Lontano da Dio, vicino alle stelle

Città del Messico, giungla metropolitana. Mar 15: Mexico City, il taxi all’aeroporto, dopo averci assicurato in tutti i modi di essere ‘seguro’, viste forse le nostre facce tese all’arrivo, ci accompagna all’hotel Isabel, a due isolati dallo Zocalo, la piazza principale della città. E’ come me...
Scritto da: Edson
lontano da dio, vicino alle stelle
Partenza il: 15/04/2003
Ritorno il: 06/05/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Città del Messico, giungla metropolitana.

Mar 15: Mexico City, il taxi all’aeroporto, dopo averci assicurato in tutti i modi di essere ‘seguro’, viste forse le nostre facce tese all’arrivo, ci accompagna all’hotel Isabel, a due isolati dallo Zocalo, la piazza principale della città. E’ come me l’immaginavo, un po’ più buio e tetro forse, ma coi patii e le piante e l’odore dei fumi che penetra da fuori. Metto appena il naso fuori a respirare meglio il tanfo della capitale, poi cena nel ristorante dell’albergo, al sicuro, c’è anche una ‘cantina’ molto popolare all’interno, per stasera guacamole e tacos piccanti, prepariamo gli stomaci al clima.

Mer 16: affrontiamo lo smog e il caos della città più popolosa d’America e in pochi minuti siamo allo Zocalo, visita alla Cattedrale e ai favolosi murales di Diego Rivera all’interno del Palacio Nacional. Poi saliamo sulla Torre LatinoAmericana, l’edificio più alto, sede di uffici, un po’ malandato nonostante l’apparenza di modernità, e comprendiamo subito la vastità del D.F.(destricto federal), come viene chiamata Città del Messico dai messicani. Pomeriggio al Bellas Artes, museo-teatro, con altri splendidi murales di Rivera, Siqueiros e altri, c’è anche una bella mostra di Echevarria, poi a zonzo per i viali trafficati e rumorosi verso casa. Serata con le mie amiche Jazel e Italia, a Coyoacan, quartiere residenziale dove ha sede il museo di Frida Khalo e dove si respira un’aria di sana provincia.

Gio 17: partiamo con Italia e Oskar in macchina verso Oaxaca, vanno per il weekend, e occorrono tre ore per uscire dalla città, è anche weekend di Pasqua, ma poi finalmente si vedono i colori della natura prendere il posto dello squallore metropolitano degli infiniti ‘barrios’. Oaxaca, patrimonio dell’umanità.

Dal 17 al 21 aprile: lo Zocalo qui è già animato appena arriviamo, nel tardo pomeriggio, ci sono bancarelle e musica dappertutto, c’è un tramonto stupendo tra i tetti bassi delle costruzioni di questa città, capitale dello stato omonimo, dove i ritmi sembrano già più lenti e riconcilianti, dopo l’ansia metropolitana causata dal D.F. La piazza Santo Domingo diventerà il mio luogo preferito, la chiesa è un gioiello architettonico, piena di statue di santi a rilievo su tutto il soffitto. Il museo adiacente è quanto di più completo per comprendere la storia del Paese dalla civiltà precolombiana ad oggi.

Non mi perdo una processione né la visita al mercato di sabato con gli indios scesi dalle vicine montagne a vendere frutta, verdura, animali. Nei dintorni visitiamo Monte Alban (rovine maya), Hierve el Agua con le piscine di acqua sulfurea e l’albero bimillenario chiamato El Tule. Ma è la città, col suo centro storico e la sua via pedonale, che mi resterà nel cuore.

Puerto Escondido, un mito diventa realtà.

21-28 aprile: il viaggio in van dura sei ore fino a Pochutla ma sembra un’eternità e nell’attraversare la Sierra, ci fermiamo più volte causa mal d’auto e soste in villaggi dove salgono e scendono passeggeri. Da Pochutla il taxi colectivo ci porta in 45 min. A Puerto Escondido, spiaggia dei surfisti di Zicatela. L’indomani ci spostiamo in città dove notiamo subito la presenza degli italiani qui rifugiatisi, anche prima del famoso film di Salvatores, pranziamo da Claudio e alloggiamo presso Mario, ma andremo subito via di qui, a Zipolite, a respirare quell’aria ‘freak’ che Puerto sembra non avere più. Le spiagge di Zipolite, Mazunte e Puerto Angel sono qualcosa di veramente magico e diventa difficile staccarsene, dormo in amaca, cucino un risotto per una decina di persone al ristorante della posada e mi sento già parte di questo mondo. Per non dire dei tramonti e delle stelle viste da qui, resto in questo angolo di Pacifico per sei giorni, poi decido che è tempo di Chiapas.

San Cristobal e Palenque, internet e maya.

28 aprile – 2 maggio: Ho lasciato il mio compagno di viaggio al mare e, dopo varie ore di bus, arrivo nel Chiapas. San Cristobal è il posto con la più alta concentrazione di internet point, e dal prezzo più basso, che abbia mai visto. Anche mangiare e dormire qui è meno caro che altrove. Visito due paesini maya a pochi chilometri con un mini tour che parte dal centro e mi accorgo che intere famiglie qui vivono come i loro antenati, senza energia elettrica né acqua corrente, religione pagana e cristianesimo si mescolano nei loro riti e le donne hanno tutte il costume tradizionale.

A San Cristobal incontro i primi italiani, in gruppi, e tre amiche olandesi già incontrate in aereo e poi a Puerto Escondido. Mi capiterà ancora di incontrare persone già viste e conosciute in città diverse a distanza di giorni, ma mai incontrerò italiani che viaggiano soli. Italiani che invece hanno fatto del Messico la loro terra d’adozione sì, e parecchi. Nella umida e afosa Palenque trovo alloggio in un camping sulla strada delle rovine in piena giungla, è un posto incantato, quasi magico, ed è un peccato che i giorni davanti siano così pochi. Le rovine poi sono qualcosa di semplicemente incantevole, così come le cascate di Agua Azul che visiterò prima di partire per il lungo viaggio (15 ore) di ritorno a Oaxaca.

Oaxaca, un ultimo abbraccio 3 e 4 maggio: Torno alla posada vicino la piazza Santo Domingo per altri due giorni nella città che ho eletto a mia favorita per incontrare ancora alcune persone che volevo riabbracciare prima di lasciare il Messico. Mi sbilancio promettendo un mio pronto ritorno, magari già nel prossimo inverno, e passo queste giornate facendo shopping di amache e artigianato, visitando musei e assistendo a feste e celebrazioni, con bambini vestiti a festa e musica tutto il giorno per le strade. Sono stanchissimo e commosso mentre attendo il bus che mi riporterà a Città del Messico con questa località impressa a fuoco nel cuore.

Città del Messico e le piramidi a Teotihuacan Arrivo alla stazione orientale e deposito i miei bagagli per sfruttare anche quest’ultima giornata prima del volo per la vecchia Europa alle 9 di stasera. Occorre prendere il metro e partire dalla stazione nord per raggiungere Teotihuacan. Tracce di sangue (umano) fresco nel corridoio della stazione e le continue perquisizioni ai passeggeri mi riportano alla realtà di questo mostruoso agglomerato urbano chiamato Mexico D.F. Ed è stridente il contrasto con gli altoparlanti che diffondono le note di ‘no tengo edad’ cantata da Gigliola Cinquetti.

Le piramidi del Sole e della Luna e tutto quanto qui intorno creano quella magia che tornerà ancora nei miei sogni al rientro in Italia. Piove all’aeroporto mentre attendo l’imbarco e chiedo a delle guardie se è già cominciata la stagione delle piogge, mi dicono che non pioveva da venti giorni, guarda caso da quando ho messo piede su questa terra che mi ha regalato emozioni difficili da dimenticare e una gran voglia di ritornare, chissà magari la prossima volta ce la farò a farmi bagnare anch’io dalla pioggia.



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