Le rêve d’Indochine…

Un rilassante itinerario lungo il lento scorrere del Mekong
Scritto da: giubren
le rêve d’indochine…
Partenza il: 11/02/2011
Ritorno il: 20/02/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Il Laos è forse il paese della vecchia Indocina meno conosciuto. Il suo territorio montagnoso e ricoperto da foreste – soprattutto nella parte settentrionale – rallenta notevolmente i tempi di percorrenza sulle strade ed il fiume Mekong continua ad essere, come in passato, una delle principali vie di comunicazione. Atterriamo, dopo uno scalo a Bangkok, all’aeroporto internazionale di Wattay ed attendiamo pazientemente il rilascio del visto d’ingresso. La capitale Vientiane è sicuramente tra le più tranquille del sud est asiatico; il traffico è piuttosto scarso e la città si visita a piedi in un paio di giorni. Adagiata sulle rive del Mekong, la sonnolenta capitale laotiana appare culturalmente distante dalla dinamica e vicinissima Thailandia, che si affaccia sulla riva opposta del fiume. Il vecchio centro storico conserva numerosi edifici d’epoca coloniale ed il palazzo del governatore oggi è divenuto la residenza ufficiale della presidenza. L’influenza della lingua francese è ancora visibile sui cartelli stradali bilingui e sugli edifici pubblici e ministeri, malgrado la lingua d’oltralpe abbia perso anche qui molto terreno in favore dell’inglese. Il panorama culinario della capitale è allietato da vari ristoranti francesi, ma soprattutto sono diffuse le panetterie di baguettes e, tra le abitudini ludiche, è ancora molto popolare il gioco della pétanque (bocce) che costituisce un curioso retaggio coloniale. Vientiane (traslitterazione di Vieng Chang – come tutt’ora i laotiani pronunciano il nome della città) fu rasa al suolo nell’800 dai siamesi, con i quali nel passato non ci sono stati mai rapporti di buon vicinato. La conseguenza è che sono pochissimi i monumenti più antichi sopravvissuti alla distruzione e la città risente ancora della pianificazione realizzata in epoca coloniale dove l’avenue Lang Xang rappresenta la principale arteria cittadina, che, non a caso, ricorda gli Champs Elysées parigini con il Patuxai (arco di trionfo) alla sua estremità. E’ possibile salire in cima all’arco per una vista di 360 gradi sulla città, caratterizzata ancora da bassi edifici. I cinesi stanno notevolmente contribuendo allo sviluppo edilizio e sta per essere ultimato il mastodontico edificio che sostituirà, a breve, il grande mercato cittadino Talat Sao. Il Wat Si Saket è sicuramente il tempio più suggestivo ed antico, risparmiato dai siamesi per il fatto di essere stato concepito secondo i dettami architettonici del loro paese. Un porticato circonda il santuario principale (sim) sotto il quale sono allineati numerosi Buddha seduti. Il tempio pare che conti un totale di circa settemila statue di ogni dimensione ed affascina per la sua atmosfera decadente. Non distante, si raggiunge Haw Pha Kaew – l’ex tempio reale – oggi trasformato in un museo di sculture buddhiste. Un tempo il prezioso Buddha di smeraldo era custodito qui ma i siamesi lo trafugarono e lo portarono a Bangkok dove si trova tutt’ora. L’edificio che si ammira oggi è in realtà una ricostruzione del ’42 che però ha cercato di essere più fedele possibile all’originale. Il Pha That Luang – monumento simbolo del Paese – è un grande stupa dorato che sorge nella parte settentrionale della città. Le sue grandi guglie scintillano alla tenue luce del tramonto, un altro luogo suggestivo che si visita in tutta tranquillità e senza alcun affollamento turistico. Nel complesso, Vientiane è una città molto piacevole ed accogliente e la sua visita non può definirsi completa senza essersi recati allo Xieng Khuan, altrimenti noto come il “Buddha Park” che si trova ad una ventina di chilometri dal centro. Raggiungiamo il sito tramite gli economici autobus locali, che partono dalla stazione dietro al Talat Sao e che impiegano circa un’ora. Si tratta di un opera unica nel suo genere, realizzata da un fantasioso artista e dai suoi allievi nel 1958: statue in cemento del pantheon buddhista ed induista sono disseminate in un parco tropicale che sorge lungo le rive del Mekong. E’ un luogo sicuramente originale e fotogenico, con le sculture dalle fogge più fantasiose ed incredibili e che spesso evidenziano l’influenza dello stile classico di Luang Prabang. Lasciamo la capitale in vettura privata di buon mattino e ci dirigiamo verso Vang Vieng effettuando alcune soste intermedie. Particolarmente interessante il piccolo sito archeologico di Vang Xang, raggiungibile con una breve deviazione dalla strada principale su uno sterrato che si inoltra nella foresta. Lungo il corso di un fiume, sorgono alcune sculture rupestri, alcune delle quali raffigurano due Buddha seduti dell’altezza di circa 3 metri. Vang Vieng è decisamente un luogo singolare: si concentrano sulle rive del Nam Song moltissimi giovani appassionati di sport estremi (oltre che degli “happy menu” nei ristorantini locali che annoverano marijuana tra gli ingredienti delle pietanze…). La cittadina è circondata da affascinanti picchi calcarei ed il paesaggio ricorda moltissimo quello lungo le sponde del fiume Li in Cina. Alloggiamo all’Elephant Crossing Hotel, la nostra stanza si affaccia direttamente sul fiume ed il paesaggio circostante ci invita a visitare i dintorni in bicicletta. I sentieri sono ben tracciati ed inoltrandosi nella campagna è possibile esplorare grotte e lagune. Il mattino successivo incomincia il lungo trasferimento per Luang Prabang. La strada si inerpica sulle montagne con i suoi interminabili tornanti e panoramici punti d’osservazione ed in circa sei ore raggiungiamo la ex capitale reale nel tardo pomeriggio, in tempo per osservare il tramonto dal Phu Si, una collina artificiale al centro della città dalla quale si gode di un bellissimo panorama (soprattutto nelle giornate più terse). Luang Prabang è stata giustamente definita la più bella città dell’Asia e non è difficile comprenderne il motivo una volta che si è giunti fin qui. Il centro storico sorge alla confluenza del Mekong e del Nam Khan e, immerso in una lussureggiante vegetazione, conserva interi isolati di case risalenti all’epoca coloniale francese inframmezzate da templi. E’ sicuramente in questo luogo che si respira maggiormente l’atmosfera della vecchia Indocina, dove i monaci con le loro tuniche sgargianti si incrociano per le strade costeggiate da affascinanti edifici ocra, con balconate ad archi e soffitti lignei sui quali girano incessantemente le pale dei ventilatori. La città si risveglia alle primissime luci dell’alba, quando i monaci escono ordinatamente dai loro templi in fila indiana per la tradizionale questua mattutina. La tradizione vuole che i monaci vivano, per il loro sostentamento, delle offerte dei fedeli i quali, inginocchiati sulle stuoie, provvedono a riempire le loro ciotole di riso glutinoso e di altri alimenti. Lo spettacolo dei monaci che sfilano lungo le antiche strade è davvero unico e costituisce un’antica tradizione che gli stessi turisti contribuiscono a mantenere, tuttavia è meglio osservarlo nella zona settentrionale della città vecchia, decisamente più tranquilla e meno affollata, dove sembra conservare una maggiore genuinità. Le processioni continuavano anche durante la colazione e le nostre giornate iniziavano così, in una romantica pâtisserie francese, ad osservare il lento scorrere della questua tra un sorso di tè e l’altro ed un pain raisin. Numerosissimi sono i templi della città – i cosiddetti Wat – che in Laos sono sempre affiancati dai monasteri, edifici cioè dove i monaci vivono. Molti hanno un’affascinante atmosfera decadente, altri sono decisamente più spettacolari come il Wat Xieng Thong – l’ex tempio reale – che presenta bellissimi mosaici realizzati con specchietti colorati nei suoi edifici principali. All’interno dei santuari dei templi, spesso sono conservate splendide collezioni di Buddha antichi, dall’inconfondibile ed elegante stile allungato caratteristico di Luang Prabang, in posizione eretta e con le braccia distese sui fianchi per invocare la pioggia. Nella zona centrale, sorge l’ex Palazzo Reale, trasformato in museo nazionale dal 1975, anno in cui la monarchia fu costretta a cedere il potere ai rivoluzionari del Pathet Lao. Si cammina nell’edificio a piedi scalzi, regola di bon ton laotiano che viene generalmente rispettato anche negli alberghi e nelle case, e gli oggetti ed i mobili che arredano le stanze private della famiglia reale rievocano gli anni della guerra del Vietnam, quasi come se tutto fosse stato appena abbandonato dagli illustri occupanti da qualche istante. Tutti i principali luoghi d’interesse si raggiungono facilmente a piedi o in bicicletta, ma anche i dintorni della città offrono lo spunto per escursioni in giornata, tra cui la classica attraversata del Mekong per raggiungere le celebri grotte di Pak Ou o la visita al parco delle cascate di Kuang Si. Le agenzie in città permettono di organizzare anche altre gite, tra le quali la passeggiata a dorso d’elefante e alle cascate Tad Sae, che noi però abbiamo trovato quasi senz’acqua essendo nel pieno della stagione secca. Il viaggio in Laos volge al termine e, dopo una visita al pittoresco mercato dei generi alimentari, ci rechiamo in aeroporto con destinazione Thailandia. Passare dai ritmi lenti e rilassati del Laos al trambusto di Phuket è stato un vero e proprio shock dal quale si stenta ad abituarsi…
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Xieng Khuan (Buddha Park)



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