Le orme dei miti sulla terra d’Irlanda

Se vuoi vedere le foto del viaggio visita il sito www.giuliomotta.com E' un tappeto di emozioni verdi che si srotola davanti ai piedi, nei meandri della sincerità, e si racconta volentieri, perché è morbido e gentile come una carezza infantile, poi d'incanto uno sconquasso che è un sussulto del cuore e si cavalca una creatura magica,...
Scritto da: hotrodangel
le orme dei miti sulla terra d'irlanda
Partenza il: 05/07/1999
Ritorno il: 20/07/1999
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Se vuoi vedere le foto del viaggio visita il sito www.giuliomotta.com E’ un tappeto di emozioni verdi che si srotola davanti ai piedi, nei meandri della sincerità, e si racconta volentieri, perché è morbido e gentile come una carezza infantile, poi d’incanto uno sconquasso che è un sussulto del cuore e si cavalca una creatura magica, superando le colline e saltando d’un balzo i fiumi e i laghi dell’immaginazione, una corsa alle scogliere ed un passaggio al bosco delle fate; di felicità è rivestita la coscienza poiché questo è il luogo in cui la fantasia cede il dominio della bellezza alla realtà ed i folletti sono gli uomini dell’incontro con cui brindare, in questa armonia di musica e poesia, per cento volte ancora in pinte di birra scura che continua, come una storia che si tramanda, per la semplice ragione che ogni cosa potrebbe essere scordata, ma non la riserva in fornitura ed il rabbocco del bicchiere. La stagione migliore per visitare l’Irlanda è sicuramente l’estate per migliaia di ragioni: i colori più vivaci, le giornate più lunghe, la brezza tenera che accompagna le escursioni, la socializzazione all’aperto ecc., ma soprattutto si pensa alle precipitazioni, meno frequenti in questo periodo e luglio dovrebbe esser, teoricamente, il mese più gentile da questo punto d’osservazione, ma nonostante ciò vi sono buone probabilità che la discesa aerea verso Dublino sorprenda per la mutevolezza delle condizioni atmosferiche (molto interessanti sono i giochi di luce ed ombra che disegnano le nuvole sulla campagna geometrica ed allo stesso tempo libera, come uno spirito di insalata gentilina verde, che si lascia cullare dal vento e dai sogni) e non è sicuramente inconsueto uno sbarco inumidito dagli spruzzi vivaci del cielo d’Irlanda Osservando la struttura dell’aeroporto della capitale, moderno ed attrezzato, si percepisce immediatamente il senso di rinnovamento e sviluppo che ha caratterizzato il paese in questi ultimi anni; le linee guida della politica hanno riservato una particolare attenzione alla crescita dell’industria, grazie anche a considerevoli investimenti di capitali provenienti dall’estero, ma un ruolo preponderante è stato giocato dal turismo. Si tratta di una tipologia di attività che pone in evidenza la riscoperta delle tradizioni, un rapporto intimo con la natura, la conservazione e ristrutturazione di un patrimonio storico-architettonico tra i più interessanti d’Europa, la genuina ospitalità delle persone, ma vengono offerte anche varie alternative di vacanza studio per i più giovani, soprattutto nelle città di Galway e Dublino (in alcuni momenti della giornata Grafton Road e O’Connell Street si mostrano come degli enormi corridoi di un liceo, traboccanti di studenti, la differenza sostanziale risiede nelle espressioni dei loro visi: assai più serene e sorridenti). Nonostante l’atmosfera di crescita economica descritta poc’anzi è possibile annusare immediatamente, facendo attenzione ai dettagli, anche all’interno della struttura dell’aerostazione, il profumo della tranquillità (sostantivi come quest’ultimo saranno utilizzati con frequenza in un racconto di viaggio in Irlanda, d’altra parte non vi è alternativa; la sua anima più profonda evoca sentimenti sereni e pacifici ed i suoi figli portano negli occhi e nelle parole tutta la cordialità e la gentilezza effettivamente ottenibile da un essere umano) ed allora speculando un poco sull’apparenza ci si sentirà come in un pub di un paese di campagna, pur chiedendo una semplice informazione o noleggiando un’automobile. A proposito di ciò si consiglia di effettuare questa operazione dal luogo di residenza tramite internet o agenzia, ma è anche possibile farlo presso gli sportelli delle varie agenzie rentals presenti nel salone dell’aeroporto all’arrivo e di lasciare subito la capitale per poi ritornare a soggiornarvi (almeno 2 o 3 giorni) successivamente, con l’ottica e la predisposizione psicologica migliore, al termine del soggiorno. Si suggerisce perciò di cercare al ritorno un alloggio in uno dei tantissimi Bed and Breakfast, alberghi o ostelli presenti in città, depositare i bagagli e riconsegnare l’auto, in quanto non avrebbe senso stressarsi guidando nel traffico dopo averlo fatto su strade semideserte, ed in ogni caso, il servizio di trasporto pubblico è più che efficiente ed il piacere di passeggiare nelle strade ariose, sui ponti della Liffey e nei vicoli accoglienti, con una tappa frequente e regolare nei multiespressivi pubs, è sicuramente irrinunciabile. E proprio in questo modo è stato impostato l’itinerario narrato dalle pagine seguenti. Il 5 luglio 1999, dopo aver volato da Milano, in modo assai confortevole con Swiss Air verso nord, con coincidenza a Zurigo, siamo atterrati a Dublino ed abbiamo ritirato alla Payless, che allora forniva le tariffe più convenienti, una Ford Fiesta. Considerando l’iniziale approccio con la guida a sinistra, seguendo attentamente le indicazioni delle cartine stradali e di un fittissimo lavoro di ricerca preventivo, con grande disinvoltura abbiamo preso la direzione sud ovest, per raggiungere la prima meta del nostro viaggio: Kilkenny. La campagna ha assunto immediatamente le sembianze di una promessa, è strano come i paesaggi magici di questa terra, in qualche modo simili e familiari, raccontino alla mente , passando attraverso gli occhi ed attraverso gli altri sensi, anche quelli che pensavamo di non avere, storie pregnanti di poetiche visioni, di umanità vissute e di favolistiche metamorfosi. E pure molto strano è il modo in cui gli alberi salutano, le rocce conoscono, i fiumi ammiccano, la gente accoglie. Anche per i viaggiatori incalliti solitamente vi è un primo impatto d’adattamento, si prendono le misure e si valutano gli atteggiamenti; in Irlanda ci si sente subito come dei parenti, che, dopo un periodo di distacco, ritornano finalmente a casa, non vi è traccia della minima preoccupazione, ci si sente a proprio agio, teneramente abbracciati da una famiglia che riprende, con gioia d’incontro. E questa sensazione è accentuata dal fatto di trovarsi coricati placidamente sull’erbale morbidezza del prato circondante il castello di Kilkenny, che con la sua incantevole architettura del 13° secolo sorveglia una cittadina vivace e colorata, forse la più originale di tutte quelle visitate; infatti l’imponente edificio si innalza sul fiume e da uno squarcio nell’arborea armonia del parco, oltrepassando il ponte, si apre una splendida veduta. Kilkenny conta circa 10.000 abitanti che sanno davvero come fare a divertirsi, ci sono molti pubs con musica e danze tradizionali, la birra scorre a fiumi e considerando che qui viene prodotta l’omonima qualità di rossa distribuita da Guinness, non ci si può certo esimere dal godere di questa freschissima delizia locale e sapendo indirizzare la propria scelta è possibile anche scovare qualche cucina ben organizzata che possa soddisfare il nostro esigente palato di italiani, senza spendere un patrimonio (in Irlanda è meno difficile trovare cibi di discreta qualità a prezzi accessibili rispetto alla Scozia ed all’Inghilterra). A Kilkenny ci sono alcuni pubs un po’ “nascosti” in vicoli perpendicolari al principale camminamento comunale in cui gustare piatti tradizionali come l’agnello ed un particolare tipo di spezzatino di carne e patate servito in un cestino di pasta di pane. Inoltre questa città può vantare la presenza di un pub veramente incredibile, il cui arredamento è stato curato nei minimi particolari, che si è meritato per diversi anni consecutivi la palma del miglior pub d’Irlanda e non è cosa da poco considerando che questi ambienti sono sicuramente teatro delle rappresentazioni più significative della storia recente del popolo irlandese. In prossimità di Kilkenny, sulla N8 verso ovest, è situata la località di Cashel che, essendo sovrastata dalla famosa Rock of Cashel, offre un’immagine assolutamente unica, quasi commovente, ed è decisamente una tappa fondamentale per un attento visitatore ed un incantato ammiratore di un complesso architettonico antichissimo (la prima fortificazione risale al IV° secolo, poi la storia ha assistito alle aggiunte della cappella e della cattedrale ed alle differenti modifiche e ristrutturazioni). All’ingresso della Rocca è possibile osservare la croce di San Patrizio con i suoi altorilievi; si procede con la visita alla cattedrale che, come in altri casi, si presenta senza il tetto, ma ciò la rende, se possibile, ancor più affascinante. La struttura edificata nel XIII° secolo ha subito molti danneggiamenti, soprattutto a causa di incendi, ma si è sempre provveduto alla risistemazione e considerandone l’importanza storico artistica, lo stato l’ha dichiarata monumento nazionale. Da Cashel, prendendo ancora la N8 in direzione occidentale, attraversando paesaggi che evocano sensazioni intense e sembrano acquerelli tridimensionali in cui le colline muschiose baciano una melodiosa immaginazione ed offrono uno spunto d’occupazione ai moltissimi brucatori liberi (ecco perché anche le vacche in questi bei luoghi hanno un’espressione più serena, se solo sentissero il profumo della loro grigliata destinazione… beata ignoranza), le nuvole talmente basse che se si tende una mano al cielo si possono saggiare, s’arriva dolcemente a Kenmare. Questa piccola città si adagia in una posizione strategica di sicura importanza per l’effettuazione di alcune escursioni interessantissime, tra cui quella di Bantry Bay, ma soprattutto quella che prevede la percorrenza del Ring of Kerry. In questa zona, per gli amanti delle passeggiate, è anche possibile sbizzarrirsi in ondulate peregrinazioni fisiche e mentali. La nostra preferenza si orienta ad una splendida serata in compagnia di una buona cena a base di pesce (siamo in riva la mare), di alcune pinte di Caffrey’s e dei simpaticissimi musicisti e danzatori di un pub affollato da persone con una sincera predisposizione alla distensione ed alla aggregazione… per chi porta la musica nel cuore ed antepone l’umanità alle frivole necessità del tempo, questa terra ingravida di sogni, come una dolcissima e benevolente sorella maggiore. Dopo aver trascorso la notte in un B&B poco distante dal centro abitato ed incredibilmente confortevole per la bellezza oggettiva della costruzione e dell’arredamento, per la fragranza del profumo del bosco circostante e per la squisita ospitalità dei gestori e dopo un’abbondante colazione, abbiamo riscontrato nelle condizioni climatiche una certa indisponenza: percorrere il ring of Kerry con il cielo coperto ed una persistente pioggerellina non è l’ideale, gli scorci di costa avrebbero un’armonia più sensuale, se fosse il sole ad accompagnarli al nostro sguardo, ma questa mattinale bruma ha voluto ad ogni costo smaliziare tutt’attorno, senza però riuscire nell’intento di privarci della poesia di questo solido sperone. Un’attrazione artificiale del ring è il Staigne Stone fort raggiungibile abbandonando la strada principale nei pressi di Castelcove e percorrendo una mulattiera strettissima per circa 2 Km, oppure camminando senza fretta tra epiche risonanze. Il forte è una costruzione circolare avente un diametro di 27 metri ed è interamente realizzato in pietra a secco. Un fossato lo circonda, ma l’accesso è consentito e, salendo sul perimetro scuro e freddo, la memoria comincia a far ruotare le visuali ricezioni ed incamera ricordi caldi di terra e di verde ribollire, di cespugli che scompigliano e di avvallamenti che si impongono all’orizzonte ottico; si perde quasi l’equilibrio in tale bellezza, ogni malinconia si sgretola e la bocca vorrebbe mordere quella collina, per portarne dentro un pezzo, perennemente indigerito. A chiudere perfettamente l’anello del Kerry si trova Killarney (circa 8000 abitanti) che rappresenta un’altra meta necessaria, non tanto per la bellezza della città, anche se è possibile qui ammirare Muckross Abbey, un’abbazia francescana perfettamente conservata, ma soprattutto per i dintorni eccezionalmente interessanti dal punto di vista natural-paesaggistico; la zona lacustre (ci si trova infatti nel Lake District): visitabili a piedi senza grande fatica, sono Lough Lake, il più grande, unito o separato da una lingua di terra dal Middle Lake, ed il più piccolo Upper Lake, il tutto è inserito in un parco e preservato con cura ed intelligente lungimiranza. Vi sono anche altri laghetti, dove la quota si alza ed i rilievi modellati dall’azione glaciale offrono la possibilità di effettuare splendide escursioni. Oltre a tutto ciò si aggiunge ancora il mare ed in particolare la malleabile gentilezza della penisola di Dingle, che fortunatamente si mostra nella sua assoluta ed amorevole passionalità. Come un gabbiano che dolcemente si posa, dopo aver volteggiato sulle insenature sabbiose e sul rapido digradare al mare che stimola turchesi tropicalità, se non fosse per il pascolo che giunge sino al bacino delle acquose increspature, e si lascia fotografare stagliando il suo bianco narcisismo su uno sfondo di esaltatissime tonalità, Dingle ha la capacità di suonare gli accordi più sublimi, dalle note più basse a quelle più alte, in un concerto orchestrato dall’unico maestro possibile. Slea Head è l’estremità sud occidentale ed è qui che si aprono le vedute più significative sulle scogliere e sulle isole di fronte alla costa. Si consiglia di sostare in almeno uno dei pubs che si incontrano percorrendo la peninsulare: si verrà accolti con un sorriso che disvela amicizia di lunga data e sedendosi agli sgabelli del bancone, si potranno scambiare battute con gli abituali avventori, ma anche con i turisti, in quanto questo posto rasserena e inietta una voglia incontenibile di comunicare la propria gioia, quasi ad attestare una fortunata condizione rispetto a coloro che, per vari motivi, non potranno venirci. Inoltre in un pomeriggio come questo non si può certo rinunciare alla mitica Harp, una birra chiara che, bevuta in Italia sprofonda nell’anonimato, ma nel suo habitat naturale, rotola in bocca con accattivante morbidezza, e si cala nella gola come un bacio fresco della primavera. A Kilmalkedar si trova un monastero del VIII° secolo anch’esso, come la Rocca di Cashel, considerato monumento nazionale. Nei pressi (3Km circa) è possibile visitare il Gallarus Oratory, un monumento paleocristiano costruito con pietra a secco ed in perfette condizioni che sembra un ibrido tra un Nuraghe sardo e una grossa tenda canadese. Volendo addentrarsi all’interno, dal paese di Dingle è possibile prendere una strada di montagna che porta al Connor Pass, assai suggestivo, soprattutto se al point of view, avvolto da un’atmosfera mistica ed irreale, si siede su una piccola seggiola in legno a suonare il suonatore d’arpa che accompagna il passaggio delle nuvole con una melodia distaccata. Dopo aver soggiornato nella pigra e decadente Tralee abbiamo preso la via del nord e passando per Ennis e per la curiosa regione carsica del Burren (rilievi pietrosi a terrazze, protuberanze arrotondate di roccia grigia, fiumiciattoli intravisti tra le spaccature, dolmens ed una macchia di verde che, nonostante l’arida apparenza, riesce ad insinuarsi) giungiamo finalmente nella contea di Clare, ai poderosi Cliffs of Moher. Qui la natura, fino ad ora graziosa e cordiale, mostra tutta la sua potenza e la sua crudele durezza: le altissime pareti verticali, scure come antri infernali, precipitano nel vuoto di una profondità sottesa, sino all’abisso delle gelide acque dell’Atlantico, che di fronte si staglia e con sortilegio di nebbia tutto occlude e possiede; l’infinito spazio è dominato, ma non queste gloriose scogliere, la difesa di valorose genti, baluardo insuperabile di un coraggio di cuore e spontaneità. Nella località di mare di Lehinch (case bianche e passeggiata battuta dai marosi) si trova un pub molto bello in stile portuale, in cui si può cenare con una splendida zuppa di pesce ed altri prodotti della pesca, annaffiando il tutto con una Smithwicks, ad esempio. Per la notte abbiamo scelto l’ultima casa costruita sulla Liscannor bay. Non molta strada separa Liscannor da Galway, di conseguenza una visita è d’obbligo; questa città di circa 40000 abitanti conserva una atmosfera festosa e si percepisce il fermento culturale (vi è un’università in cui si tengono corsi principalmente in Gaelico ed una università per stranieri), importante è la sua tradizione di porto ed in estate vi sono moltissime manifestazioni e spettacoli. Galway è un grande bicchiere di Murphy con una grande anima irlandese ed un’apertura sincera ad un’Europa giovane e divertente. A nord della Galway bay, un breve tragitto sulla N59 conduce nel cuore del Connemara, la regione in cui ogni cosa sembra trovare la sua giusta funzione, vi si carpisce un equilibrio totalizzante, non vi è nulla di forzato: i laghi riflettono i colori del cielo, le montagne vibrano in scaglie sul dorso del fiume e gli alberi parlano col vento. A Clifden, capoluogo del Connemara, troviamo un B&B vicino ad un campo da Rugby, così possiamo guardare una partita che, per qualità di gioco, è di seconda categoria, ma per intensità di risate, è sicuramente di prima. Questa città merita un soggiorno di un paio di giorni soprattutto per i dintorni, ma anche per la bella architettura e la piacevolezza del clima (se c’è il sole il cielo è dipinto di un blu maestoso ed è una vera libidine sedersi ai tavoli all’aperto approntati dai vari pubs a mangiare qualcosa ed a pucciare il naso nella travolgente schiuma di una Guinness. Visitando la regione ci si può inoltrare nel parco nazionale del Connemara, prendendo come punto di riferimento Letterfrack, da cui è possibile raggiungere, seguendo il fiume Dwros, il Lough Kylemore, racchiuso fra due monti, sulle sponde del quale si può godere d’un paesagio indimenticabile. Immersa nel verde del bosco, a sfiorare le acque del lago, è situata la Kylemore Abbey che attualmente ospita una scuola femminile benedettina. Tutti coloro che hanno visitato l’abbazia e avevano una macchina fotografica appresso, sicuramente le hanno dedicato almeno uno scatto dalla sponda opposta del lago: il risultato è uno sviluppo che sorprende gli amici per la fantastica ambientazione, una scenografia dell’immaginario, ma la cosa che soddisfa i viaggiatori è che nel mondo ci sono realtà capaci di scalzare l’onirica grazie alla loro preponderante armonia. Spingendosi ulteriormente a nord, fermandosi a dormire in una splendida cascina a Cong, paese in cui è stato realizzato il film con John Wayne “Un uomo tranquillo”, è consentita la visita a Castelbar ed a Turlough con la sua chiesa seicentesca e la torre a base circolare perfettamente conservata. Da Cong, oltrepassando Sligo, sulla via per Donegal, è necessario fermarsi a salutare William Butler Yeats e la sua immortale lirica. In un piccolo paese di nome Duncliffe infatti è stato sepolto il poeta all’ombra del benbulden, una leggendaria montagna tabulare di cui si raccontano storie di mitiche battaglie, di eroi e tori, di regine e cinghiali, una formazione geologica molto simile alla Table Mountain di Cape Town in Sud Arica e come questa spesso è coperta da una nuvola che funge da tovaglia per il banchetto imbandito in onore degli dei. Dopo questa breve immersione in terzine e fiabe, Donegal appare un poco apatica, ma sono comunque interessanti i dintorni, soprattutto il litorale, d’altronde questo doveva essere solamente il punto di partenza ideale per entrare nell’Irlanda del nord, cosa che dobbiamo rinviare a causa dell’accalorato clima in occasione della parata degli orangisti (la situazione si presenta infuocata dal fervore delle fazioni e dalla dinamite rinvenuta nel bagagliaio dell’auto di alcuni “bravi cittadini”). Pensavamo proprio di poter passare da Londonderry per giungere a camminare sulla via dei Giganti e ritornare a Belfast, una città che nonostante le mille contraddizioni ed il contrasto vivido tra edifici vittoriani, filo spinato e mezzi corazzati, mantiene un fascino particolare, e poi nei suoi pubs fumosi si possono bere deliziose bitter a pompa. Si decide quindi di tagliare l’interno del paese, percorrendo la N4 verso sud si arriva a Boyle alla cui estremità settentrionale è l’omonima abbazia cistercense del 1161, anch’essa sprovvista di copertura, ma con una navata centrale a colonne, un coro ed un transetto ben conservati. Scendendo ancora sulla N4 si arriva a Carrick on Shannon che merita una visita veloce per poi dedicarsi con maggiore attenzione alle belle vedute godibili dal costeggiare il fiume sino ad Athlone. Questa cittadina situata proprio nel cuore dell’isola ci si mostra inizialmente deserta e fredda, ma è sufficiente trovare una buona sistemazione per la notte, in un B&B le cui stanze sono arredate in stile marinaro (sembra di essere in una cabina di una goletta: tutto è legno e ottone) e scendere sul lato morbido del ponte ed entrare in un pub, per scaldare il cuore e la serata. Athlone è poi un interessante punto logistico di partenza per raggiungere un’ansa dello Shannon in cui venne edificato nel 545 il Monastero di Clonmacnoise, che è un luogo sacro importantissimo per il popolo irlandese, ma anche i numerosi turisti vi percepiscono una profonda religiosità; qui sono moltissime le croci monolitiche e quella sicuramente più nota è la Cross of the Scriptures che cattura l’attenzione di tutti i visitatori. Considerando che Kilkenny aveva strimpellato nelle nostre orecchie un motivo leggero e divertente decidiamo di ritornarvi. L’ultima tappa prima di fare ritorno a Dublino è il piccolo villaggio di Enniskerry che non offre particolari attrattive se non la rilassatezza degli abitanti, il pub più alto d’Irlanda (non perché sia stato progettato su più piani, ma la definizione fa riferimento al livello sul mare) che comunque è anche tra i più belli per l’impostazione rustica dei locali e la cura dei dettagli, e la vicinanza al rinomato monastero di Glendalough che, dopo una storia piuttosto travagliata, venne definitivamente ristrutturato intorno alla fine del 1800. Anche qui si trova una bella torre rotonda alta circa 30 metri che, fatta eccezione per alcune pietre sul tetto, mantiene la sua struttura originale. Poco distante, la chiesa di St. Kevin, detta anche Kitchen (cucina), incanta con il suo tetto spiovente, il campanile rotondo e la robustezza dell’impianto risalente al XII secolo. Gli ultimi due giorni di questo viaggio, così denso di romanticismo, si possono tranquillamente spendere nella capitale: dopo aver cercato un B&B poco lontano dal centro e, dopo aver restituito la vettura all’aeroporto, visitiamo il visitabile: il parco di St Stephen ed il Phoenix, la fabbrica della Guinness (dove si possono acquistare bellissime t-shirt ed altri gadgets identificati esclusivamente dal marchio del birraio Arth), il Trinity College, il castello, Christ Church e St Patrick Cathedral, le Four Courts; non ci si può far mancare un po’ di umanità fra le vie cittadine e nei pubs (bere una Guinness nel pub più piccolo o sedersi a pranzo al Brazen Head, il più antico, sono soddisfazioni assolute per un amante di questi locali). Così si conclude il viaggio di altri viaggiatori che si sono innamorati di una terra che parla alle maree dell’anima; così si chiude un’altra estate, questa volta verde d’erba e dolce di birra e musica, come un libro amato, come una guida turistica che speri di poter riaprire presto, ma intanto pensi ad un’altra meta e l’hai già tradita, anche se probabilmente resterà un’immacolata adorazione, ma questo è il destino degli spiriti liberi, dei ragazzi con le ali ai piedi, che a volte confondono le immagini e sovrappongono i ricordi per la crescente smania di conoscere, per quella sete mai placata di trovare nuovi posti in cui stendere un giaciglio e seminare un po’ di sé.


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