Lisbona in 4 giorni

Se avete qualche giorno (quattro o cinque è il numero ideale) a disposizione e volete fare un viaggio oltre il confine e a prezzi ragionevoli, ho una proposta che vi lascerà soddisfatti: Lisbona! E’ una capitale molto bella, eppure lontana da quel genere di capitali (quali Roma, Londra, Parigi…) enormi, caotiche, disorganizzate, dispersive...
Scritto da: AleTib
lisbona in 4 giorni
Partenza il: 21/07/2001
Ritorno il: 25/07/2001
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
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Se avete qualche giorno (quattro o cinque è il numero ideale) a disposizione e volete fare un viaggio oltre il confine e a prezzi ragionevoli, ho una proposta che vi lascerà soddisfatti: Lisbona! E’ una capitale molto bella, eppure lontana da quel genere di capitali (quali Roma, Londra, Parigi…) enormi, caotiche, disorganizzate, dispersive e, per di più, ben allenate nell’arte di spennare il turista! Al momento in cui ho messo piede a Lisbona ho avuto la netta impressione che l’amministrazione della città fosse stata molto attenta nel predisporre strutture capaci di aiutare il turista in ogni suo piccolo problema (ci sono uffici informazioni ogni cento metri), sicuramente risvegliata da quel grande evento che è stato l’Expo ’98. Eppure il lisboeta è ancora sconcertato da questa piccola invasione di gente che parla una lingua barbara (e che ancor peggio cerca di farsi capire in un pessimo spagnolo che li fa solo innervosire di più!), crede che l’Europa unita sia solo il programma politico di un candidato con le manie di grandezza ed è solo lì per caso,commercia, come il suo istinto di mercante di porto gli insegna,ma non ti vuole per forza fregare, mostrando tutta la sua ospitalità, anche se non sarà mai capace di dire neanche un “ciao” per compiacere il turista italiano, etnia più presente fra i frequentatori stranieri di questa città. E, poiché sappiamo che l’italiano si arrangia e anche quando parla con i suoi concittadini usa più i gesti che le parole, non ci saranno problemi per lui e si farà capire anche dal più restio dei lisboeti, che poi non è una fesseria che le lingue neolatine hanno tutte le stesse parole: basta fare un po’ d’orecchio all’accento, pensare di stare conversando con l’Abatantuono di “Eccezionale veramente” e tutto sarà chiaro! Ma torniamo al percorso del turista, che è quello che ho fatto io un mese fa, e immaginate di arrivare con me all’aeroporto di Lisbona, primo esempio dei miracoli dell’Expo ’98 e prima occasione per interrogare una signorina del punto informazioni: ve lo consiglio, è un’esperienza mistica che mai in Italia vi capiterà di fare! Io e la mia compagna di viaggio lo abbiamo fatto per chiedere innocentemente dell’autobus per l’albergo e della Lisboa Card, carta prepagata per mezzi di trasporto e musei, ma la gentilissima signorina, che parlava un italiano perfetto (mosca bianca!), non solo ci ha risposto che, poiché il nostro soggiorno era a cavallo del fine settimana, non ci conveniva, ma ci ha fatto un piano completo, preciso e puntuale per la visita della città dei dintorni, ci ha dato depliant, mappe e numeri di tram e autobus e orari di treni ecc. Ecc. Ecc. Mai vista una cosa del genere, stavamo per chiederle di venire con noi, se voleva a farci anche da cicerone! Abbiamo così preso l’aerobus, la navetta che portava dall’aeroporto fino quasi sotto l’albergo e che costava la bellezza di 1700 lire, meno di un Euro, e che era condotto da un autista che aiutava con i bagagli, scendeva per dare indicazioni, parlava perfino in inglese…Ci sentivamo nel paese dei balocchi (specie dopo le esperienze spiacevoli alla stazione Termini, dove il costo della navetta per l’aeroporto è dieci volte superiore e i romani danno il solito sfoggio di caratteristica gentilezza e ospitalità italiane!).

Quindi alle tre di pomeriggio, sotto un sole fortissimo, eravamo in cammino nella zona vecchia di Lisbona, fedelissime al programma fatto dalla signorina dell’ufficio informazioni. Dopo un primo momento di sconforto alla vista del tanto pubblicizzato quartiere del Bairro Alto, caratteristico di sera, ma di giorno solo sgarrupato e fetido, mi sono cominciata ad esaltare alla vista della Brasileira, trovato per caso nel quartiere del Chiado. E’ il famoso caffè dove Fernando Pessoa si tratteneva e c’è una statua di bronzo che lo raffigura ad un tavolino del bar. Lì, temendo di essere spennate al bancone del bar, ma troppo stremate dal caldo, abbiamo ceduto alla tentazione di bere qualcosa e, in vena di novità, abbiamo assaggiato per la prima volta nel viaggio dei succhi di frutta dai gusti assortiti, che abbiamo ritrovato in tutto il viaggio e abbiamo provato con piacevole sorpresa in tutti i sapori, esotici, strani, ma sempre buoni, come tanti cocktail analcolici fatti da mano esperta ed estrosa… e non abbiamo neanche pagato tanto: meno di quello che avremmo pagato in un brutto bar italiano di periferia, ma eravamo in un bar bello, famoso, raffinato e centralissimo! Poi la visita è proseguita per il resto della città vella, cioè vecchia, ed è stato un crescendo di scoperte che sono culminate con il Castelo de Sao Jorge, sulla cima di una collinetta che affaccia sul Tago e su tutta la città: uno spettacolo eccezionale! Il giorno successivo abbiamo approfittato, come ci era stato suggerito, della gratuità di molti musei per vedere il Mosteiro de Dos Jeronimos e il Belem. Tutti posti bellissimi, il Mosteiro soprattutto è mozzafiato e vicino c’è una buonissima pasticceria che per pochi soldi ti dà delle pastarelle calde, appena portate lì dal laboratorio che ne produce in quantità industriale, servite per l’asporto in un particolare e artistico contenitore di cartone, con delle belle bustine di zucchero e cannella (una chicca per i collezionisti!)… ma la folla nel bar consiglia di andare a consumarle nel vicino e rigoglioso parco, adatto per un picnic. Poi abbiamo solo perso tempo nel palazzo delle esposizioni del Belem alla ricerca di un motivo per cui le guide lo segnalano: non c’è proprio nulla da guardare, solo un ammasso di cemento! Nella torre di Belem, invece, abbiamo rischiato la morte su una scala a chiocciola strettissima e a doppio senso di circolazione per arrivare stoicamente sulla cima a vedere il panorama…Il gioco non vale la candela! Poi ad un ufficio informazioni vicino al Mosteiro abbiamo chiesto come raggiungere l’Estrela, ma lì il ragazzo ci ha dato il pessimo consiglio di risalire a piedi un lungo stradone che arrivava direttamente lì! Affrontata l’impresa, siamo entrate nella chiesa e ci siamo accasciate sui banconi per riposarci ammirandola. Dopo un po’ il prete ci ha invitate a seguirlo e ci ha portate lateralmente all’altare, nei pressi della sagrestia, dove, in una cappelletta buia, era allestito forse da qualche secolo un meraviglioso presepe, analogo a quello della Cattedrale del Sé, ma più particolare. Senza chiedere soldi (nella cappelletta non c’era neanche una cassetta per le offerte, cosa mai vista!), ha perfino acceso le luci e la prospettiva è cambiata. Siamo rimaste lì un po’ in estasi per la bellezza del presepe e la gentilezza disinteressata del prete e siamo uscite, non senza aver lasciato qualche spicciolo in una cassetta delle offerte trovata non senza difficoltà, che da noi è un obbligo non solo morale, ma lì ci sembrava solo il minimo contraccambio.

La sera finalmente abbiamo cenato al Bairro Alto, in un ristorantino dall’aria intima e pittoresca, dove in effetti i piatti erano tutti rigorosamente tipici ed anche buoni, ma abbiamo dovuto subire la bellezza di circa ventimila lire italiane di servizio (o coperto?) pagando dei formaggi, olive e altro che non avevamo mangiato e che avevano portato di loro iniziativa (e certamente al cliente successivo avranno proposto gli stessi formaggi che noi non avevamo toccato!). E’, infatti, abitudine dei ristoranti lisboeti quella di portare questi formaggi, dal sapore tutto particolare, ma è a loro discrezione farli pagare o meno e a discrezione del consumatore mangiarli o meno! Il giorno dopo, era lunedì, poiché i musei di Lisbona erano tutti chiusi, il programma proponeva di andare nei dintorni, a Sintra, Estoril, Caiscais, Cabo da Roca… Le ultime sono località di mare, per la precisione di oceano e, dirò di più, spiagge molto carine. Sapendo di andare al mare, nel treno che faceva proprio il circuito delle cittadine di interesse turistico dei dintorni, tutti erano in costume, con asciugamani e occhiali da sole, qualcuno anche col pallone in mano, ma tutti, noi comprese, scesi alla piccola stazione di Sintra, hanno scoperto di aver tralasciato il particolare che Sintra è a mille metri d’altitudine e anche a fine luglio fa un freddo cane! Così molti, come noi, giravano con l’asciugamano a mò di scialle per tentare di ripararsi! Conclusa la visita a Sintra, abbiamo preso un autobus che faceva una fermata ogni cento metri, anche in aperta campagna, alla volta del mare. Prima fermata Cabo da Roca, il punto più a ovest d’Europa: siamo scese, abbiamo constatato che faceva freddo come a Sintra e che tutto consisteva in un faro e nel panorama e, poiché l’autobus successivo passava dopo un’ora e quaranta, siamo risalite su quello da cui eravamo scese! Malgrado il traffico, siamo arrivate a Caiscais e finalmente ci siamo ristorate, al caldo, sotto il sole che picchiava, sulla spiaggia, che mi ha colpita per la qualità della sabbia, bianca, non troppo fine, leggermente granulosa e piacevole. Ho messo un piede in acqua a riva e, dopo aver rischiato l’ipotermia, ho rinunciato al glorioso sogno del bagno nell’oceano, sono tornata a prendere il sole e dopo qualche ora ci siamo trasferite alla spiaggia di Estoril, più particolare, ma altrettanto affollata. La sera abbiamo mangiato vicino a Praca da Figueira, in una zona turistica ma a nostro parere più piacevole del Bairro Alto, tanto che siamo tornate anche il giorno successivo.

L’ultimo giorno, dulcis in fundo, ho trascinato la mia amica alla Feira da ladra, un mercatino dell’antiquariato e delle pezze americane, che si tiene tre volte alla settimana nei pressi del castello: una vera chicca per chi, come me, ama le belle cose antiche, che tra l’altro si trovano anche a prezzi bassissimi. Da lì ci siamo spostate per una visita al museo degli azulejos, bellissimo sia per le tante piastrelle conservate che per il contenitore che le ospita. E, infine, per la prima volta, abbiamo preso la metropolitana per andare nel quartiere dell’Expo ’98, pieno di ottimi esempi di architettura moderna, a ridosso del Tago col quale si sposa felicemente. Tra i palazzi, oltre al centro commerciale Vasco de Gama, il meraviglioso oceanario. Un sogno per i bambini, ma anche per i più grandicelli, che a trovarsi faccia a faccia con uno squalo di grosse dimensioni, anche se protetti da un vetro spessissimo, hanno un po’ di reverenziale timore. Oltre gli squali, perfette ricostruzioni di ecosistemi diversi, curati nei minimi particolari: una bella scoperta! Infine, ultime spese e ultima cena, per fortuna, perchè qui si mangia solo baccalà! E qui finisce il nostro viaggio, con la soddisfazione di aver visto un bel posto, di aver visto quasi tutto ed esserci state bene, senza soffrire troppo la lontananza dall’Italia che per certi versi proprio non ci mancava. Per esempio la temperatura, in Italia a luglio calda e afosa e a Lisbona calda ma secca e rinfrescata, specie di sera, dalla non leggera brezza dell’oceano. L’ospitalità è di tutt’altro tipo e abbiamo assistito a esempi di civiltà come gli automobilisti che si fermavano comunqe in prossimità delle strisce, le raccomandazioni di un tabaccaio dal quale avevamo comprato delle cartoline affinché stessimo attente alla borsa perché lì girava un tipo… e che dire della signorina dell’ufficio informazioni che ci ha vietato di comprare la Lisboa Card perché a noi non conveniva: sarò in malafede, ma è raro in Italia trovare qualcuno che ti dica di non comprare niente da lui! Insomma, i lisboeti sono stralunati di fronte al turista, ma sono anche solidali e non solo per vendere: questa è la differenza fondamentale tra l’ospitalità italiana e quella portoghese!



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