Le primavere di Tunisi

Tunisi... secondo noi
Scritto da: Emanuelitanordk
le primavere di tunisi
Partenza il: 29/03/2013
Ritorno il: 01/04/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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“Homer” afferma: “Amigo, chiedere sempre prezzo prima, se lui dice no allora lui no buono, tu chiama me io dico che lui frega gente e chiamo polizia, oppure spacco lui faccia”. (Homer è in realtà il soprannome che abbiamo voluto attribuire a Khader, tassista della capitale che non può, per aspetto fisico ed indolenza, non ricordare il celebre personaggio de I Simpson!). Il suo consiglio va tassativamente rispolverato ogni qualvolta si ritienga che la fregatura sia nell’aria!

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A Tunisi, accanto a persone onestissime e sempre pronte a farsi in quattro pur di dare una mano, esiste anche una minima percentuale di individui dediti alla truffa… Comincio pertanto questo racconto consigliando di evitare il Café Boulevard (Avenue Bourgiba, lato sinistro, uno dei primi ristoranti per chi proviene dalla medina): il servizio è scarso, il personale scortese e non adeguato, prezzi fuori misura.

E dopo questo preambolo, ora cominciamo dal principio….

29 MARZO

Atterriamo all’aeroporto di Tunis Carthage un pomeriggio di primavera, il volo pieno solo a metà. Il controllo passaporti ed il ritiro bagagli richiedono inaspettatamente tempi biblici e così, con un’ora abbondante di ritardo rispetto all’orario pattuito, presso l'”area arrivi” raggiungiamo l’autista della nostra navetta, prenotata dall’Italia, che in pochi minuti ci condurrà all’Hotel Carlton, un tre stelle costruito nel 1926 in pieno centro città.

La temperatura è piacevole, il sole mite ma verso sera rinfresca un po’ e si rende indispensabile coprirsi con un golfino. Siamo stanchi e l’emicrania rimanda a domani l’inizio della visita. Così dopo un cous cous di verdure e un’insalata sprofondiamo nel sonno.

30 MARZO

Di buon’ora, dopo una discreta colazione consumata in albergo, percorriamo le poche centinaia di metri che separano il Carlton da Porte de France, ovvero l’accesso più immediato alla Medina di Tunisi. Place de la Victoire è deserta. E’ mattino presto e a breve le strade torneranno ad animarsi e la vita riprenderà il suo naturale flusso.

I vicoli antichi, immersi nell’ombra, emanano ancora il profumo dei tempi andati, per quanto il progresso ed il gusto occidentale si siano passo passo insinuati tra le crepe dei muri e sotto le porte azzurre riccamente decorate. Qualcuno lavora ancora il legno, qualcun altro resta seduto all’angolo della Moschea Zitouna a vendere finocchi, altri ancora sussurrano ai passanti che “la tomba del bey è da quella parte…”. Tmim, un ometto dall’età indefinibile, si offre di farci da guida. A dirla tutta accettiamo più per compassione che per un reale interesse verso la sua oratoria, dato che il ragazzetto non sembra particolarmente preparato. Sappiamo già che la passeggiata terminerà ben presto presso la bottega di qualche improvvisato parente… e stavolta, come prevedibile, rendiamo visita a “suo padre”: vende essenze e profumazioni “naturali”. Trattiamo un po’ con lui e gli facciamo credere di essere stupefatti dinnanzi a tali rarità. Lui è contento, sono mesi che gli affari non vanno più, noi sorridiamo e gli scattiamo una foto, congedandoci con un paio di boccette e la riproduzione di una shisha.

Di genuino nella medina non rimane un granché, i muraglioni difensivi che la circondavano non esistono più, le mercanzie poste in vendita sono esclusivamente ad uso e consumo dei visitatori che sbarcati frettolosamente dalla nave da crociera di turno, si fanno strada tra la gente per accaparrarsi un “autentico souvenir”. Gli artigiani ora si connettono a facebook tra una martellata e l’altra. Gli asinelli sono stati rimpiazzati da rombanti motorette. Il souk El Attarine non è più l’eccellenza dei mastri profumieri e gli artigiani in attesa di clientela si dilettano guardando la tv satellitare. Nel complesso però, la città vecchia merita di essere visitata, gironzolando senza meta, risalendo sino alla piazza della Kasba, fiancheggiando moschee e mederse, con un occhio verso i minareti ed uno sempre sui propri averi. E’ fondamentale custodire con cura le macchine fotografiche di un certo valore: fanno gola specie ai piccoli ladruncoli che le rivenderebbero al mercato nero; in realtà non sono pericolosi e possono essere tenuti alla larga con un minimo di precauzione, minacciando di chiamare la polizia se necessario. I locali, poi, sono sempre dalla parte degli stranieri e non indugiano un solo istante prima di intervenire in loro soccorso.

Riprendiamo la rotta verso la ville nouvelle ed incappiamo quasi per caso nel Marché Central (Rue d’Allemagne, traversa di Avenue Bourgiba): il mercato occupa una vastissima superficie coperta suddivisa in tanti padiglioni quante sono le categorie di merce posta in vendita: sin dall’alba è qui che i tunisini si riversano per spuntare le migliori offerte su carni, pesce, frutta e formaggi. Ci confondiamo tra donne cariche di borse della spesa con figli al seguito e qualche vecchietto col bastone dall’incedere incerto. Cinque banane, due pagnotte e una confezione di pistacchi: l’entità del nostro frugale pasto per una manciatina di dinari. Cerchiamo, ma invano, il Museo della Posta..sappiamo di non essere lontani ma non c’è verso: non lo troviamo! E per recarsi a quello della Medicina (più a Nord) non abbiamo più il tempo. E’ un peccato.

Tunisi non è esattamente come Il Cairo o altre metropoli islamiche cui si può essere soliti associarla parlando di Nord Africa; è compatta, meno caotica, più europea ed ordinata. I caffè all’aperto di Avenue Bourgiba, il teatro e la struttura urbanistica testimoniano l’influenza del passato coloniale sul Paese.

Appostato sotto un albero del lungo viale notiamo un tizio curioso, un tassista, che legge il giornale all’ombra. Ci avviciniamo per chiedergli il prezzo di una corsa verso il Bardo. E’ così che conosciamo il buffo Khader, in seguito, ma solo per noi, “Homer”.

La cifra è buona, pochi dinari, accettiamo e ci avviamo. Lungo il tragitto Khader si lamenta dei francesi (!!) e del Governo. Poi racconta di come riesca con abilità a far convivere una moglie e un’amante. Improvvisamente decide che è giunta l’ora di offrirci un caffè in un localino lungo la strada.

Giungiamo al Museo del Bardo poco dopo. L’edificio, restaurato di recente, ospita in un vasto complesso la più grande raccolta musiva del mondo, organizzata cronologicamente. Il prezzo è vantaggioso, circa 5 euro (contributo per le foto incluso). Una visita approfondita richiedere almeno due o tre ore e si rende necessario farsi accompagnare da una guida. E così il pomeriggio fugge. Non resta che rientrare, il cielo si è rannuvolato e minaccia pioggia.

Vicino all’hotel notiamo che le forze di polizia sono state incrementate. Dopo la rivoluzione che ha sconvolto il paese, militari e forze armate sorvegliano con occhio vigile il tempo che scorre, pronti ad intervenire per sedare improvvisi scontri. Il filo spinato isola le camionette dei soldati.

Ma noi siamo fortunati, oggi niente proteste o tumulti, solo un ordinato corteo che chiude pacificamente il World Social Forum di Tunisi 2013. Ci accodiamo: si sfila per i diritti della Palestina con bandiere e megafoni. Tre donne giapponesi, anzianotte, si aggregano e sfoderano il loro cartellone “NO NUCLEARE”!

Il corteo, accompagnato da suoni di tamburelli e gente che danza, è pacifico. Alcune telecamere ci riprendono: chissà su quale emittente televisiva saremo andati a finire. La sera stessa, dopo una rapida pizza , un dolcetto e quattro piani a piedi (l’anscensore dell’hotel “est malheureusement en panne”), accendiamo la tv e il canale locale trasmette le registrazioni della manifestazione. Ma noi non ci siamo…

31 MARZO

Ultimo giorno. Alle 8.30 abbiamo di nuovo appuntamento con Khader. Lo abbiamo “affittato” per tutta la mattinata. Lui arriva con un’ora di anticipo! Saltiamo lesti sul Caddy alla volta di Cartagine.

Della gloriosa città di Didone non rimane pressochè nulla: solo silenzio e il luccichio del mare in lontanza. Come sono lontani i tempi in cui il sito era un fiorente porto commerciale.

Questa mattina di turisti nemmeno l’ombra. L’instabilità politica di questi ultimi mesi ha dissuaso i più ad intraprendere visite nel Paese e così ci ritroviamo, soli, a vagare con un biglietto cumulativo da 9 dinari tra rovine di ville romane, tophet dedicati alla divinità Tanit, teatri e terme. E sempre in solitudine visitiamo il Museo di Cartagine che raccoglie un discreto numero di reperti provenienti dal sito. Urne funerarie, oggetti d’uso quotidiano e qualche mosaico perfettamente conservato, così ci spiega il custode.

Khader ci attende in macchina, la testa sul volante; non deve aver dormito molto la scorsa notte. Dice di aver passato il pomeriggio con l'”amica” presso le sorgenti termali per rigenerarsi e di essere rincasato passata la mezzanotte. Ha acquistato per noi due succhi di frutta e con la gentilezza di sempre ce li porge. Indica dal finestrino le bandiere tunisine che sventolano e ci fa segno di osservare, poco oltre, la Moschea e il Palazzo, inaccessibile, di Ben Ali. Poi, transitando per il villaggio di Sidi Bou Said, riparte verso la Goulette.

La zona del porto è ricchissima di ristoranti e il pesce fresco attira ogni giorno folle di tunisini che trascorrono la giornata tra amici passeggiando sulla corniche oppure tra amici, chiacchierando e fumando le pipe ad acqua. Solo uomini di una certa età si attengono a questa usanza: i giovani pare stiano perdendo le loro tradizioni, travolti dall’onda inarrestabile del domani.

Noi siamo vegetariani e preferiamo rinunciare al pesce, così chiediamo a Khader ci riportarci in centro. Lo lasciamo così come lo avevamo trovato: sorridente ma mai invadente, pronto alla battuta ma sempre rispettoso. E’ stato un piacere condividere queste ora.

Pranziamo, ad un’ora pittosto tarda per i nostri canoni, al “Neptune” e per soli 15 dinari ci concediamo due zuppe di lenticchie, due tajine del giorno (chiedere sempre di cosa si tratta!) e due porzioni di patate fritte. L’acqua, gratuita, è quella del rubinetto. Per evitare spiacevoli conseguenze è però sempre meglio ordinare quella in bottiglia.

Il dolcetto lo consumiamo fuori, a passeggio. E’ domenica e i boati provenienti da un vicino luogo di ritrovo ci fanno intendere che una qualche squadra di calcio ha vinto il campionato. Vagabondiamo su e giù, trascorrendo gli ultimi momenti nella capitale.

Partiremo domani mattina con un volo Tunisair alla volta di Milano, con un ritardo di un’ora e venti minuti… ma questi disagi vanno sempre messi in conto, non occorre lamentarsi, se si viaggia si è disposti a tutto… o quasi.

Spero che questo diario possa offrire qualche utile spunto e far ritornare la voglia, ora assopita, di recarsi di nuovo nel Maghreb. Spesso non ci si riflette ma è sempre la gente a fare le spese dei disordini che incendiano il Nord Africa e il Medio Oriente; gente onesta che con le magagne politiche c’entra poco o nulla, ma che puntualmente ne paga lo scotto. Mi scuso per non aver menzionato tutti coloro non hanno mancato di offrire un aiuto o di rendersi disponibili senza che glielo si domandasse.

Tunisi ora è tranquilla. L’estate si avvicina, le bellezze sono tante. Anche e soprattutto più a sud, laddove ci siamo ripromessi di recarci in visita la prossima volta. Il nuovo Governo ha ottenuto la fiducia il mese scorso, nelle vie si respira quiete ed armonia e tutti sperano che le violenze possano essere solo un amaro ricordo… Inshallah.



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