Le rosse strade del Kenya

Questo viaggio come tutte le cose belle e’ nato dal nulla. E’ nato dal desiderio di andare dal nostro freddo inverno in un paese con un ottima clima caldo, spiagge incantevoli e natura da ammirare (facciamo anche un prezzo abbastanza democratico). Dopo un rapido giro in agenzia la scelta e’ caduta sul Kenya…questo e’ stato 3 mesi...
Scritto da: Vladimir Voronov
le rosse strade del kenya
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Questo viaggio come tutte le cose belle e’ nato dal nulla. E’ nato dal desiderio di andare dal nostro freddo inverno in un paese con un ottima clima caldo, spiagge incantevoli e natura da ammirare (facciamo anche un prezzo abbastanza democratico). Dopo un rapido giro in agenzia la scelta e’ caduta sul Kenya…Questo e’ stato 3 mesi fa… Innanzitutto ci presentiamo: mi chiamo Vladimir, ho 23 anni e il viaggio e’ stato fatto con la mia ragazza Cristiana di 25 anni. Bene… quei tre mesi furono pieni di preparativi, dubbi, speranze, ricerche, aspettative e ansia sul fatto di aver preso la decisione giusta. Non eravamo mai stati fuori dall’Europa e l’idea di andare in Africa ci spaventava un po’. Comunque tra frizzi e lazzi, Natale e Capodanno, ci siamo. Si parte!!! Giorno 0 – 06/01/06 (la partenza): Sveglia alle 05.30, ultimi preparativi e alle 07.00 siamo alla stazione di Ancona per prendere l’Eurostar per Roma. Treno puntuale e alle 10.20 siamo a Termini, scarpinata dal binario 2 fino a quello del Leonardo Express e alle 11.30 siamo a Fiumicino. Tralascio le otto ore di attesa durante la quale abbiamo avuto visioni mistiche e altre allucinazioni (ah, ringrazio anche il mio lettore mp3 che si e’ voluto gentilmente rompere in treno. Grazie). Nell’attesa trovo il banco Astoi (angolo del terminal B), dove era fissata la convocazione per le 20.00, e già verso le 19.00 cominciamo ad aggirarci intorno. Parliamo con diverse persone e ci scambiamo pareri vari. Poi con la vista aguzza vedo la signora con il cartello Ventaglio e lancio la mia ragazza intanto io mi trascino le valige. Sbrighiamo le pratiche, prendiamo i voucher (sostitutivi dei biglietti) e via verso il check-in (tralascio le storie inventate per far imbarcare il trolley come bagaglio a mano). Prendiamo i tanto desiderati posti vicino al finestrino (ma anche lato del Kilimanjaro) e con un po’ più di calma ci dirigiamo al Welcome Desk (terminal C) per fare il visto. 40 euri a testa e passa il dolore. Tempo di mangiare, ultima sigaretta e andiamo a prendere l’aereo. Già dalla navetta SkyBridge riusciamo a intravedere la sagoma del Airbus A330-223 della Livingston (I-LIVN “Gran Domenicus”). Ci imbarchiamo, posti comodi(anche se non abbastanza per dormire, ma chi e’ il genio che ha chiamato la classe Ecomody, ma bafangule…), geniale il poggiatesta modificabile. Rullaggio, decollo e virata verso sud per 7 ore di volo. Ci gustiamo le informazioni dello schermo, mangiucchiamo la cena (decente) e poi dormiveglia… Giorno 1 (l’arrivo) alle 05.00 (LT) ci svegliamo per la colazione, ammiriamo l’alba, poi si comincia ad intravedere la terra rossa (bellissima già dall’alto). Passiamo sopra Nairobi, ultima virata e poi la stupenda visione del Kilimanjaro durante l’atterraggio (perfetto, come il resto del volo, nulla da eccepire). Appena spenti i motori, ci alziamo ancora increduli di essere in Africa e ci dirigiamo verso l’uscita e li lo shock. Il caldo e l’umidità ci investono come un tir con rimorchio. Ci incamminiamo verso l’aeroporto, dentro e’ ancora più caldo, niente aria condizionata e io comincio a grondare. Compilato il modulo giallo entriamo, ritiriamo la valigia (fiuu), rapido controllo (tanto non avevamo niente) e usciamo. Troviamo subito il banco della Ventaglio, ci chiede la destinazione e ci indirizza dicendo: “seguite quel ragazzo di colore” e grazie, lo sono tutti qui. Bene o male riusciamo a trovare il pulmino per il Barracuda Inn di Watamu. Gia qui ci rendiamo conto della gentilezza della persone locali. Saliamo su un pulmino reduce della battaglia di Caporeto e alle 08.00 partiamo. La prima immagine del Kenya che mi rimarrà per sempre nella mente sono i bambini sul prato fuori dall’aeroporto che urlano “Jambooo!!!” Stupendo. Ci buttiamo sulle strade di Mombasa, mentre l’assistente ci spiega un po’ di cose. Il traffico e’ allucinante per il caos e per lo sciame di pulmini che si sfiorano all’ultimo momento (sono figlio di un campione di rally e lavoro in ambulanza 118, ma giuro che nel primo momento ho avuto paura di schiantarmi). Non riusciamo a staccare gli occhi da quello che vediamo: mercati all’aperto che vendono di tutto, gente che spinge carretti, bambini ovunque, palazzi in costruzione con impalcature di legno. Alla fine prendiamo la strada per Malindi (beh, chiamarla strada e’ un parolone, buche ovunque, dossi. Ma siamo in Africa). Ammiriamo i paesaggi stupendi, villaggi. Tutto e’ così strano, ma anche molto affascinante. Dopo circa un’ora di viaggio ci fermiamo per soccorrere un pullman al quale si sono incollati i dischi della frizione per il caldo. Una pausa e si riparte. Non so come, ma ci addormentiamo vicino a Kilifi e ci risvegliamo quando il nostro mezzo passa davanti al cartello del Barracuda. Pochi minuti ed entriamo nel cancello. Finalmente si scende. Apro una parentesi sul Barracuda Inn: veramente stupendo. Camere semplici, ma spaziose, sempre pulite e con tutti i servizi. Il mangiare e’ stato qualcosa di magnifico, sempre diverso ogni giorno, tra primi, secondi, freschissima verdura e straordinaria frutta. Animazione ultra soft, ma e’ così che la volevamo. Il personale sempre ultra cortese e gentile, pronto in ogni momento ad aiutarti. Niente da dire un ottimo villaggio! Il tempo di sistemarci, mettersi addosso il costume e corriamo in spiaggia. La prima volta che si vede la baia, l’apertura mascellare aumenta di diverse volte e rimani lì imbambolato e stupefatto da tanta bellezza. Sabbia bianca, mare cristallino. Un vero paradiso. Scendiamo e veniamo inglobati dai beach boys in mezzo ai quali c’e’ anche la nostra guida, contattata precedentemente dall’Italia, Tuffo. Dopo i convenevoli ci porta a fare una passeggiata per la spiaggia, mentre si parla del più e del meno. L’acqua e’ caldissima, la sabbia scricchiola sotto i piedi come la neve. Una sensazione bellissima. Ci mettiamo d’accordo per incontrarci alle 17 sulla spiaggia per andare a fare un giro a Watamu e andare in agenzia a pagare le varie gite. Pranzo, briefing con il TO (solite cavolate sul non fidarsi dei beach boys, perché non mantengono i patti, perché non sono seri e altre cose) e poi sveniamo fino alle 17. Ci rincontriamo con Tuffo andiamo a Watamu. Ci rendiamo sempre più conto della personalità diversa da noi che hanno i kenioti. Tutti ti salutano, ti chiedono come stai, fanno due chiacchiere con te, qualcuno ti propone gite e anche se gli rispondi che hai gia prenotato con un’altra persona la risposta e’ sempre la stessa: Hakuna Matata. Il villaggio di Watamu ha 5500 abitanti, 90% musulmani. E’ parzialmente bruciato due anni fa e adesso lo stanno ricostruendo, grazie anche ai soldi portati dai turisti. Non riesco a descriverlo, bisogna essere stati li per avere un’idea. In agenzia di Tuffo (che la tiene con altre 5 persone) ci accordiamo per il prezzo: 200 euro a testa per safari tsavo est 2 gg con pernottamento al campo tendato, safari blu e giro a Malindi. Così passa il primo giorno.

Giorno 2 (giornata in spiaggia) La mattina ci alziamo alle 10.00 e la mia ragazza va subito a farsi le treccine mentre io alterno nuotate in mare con conoscenza di tutti i ragazzi e non che tengono le bancarelle vicino al Barracuda. Il pomeriggio andiamo a fare un passeggiata con la bassa marea (sapevo che li c’erano, ma non pensavo che il mare scomparisse del tutto). Ammiriamo le stelle marine, murene, ricci di mare, granchietti e gli spettacolari stronzi di mare. La giornata sfuma nel prendere il sole e nella preparazione mentale per il giorno successivo.

Giorno 3 (SAFARI) Sveglia alle 05.30, incontro con Tuffo (molto puntuale, sempre) alle 06 fuori dalla sbarra, raccolta di altre quattro persone dell’Aquarius e si va a Malindi. Fermata al distributore e poi via per la scorciatoia per lo Tsavo. Dopo un’ora buchiamo, hakuna matata. Dieci minuti e la gomma nuova gia gira sotto la terra rossa. Alle 10.30 arriviamo al cancello, visitina al negozio, salutino ai coccodrilli e ci inoltriamo verso l’interno dello Tsavo. Cominciano i vari avvistamenti da molto lontano. Noi ci vogliamo fermare a vedere anche gli animali più lontani, ma Tuffo ci promette di farceli vedere sotto al nostro naso e noi gli crediamo. Infatti dopo solo un ora ci avviciniamo ad una coppia di leoni, che molto gentilmente ci hanno permesso di fotografarli. Siamo contentissimi, perché vedere il leone maschio allo Tsavo e’ piuttosto difficile e Tuffo ci dice che abbiamo una gran fortuna. Continuiamo tra i vari avvistamenti e ci fermiamo alla Hippo pool, dove ammiriamo gli happy hippo fare il bagno e nascondersi da noi. Dopo un’altra oretta avvistiamo un ghepardo che se ne sta all’ombra di un cespuglio. Pausa pranzo, allo Tsavo lodge (volevamo andare allo Ndololo, ma per problemi del campo e la nostra inacessibilità via telefono, ci “accontentiamo” del lodge). Veloce pranzo, riposino e poi via di nuovo alla ricerca di animali. Tantissimi gli avvistamenti, giraffe, elefanti, bufali, struzzi, gazzelle, zebre, babbuini. Verso le 16 ci avviciniamo ad una roccia dove un branco di leonesse sonnecchia con i cuccioli, riparati dal caldo. Li ammiriamo per un po’ poi ci spostiamo per andare a vedere un branco di elefanti che ci attraversa la strada per abbeverarsi nello stagno. La cosa più emozionante è la femmina che ci si e’ messa davanti al pulmino e aprendo le orecchie ci intimoriva a non avvicinarci troppo. Lì abbiamo capito che sono loro, gli animali, i veri padroni della savana e a noi ci e’ concesso solo di ammirarli. Ma è bellissimo così, perché gli animali devono vivere nel loro habitat e se li vuoi vedere devi venire tu da loro e non loro negli zoo. All’improvviso, il gruppo delle macchine entra in fibrillazione, qualcosa succede e noi corriamo, le comunicazioni via CB si fanno sempre più concitate e noi torniamo alla roccia delle leonesse. Tuffo ci fa notare un branco di bufali che si avvicina, inconscio del pericolo, e ci dice che se siamo fortunati potremmo vedere la caccia. Noi restiamo in religioso silenzio, ammirando nei binocoli le leonesse. Ne contiamo una decina. Poi scatta qualcosa. Una si alza e comincia a muoversi verso i bufali, ma per farlo deve passare in mezzo ai nostri pulmini. Cala il silenzio, si alzano tutti i leoni con i cuccioli, adesso se ne conta una ventina e tutti in ordine cominciano a passare ad un palmo da noi (io ho chiuso il finestrino dalla paura) per andare in agguato. Per ultimi scendono i cuccioli e noi li seguiamo per un po’, mentre ammiriamo le madri disporsi in formazione per la caccia. A questo punto Tuffo ci fa notare che abbiamo sforato già di 20 minuti l’orario per uscire e ce ne andiamo. Eravamo estasiati, esultanti, stupefatti, sudati, impolverati, ma felici. Spero che sia riuscito a trasmettere almeno in parte le emozioni che abbiamo provato. Andate tutti in Kenya e fate un safari. Sarà un esperienza che racconterete ai vostri nipoti. Torniamo al lodge, dove alla nostra cena si unisce anche Tuffo e terminiamo la serata davanti ad un fuoco, sotto il cielo stellato dell’Africa. Giorno 4 (fine del safari e rientro a Watamu) Di nuovo alzataccia alle 06, usciamo e ci fermiamo ad ammirare l’alba nella savana (io canticchiavo la canzone d’inizio del Re Leone), colazione veloce e si riparte per le strade dello Tsavo. Cerchiamo un rinoceronte che e’ stato segnalato vicino ad una pozza, ma non lo troviamo (e’ molto difficile a vedere un rino allo Tsavo perché ce ne sono solamente tre). Non riusciamo a stare seduti, la visione della savana e’ estasiante, ti toglie il fiato. Strada rossa, paesaggio senza fine, nuvole cariche d’umidità notturna. Stupendo. Finisce così il nostro safari con la foto di gruppo (colgo il momento per salutare i compagni del safari, due ragazze di Piacenza e una coppia di Bergamo. Grazie per essere stati meravigliosi compagni d’avventura). E qui accade il dramma, qualcosa succede alla nostra scheda SD da 512 mb che ci saluta e si rompe. La mia ragazza quasi in lacrime, io tengo botta, ma mi rendo velocemente conto che abbiamo perso 180 foto. Cala il silenzio (tranquillizzo il lettore dicendo che in Italia, grazie ad una veloce ricerca ho trovato un programma ed ho tirato fuori tutte le foto). Visita al villaggio Masai. Affascinante ed emozionante. Difficile pensare che nel duemila ci sono ancora persone che vivono così. Molto simpatico il capotribù che ci mostra tutto il villaggio, ci fa ballare insieme ad altri Masai, accendere un fuoco con mezzi primordiali. Si risale sul pulmino e si riparte per l’ultimo tratto di viaggio. Passiamo per la tratta Nairobi – Mombasa, che costeggia la ferrovia (della costruzione della quale si parla nel film “Spiriti nelle tenebre”). Non sono riuscito a fare una foto di questa strada, perché ero impegnato a tenermi aggrappato a qualcosa da tanto grosse erano le buche e dalle manovre degne di un pilota della Dakar che faceva il nostro autista. Non mi lamenterò mai più delle strade in Italia. Ad un certo punto giriamo e prendiamo una scorciatoia per Watamu che passa nelle zone montane (dove è ambientato il film “La mia Africa”). Non parlerò dei villaggi, del paesaggio, della strada. Bisogna andare lì e vedere per capire. Dirò solo ciò che mi ha maggiormente segnato. Sono stati i bambini. Si accorgevano dell’arrivo del nostro mezzo da lontano per il polverone che alzavamo e li vedi correre per le piantagioni per salutarti nella speranza che anche tu gli ricambi il saluto. E come fai a rimanere immobile di fronte a quei sorrisi enormi, a quei “Jambo” (ciao) lanciati da lontano. Non puoi. Penso che rimarrò per sempre segnato da quello che ho visto. Verso le 14 rientriamo al villaggio, dove passiamo il resto della giornata a prendere il sole, fare il bagno e rivivere le emozioni del safari.

Giorno 5 (safari blu) Sveglia alle 08, colazione e incontro con Tuffo che ci porta alla spiaggia davanti al Blue Bay (meno bella della “nostra” Blue Lagoon, per la massiccia presenza delle alghe anche in questa stagione). Ci imbarchiamo e via alla ricerca dei delfini. Tempo di posizionarci (e pescare nel frattempo un pesce re di dimensione notevoli) ed eccoli. I delfini. Passano proprio davanti alla nostra barca, si immergono, poi riescono. Emozionante (ritorno sempre sul discorso aperto durante il safari sull’habitat degli animali). Torniamo indietro per andare al parco marino, dove facciamo una mezz’ora di snorkeling. Molto bello (la mia ragazza aveva paura che i pesci si attaccassero alle sue treccine). Ci muoviamo ed entriamo nell’insenatura per andare a Mida Creek. Per la bassa marea ci incalliamo su delle rocce. Tra le donne del Blue Bay (che vincono il premio “antipatia del viaggio”) scatta il panico, urla, quasi si mettono a piangere. Nel frattempo io con altri due italiani e i ragazzi della barca siamo gia saltati giù ed abbiamo spinto la barca dagli scogli. Hakuna matata. Magnifico pranzo su di un isolotto a base di riso con sugo di polipo, pesce re alla griglia, aragosta ai ferri e frutta. Tutto squisito! Riposino e si rientra, all’uscita dell’insenatura do un’occhiata alla spiaggia del Temple Point. Bruttissima e piccolissima. Dal catalogo sembrava chi sa cosa. La marea si e’ alzata, il mare e’ diventato più mosso e ci mettiamo un’ora e mezzo a tornare a terra. La giornata termina con chiacchierata sulla spiaggia con Tuffo e gli altro beach boys.

Giorno 6 (giornata di mare) Non mi dilungo molto qui. Racconto solo che nella mattinata siamo andati a regalare materiale scolastico ad un asilo del luogo (mentre le scuole da un anno sono finanziate dal governo e sono obbligatori, gli asili restano ancora senza fondi). Per rispetto, tralascio il racconto. Andate lì e fatelo. Mi capirete.

Nel pomeriggio siamo andati sulla roccia davanti alla baia, per immortalare il bellissimo tramonto.

Giorno 7 (Malindi, Gede e saluti) Partiamo alle 09, rapido giro a Malindi. Un incrocio di strade, con un mercato. Niente di più. Il mare è molto soggetto a quello che butta sulla costa il fiume Galana, quindi capita di avere davanti al villaggio un mare rosso. Non capisco come fanno le agenzie ad infinocchiare la gente vendendo Malindi, come centro nevralgico della costa, stupenda promenade sul mare, magnifiche discoteche e casinò (ma come si fa ad andare al casinò in Africa, ma regalate meglio i soldi ai bambini). Doppio bafangule. Visita alla fabbrica del legno dove ci innamoriamo delle gigantesche giraffe (dal modico prezzo di 5000 euri). Fermata al tempio di Gede, dove facciamo conoscenza del miglior amico di Tuffo, che ci fa nutrire le simpatiche scimmiette e ci mostra le rovine, risalenti al 1300. Molto belle. Rientriamo nel villaggio. Pomeriggio al mare. Ultimi acquisti. Regalo magliette, ciabatte, cappelli, asciugamani a tutti i beach boys. Oramai sembriamo amici di vecchia data. Scherziamo, facciamo battute sui nuovi arrivati. Poi inesorabile arriva il tempo dei saluti. Abbiamo le lacrime agli occhi. Strette di mano, calorosi abbracci, il più forte a Tuffo al quale promettiamo di tornare l’anno prossimo per due settimane e magari di fare un safari al Masai Mara. Alla fine ci chiedono tutti di mettere al più presto un diario su tutti i siti che trattano il turismo in Kenya per raccontare di loro. E io lo sto facendo. Cari lettori, fidatevi dei beach boys, sono ragazzi straordinari. Il primo giorno il loro approccio vi spiazzerà, ma fatta l’abitudine capirete che vogliono solo che la vostra permanenza nella loro terra sia indimenticabile. Fermatevi a parlare con loro, vi racconteranno la loro vita e i loro racconti voi li porterete nel cuore per tutta la vita. Giorno 8 (la triste partenza) Sveglia alle 5 invece delle 4 per il ritardo del volo (ve lo comunicano in tempo reale e vi lasciano dormire). Ritorno a Mombasa. Caos dell’aeroporto, enorme fila per i controlli. Poi di nuovo a piedi fino all’aereo (questa volta il I-LIVM “Playa Maroma”). Volo perfetto e triste ritorno al -1° (dai 42° giornalieri di Watamu, che botta) di Ancona.

Informazioni varie Non avevamo fatto nessuna profilassi ne vaccini. Di zanzare a Watamu non ne abbiamo visto neanche l’ombra, invece la mattina presto allo Tsavo qualcosa svolacchiava in giro. Comunque grazie ad un po’ di autan non siamo mai stati punti, da niente. Poi ogni sera al Barracuda verso le 19 passano a spruzzare l’insetticida in camera.

Il clima è stato stupendo sempre. Caldissimo, anche di notte. Noi non abbiamo mai messo capi lunghi. Condizionatore attaccato anche di notte (anche perché il suo rumore combatteva con quello del disco pub “Come Back” che stava dietro al nostro cottage).

Considerazioni e Ringraziamenti Bello, bello ed ancora Bello. Una vacanza che ci ha lasciato veramente senza parole. Ho capito (forse) che cosa e’ il mal d’Africa. E’ la felicità che si propaga nel tuo corpo quando ripensi a tutte le avventure vissute, alle persone conosciute, alle strette di mano, agli immensi sorrisi e alla determinatissima voglia di tornare di nuovo nello splendido paese che e’ il Kenya.

Ringrazio questo e altri siti per l’appoggio fornito durante la preparazione.

Un enorme GRAZIE a Tuffo per essere stato una favolosa guida. Il suo indirizzo e-mail e’ tuffo1@yahoo.Com , scrivetegli per qualsiasi dubbio che avete vi risponderà velocissimo e con una cortesia che ti spiazza. Grazie al pesce verde (chi e’ stato in Kenya sa di che parlo) per le serate divertenti. Grazie a Giusto, David, Sabrina e tutti i ragazzi che abbiamo conosciuto sulla spiaggia e a Watamu. Grazie a Andrew, Daniel, Nicoh e tutto il personale del Barracuda Inn. Asante Sana a tutti ed arrivederci l’anno prossimo… Vladimir e Cristiana



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