Le urla del silenzio di uno splendido Paese

La scelta di visitare la Cambogia nasce dal desiderio di coniugare bellezze naturali e culturali. Provenendo dalla Malaysia, con la sua avveniristica capitale e le sue belle spiagge ma al tempo stesso, Paese non propriamente noto per la sua storia millenaria, sento il bisogno di arricchire il mio sapere e quindi il pensiero cade sulla capitale...
Scritto da: fedina
le urla del silenzio di uno splendido paese
Partenza il: 03/09/2007
Ritorno il: 11/09/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
La scelta di visitare la Cambogia nasce dal desiderio di coniugare bellezze naturali e culturali. Provenendo dalla Malaysia, con la sua avveniristica capitale e le sue belle spiagge ma al tempo stesso, Paese non propriamente noto per la sua storia millenaria, sento il bisogno di arricchire il mio sapere e quindi il pensiero cade sulla capitale dell’antico impero Khmer: Angkor con isuoi templi, il sito archeologico più grande e spettacolare del mondo a sole due ore di volo da Kuala Lumpur. Aggiungo anche una tappa alla nuova capitale Phnom Penh ed il giro in Cambogia è fatto.

Così preparo l’itinerario, acquisto on-line i voli KL-Siam Reap e Phnom Penh-Kl con la compagnia low-cost Air Asia (94 euro a testa) e costringo M., fedele e paziente compagno di viaggio e di vita a seguirmi anche in questa avventura.

Informazioni pratiche: · Il visto di ingresso è ottenibile direttamente all’aeroporto di arrivo, viene richiesta una foto-tessera ed il pagamento di un importo pari a 20 dollari. Le pratiche nel piccolo aeroporto di Siam Reap sono relativamente veloci, forse un poco più lente perché più trafficato, in quello di Phnom Penh.

· Per l’uscita dal Paese è obbligatorio il pagamento di una tassa di 30 dollari.

· La Cambogia è un Paese assolutamente tranquillo che si può visitare in autonomia. Non abbiamo mai percepito una sensazione di pericolo tranne durante la sparatoria che abbiamo udito.

· Guida utilizzata: Lonely Planet. L’autore Nick Ray, veniva chiamato in causa più volte durante il nostro girovagare (la frase ricorrente era: cosa si sarà fumato?), in particolare quando descrive in maniera esaltante località o attrattive rivelatesi poi in vero prive di qualsiasi interesse.

· La valuta locale è il Riel, ma la vera moneta di scambio è il dollaro americano, che viene accettato ovunque anche se spesso il resto viene dato in Riel.

· Tre giorni dedicati ai templi di Angkor sono sufficienti per visitarli tutti con calma. Per chi, come noi, non è proprio appassionato di archeologia, il rischio di indigestione è tangibile. Vedendo a casa le quasi 300 foto scattate ai siti, la considerazione banale ma emblematica che ne deriva è che, ad eccezione dell’Angkor Wat e del Bayon, sembrano un po’… Tutti uguali! La meraviglia di questo luogo deriva però anche e soprattutto dalla quantità spropositata di templi, circondati da foreste e risaie, quindi il consiglio che possiamo dare è di creare il vostro itinerario sulla base dei vostri personali interessi e goderveli con calma.

· Il modo migliore per visitare i templi di Angkor secondo noi è a bordo di un motoremorque, una moto che traina una specie di piccolo rimorchio dotato di quattro posti a sedere e cappotta. E’ comodo, è rilassante prendere la brezza del vento chiacchierando piacevolmente seduti ed è più economico dell’auto. Per quanto riguarda il guidatore noi sponsorizziamo sfacciatamente il nostro Manil, tutti i ragazzi che fanno questo mestiere hanno una storia più o meno difficile simile alla sua, ma noi ci siamo affezionati a lui. Dopo qualche giorno di conoscenza ci siamo permessi di fargli alcune domande ed abbiamo scoperto che ha 24 anni e da qualche mese ha lasciato il suo villaggio natale a 60 km da Siam Reap, dove viveva con la madre ed i fratelli. Con tutti i loro risparmi di una vita hanno acquistato lo scooter, mentre il remorque è stato acquistato grazie ad una colletta che gli abitanti del suo villaggio hanno fatto per prestargli il denaro. Ora Manil lavora giorno e notte per ripagarli. Ecco spiegato perché quando tornavamo dalle visite dei templi lo trovavamo sempre addormentato.

· Clima: Settembre dovrebbe essere stagione delle piogge, ma si tratta sempre di acquazzoni pomeridiani talvolta anche violenti ma di breve durata. Spesso il cielo si annuvola ma questo rende più sopportabili le alte temperature quando ci si trova in giro nelle ore centrali della giornata. Risulta molto utile un impermeabile leggero con cui ripararsi dalla pioggia e al contempo dalla polvere quando si percorrono gli sterrati in motoremorque. Consigliamo anche di utilizzare ciabatte o sandali in gomma poiché in caso di pioggia le scarpe si bagnano e per l’umidità non si asciugano più. Il tasso di umidità è realmente indescrivibile e in questa stagione si apprezza una sistemazione che disponga di aria condizionata.

· Alloggio a Siam Reap: Bou Savy Guest House (www.Bousavyguesthouse.Com) Desidero spendere alcune parole in più su questa sistemazione che noi abbiamo gradito moltissimo. Si tratta di una abitazione recentemente ristrutturata, situata in un contesto silenzioso e circondata dal verde ma al tempo stesso a soli 10 minuti a piedi dal caos del centro di Siam Reap. L’ultimo tratto di strada è sterrato e abbastanza sconnesso ma i balzi sul motoremorque sono ampiamente ripagati dalla pace che regna in questo luogo. L’ambiente è delizioso e molto famigliare, modesto ma confortevole, le stanze sono spaziose e pulite. Trattandosi di una abitazione i proprietari ed il personale come usa in molti paesi asiatici, entrano in casa scalzi. Agli ospiti non viene richiesto di fare altrettanto ma noi per rispetto ci siamo adeguati, anche perché il pavimento è sempre stato lucido ed assolutamente immacolato: camminare scalzi inoltre dava un grande senso di libertà. Pagavamo 15 dollari a notte per la stanza con doccia calda e aria condizionata, colazione compresa! Abbiamo più volte cenato presso il loro ristorante: il menù è abbastanza vario, i piatti sono buoni e veramente economici (1-2 dollari a portata) ma specialmente il personale è estremamente cortese e disponibile, di una gentilezza cui noi barbari occidentali non siamo più abituati e che alle volte quasi ci imbarazzava. Inoltre la guest house lavora anche come agenzia e ci ha procurato i biglietti per la visita del villaggio galleggiante e quelli del Bus per Phnom Phen.

· Alloggio Phnom Penh: Hotel Indocina 2. Lo consigliamo perché si trova in buona posizione, vicino al lungo fiume ma in una strada relativamente poco rumorosa, non bisogna spaventarsi per l’ingresso che fa un po’ bettola, le stanze sono nuovissime e pulite, così come la biancheria. Il personale gentile e disponibile. Costo: 20 dollari a notte.

· Sconsigliamo di inviare le cartoline dall’aeroporto di Phnom Penh, in quanto le nostre non sono mai arrivate a destinazione e probabilmente neanche mai partite.

· Cucina: molti piatti sono simili a quelli thailandesi ma con un utilizzo più parsimonioso di spezie. La dominazione francese ha lasciato in eredità la baguette che può salvare in molte situazioni di emergenza. Nelle zone da noi visitate il pesce è quello pescato nel lago Tonlè Sap, con cui si prepara un ottimo Amoc. Non abbiamo mai richiesto piatti a base di carne, nonostante molti ristoranti assicurino di non utilizzare carni di gatto, cane o topo, abbiamo preferito non correre rischi. Spesso pranzavamo con la frutta esotica comprata alle bancarelle. Non abbiamo avuto alcun malessere.

Avevo letto molto sulla Cambogia prima di partire e già sapevo che questo Paese mi avrebbe conquistato perché splendidamente autentico in tutta la sua crudezza. La prima impressione è stata da subito positiva, Manil gentilissimo che ci viene a prendere in aeroporto a Siam Reap e che, con il suo motoremorque nel tragitto verso la guest house passa davanti alle capanne, alle risaie, ai laghetti con le ninfee, al verde splendente della vegetazione. Tonalità di verde mai viste prima. M. È stanco e preoccupato di vedere scenari di povertà, mentre io riesco a cogliere solo la bellezza della natura e sono rapita dai paesaggi che mi si aprono davanti. Arriviamo verso le 12.00 del 03/09/07 alla Bou Savy guest house, prenotata dall’Italia il cui titolare, molto gentilmente e senza chiederci alcun anticipo sulla prenotazione, invia Manil a recuperarci al nostro arrivo in aeroporto.

Pranziamo, ci riposiamo un paio di ore in stanza e quindi verso le 17.00 ci rechiamo con Manil ad acquistare il pass di tre giorni per la visita del complesso di Angkor. Paghiamo 40 dollari a testa e ci viene rilasciato il nostro abbonamento con tanto di foto-tessera scattata al momento. Lo stesso pass consente dopo le 17.00 di entrare ai templi già dal giorno prima della sua validità. Ne approfittiamo e ci rechiamo subito a visitare con le luci del tramonto il tempio per eccellenza: l’Angkor Wat. Il primo impatto toglie il fiato, il monumento è uno dei meglio conservanti, splendido nella sua imponenza e simmetria. Non mi dilungo nelle descrizioni in quanto le guide possono farlo meglio di me. Non ci sono molti visitatori perché il cielo plumbeo all’orizzonte ha indotto un fuggi-fuggi generale e poco dopo effettivamente si scatena un violentissimo temporale. E così noi abbiamo il privilegio di goderci il sito al riparo e in santa pace. Quando smette di piovere è ormai buio e rientriamo con Manil alla guest house e con lui ci accordiamo per gli itinerari dei quattro giorni successivi.

04/09/07 Martedì: Siam Reap Visitiamo il cosiddetto “piccolo circuito”, lungo 17 Km che inizia con l’Angkor Wat (lo rivediamo con il sole) e prosegue con Phnom Bakheng, Baksei Chamkrong e l’Angkor Thom con i suoi “faccioni”. Vediamo la Terrazza del Re Lebbroso e quella degli Elefanti, la piazza centrale. Continuiamo con il Chau Say Tevoda, il Thommanon, Spean Thmor e Ta Keo e tanti altri dal nome impronunciabile. Ciò che più colpisce oltre alla magnificenza dell’Angkor Wat è la visione d’insieme dei siti, circondati dalle vasche piene di acqua ed immersi in una rigogliosa vegetazione, dove probabilmente grazie anche alla bassa stagione abbiamo trovato pace e silenzio. I venditori sono presenti ma possono “operare” soltanto in zone ben delimitate fuori dai templi. Costo del trasporto con Manil:12 dollari.

05/09/07 Mercoledì: Siam Reap Ci dedichiamo al “grande circuito” (26 Km) e al complesso di Roluos. L’insieme è certamente da vedere ma meno suggestivo del piccolo circuito. Imperdibile il Ta Som con il suo albero gigantesco che ha completamente inglobato una parte del tempio, facendone uno dei soggetti più fotografati di Angkor.

Costo del motoremorque: 18 dollari.

La sera ceniamo in guest house con il piatto tipico cambogiano: l’Amoc, un pesce di lago avvolto in foglie di banano e cotto nel latte di cocco. Sapore particolare ma apprezzabile.

06/09/07 Giovedì: Siam Reap Decidiamo di regalarci una veduta dall’alto della antica capitale Khmer e così alle 7.30 siamo davanti all’ingresso della mongolfiera che per 15 dollari ci terrà per 10 minuti sospesi a circa 200 metri da terra. Per la verità, dei templi si vede ben poco poiché sono tutti ricoperti dalla vegetazione ma il paesaggio sterminato di palme e risaie è comunque molto scenografico. A titolo informativo, la mongolfiera non si alza nelle ore centrali delle giornata poiché l’alta temperatura ne ostacola il funzionamento.

Ci rechiamo successivamente a visitare il Banteai Srei e poi Kbal Spean, il fiume dei mille linga. Raggiungere Kbal Spean può risultare arduo, in quanto si percorre in motoremorque una quindicina di km su uno sterrato impossibile e poi a piedi una salita di circa 1,5 km su un sentiero che attraversa la giungla. Occorre partire muniti di cibo ma soprattutto acqua, poiché lasciato il parcheggio non si trova più alcun genere di ristoro. La particolarità del sito ripaga comunque di tutte le fatiche compiute per raggiungerlo. Si tratta di un alveo di un fiume immerso nella giungla. Nel letto del fiume sono stati scolpiti moltissimi linga ormai erosi dallo scorrimento delle acque oltre a divinità hinduiste e raffigurazioni di animali. Da qui un altro sentiero porta alle cascate, dove è possibile rinfrescarsi e sostare un po’ di tempo per riposare. Il Kbal Spean è stato (ri)scoperto nel 1969 ma non è noto sapere chi e per quale ragione abbia commissionato queste opere così originali. Sulla strada del ritorno verso Siam Reap visitiamo il Museo delle mine antiuomo che raccoglie immagini e testimonianze della tragedia che ancora oggi vive la Cambogia. Adulti e bambini continuano a saltare, perdendo occhi e arti nella migliore delle ipotesi, sulle mine inesplose lanciate dagli Americani e vendute loro tra gli altri anche dall’Italia. Il museo è stato fondato negli anni ’90 da un uomo di nome Aki Ra che ha personalmente sminato le campagne attorno Siam Reap. Nel 2001 è sorto un altro museo della guerra gestito da un militare del posto, due musei della guerra erano troppi per una cittadina come Siam Reap. I militari hanno accusato Aki Ra di fornire un’idea negativa del Paese e per questo il suo museo era stato chiuso ed egli è finito più volte in carcere pur avendo, con il suo prezioso lavoro, salvato moltissime vite. Aki Ra, sostenuto dalla popolazione locale, non ha desistito ed ha vinto la sua battaglia: il suo museo ha riaperto i battenti ed è molto più visitato di quello dei militari. Anche questo è Cambogia: corruzione, strapotere militare e un popolo che resiste nonostante tutto.

In ultimo visitiamo il tempio Bantey Samrè.

Costo per il motoremorque: 35 dollari.

La sera ceniamo al ristorante indiano Curry Walla, ambiente discretamente pulito e buoni piatti al costo di 7,5 dollari in due.

07/09/07 Venerdì. Siam Reap Per questa giornata era nostra intenzione visitare la foresta alluvionale di Kompong Phhluk, ma Mister Wan della guest house ce lo sconsiglia, informandoci che non essendo ancora entrati nel pieno della stagione delle piogge, il livello del fiume non è sufficiente per visitare la foresta nelle sue condizioni ottimali. Ripieghiamo quindi sul più turistico villaggio galleggiante di Chong Kneas. Raggiungiamo il piccolo molo del villaggio in motoremorque con il fidato Manil. Saliamo sulla barca che ci porterà fino al lago al costo di 10 dollari a testa. Il villaggio, popolato in gran parte da Vietnamiti, è costruito sul fiume che si immette nel grande lago Tonlè Sap e si sposta nel corso dell’anno in relazione al livello delle acque del fiume stesso. Le abitazioni, così come l’ospedale, la scuola e persino una piccola chiesetta sono barche o costruzioni in bambù su palafitte. Le case sono più o meno dignitose, alcune sono abbellite da vasi di fiori, hanno antenne TV e il ciclomotore parcheggiato sul terrazzino. I bambini giocano in acqua dentro a specie di tinozze e tutte le attività si svolgono sull’acqua. Insomma una piccola Venezia in bambù e parecchio più povera, con i coccodrilli al posto dei piccioni.

Costo del trasporto su motoremorque: 8 dollari. Ritornati in città visitiamo il Palazzo ed i giardini reali e ci spingiamo camminando sino al lungofiume che l’amministrazione locale sta cercando di abbellire: è infatti ombreggiato da palme e costeggiato dai lampioni lavorati e panchine. Non è infrequente vedere qualche bambino tuffarsi nelle acque marroni e limacciose del fiume per giocare o rinfrescarsi. Vediamo i templi Wat Bo e Wat Dam Nak, entrambi sono organizzati come un piccolo villaggio. Si tratta di un’area circoscritta più o meno vasta con al suo interno il tempio, la scuola, le casette dei monaci e le stupa. Al Wat Bo ha sede anche un orfanotrofio dove i ragazzi abbandonati hanno la possibilità di studiare, le loro famiglie infatti non disponendo di mezzi per mantenerli li affidano a questa struttura affinché li cresca in condizioni migliori.

Successivamente passeggiamo per lo Psar Cha, il mercato centrale, dove si può trovare la solita paccottiglia per turisti ed infine ci regaliamo un happy hour con l’Angkor beer.

08/09/07 Sabato: Siam Reap-Phnom Penh Dopo colazione salutiamo i ragazzi della guest house e Manil. Alle 9.00 passa a prenderci il pick up che ci porterà a prendere il bus per Phnom Penh. La compagnia degli autobus si chiama Capitol ed il biglietto ci costa 4 dollari a testa. Il pulman si rivela da subito molto “basic”, a bordo siamo i soli occidentali, dall’unico monitor trasmettono surreali film cambogiani ma almeno l’aria condizionata è a livelli accettabili. Il viaggio dura circa cinque ore, che trascorrono abbastanza velocemente tra una sosta e l’altra in improbabili autogrill. Arriviamo puntuali alla stazione degli autobus della compagnia Capitol. Prendiamo un motoremorque che per 2 dollari ci porta alla Bright Lotus Guest House, prenotata, almeno così credevo dall’Italia. All’arrivo scopriamo che contrariamente a quanto da loro scrittomi per Email, la mia prenotazione di una stanza doppia con terrazzino e vista mozzafiato sul Palazzo Reale, non è stata proprio considerata. Mi arrabbio ma le due indolenti ragazze della reception non ci sentono. Ci offrono una stanza singola per fortuna con letto king size, per una sola notte al quinto piano senza ascensore a costo di 14 dollari. Siamo stremati e sudatissimi, decidiamo quindi di fermarci per una notte, per uscire poi dopo a cercare un’altra sistemazione. Trasciniamo imprecando i due valigioni formato container su per una scala strettissima. La stanza è essenziale, arredata con mobili in formica anni ’70, il letto non ha il lenzuolo di sopra e gli asciugamani sono rossi (colore che per la biancheria non è propriamente garanzia di pulizia). La vista che si ha sul Palazzo Reale sarà anche notevole, ma la gestione della struttura, comprese le scortesi ragazze della reception (abbiamo ragione di credere che non fossero cambogiane), è assolutamente penosa.

Usciamo e ci rechiamo sul lungofiume in cerca di un’altra sistemazione. Troviamo posto all’Indocina2, leggermente verso l’interno e quindi in zona più silenziosa, più dignitoso e con le stanze appena ristrutturate. Ci chiedono 20 dollari a notte, per una stanza al quarto piano senza ascensore ovviamente. Accettiamo anche perché il personale è molto cortese e l’albergo è vicinissimo alla Kiwi Bakery, dove gusteremo fantastiche colazioni.

Rassicurati per aver trovato un tetto sotto cui dormire anche per le prossime notti, proseguiamo la nostra passeggiata sul lungofiume. La zona è affollatissima, ma le strade sono molto sporche e con rifiuti ovunque. L’acqua del fiume ingrossato dalle piogge che portano terra è marrone.

Arrivando alla capitale notiamo come il “disagio sociale” qua sia molto più forte rispetto a Siam Reap. La povertà è tangibile per l’elevato numero di mendicanti, le famiglie senzatetto accampate per la strada, i locali a luci rosse, i piccoli bambini tenuti per mano da ambigui uomini occidentali. In contrapposizione a questo desolante scenario il lungofiume è tutto un susseguirsi di locali e pub animatissimi già da metà pomeriggio, frequentati soprattutto da un turismo molto giovane proveniente dal Nordeuropa o dagli USA.

Ceniamo allo Khmer Borane Restaurant, consigliato dalla L.P. Con ottimo Amoc e riso alle verdure in un ambiente abbastanza ricercato, costo per due: 8 dollari.

09/09/07 Domenica: Phnom Penh Di buon ora lasciamo contenti la Bright Lotus Guerst House per recarci all’Hotel Indocina2. Scendiamo le scale con i valigioni di prima dal nostro quinto piano per recarci ad un quarto di un’altra struttura, ma l’Indocina 2 si rivela di un livello superiore, ci aiutano anche a portare i bagagli. In poche altre occasioni la mancia da noi lasciata è stata così meritata.

Facciamo una ricca colazione alla Kiwi Bakery e decidiamo di visitare la città ripercorrendo l’itinerario proposto dalla L.P.. Tra gli altri vediamo il Wat Phnom, il mercato dello Psar Thmei, il Monumento dell’Indipendenza, il Sorya Shopping centre dove pranziamo cedendo ad una pizza peraltro costosissima. A metà percorso siamo interrotti da una pioggia torrenziale che in poco più di un’ora allaga l’intera città. I bambini ne approfittano per sguazzare liberi nelle pozzanghere, mentre molti adulti strofinano sotto una pioggia battente auto e moto nel tentativo di pulirle. Quando il tempo lo permette completiamo il nostro itinerario e sulla via del ritorno proprio dietro il Palazzo Reale sentiamo provenire dal giardino di un palazzo vicino più colpi di arma da fuoco. Tutti si affacciano e corrono verso la zona dove e avvenuta la sparatoria noi invece, seguendo l’istinto, ce la diamo a gambe levate. Scopriremo il mattino seguente dal Cambodia Daily, quotidiano nazionale pubblicato peraltro il lingua inglese, che si è trattato di un regolamento di conti tra funzionari di stato e che come temevamo ci è scappato il morto.

10/09/07 Lunedì: Phnom Penh Dopo la solita fantastica colazione alla Kiwi Bakery, alle 8.00 in punto siamo già al Palazzo Reale per visitarlo nelle ore più fresche ed evitare la ressa. Si tratta di uno splendido complesso che ricorda l’omonimo di Bangkok, il biglietto d’ingresso costa 6 dollari compresso il pass per la macchina fotografica ed richiesto un abbigliamento decoroso: niente pantaloncini o canottiera.

La Pagoda d’Argento è stata un po’ una delusione poiché il pavimento è interamente ricoperto di tappeti puzzolenti che nascondono le piastrelle in argento da cui prende il nome appunto. Inoltre la quantità e la disordinata disposizione di oggetti antichi presenti al suo interno, più che di una esposizione da l’idea di una cantina.

Ci rechiamo poi con un tuc-tuc al Museo Tuol Sleng, detto anche il Museo del genocidio. Il luogo è impressionante perchè si tratta di una scuola superiore che come struttura ricorda quelle dei nostri giorni e delle nostre città, con ancora le formule matematiche scritte sui muri che fu trasformata dai Khmer Rossi in carcere e luogo di tortura. Migliaia di persone vennero torturate qui e poiché nella loro follia i Kmer rossi usavano documentare tutto con tanto di fotografie, nelle sale del museo si susseguono un numero imprecisato di immagini in bianco e nero di uomini, donne e bambini barbaramente torturati e uccisi. I letti arrugginiti, le celle piccolissime, gli strumenti di tortura alle pareti nonché i dipinti che mostrano le angherie perpetuate a migliaia di innocenti, rei soltanto di avere un minimo di cultura e a volte nemmeno quella, rendono la visita a questo luogo un’esperienza inquietante. Spesso purtroppo, chi riusciva a sfuggire alla giustizia sommaria per mano dell’Angkar (l’organizzazione) moriva di fame, stenti e malattia. Tutto questo è successo non più di trenta anni fa nell’indifferenza generale del mondo intero.

Ritorniamo mestamente sui nostri passi ed il pomeriggio ce ne andiamo un po’ a zonzo per la città. Passeggiamo sul lungofiume e prima di cena beviamo una birra in un Nightclub infilato per sbaglio ma con discreta vista sul fiume.

La sera ceniamo da Frizz, ristorante gestito da un danese, i piatti sono abbastanza mediocri, ho trovato due formiche nel bicchiere ed i prezzi sono leggermente più alti della media.

11/09/07 Phnom Penh-Kuala Lumpur Al mattino visitiamo il Museo Nazionale, un caratteristico edificio rosso che contiene al suo interno una vasta collezione di sculture Khmer. Il palazzo è circondato da un bel giardino dove è piacevole riposare seduti su una panca all’ombra di qualche albero. Il caldo e l’umidità ci ammazzano e così sul mezzogiorno rientriamo in albergo per una dormitina. Alle 14.00 ci attende fuori dalla hall il guidatore di tuc-tuc con cui abbiamo concordato il trasporto verso l’aeroporto al costo di 4 dollari. Siamo gli unici ad arrivare in aeroporto su un tuc-tuc caricato all’inverosimile con i nostri valigioni colorati percorrendo un tratto simile per dimensioni e traffico alle nostre tangenziali, tutti gli altri arrivano sui Taxi, ma noi forse ci siamo divertiti di più.

Alle 16.30 puntuali, lasciamo la Cambogia con un volo Air Asia diretto a Kuala_Lumpur. Mentre ci solleviamo in volo, ci scorrono davanti le immagini degli otto giorni trascorsi in questo Paese splendido, martoriato da un progetto folle il cui ideatore Pol Pot, responsabile della morte di milioni di persone, è scomparso per morte naturale qualche anno fa, senza aver mai nemmeno subito un processo per i crimini commessi. Ci ha colpito la determinazione della popolazione apparentemente imperturbabile ma interiormente devastata da anni di miseria, atrocità, terrore e morte che nonostante la dura realtà del passato e del presente, ha saputo rialzare la testa e guardare al domani, anche se il domani è ancora una dimensione assai incerta.

Chissà quale è il Karma di un popolo capace di costruire una cultura meravigliosa come quella di Angkor, ma anche capace di generare un folle esperimento sociale come quello attuato dai khmer rossi? Auguri di cuore Cambogia.

F. & m.



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