Lençois Maranhenses
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Le regioni del Nordest del Brasile dove si svolge questo viaggio sono il Ceará, il Piauì e il Maranhão. Il viaggio si svolge sulla direttrice Nord-Ovest, da Fortaleza a São Luis. Questo percorso è noto come “Ruta das emocões” (la rotta delle emozioni).
Molti diari di viaggio sono già stati scritti su queste destinazioni sudamericane: questo diario vorrebbe aggiungere qualcosa di nuovo.
Periodo del viaggio: 8-16 giugno 2013. Organizzazione: Brasilplanet. Compagni di viaggio: Valeria, Maddalena e Maurizio. Quartetto inedito che alla fine si scoprirà affiatato e compatibile, pur con le ovvie preferenze individuali.
Tappa 1: Fortaleza – Jericoacoara
Il tratto da Fortaleza a Jericoacoara si svolge per 250 km sulla statale BR 402, asfaltata (traffico praticamente inesistente, come negli altri tratti asfaltati che faremo) e per i successivi 70 km su piste sabbiose.
Jericoacoara (“Jeri”) per i locali è un ex-villaggio di pescatori sulla costa del Ceará, a 300 km da Fortaleza. Oggi è al 99% un luogo di puro turismo, destinato ad uso e consumo degli appassionati di kitesurf o più semplicemente della vita da spiaggia. Non c’è più traccia delle case dei pescatori di gamberi: viene il sospetto che le poche barche da pesca che ancora si vedono adagiate sulla lunga spiaggia siano lasciate lì apposta per dare un po’ di colore alle foto-ricordo. Per questo si ha l’impressione che Jeri è un villaggio “finto”.
Le strade di Jeri non sono asfaltate. Sulle vie sabbiose si affaccia un concentrato di bar, locali, negozi di pseudoartigianato, ristoranti per tutti i gusti e le tasche. Molti dei locali sono gestiti da italiani che hanno deciso di venire a vivere qui, come bene evidenziano i nomi “Ristorante Leonardo da Vinci” o “Gelato Grano” (peraltro, una gelateria ottima che Maurizio credo rimpianga ancora desso).
La maggiore attrattiva di Jeri sarebbe (condizionale d’obbligo) la “Pedra fourada”, cioè uno scoglio col buco che si raggiunge dopo un’ora di camminata sotto il sole, con ritorno comprensivo di una faticosa risalita su una collina di sabbia in cui si sprofonda spesso. Ok: risparmiatevi la fatica. Le guide turistiche (vedi Lonely Planet e Mondadori) sprecano pagine su questa roccia bucata presentandola come uno spettacolo naturale da non perdere: se tanto mi dà tanto, sui faraglioni di Capri ci dovrebbero essere intere biblioteche.
Le altre attrattive del luogo, che si raggiungono con gite di un giorno in dune buggy (150 reais, circa 60 €), sono due lagune di acqua dolce, la laguna Azul e la laguna Paraiso, dove vi potrete mettere a mollo sulle amache a pelo d’acqua. Ci si sta bene, oltre al fatto che mostrare agli amici la propria foto sdraiati sull’amaca galleggiante e sorseggiando una caipirinha è pur sempre una bella soddisfazione.
Per avere un’idea di quello che era Jeri 15-20 anni fa bisogna andare a Prea, circa 10 km a ovest. Qui vivono gli ultimi pescatori della zona, che campano coi gamberi (camarões) e i pesci spatola (peixe espada). Ma siccome a Prea non ci sono boutique né discoteche, il posto rimane deserto. Sulla spiaggia i pescatori vendono direttamente ai pochi passanti e ai turisti il pesce appena pescato. Qui vengono gli esperti del kitesurf, dato che i venti in questo tratto sono forti e costanti.
Alla sera, tutti sulla duna “Pòr do sol” a vedere il tramonto sull’oceano, possibilmente con un fresco succo di maracujà, mango o açaì, o magari un sorbetto comprato dagli immancabili “sorveteros” che arrivano dappertutto.
Vi chiederete perché “Jeri” e non “Jerico”, che sembrerebbe più assonante. Beh, “jericos” in portoghese sono gli asini, che vivono numerosi in libertà vicino al paese, ma i locali non amano essere paragonati agli orecchiuti equini.
Tappa 2: Jericoacoara – Parnaiba
Una tappa tutta in fuoristrada lungo la costa Atlantica. Percorso vario e movimentato, lungo il quale si attraversano fiumi sulle chiatte (a remi o a motore), lagune, paludi con mangrovie, avvallamenti tra dune di sabbia. Lungo il percorso si incontrano villaggi adagiati sulle sponde dei fiumi. Il primo è Guruyù, sulle sponde del rio omonimo, che si attraversa caricando la 4×4 su una chiatta spinta a braccia. Poi si attraversa una fitta foresta di mangrovie e quindi si arriva alla zona delle dune. Imponente la “Duna Encantada”, alta 70 metri. Da questa, o dalla più piccola “Duna Foiù”, vi potete lanciare su tavole di legno e così fare surf sulla sabbia.
Si prosegue lungo l’autostrada… cioè l’interminabile striscia di sabbia lungo il mare, che con la bassa marea è larga centinaia di metri. Qui si corre 80-90 all’ora, incontrando ogni tanto gruppi di pescatori di gamberi. Ci vogliono 7-8 persone per lanciare e ritirare una lunga rete a ferro di cavallo. Possono fare solo 3-4 pescate al giorno, poi la marea sale e preclude altre retate. Una buona pescata può fruttare fino a 4 kg di gamberi (camarões), che renderanno un centinaio di reais (40 €). Ma oggi va male, e si arriva sì e no a 1 kg di crostacei. I pescatori si curano pochissimo del resto del pescato, che comprende pesci palla, piccoli pesci spatola, moltissimo pesce azzurro, e si interessano solo ai gamberi. Il resto del pescato viene gettato in mare o lasciato lì sul bagnasciuga a boccheggiare, per la gioia delle aquile pescatrici e degli urubù (avvoltoi neri con cresta rossa), che con pazienza aspettano che i pescatori se ne vadano per banchettare a sbafo. Che tristezza vedere dei bellissimi pesci palla fare balzi disperati sulla sabbia nella speranza di incocciare un’onda favorevole che li riporti al mare, e le razze a cui prima viene tagliata la coda (lo spuntone potrebbe ferire) e dopo le infilzano con un machete. Ma tant’è: qui lo scopo della pesca sono esclusivamente i ricercatissimi camarões. Il resto si butta.
Si arriva al rio Coreaù, che si attraversa su una chiatta a motore. Sull’altra sponda c’è Camocìm, cittadina di 80.000 abitanti con una bella Sé (chiesa principale) color lillà, dove ci fermiamo per la pausa di metà viaggio. Da qui riprende la strada asfaltata. Si attraversano villaggi sonnolenti (Barroquinhas, Chaval, Luis Correia). A Chaval sosta per una veduta panoramica del villaggio dall’alto di una scalinata che conduce a una cappella votiva: la prerogativa del luogo sono alcune enormi rocce calcaree a forma di semisfera in mezzo alle quali sorgono le case e le piazze del paese.
Chaval è l’ultimo villaggio del Ceará. A Luis Correia si entra nel Piauì, che percorriamo tutto fino a Parnaiba, al confine col Maranhão. Sono solo 60 km, perché questo stato si estende più nell’interno che sulla costa.
Sfida impari a Parnaiba
Parnaiba, 200.000 abitanti, è la seconda città del Piauì. La capitale dello stato è Teresina, che si trova 800 km nell’interno. Alloggiamo alla pousada Villa Parnaiba sita nel centro storico della città, che sarebbe anche interessante da visitare, solo che un violentissimo acquazzone allaga in un attimo le strade e impedisce gli spostamenti. Perlomeno, quasi tutti gli spostamenti, perché il diluvio e gli acquitrini non scoraggiano Valeria e Maddalena dal fare un giro per i negozi del luogo. Questo è stato l’unico pomeriggio di pioggia del viaggio.
Cena al ristorante “La barca”, dove vorremmo provare la “torta de caranguejos” (pasticcio di granchi), che è una specialità del luogo, ma ci vuole un’ora per prepararla e allora ripieghiamo su piatti più semplici. Mangiamo sotto lo sguardo attento di due grossi rospi che le cameriere si guardano bene dallo scacciare. Infatti i rospi li tengono lì apposta: hanno la precisa funzione di rimpinzarsi di zanzare e altri insetti che potrebbero infastidire i commensali.
Due floride signore parnaibensi sono sedute al tavolo accanto al nostro. Parlano in continuazione e bevono birra a fiumi. Ingaggiamo una tacita competizione alla birra con le due signore brasiliane, ma ne usciremo clamorosamente e nettamente sconfitti, per 7 birre grandi in due (quelle bevute dalle signore), contro 5 birre grandi in quattro (noi). Lotta impari, proprio non c’è stata storia.
Tappa 3: Delta del Parnaiba – Tutoia – Atins
Sveglia alle 6.30 e partenza per Tutoia, da dove partono i tour organizzati per la visita in barca del delta del Rio Parnaiba. Il delta si estende per 200 km. Solo il primo ramo è nel Piauì, tutto il resto è nel Maranhão. Il giro sul delta è abbastanza monotono. Si vedono alcune iguane, qualche garzetta e qualche milione di mangrovie. La regione è popolata da animali interessanti (i famosi ibis rossi, i jacarè che sono i coccodrilli amazzonici, le pitecie, caratteristiche scimmie dalla faccia bianca), ma per vedere queste specie è necessario partire di sera. Peccato, occasione persa.
Da Tutoia raggiungiamo Caburè, cittadina posti su una lingua di sabbia tra il mare e la laguna del fiume Preguiça. Altro fiume da attraversare, stavolta su una lancia a motore, per arrivare al villaggio di Atins. Sull’altra sponda un carretto trainato da buoi ci attende per lo scarico e il trasporto dei bagagli.
La gentilissima signora Valeria Pitinari della pousada Filho do Vento ci accoglie con un freschissimo cocco di benvenuto e ci mette un ventilatore nel bungalow. La pousada è a 100 metri dalla spiaggia che dà sulla foce del Rio Preguiça. Si può fare il bagno nel fiume, oppure nell’oceano che è 500 metri più in là, con un occhio alla marea che qui raggiunge un dislivello di 5 metri. Ci accordiamo subito per una gita in barca sul tratto interno del Preguiça, per vedere il tramonto e il passaggio dei guarà, gli ibis scarlatti caratteristici di questa regione (da noi si possono vedere all’acquario di Genova). Alle 5 puntuali stormi di ibis rossi e neri ci passano sopra la testa, dirigendosi verso la foresta pluviale alla foce del Preguiça dove passeranno la notte.
Per la sera ci preparano un eccellente “robalo grelhado” con verdure saltate. Il robalo è un pesce di carni bianche e saporite che vive in ambienti di laguna con acqua mista dolce-salata, come queste dove ci troviamo. L’avevo già provato nella laguna Manialtepec in Messico.
Malgrado la precarietà della linea elettrica e le difficoltà per arrivare ad Atins, qui ci siamo trovati benissimo. Consiglio senz’altro di inserire la Pousada Filho do Vento se fate un tour in queste zone. Sono certo che Valeria vi coccolerà con tapioca, cocco e succhi di frutta, come ha fatto con noi.
Tappa 4: Lençois Maranhenses
Di buon mattino finalmente si parte per la prima visita agli agognati Lençois Maranhenses, meta principale del viaggio. Il Parque Nacional dos Lençois Maranhenses è un’area di 1550 km2 a metà strada tra São Luis e il Piauì. Il termine “Lençois”, cioè lenzuola, è dovuto alla somiglianza delle dune con candidi panni stesi al sole ad asciugare. E’ l’unico deserto al mondo ad essere contraddistinto da lagunas d’acqua dolce, che si accumula negli avvallamenti tra le dune durante le piogge di primavera. Le dune sono migliaia e migliaia, intercalate da lagune di acqua azzurra o verde cristallina o persino rosa in alcuni punti, secondo il contenuto di minerali dello strato sabbioso sottostante. Calcio e magnesio fanno risaltare il colore azzurro turchese, rame e nickel danno tonalità verdi, il manganese dà tinte rosate. Il paesaggio delle dune è in continua evoluzione: correnti marine e vento spostano enormi masse di sabbia da una duna all’altra. D’estate le lagune sono piene d’acqua e riflettono i raggi del sole fin sul fondo.
Facciamo il bagno nell’acqua fresca della laguna Verde, tra piccole ninfee con fiorellini bianchi e nugoli di pescetti pulitori che fanno il solletico ai piedi. Il luogo sembra quasi irreale: le dune per logica dovrebbero portare il pensiero a deserto e siccità, e invece qui racchiudono pozze di acqua cristallina. Lasciamo a malincuore la laguna Verde ma chiediamo alla guida di farcene vedere un’altra. Ci portano alla “Lagoa Canto de Atins”. E’ più piccola della precedente, ma l’acqua è di uno stupefacente colore verde acquamarina. Forse è questa la più bella tra tutte le “lagoas” che abbiamo visto.
Da questa laguna, che è vicino all’Oceano, raggiungiamo il ristorante da Antonio per una memorabile scorpacciata di camarões a la plancha. Squisiti. Oltre al ristorante da Antonio, qui c’è quello di Dona Luzia, più famoso e citato dalle guide turistiche, che offre gli stessi eccellenti piatti di gamberi e pesce.
La visita alla regione dei Lençois prosegue in lancia veloce fino al faro di Mandacarù, un faro della marina militare brasiliana con ingresso libero. Fate uno sforzo e salite i 160 gradini che portano alla sommità del faro: vedrete un bel tratto di costa atlantica, la foce del Rio Preguiça e sulla destra le dune dei piccoli Lençois.
Altra sosta per fare un giro tra i piccoli Lençois, osservando le scorribande di un gruppo di ragazzi sui buggies, e poi via in lancia veloce lungo il Rio Preguiça fino a Barreirinhas. Il tratto in lancia da Atins a Barreirinhas sul Preguiça è persino più bello di quello sul delta del Parnaiba.
Tappa 5: Barreirinhas – Lençois – São Luis
Barreirinhas è il punto di partenza che quasi tutti scelgono per la visita ai Lençois Maranhenses. E’ una cittadina di 40.000 abitanti affacciata sulle sponde del Rio Preguiça, in uno scenario di inconfondibile impronta amazzonica. Molo fluviale, battelli, pescatori sulle jangadas, passeggiata lungofiume, clima caldo e umido.
A Barreirinhas alloggiamo alla Pousada do Buriti, cara e abbastanza anonima ma con fama di essere la migliore della città.
Da Barreirinhas, via terra, dopo un lungo tratto con le bandeirantes attraverso piste di sabbia e fossi pieni d’acqua tra mille sobbalzi e sballottamenti, con un breve trek sulla sabbia si raggiungono le lagune principali delle Grandi Lenzuola. Le più note sono: Laguna Esperanza, Laguna Azul, Laguna Bonita. Nella Laguna do Peixe ci sono pesci colorati e gamberi. Le camminate sulla sabbia tra una laguna e l’altra non stancano: i dislivelli sono solo di qualche decina di metri, la sabbia non scotta e si può calpestare senza problemi a piedi nudi. Ovviamente, cappello, occhiali da sole e protettore solare sono d’obbligo. In ogni laguna si può fare il bagno: sceglietevi quelle che più vi piacciono e tuffatevi, è un piacere assoluto che non dovete assolutamente mancare.
Si torna alla pousada stanchi ma con gli occhi ancora illuminati dallo spettacolo dei Lençois. Beh, torniamo anche col sedere piatto per via dei salti sul legnoso seggiolino della 4×4, ma via, valeva la pena.
Pausa di tre ore per rifocillarsi, preparare i bagagli e quindi partenza in bus per São Luis.
São Luis
São Luis, 900.000 abitanti, è la capitale del Maranhão. Fu fondata nel 1612 dai francesi, nel quadro di un sogno di grandeur che avrebbe dovuto portare alla costituzione della Francia Equatoriale. La città è posta su un’isola alla confluenza di tre fiumi (Itapacurù, Grajão e Pindarè) ed è collegata alla terraferma con alcuni lunghi ponti. Oggi non c’è quasi più niente in città che ricordi il periodo francese. L’architettura delle case e dei palazzi è tipicamente portoghese: tegole rosse, azulejos, protezioni di ferro battuto alle finestre. Molto bello da girare a piedi il Centro Storico, con brevi scalinate che uniscono i quartieri e stradine di acciottolato su cui si affacciano negozietti di souvenir per turisti e artigianato locale. Vale la pena di visitare il Centro de Cultura Popular Domingos Vera Filho in Rua do Giz, all’inizio della zona pedonale, che espone diversi reperti del periodo dello schiavismo, fotografie in bianco e nero e alcune raffigurazioni allegoriche del “Bumba meu boi”, la festa estiva popolare del Maranhão. Nel centro culturale sono stati trasferiti tutti i pezzi e gli oggetti storici che erano nella Casa do Maranhão, che adesso è chiusa. Il centro storico è Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO, e ospita diversi palazzi interessanti: il bianco Palacio dos Leões (Palazzo del Governo), il teatro Artur Azvedo, il Palácio de la Ravardière (la Prefettura). Essendo sabato, alla sera sono andato alla messa prefestiva nella Igreja da Sé (la cattedrale), officiata da un prete showman che cantava e ballava come se fosse su un palcoscenico, e porgeva spesso il microfono ai fedeli chiedendo loro un contributo canoro. Prima volta nella mia vita che ascolto una predica cantata e mimata. Ma i fedeli hanno gradito molto, e anche a me la cosa ha divertito parecchio. Lo proporrò al parroco di Brivio, dove abito io, ma dubito che accetterà. Mi sono preso pure un applauso quando al momento della mia esibizione canora ho detto che venivo dall’Italia.
All’uscita dalla chiesa una coppia di residenti mi spiega che gli abitanti São Luis hanno la musica del sangue, e che la grande passione dei maranhenses sono i ritmi reggae. La città (soprannominata la “Giamaica brasiliana”) è l’unica del Paese dove questo ritmo caraibico è diventato un vero e proprio fenomeno di stato, e l’unico posto al mondo dove il reggae si balla in coppia. São Luis dedica addirittura ogni anno un festival a questo genere musicale convocando i grandi nomi della musica brasiliana.
Alloggiamo alla notevole Pousada Porta de Amazonia, ricavata in un vecchio edificio storico. Scalinate in legno, affreschi, pezzi di artigianato, mobili in legno pregiato: nell’insieme un affascinante ambiente da epoca coloniale. La pousada ha il merito di essere annessa ad una pizzeria italiana, anch’essa in stile coloniale, dove fanno delle pizze eccellenti. Meno buoni altri ristoranti nella zona del centro storico, ma per una caipirinha all’aperto sotto le fronde dei flamboyant vanno bene tutti. Alcune specialità locali, come la carne do sol (carne secca cotta su una pietra rovente), i dolci a base di crema di maracujà e la torta de caranguejos (pasticcio di granchi) vanno provate.
Alla sera l’organizzatore Francesco di Brasilplanet ci avverte che nella Praça Maria Aragão, alla periferia della città moderna, c’è lo spettacolo del “Bumba meu boi”. Durante questa festa il Maranhão intero si trasforma in un seducente concentrato di ritmi, buona cucina, antiche tradizioni ed espressioni folcloriche. Strade, chiese e case private si animano di canti, balli, sfilate e misteriose cerimonie.
Non possiamo mancare. Quest’anno, il governo del Maranhão ha deciso di iniziare la stagione junina quasi a metà del mese (cioè proprio in coincidenza con la nostra visita, che fortuna) e ha scritturato attrazioni composte da artisti provenienti da fuori di stato, come i cantanti Elba Ramalho e Geraldo Azevedo. Sul palco un gruppo di ballerini si esibisce in balli tradizionali. Il senso della danza è quello di fare da corteo ad un danzatore sui trampoli coperto da un baldacchino che vorrebbe raffigurare un toro, il “boi”, di cui le danze narrano la morte e la risurrezione. Le ballerine hanno dei bellissimi tutù azzurri e argento, e azzurri e bianchi sono pure i costumi dei danzatori uomini. Poi li cambieranno con altri giallo e oro. Facendomi strada a spintoni tra la folla letteralmente ammassata nel prato, riesco a piazzarmi proprio sotto al palco e così a scattare delle foto ravvicinate della festa e… degli interessantissimi lati B delle ballerine J. Avevo qualche timore per la Nikon con lo zoom, ma nessuno si è curato del turista straniero fotografo in prima fila. Forse io e i tre compagni di viaggio eravamo gli unici stranieri presenti. Qualche foto dello spettacolo l’ho messa tra le immagini allegate al diario.
Per me e Maurizio questo a Sao Luis è stato l’ultimo giorno in Brasile, mentre le nostre due compagne proseguiranno andando ad Alcantara, monumento storico recentemente dichiarato Patrimonio Nazionale del Brasile che si raggiunge con 45 minuti di barca. Qui il visitatore è sopraffatto da una combinazione di sensazioni tra antico e moderno. Da un lato rovine dei tempi che furono, dall’ altro il più avanzato centro spaziale del Sudamerica, a cui si può accedere munendosi di un’ autorizzazione del Ministero dell’ Aeronautica. Consigliata è la visita alla meravigliosa chiesa di Nostra Senhora del Carmo e al museo cittadino. La spiaggia più bella è quella di Livramento, a 10 minuti da Alcantara.
Fortaleza
Fortaleza, capitale del Ceará, è la città più grande del Nordest del Brasile, contando 2.300.000 abitanti. La città offre lunghe spiagge piatte, nell’ordine Praia de Iracema, Praia Beira Mar, Praia do Meireles, un centro storico con qualche edificio coloniale (interessante il teatro Josè de Alençar con un caratteristico ingresso in ferro battuto) e poco altro.
Vicino all’aeroporto ci sono dei mega ipermercati di dimensioni gigantesche, vere e proprie città-mercato, dove i cearensi si riversano a frotte negli afosi pomeriggi di queste lande equatoriali. Come siamo finiti lì? Beh, avendo qualche ora di attesa prima del volo per Lisbona, ci siamo messi a cercare qualcuno di quei maliziosi mini-bikini brasiliani fatti da minuscoli triangolini e rettangolini di stoffa, da regalare al rientro in Italia. Li abbiamo trovati all’enorme ipermercato Riachuelo.
L’aeroporto è invaso da una marea di gente festante che aspetta l’arrivo della Seleçao brasileira di futebol, che martedì dovrà giocare qui il match di Confederation Cup contro il Messico (stesso girone dell’Italia). Ma i giocatori vengono fatti uscire da un porta secondaria: delusione e mugugni tra la folla. Si rifaranno dopo qualche giorno, perché il Brazil batte il Messico 2-0 grazie a due prodezze di Neymar.
Intanto, anche qui a Fortaleza come nelle altre città più grandi del Brasile, centinaia di migliaia di persone scendono in piazza per protestare contro gli sprechi e i costi eccessivi del Mundial brasileiro del 2014.
Bellezze brasiliane? Mah…
E’ inutile nasconderlo: nell’immaginario collettivo di noi maschietti italici le brasiliane sono tutte delle meravigliose mulatte alte 1.70 con le curve nei punti giusti, come le ballerine che sambano seminude sui carri del Carnevale di Rio. Oppure per noi sono delle stupende modelle come Gisele Bundchen, Adriana Lima e Gaia Amaral. O magari immaginiamo che siano tutte come Fanny Neguesha, la fidanzata di Balotelli.
Beh… nel Nordest del Brasile queste figure ideali bisogna proprio cercarle col lanternino. Forse fa un po’ eccezione Jericoacoara, le cui spiagge sono frequentate da belle fanciulle vacanziere provenienti da tutte le regioni del paese, in particolare da Rio e São Paulo, solo che spesso hanno il difetto di essere le fidanzate degli ipermuscolati che veleggiano col kitesurf. A parte questo, nel resto del Nordest colpisce subito una dovizia di forme eccessivamente rotondeggianti con cellulite a vista d’occhio, scarsamente nascosta dai ridottissimi bikini che contengono non più del 20-30% di quello che dovrebbero contenere. Le fanciulle di queste regioni mostrano lati B che con un eufemismo potremmo definire un po’ troppo degni di nota, tanto a volte appaiono imponenti.
Ho letto un articolo di giornale che evidenziava un record brasiliano di cui non si sa bene se vantarsi o provare imbarazzo: il Brasile è il primo paese al mondo per numero di protesi gluteali impiantate. Sta di fatto che per vedere bene “l’effetto che fa”, le spiagge di Copacabana e Ipanema sono molto più adatte di queste della costa tra Fortaleza e São Luis.
Attenzione a…
Alcune cose terribili che dovrete a tutti i costi cercare di evitare se fate un viaggio nel Nordest del Brasile:
– la “pedra fourada” di Jericoacoara. Perché tanti facciano un’ora di camminata sotto il sole equatoriale per arrivare fino a questo buco tra gli scogli è davvero un mistero. Nemmeno fare il bagno all’arrivo potrà sollevarvi, visto che l’acqua è torbida e marrone e fa abbastanza schifo.
– la “farofa”. Sarebbe una polvere bianca o gialla tratta dalla manioca, che qui servono con qualunque piatto nella speranza che qualcuno la cosparga sul cibo prescelto. Ma è del tutto inodore e insapore, e davvero non si capisce quale funzione gastronomica possa avere. Al confronto, la farina bianca è un concentrato di sapidità.
– cercare di scattare foto dalla Toyota Bandeirante in movimento sulle piste di sabbia. A parte le contusioni al naso e agli zigomi per via degli sbatacchiamenti della macchina fotografica, vi ritroverete la X-card piena di lingue di sabbia negli angoli dell’immagine, figure tagliate all’altezza del naso e la sbarra di appoggio del fuoristrada in mezzo a tutte le inquadrature.
Lençois Maranhenses: vale la pena?
Certo che vale la pena: lo spettacolo dei Lençois, offerto dalle lagune di acqua verde e turchese circondate da dune di sabbia bianca finissima è eccezionale. Però il programma di visita nel Nordest brasileiro è migliorabile e può essere sviluppato con soluzioni alternative, mettendo in discussione la stessa direttrice Fortaleza – São Luis.
Meglio impostare la visita partendo da São Luis che da Fortaleza. Da lì si può organizzare tutto, sia in direzione sud-est, verso il Parque dos Lençois, sia in direzione nord-ovest, verso Cururupù e le Reentranças Maranhenses. La città di São Luis già di per sé offre ottime attrattive: vestigia del passato coloniale (come la Pousada Porta de Amazonia dove abbiamo alloggiato), tradizioni popolari, visite guidate a Alcantara e ai villaggi dell’interno, kilometri di spiagge deserte. Fortaleza invece è abbastanza anonima, con tutti quei palazzi di trenta piani che sembrano fatti con lo stampino.
Da São Luis chi ha tempo e desiderio di scoprire qualcosa sulla fauna e flora subequatoriale, dovrebbe aggiungere un’escursione verso nord-ovest all’isola Lençois (da non confondere con il Parque dos Lençois). Per raggiungerla ci vogliono oltre 10 ore, a seconda delle condizioni delle maree, con impiego alternato di mezzi sia via terra che via mare. Da Cururupù, nell’ultimo tratto si raggiunge Pindobal e restano ancora circa 4 ore di navigazione via mare. Qui è molto facile vedere i guaràs (gli ibis scarlatti), mentre le lagune sono popolate da lamantini e tartarughe.
Se si vuole limitare la visita al solo Parque dos Lençois senza aggiungere altre escursioni, è meglio programmarla come estensione in un viaggio di più ampio respiro che comprenda anche altre mete classiche del Brasile, come Rio, Foz do Iguaçu con le cascate, l’Amazzonia, il Pantanal o Fernando de Noronha, chiaramente dipendendo dai gusti personali e dal tempo a disposizione.
A parte queste varianti logistiche, l’organizzazione di Brasilpanet è stata precisa e puntuale. Non abbiamo mai dovuto aspettare una barca o un fuoristrada, erano sempre lì pronti. Gli alloggi tutti ok, con note di merito per la Pousada Filho do Vento a Atins e la Pousada Porta de Amazonia a São Luis.
Grazie ai compagni di viaggio, che hanno tollerato qualche mio eccesso naturalistico, e grazie anche a chi avrà letto questo racconto, che spero sia piaciuto o quantomeno abbia potuto fornire delle informazioni utili.
Luigi luigi.balzarini@tin.it