddo… ci viene voglia di fare una vacanza, ma abbiamo bisogno di sole, di caldo e di una spiaggia bianca, lambita da acque cristalline su cui sdraiarci a risposare il corpo e la mente… e così ci viene in mente un posto di cui abbiamo sentito parlare: Los Roques, un arcipelago al largo delle coste venezuelane....
Scritto da: Alessia Marini
los roques: racconto di una settimana in paradiso
Partenza il: 25/03/2006
Ritorno il: 01/04/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Milano. Inverno. Freddo, tanto freddo… ci viene voglia di fare una vacanza, ma abbiamo bisogno di sole, di caldo e di una spiaggia bianca, lambita da acque cristalline su cui sdraiarci a risposare il corpo e la mente… e così ci viene in mente un posto di cui abbiamo sentito parlare: Los Roques, un arcipelago al largo delle coste venezuelane. Il nome ci sembra abbastanza esotico e il Venezuela abbastanza lontano dall’inverno italiano.

Così inizia la ricerca su Internet, tra siti venezuelani, racconti e diari di viaggio, foto… e scopriamo che un tipo di vacanza così è quello che stiamo cercando. Non il classico villaggio turistico, non la classica settimana ai Carabi. Qui c’è l’idea di qualcosa di più, di quel pizzico di avventura che non guasta mai… Prenotiamo il volo diretto Milano-Caracas e poi via internet una posada che ci sembra molto carina e di cui abbiamo letto commenti molto positivi. Il proprietario della posada, Giorgio, appare subito disponibile: risponde velocemente e in modo molto chiaro alle nostre email e questo ci dà sicurezza. Ci prenota anche il volo interno per raggiungere Los Roques e l’albergo per passare la notte a Caracas quando arriveremo, poiché non faremo in tempo a prendere il volo interno la sera stessa. Più comodo di così… Il tempo scorre veloce ed ecco arrivare il tanto sospirato giorno della partenza. La mattina del 25 marzo ci svegliamo di buon’ora, e ci rechiamo felici a Malpensa dove ci aspetta un volo di quasi 11 ore. Al nostro arrivo all’aeroporto di Caracas non nascondo un po’ di timore di non trovare nessuno ad aspettarci ma ecco una ragazza venezuelana, proprio fuori dalla porta degli arrivi, con un cartello con i nostri nomi. Ci accompagna al taxi che ci porterà in hotel. Abbiamo scelto di pernottare all’hotel Santiago, a pochi chilometri dall’aeroporto. E’ un alberghetto spartano, abbastanza bruttino e affollato di venezualani rumorosi in vacanza che ci terranno svegli per buona parte della notte. Ma non ci lasciamo scoraggiare: in fondo la vera vacanza deve ancora arrivare… Dato che è ancora presto e che la zona dove si trova l’hotel non offre assolutamente nulla, ci piacerebbe arrivare fino al centro di Caracas in auto, ma Giovanni (il nostro autista) ci spiega che poco tempo prima è crollato un ponte e che, da allora, per fare i 35 Km che dividono Maquetia da Caracas ci si impiegano quasi 4 ore. Rinunciamo a malincuore, ceniamo presto in un ristorante di fronte all’hotel e andiamo a dormire, esausti a causa del fuso orario e del lungo volo.

La mattina dopo, alle 7,00, siamo pronti per partire di nuovo. Giovanni ci viene a prendere in hotel, ci porta all’aeroporto e qui, anche se con un po’ di ritardo, prendiamo il volo interno per Los Roques.

L’aereo? E’ più un trabiccolo degli anni 30: piccolo, anzi, piccolissimo e abbastanza arruginito. Fa un po’ paura vederlo così e non sappiamo se ridere o piangere ma saliamo a bordo e, anche se con un po’ di timore, dopo circa mezz’ora di volo si apre sotto di noi uno spettacolo della natura: una miriade di atolli su cui l’acqua verde e blu si infrange creando giochi di colori, luci e ombre che lasciano senza fiato.

L’atterraggio sulla pista di Gran Roque è tranquillo anche se fino all’ultimo sotto di noi si vede solo mare. La pista è una striscia di asfalto mista a sassolini e terriccio e la torre di controllo è una sorta di casetta su ruote bianca e rossa…

Scesi dall’aereo veniamo accolti da Fernando, un ragazzo venezuelano che lavora alla Posada Acquamarina: Fernando carica i nostri bagagli su un piccolo carrello, ci accompagna prima a pagare la tassa di entrata al parco nazionale e poi in posada. … Il tutto naturalmente a piedi, poiché tutta l’isola di Gran Roque è molto piccola e non ci sono strade asfaltate, né mezzi di trasporto, ma solo sabbia. La Posada sembra carina e già sentiamo aria di vacanza. Le camere si affacciano tutte su un piccolo cortile interno comune. Sembra un po’ una vecchia casa di ringhiera e cominciamo già a rilassarci. Ma il caldo inizia a farsi sentire… Veniamo accolti dai turisti in partenza che ci raccontano con malinconia la loro avventura dandoci i primi consigli e facendoci venire una gran voglia di vedere quel mare che descrivono come spettacolare. Ismael, il ragazzo che ha in gestione la Posada, ci fa vedere la nostra camera, che si affaccia proprio sulla cucina, e ci spiega alcune cose sulla vita a Gran Roque. La stanza è davvero spartana: poca luce, un bagno improvvisato, niente armadi, né mensole (scopriremo però che è l’unica stanza così male accessoriata, gli altri ospiti sono stati un po’ più fortunati)… ma non ci interessa: non stiamo cercando il lusso di un hotel a 5 stelle. Ci infiliamo veloci il costume, senza neanche disfare la borsa, e usciamo di nuovo. Fernando e Ismael ci stanno aspettando con la nostra ghiacciaia che hanno riempito con bevande e cibo per il pranzo. Ci accompagnano al porticciolo dove prendiamo subito una delle due barche della Posada che ci porta a Madrisquì.

Il viaggio in barca dura una decina di minuti. Madrisqui è una delle isole più vicine a Gran Roque. Al largo il mare è di un blu molto scuro mentre man mano che l’isola si avvicina l’acqua comincia a diventare di un verde smeraldo che ci lascia senza parole. Vediamo la spiaggia bianca, l’acqua cristallina, il cielo azzurro, i pellicani che si tuffano in mare… e ci sembra di sognare.

Da Madrisquì, attraverso una lingua di sabbia, si può fare una lunga passeggiata fino a Cayo Pirata, dove si viene a contatto con un piccolo villaggio di pescatori in cui la vita è rimasta ancora strettamente legata alla natura.

Verso le 17.30 la barca ci viene a riprendere e torniamo in Posada dove conosciamo gli altri ospiti e con cui facciamo amicizia. Una doccia veloce con poca acqua, una cena squisita preparata da Ingrid e rhum a volontà concludono la nostra prima giornata a Los Roques.

Le giornate in questo paradiso si svolgono tutte più o meno uguali: la mattina, dopo la colazione, si prende la barca al porto e si viene ‘abbandonati’ su isole stupende, più o meno grandi e più o meno deserte con un ombrellone, due piccole sedie sdraio e una ghiacciaia piena di cibo e bevande. La tranquillità dei posti, i colori stupendi, il rumore del vento e il verso dei gabbiani rendono queste isole di una bellezza impareggiabile.

Nel pacchetto prenotato con la posada sono incluse le gite ad alcune isole, le più vicine a Gran Roque mentre quelle più lontane sono a pagamento. Vorremmo vederle tutte ma non abbiamo abbastanza tempo e l’arcipelago è davvero grande. Così cerchiamo di scegliere dietro consiglio dei locali o di qualcuno che ci è già stato.

La mattina del secondo giorno, purtroppo, il tempo che ci si presenta non è dei migliori. Il cielo è molto nuvoloso e soffia un gran vento… Decidiamo quindi di andare in un’altra delle isole vicino a Gran Roque poiché le condizioni del mare non permettono di allontanarsi troppo. Eccoci così a Francisquì Arriba dove, nonostante il cielo un po’ grigio, riusciamo ad apprezzare la bellezza del posto. E come non si potrebbe: i colori sono sempre stupendi e l’isola offre la possibilità di fare una lunga passeggiata fino a raggiungere la famosissima piscina di acqua naturale dalla quale, però, rimaniamo abbastanza delusi. Non è possibile, infatti, fare snorkelling come ci era stato detto e, forse a causa del vento forte, il mare che si infrange sulla barriera è molto mosso. Tra le isole vicine e incluse nel pacchetto della Posada, scegliamo di vedere anche Cayo Fabian. Ne avevo sentito parlare su Internet durante le mie ricerche prima della partenza. La descrivevano come una lingua di sabbia, senza vegetazione, circondata da acque cristalline. Nessuna descrizione, però, rende davvero giustizia a questo piccolo isolotto, completamente circondato dal mare, in cui riusciamo, per più di mezza giornata, ad essere solo in 4. Un sogno ad occhi aperti, in cui ci sentiamo anche noi naufraghi su un’isola deserta… è un’esperienza unica ed irripetibile.

Bellissime sono anche le isole più lontane che abbiamo visitato nel corso della settimana. La prima è Espenquì, con la sua lingua di sabbia e la spiaggia lunghissima e assolutamente deserta… E’ qui che i ‘nostri uomini’ hanno provato l’ebbrezza della pesca utilizzando un semplice spago arrotolato su una vecchia lattina. Il ‘bottino’, caratterizzato da una trentina di pesci, viene abilmente pulito e selvaggiamente cucinato da Oscar su un fuoco improvvisato tra le mangrovie e poi divorato con gusto da noi ‘poveri naufraghi’ a mani nude, seduti sulla sabbia.

Ritornando da Espenquì verso Gran Roque, ci fermiamo circa un’oretta a Crasquì, dove si vedono montagne di Botuto (un mollusco che vive dentro enormi conchiglie e che è ormai in via di estinzione) e dove si trova anche un ristorantino in cui gustare pesce fresco e aragoste a volontà… L’isola più lontana che visitiamo, e quella che richiede il viaggio più lungo e travagliato di tutta la vacanza, è Cayo de Agua, che si trova esattamente dalla parte opposta rispetto a Gran Roque. Cayo de Agua è una lingua di sabbia molto lunga, decretata Riserva Naturale. Qui si può fare una lunghissima passeggiata al faro e bagnarsi nelle sue acque cristalline.

All’inizio troviamo un po’ di gente (beh, del resto, questa è una delle mete più ambite da chi viene a Los Roques) ma verso il primo pomeriggio vediamo che la maggior parte delle barche tornano a riprendere i loro ‘turisti’ e dopo poco ci ritroviamo da soli: circa una decina di persone, con tutto questo paradiso solo per noi… A questo punto la spiaggia sembra davvero immensa e senza il disturbo di persone, sdraio e ombrelloni, i colori sembrano ancora più vivi e definiti.

Su tutte queste isole abbiamo vissuto il nostro sogno: abbiamo ballato, pescato, mangiato pesce, passeggiato ininterrottamente nelle acque limpide e sulla sabbia bianca come neve, sotto un sole cocente che ci ha scottato e abbronzato la pelle… E’ stata una vacanza stupenda, rilassante in alcuni momenti, avventurosa in altri. E’ una vacanza per chi ama il mare e il sole, per chi non si lascia intimorire da una vita spartana, dall’assenza di asfalto, di macchine, di televisione, di cellulari… A Gran Roque non c’è assolutamente nulla da fare, non ci sono negozi, se non qualche piccola ‘boutique’ che vende creme solari, cartoline o collanine. Abbiamo visto tante Posada passeggiando la sera per le viuzze sabbiose di Gran Roque ma la nostra era una delle poche sempre aperte e con musica a tutte le ore del giorno. I ragazzi che ci lavorano sono tutti venezuelani, simpaticissimi e molto gentili, sempre pronti a farsi in 4 per soddisfare ogni tua necessità. Oscar, Fernando, Ismael, Hernan, Noel, hanno reso la nostra vacanza perfetta, nonostante i piccoli inconvenienti causati dall’assenza delle comodità a cui siamo abituati. Per non parlare di Ingrid, la cuoca, che è superlativa: cucina davvero benissimo. Si mangia pesce fresco tutti i giorni ma se qualcuno ha qualche particolare necessità riguardo al cibo, basta che lo renda noto e viene subito accontentato… Allontanarsi completamente dalla vita frenetica della città e dallo stress del lavoro ci ha fatto molto bene ma ora che siamo tornati riabituarsi è dura… Lo Roques ci manchi…



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