Libia: tra dune e rovine romane

Il viaggio è una porta attraverso la quale si esce dalla realtà nota e si entra in un’altra realtà inesplorata, che assomiglia al sogno. Guy de Maupassant É sempre con grande emozione che si ritorna nel deserto! Luogo magico per se stesso che a noi occidentali, che viviamo quotidianamente in un mondo caotico, appare come un universo...
Scritto da: Bruno Visca 1
libia: tra dune e rovine romane
Partenza il: 26/12/2005
Ritorno il: 09/01/2006
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 2000 €
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Il viaggio è una porta attraverso la quale si esce dalla realtà nota e si entra in un’altra realtà inesplorata, che assomiglia al sogno.

Guy de Maupassant É sempre con grande emozione che si ritorna nel deserto! Luogo magico per se stesso che a noi occidentali, che viviamo quotidianamente in un mondo caotico, appare come un universo infinito fuori dalla realtà. La bellezza dei paesaggi, i colori delle dune che variano continuamente con il passare delle ore, assumono al tramonto e all’alba riflessi con ombreggiature difficilmente descrivibili. Il cielo azzurro intenso durante il giorno e traboccante di stelle nelle notti infonde nel viaggiatore un senso di serenità e lo inducono ad apprezzare maggiormente le bellezze della natura. Il deserto è uno spazio dove non solo il fisico ma anche lo spirito viaggia con ritmi lenti: l’orologio è del tutto superfluo. Da sempre il deserto ha affascinato gli uomini. Dicono i Tuareg: “Dio ha creato il mondo per dare all’uomo una casa, il deserto perché vi trovi la propria anima”.

A circa 1200 km a sud della costa mediterranea della Tripolitania, in Libia, si estende una delle più affascinanti regioni sahariane: il massiccio dell’Acacus, un altopiano arenario con una superficie, da nord a sud, di un centinaio di chilometri, intervallato da dune di sabbia e straordinarie formazioni rocciose modellate dal vento, un vero museo all’aperto. L’Acacus ha un’estensione di 7.500 kmq. Ed è un parco senza custodi, ma per accedervi è necessario essere accompagnati da una guida ed avere un permesso da esibire ai posti di controllo. La bellezza di questo luogo è assoluta, ma quello che rende l’intera zona un patrimonio inestimabile sono soprattutto le pitture e le incisioni rupestri, testimonianza dell’antica presenza dell’uomo in questa regione. Sulle rocce e negli anfratti protetti dall’erosione degli agenti atmosferici sono rappresentate scene di caccia e momenti di vita quotidiana; le raffigurazioni di elefanti, giraffe e altri animali della savana africana testimoniano che un tempo questa regione non era desertica, ma presentava un ecosistema simile a quello dell’odierna Africa centrale. Fu infatti intorno al III millennio a.C. Che il deserto iniziò ad avanzare inesorabilmente, facendo diminuire la fauna e la vegetazione e costringendo i pastori ad abbandonare la regione alla ricerca di nuovi pascoli presso i maggiori bacini fluviali. La presenza di ripari naturali nel massiccio di arenaria ha permesso la conservazione anche di magnifiche pitture rupestri. Le prime notizie sulla presenza di queste pitture risalgono alla fine del XIX secolo, ma non venne fornita una localizzazione precisa; fu solo nel novecento che vennero effettuate le prime esplorazioni archeologiche che permisero di scoprire questo straordinario museo a cielo aperto, dove la natura e l’abilità dell’uomo si sono fuse creando uno spettacolo indimenticabile.

É in questa regione che, dopo una veloce visita alle rovine dell’antica città romana di Sabratha, si svolge la maggior parte del nostro viaggio.

Dal mio diario di viaggio 26/12/2005 – Milano, Torino, Roma – Tripoli (Aereo) Io ed i compagni di viaggio partiti da Torino, all’aeroporto di Roma ci ritroviamo con gli altri componenti del gruppo, in tutto 20 persone. Ci imbarchiamo per Tripoli unitamente a 11 scatole con i viveri più un’altra con la cassa cucina contenente pentole, padelle, colapasta e quant’altro necessita per cucinare. L’aereo parte con circa 2 ore di ritardo e alle 16.45 atterriamo all’aeroporto di Tripoli. Cambiamo 200 euro a testa, 150 per la cassa comune e 50 per le spese personali (1 euro = 1,607 DL). All’uscita troviamo un incaricato dell’agenzia che è venuto a prenderci. Trasferiamo i nostri bagagli sui due mezzi che ci aspettano, un bus da 17+4 posti oltre a un pulmino da 6 posti ed in ½ ora raggiungiamo l’hotel. Il ritardo del volo ci ha tolto il tempo per la visita della città. In serata incontriamo il corrispondente locale incaricato di fornirci i fuoristrada, gli autisti e la guida. Non è solo una visita di cortesia, deve incassare la somma pattuita per tutti i servizi! Dopo i saluti e i convenevoli di rito intendo versagli i soldi raccolti in precedenza da tutti i partecipanti. Non sia mai!! Nell’atrio dell’albergo vi sono troppi occhi indiscreti, non è prudente contare le banconote alla presenza di tutti. Mi conduce così sulla sua macchina, nel parcheggio dell’hotel, in un luogo buio ed appartato. Mentre stiamo contando il denaro, operazione che richiede un pò di tempo, vedo avvicinarsi le luci di alcune torce. Si tratta di qualche compagno che, avendomi visto dirigermi verso il parcheggio in compagnia del corrispondente libico, cominciavano a preoccuparsi per me e stavano venendomi a cercare! 27/12/2005 – Tripoli – Sabratha – Kabaw – Nalut – Ghadames (Bus – 650 Km – 14 h) Nonostante la sveglia alle 6, non si riesce a partire prima delle 8. Scopriamo subito che bisogna adattarsi ai ritmi lenti del posto, non avere fretta e non guardare l’orologio. Pagate le camere e ritirati i passaporti conosciamo il poliziotto-guida che ci accompagnerà per tutto il viaggio. In un’ora circa si raggiunge il sito archeologico di Sabratha, non prendiamo la guida in quanto non disponibile in italiano. Per la visita del sito occorrono circa 2 ore. La vecchia città romana è molto bella, costruita in riva al mare nel 1º secolo d.C ed è una delle tappe obbligate per chi visita la Libia. Le origini del nome della città si perdono nel tempo, ma si ritiene che derivi da una parola libica-berbera che significa “mercato del grano”. Da non perdere la visita del museo. Facendo una deviazione di 9 Km visitiamo la città berbera di Kabaw con il suo caratteristico qasr (granaio fortificato) dove venivano raccolti e conservati cereali e otri per l’olio e le olive. Il qasr, molto interessante, ha più di 700 anni e conserva un’incredibile fascino medioevale. Il granaio, attualmente non più utilizzato, è posto in una posizione inespugnabile, in cima ad una collina ed evidenzia come la protezione dei cereali fosse importante quasi quanto la salvaguardia dell’acqua. Ritornati sulla strada principale si raggiunge il villaggio semidistrutto ed abbandonato di Nalut, anche questo con un caratteristico qasr, un tempo orgoglio della città vecchia ma oggi quasi interamente circondato dalle rovine disabitate del villaggio. Si arriva a Ghadames alle 22 e, dopo la sistemazione in hotel, ceniamo in un ristorante nelle vicinanze dell’albergo. Quello che si nota maggiormente durante il viaggio di trasferimento sono i cumuli di immondizia che si trovano ai lati della strada, specialmente nelle vicinanze di Tripoli.

28/12/2005 – Ghadames – Visita Medina – Hammada al Hamra (Jeep – 100 Km – 3,5 h) Dopo colazione facciamo la conoscenza dei 6 autisti libici che ci condurranno nel deserto insieme al poliziotto-guida. Alle 8 si caricano i bagagli sulle jeep quindi, accompagnati da una simpatica guida che parla un buon italiano, si visita la medina, un vero dedalo di viuzze coperte provviste di lucernari dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Dopo aver acquistato frutta, verdura, uova, pane, acqua, 2 catini, 3 stuoie in plastica per sederci durante i pasti ed un riduttore per la bombola del gas, alle 13.30 finalmente si parte per il deserto. Subito la strada asfaltata termina e si entra nell’Hammada al Hamra. Il paesaggio è piuttosto monotono, un’immensa pianura pietrosa. Durante il viaggio si verifica il primo dei numerosi guasti alle jeep, la rottura del cavo dell’acceleratore. Fortunatamente gli autisti sono anche ottimi meccanici e in 45 minuti riparano il mezzo. Anche le forature saranno quasi giornaliere. L’unica critica che si può fare è la vetustà dei mezzi. Alle 17 si raggiunge la zona dove piazzare il campo, un posto ai margini della pista con un po’ di sabbia. Il luogo è discreto, non bellissimo. Decido di non piazzare la tenda ma di dormire sotto le stelle al riparo del mio sacco a pelo, cosa che farò anche in tutti gli altri campi. Nella notte, a più riprese, cade una leggera pioggerella. Sembra strano ma anche nel deserto qualche volta piove.

29/12/2005 – Hammada al Hamra – Erg Hubari (Jeep – 290 Km – 8,5 h) Sveglia alle 7.30, come sarà per tutte le mattine successive nel deserto. Alle 9.30 secondo guasto: un ammortizzatore di una jeep ha ceduto. Secondo gli autisti non è un elemento indispensabile, quindi semplicemente viene eliminato!!! In una località chiamata Liba, a 5 Km dal confine algerino, si fa rifornimento di legna raccogliendo i secchi cespugli della zona. Il viaggio prosegue in un ambiente monotono, un’immensa pianura di terra e pietre con rari arbusti. Un orizzonte senza fine a 360º. Alle 15 sostiamo in un punto panoramico da dove, in lontananza, si scorgono le prime dune. Alle 17,45 arriviamo nel luogo adatto a sistemare il campo. Finalmente tra le dune, in una zona molto bella con la sabbia color carota. Dopo cena, attorno al fuoco, piacevole serata in compagnia degli autisti e della guida.

30/12/2005 – Erg Hubari – Dune di Diwana (Jeep – 190 Km – 9 h) Per tutta la notte vi è stato un forte vento, fortunatamente le tende hanno retto. La prima parte della tappa risulta bellissima, tutta tra dune color arancio chiaro. Prima della partenza si sgonfiano le gomme delle jeep per avanzare meglio sulla sabbia. Purtroppo il cielo è velato, manca il sole. Finite le dune, prima di affrontare un tratto pietroso, si rigonfiano le gomme. La seconda parte della tappa è di nuovo su terreno duro e coperto da pietre. Anche il panorama è meno attraente, il paesaggio risulta uniforme e privo di varietà. Si raggiunge il luogo del campo alle 18. La zona è discreta con sabbia, un albero e molti cespugli.

31/12/2005 – Dune di Diwana – Ghat (Jeep – 220 Km – 10 h) Questa notte vi è stata una forte umidità, tutte le tende sono bagnate. Come al solito si parte alle 9 per una tappa che risulterà particolarmente movimentata. Dopo molti insabbiamenti una jeep si ferma per un guasto alla frizione. Non è riparabile sul posto quindi bisogna trainarla, con molte difficoltà data la natura del terreno accidentato e con sabbia. Dopo circa 50 Km di traino con molti insabbiamenti, si incontra la strada asfaltata che conduce a Ghat. La jeep viene lasciata presso l’officina di un villaggio e si raggiunge Ghat con un’auto in meno. L’incidente fa perdere molto tempo quindi, invece che arrivare alle 13, ora prevista, si arriva alle 19. Il 29, 30 e 31 dicembre a Ghat, per festeggiare il nuovo anno, si tiene il festival dei Tuareg. Si tratta di una manifestazione alla quale da ogni parte del deserto accorrono i famosi ed affascinanti “uomini blu”. Danze, canti, esibizione dei loro manufatti, un inno alla loro straordinaria cultura della quale gelosamente ne conservano le tradizioni. Così, dopo aver montato le tende nel camping Les Dunes e aver cenato, andiamo ad assistere allo spettacolo che si protrae sino a notte inoltrata. Festeggiamo in un modo insolito l’anno nuovo.

01/01/2006 – Ghat – Visita Medina -Arco Fozzigiaren (Jeep – 170 Km – 9 h) La jeep guasta non è riparabile in tempi brevi, per averne una in sostituzione telefono al corrispondente a Tripoli che, dimostrandosi efficientissimo, nel giro di poche ore riesce a farcela sostituire. Nella mattinata, mentre il resto del gruppo visita la medina, accompagnato dal poliziotto-guida mi reco in un’agenzia per la conferma dei voli del viaggio di ritorno. Dopo aver acquistato acqua, verdura, frutta e pane, alle 13.30 si parte per l’Acacus. Fortunatamente splende il sole che ha preso il posto delle nuvole e della foschia che velava il paesaggio nei giorni scorsi. La prima parte della pista si snoda su di un terreno pietroso, lo scenario rispecchia quello già visto nei giorni precedenti: un terreno pianeggiante con un orizzonte senza fine a 360º. Avvicinandosi al parco il paesaggio muta, cominciano a vedersi belle dune di color giallo intenso e particolari formazioni rocciose. Varcati i confini del parco il panorama è da mozzafiato: altissimi pinnacoli sporgono dalla sabbia e si alternano alle dune. L’Acacus da solo vale tutto il viaggio! Alle 18 arriviamo nei dintorni dell’Arco Fozzigiaren dove si piazza il campo. Peccato che l’arco non sia visibile, pazienza, domani lo osserveremo da vicino. Questa è sicuramente l’ora migliore per ammirare il paesaggio, quando la luce del tramonto mette in risalto la profondità delle dune e ne esalta i colori.

02/01/2006 – Arco Fozzigiaren – Wadi Teshuinat (Jeep – 80 Km – 8 h) Solita partenza alle 9 del mattino. Improvvisamente appare maestoso l`arco di Fozzigiaren in uno slargo in cui i rami di vari uadi (letti prosciugati di antichi fiumi) hanno creato una sorta di bacino interno. Oggi tappa corta, circa 80 Km, con piccoli spostamenti nel cuore dell’Acacus e con molte soste per ossevare i famosi dipinti rupestri. Le pitture più antiche risalgono a 10000 anni fa e ritraggono gli animali che ormai popolano solo più le savane africane. Alle 12 si fa una sosta presso un grande serbatoio per rifornirci d’acqua. I paesaggi sono sempre spettacolari con massicci pinnacoli che emergono dalla sabbia. Il cammino prosegue tra wadi, dune, archi naturali e guglie che si alternano in continuazione. Nel pomeriggio ci fermiamo presso la capanna di Amrhar, un vecchio tuareg che ha fatto la guida dell’archeologo italiano Fabrizio Mori. Ci mostra la sua foto in compagnia dell’archeologo e, per farsi fotografare, chiede 5 DL. Presso una sua parente acquistiamo anche un capretto che sarà poi cucinato dai nostri autisti.

03/01/2006 – Wadi Teshuinat – Erg Murzuq (Jeep – 210 Km – 7,5 h) Oggi a malincuore lasciamo l’Acacus. Prima di uscire dal parco incontriamo un altro bellissimo arco naturale. Ci immettiamo poi in una sterminata pianura circondata da alte dune che, a poco a poco, lasciano il posto a montagne di terra e pietre. Il viaggio prosegue in pianura per tutta la mattina tra paesaggi che cambiano continuamente. Alle 12.30 sosta pranzo in una zona sabbiosa; ma la sabbia dura poco, ricomincia un terreno pietroso, sempre uguale e piatto sino all’orizzonte. La noia è interrotta da una sosta nel wadi Kassa, dove sembra esserci stato un insediamento preistorico, per ammirare dei graffiti incisi su grosse pietre. Il paesaggio attorno a noi è lunare, tutti sassi in un’immensa pianura con qualche piccola collina, anch’esse di pietre. Poco prima di arrivare nella zona del campo ritroviamo le dune, lo scenario cambia drasticamente ed il posto dove si piazza il campo è stupendo. Una imponente duna lo sovrasta e molti di noi ne raggiungono la cima. L’altimetro, in vetta, segna 935 metri mentre il campo è situato a 780 metri. In totale 155 metri di dislivello che, percorsi sulla sabbia, si sono fatti sentire. Abbiamo abbandonato l’Acacus per inoltrarci nell’Erg Murzuq, una distesa di dune ondulate a perdita d’occhio, montagne di sabbia alte fino a 200 metri che formano delle vere catene dalle linee armoniche. 04/01/2006 – Erg Murzuq – Wadi Baju (Jeep – 150 Km – 9 h) Questa notte ha fatto freddo. Sveglia, come al solito, alle 7.30.É ancora buio e siamo tutti infreddoliti. Ci scaldiamo attorno al fuoco e con una tazza di caffè bollente. Alle 8.30 arriva il sole e subito la temperatura si alza. Poco dopo la partenza si abbandonano di nuovo le dune e si entra in una sterminata e piatta pianura che, dopo circa un’ora, lascia il posto all’oceano di pietra, una distesa di sassi a perdita d’occhio. Lo si attraversa e, poco prima delle 11, raggiungiamo lo wadi Methkandoush, una delle più grandi concentrazioni di incisioni rupestri del mondo. Anticamente era un corso d’acqua lungo il quale esistevano molti insediamenti umani. La sua lunghezza è di circa 12 Km. A piedi, in circa 3 ore, ne percorriamo 8 per ammirare i graffiti che raffigurano giraffe, coccodrilli, elefanti e altri animali che popolavano questa zona prima della desertificazione. La camminata è piacevole, per niente faticosa; le jeep ci aspettano alla fine del wadi. Pranziamo e dopo la visita ai due graffiti più importanti, i Gatti Mammoni e il Coccodrillo, riattraversiamo l’oceano di pietra che lascia poi il posto ad una zona piatta che percorriamo a 80 Km/ora. Alle 18.15 ritroviamo le dune e ci fermiamo per piazzare il campo. Il sole sta tramontando, tira un vento gelido e fa freddo.

05/01/2006 – Wadi Baju – Erg Oubari (Jeep – 160 Km – 7 h) Durante la notte la temperatura è notevolmente diminuita. Probabilmente è scesa anche sotto lo zero perché le tende sono ricoperte da un sottile strato di ghiaccio. Nel sacco a pelo, all’aperto, ho avvertito il calo di temperatura solo all’alba. Dopo due ore, con l’ultimo tratto su asfalto, raggiungiamo Germa, l’antica Garama, capitale dei bellicosi Garamanti citati dagli autori latini e punto più meridionale della penetrazione romana nel continente africano. Visitiamo la medina e il museo. Doccia e pranzo al sacco in un campeggio dove vi è la possibilità di cambiare, anche se l’operazione si rivela piuttosto lunga perché il gestore del campo deve recarsi presso la propria abitazione a prelevare il denaro. Pensavamo di poter chiamare l’Italia ma i telefoni non funzionano e l’unico distributore è senza benzina. Si accorcia la tappa perché le jeep, dopo averci lasciato nella zona del campo, ritornano a Germa in attesa della benzina che deve arrivare in serata. Siamo di nuovo in un posto stupendo, circondato da alte dune. Saliamo su quella più elevata per aspettare il tramonto. Appena il sole è calato le ombre delle dune si allungano. È un paesaggio indescrivibile, di una bellezza tale a cui le molte foto fatte non riusciranno certamente a rendere il dovuto merito. Unico punto negativo la temperatura che, con il calar del sole, diminuisce rapidamente. Solita serata attorno al fuoco: questa sera si fa tardi, sino alle 23.30 con la simpatica compagnia dei nostri autisti e della guida.

06/01/2006 – Erg Oubari – Germa – Fjeaj (Jeep – 75 Km – 6 h) Questa notte ha fatto meno freddo della precedente. Purtroppo è l’ultimo giorno nel deserto; si smonta il campo con rammarico sapendo che non si monteranno più le tende. Si era proposto di dormire ancora una notte in tenda nelle dune vicino a Fjeaj invece che in un gelido e anonimo ostello, ma il giormo successivo, essendo prevista una tappa molto lunga per raggiungere la costa, avremmo dovuto smontare il campo ancora con il buio. Oggi si visita uno dei luoghi di maggior interesse del Sahara libico, i laghi di Oubari. Sono tre caratteristici laghetti ad alto contenuto salino situati in altrettante oasi e circondati da palme da datteri. Se la temperatura esterna lo permette consiglio vivamente di fare un bagno, lasciarsi galleggiare nelle loro acque circondati dalle dune è certamente una bella esperienza. In questa stagione fa piuttosto freddo ma, stimolato dalla nostra guida che si è tuffata, ho voluto provare anch’io ad immergermi. L’acqua è tiepida, fare una nuotata è stato sicuramente piacevole; l’unico problema si è presentato al momento di uscire: senza l’asciugamano chiuso nei bagagli della jeep e il freddo venticello che spirava non molto gradevole! Solita partenza alle 9. Dopo molti saliscendi sulle dune si arriva, in circa 1.30 ore, al primo lago, il piccolo e pittoresco Mavo, circondato da canne e palme da datteri. Breve sosta e, in circa 30 minuti, raggiungiamo il più grande lago Gebraoun, circondato da altissime dune. Una sosta di circa 1 ora e si riparte per il terzo lago, l’Umm-el-Maa, senz’altro il più bello e il più pittoresco. Qui, tentato dalla guida, faccio il bagno approfittando della lunga sosta per il pranzo. A 20 minuti dal terzo lago vi era un quarto laghetto ormai prosciugato, il Mandara. Lo visitiamo frettolosamente senza quasi fermarci. Ancora un’oretta di saliscendi da brivido sulle dune poi, purtroppo, raggiungiamo la strada asfaltata; percorsi 10 Km siamo all’ostello di Fjeaj. Ci congediamo dai nostri autisti ai quali consegnamo quel che resta della cassa viveri e una mancia a ciascuno di loro. Domani raggiungeremo la costa con un bus.

07/01/2006 – Fjeaj – Al Khoms (Bus – 1100 Km – 14 h) Partenza alle 8 con un solo bus da 18+4 posti (all’andata avevamo anche un pulmino da 6 posti). In 13 ore, con qualche sosta, percorriamo i 1100 Km che ci separano da Al Khoms. Cena libera, non con cassa comune perché molti partecipanti non hanno mangiato ma sono andati subito a dormire.

08/01/2006 – Al Khoms – Leptis Magna – Tripoli (Bus – 120 Km – 2h) Alle 8.30 siamo all’ingresso di Leptis Magna che dista solamente 2 Km da Al Khoms. Cerchiamo subito la guida in italiano per la visita. Le rovine sono stupende, grazie a Settimio Severo che volle la sua città natale grande come Roma. La visita dura 3 ore, decidiamo di non soffermarci al museo ma di proseguire direttamente per visitare il Circo Massimo e Villa Silin, sempre con la stessa guida. Nel primo pomeriggio partiamo per Tripoli che raggiungiamo dopo circa 1 ora. Ci sistemiamo in hotel e prenotiamo in un ristorante la cena prevista per le 20, pomeriggio libero con visita al suq.

09/01/2006 – Tripoli – Roma, Milano, Torino (Aereo) Partenza alle 6 per l’aeroporto. Al check in scopriamo che 5 su 20 partecipanti non avevano il volo confermato nonostante che a Ghat ci fossimo appoggiati ad un’agenzia locale per la conferma. Fortunatamente l’anomalia si è risolta anche grazie all’intervento del corrispondente che, subito avvisato telefonicamente, anche se stava ancora dormendo, in meno di ½ ora ci ha raggiunto all’aeroporto. Salutiamo il nostro poliziotto-guida e ci imbarchiamo sul volo per Roma dove ci separiamo salutandoci con la promessa comune di un arrivederci a presto.

Conclusioni Questo è sicuramente uno di quei viaggi che molti di noi rifarebbero con entusiasmo. C’è stato un buon affiatamento tra i partecipanti, così come con i nostri autisti e con la guida, anche loro simpatici e affidabili compagni di viaggio; questo ci ha consentito di vivere in armonia, e qualche volta con “filosofia”, i vari ed inevitabili disagi.

Malgrado l’indispensabile spirito di adattamento, ritengo che tutti, anche i neofiti del deserto, abbiano valutato positivamente questa esperienza che ci ha fatto conoscere, almeno in parte, un mondo inusuale e le forti emozioni che si vivono nel sahara.



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