Le emozioni dell’Oman
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Sabato 21 Aprile
Ci prepariamo a partire per questo nuovo viaggio nel giorno a noi più caro: il 21 di aprile … tantissime volte, infatti, questa data è stata per noi l’inizio di una vacanza! Ci prepariamo però col cuore in gola, un po’ perché il nostro piccolo Leonardo resterà a casa (è partito a sua volta, tutto pimpante, questa mattina in camper con i nonni), ma soprattutto perché, stritolati da questa dannatissima crisi economica, non abbiamo ben chiaro il nostro futuro e tanto meno quello dei nostri amatissimi viaggi … ma ogni lasciata è persa, come si suol dire, e allora via verso questa nuova avventura! Andremo nel sud della Penisola Arabica a visitare il Sultanato dell’Oman, una meta originale, sotto molti punti di vista, e quindi particolarmente accattivante … talmente originale che alla maggior parte delle persone a cui lo abbiamo detto gli abbiamo anche dovuto spiegare dove si trova. Partiamo dopo pranzo e dopo aver sistemato le ultime cose alle 15:00 in punto e a Faenza imbocchiamo l’autostrada A14 verso nord. A Bologna sono le 15:45, mentre passiamo accanto all’aeroporto Marconi e proseguiamo seguendo la A1 … Così alle 16:30 siamo a Parma e mezzora più tardi a Piacenza. Superiamo il corso del Po’ e alle 17:30 arriviamo alle porte di Milano, quindi aggiriamo il capoluogo lombardo e alle 18:05 lasciamo la nostra auto in deposito al Parking Heart per poi raggiungere, con l’apposita navetta, il Terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa. Appena entrati cerchiamo il nostro banco e da lì spediamo i bagagli direttamente a Muscat (capitale dell’Oman) poi, oltrepassati i controlli doganali, alle 20:00 ci mettiamo in attesa del volo alla porta B9. Dopo meno di un’ora iniziano le operazioni d’imbarco e in perfetto orario (alle 21:57) l’Airbus A330 della compagnia Etihad Airways si stacca da terra, identificato come volo EY82, con destinazione Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti … Sistemiamo le lancette dell’orologio avanti di due ore, sul fuso orario di destinazione, e in un attimo è già …
… Domenica 22 Aprile
Procediamo spediti e senza problemi durante tutta la notte. Attraversiamo la Penisola Balcanica, sorvoliamo Istanbul e l’intera Turchia, quindi l’Iraq per entrare, infine, sul Golfo Persico ed iniziare la discesa verso Abu Dhabi, dove atterriamo alle 5:09 locali. Dopo una lunga attesa riprendiamo quota, sul volo EY382, sempre con Etihad Airways, su di un Airbus A319, per Muscat, mentre c’è sì il sole, ma anche una bruma molto densa, quasi una nebbia, che rende l’atmosfera abbastanza strana ed irreale. Sorvoliamo i Monti Hajar, principale catena montuosa dell’Oman che s’intravede fra la foschia, e poi cominciamo la discesa sul Muscat International Airport, dove atterriamo felicemente alle 9:58. Perdiamo un po’ di tempo (ma neanche tanto) ad ottenere il visto turistico al costo di 5 OR (Oman Rihal) per dieci giorni, poi usciamo con tutti i bagagli, per fortuna arrivati a destinazione, e andiamo al banco della Hertz a ritirare la nostra auto: una possente Toyota Prado bianca (targata 4854 TA) con la quale percorreremo, presumibilmente, tutto l’itinerario previsto. Poco dopo le 11:00 partiamo alla scoperta dell’Oman, paese che si estende per poco più di trecentomila chilometri quadrati a sud-est della penisola arabica, stretto fra gli Emirati Arabi, l’Arabia Saudita e lo Yemen e bagnato dall’Oceano Indiano, qui detto anche Mare Arabico. Da oltre quarant’anni lo stato è guidato dal saggio sultano Qaboos bin Said, da sempre impegnato nella modernizzazione economica, oltre che nell’introduzione di importanti riforme sociali, educative e culturali. Appena usciti dall’aeroporto imbocchiamo la superstrada, ma nella direzione sbagliata … poco male: incontriamo quasi subito un grosso centro commerciale Carrefour e lì ci fermiamo a fare un po’ d’indispensabile spesa … La vera brutta notizia, però, è che alla ripartenza l’auto non dà segni di vita: giro e rigiro la chiave più volte e alla fine parte, ma ho l’impressione che sarà un grattacapo. Ripassiamo dall’aeroporto e quindi dalla Hertz, dove ci spiegano che, in questo modello, durante l’accensione, bisogna spingere con forza e completamente a fondo la frizione … così funziona e speriamo sia proprio solo per quel motivo. Ripreso l’itinerario andiamo verso il centro della capitale e ci mettiamo alla ricerca del Nuzha Hotel Apartment, che ci ospiterà per la prima notte del viaggio e che, secondo le indicazioni di Booking.com, si trova nella vecchia Muscat, ma non lo troviamo e a forza di chiedere indicazioni ci dicono che in realtà è ubicato nel quartiere di Rowi, ad alcuni chilometri di distanza, e lì, dopo qualche altra peripezia, lo troviamo … ma che fatica! Sono quasi le 14:00 e dobbiamo ancora pranzare! Ci rifocilliamo in camera, anzi in un mini-appartamento, con due stanze, tre bagni e cucina-soggiorno, poi, finalmente, partiamo nelle vesti di veri e propri turisti. Torniamo nella vecchia Muscat. Ci fermiamo a fotografare la sontuosa, e chiaramente recente, porta di ingresso, quindi andiamo a vedere lo sfarzoso Sultan Palace, veramente scenografico: posto al termine di un viale monumentale e ornato da eleganti colonne blu e oro, che spiccano fra il rosso del selciato ed il blu intenso del cielo sovrastante. Il palazzo, non visitabile all’interno, è stato costruito negli anni settanta del secolo scorso sul terreno un tempo occupato dall’ambasciata britannica. Sulla parte del palazzo che dà a mare ci rechiamo poi ad immortalare i due forti della capitale, eretti alla fine del XVI secolo, durante la dominazione portoghese: l’Al-Miriani, posto su di un’altura ad occidente, e l’Al-Jalani, su di un promontorio ad oriente del Sultan Palace e del porto di Muscat, entrambi non visitabili all’interno. Lasciata la vecchia Muscat andiamo lungo la costa verso sud. Passiamo nei pressi dell’Al-Bustan Palace, fino a qualche anno fa il più lussuoso hotel del mondo, nei cui dintorni si stanno costruendo enormi strutture ricettive (ma chissà per chi?), e proseguiamo. La costa si fa decisamente più selvaggia, così osserviamo interessanti scorci sia nelle vicinanze di Bandar Jissah che in quelle di Yitti, poi ammiriamo i profondi fiordi (qui chiamati khor) che caratterizzano il litorale di Bandar Khayran e da lì, vista l’ora, facciamo dietro-front. Per concludere la giornata vorremmo fermarci per mezzora nella spiaggia dell’Oman Dive Center di Bandar Jissah, che è a pagamento, ma per un tempo così ridotto pretenderebbero l’importo dell’intera giornata, così ci accontentiamo, per principio, di vedere il luogo solo dall’alto delle scogliere. Stanchi morti, a causa del viaggio e degli eventi, già prima delle 18:00 siamo al Nuzha Hotel. Facciamo una rinfrescante doccia e un’ora più tardi eccoci sul lungomare di Muttrah , altro importante quartiere di Muscat, a cercare qualcosa per cena. Ci accontentiamo di un piccantissimo piatto indiano (ad un prezzo irrisorio) e subito dopo, ancora più stanchi, ci trasciniamo in hotel per il meritato riposo, anche perché domani mattina la sveglia è prevista di buon ora per dare inizio al vero e proprio tour dell’Oman.
Lunedì 23 Aprile
Poco dopo le 6:00 riecheggia nella stanza il suono della sveglia e alle 7:00 siamo già a far colazione in un angolo dell’hotel dal freddo polare, causa l’aria condizionata tenuta a livelli allucinanti … Poi lasciamo il Nuzha Hotel, senza bagagli, per andare a vedere il mercato del pesce di Muttrah, a detta della guida uno dei più caratteristici del paese. Pare non sia una gran bella giornata dal punto di vista meteorologico, con il cielo lattiginoso ed una fitta foschia a farla da padrona … ma speriamo migliori nelle ore più calde. Intanto ci dedichiamo, appunto, alla visita del Fish Market, con montagne di pesci in mostra e folcloristici personaggi a commercializzarli, avvolti nei loro abiti tipicamente arabi e con folte barbe a caratterizzarne i tratti somatici. Subito dopo facciamo una passeggiata lungo la cosiddetta Corniche di Muttrah (il lungomare) fino all’ingresso del souk, il più grande dell’Oman, ma apre alle 8:00, che sono passate da pochi minuti, ed è praticamente deserto, con quasi tutti i negozietti ancora chiusi … peccato! Non abbiamo tempo di aspettare che il souk si animi, anche perché a giudicare dalla situazione non è questione di mezzora, allora ripartiamo in auto e torniamo all’hotel a recuperare i nostri bagagli, per poi andare verso ovest lungo la superstrada. Manca però ancora una cosa da vedere a Muscat, ovvero la Grande Moschea: splendido esempio di architettura islamica moderna, eretta al termine del secolo scorso come dono fatto dal sultano Qaboos al suo popolo in occasione del trentesimo anniversario della sua ascesa al trono. Il bianchissimo ed imponente edificio religioso è l’unico del suo genere in tutto l’Oman ad essere aperto alle visite dei turisti, ma per sole tre ore al giorno, dalle 8:00 alle 11:00, per cui dobbiamo sbrigarci. Ci presentiamo adeguatamente vestiti all’ingresso e da lì, passeggiando nei rigogliosi giardini, possiamo osservare le sinuose linee orientaleggianti dell’edificio nelle più svariate prospettive, purtroppo caratterizzate dalla latitanza del sole, poi, tolte doverosamente le scarpe, ci dedichiamo ai sontuosi interni. L’immensa sala di preghiera, per le sue dimensioni e per le ricche decorazioni, lascia letteralmente senza fiato ed il suo tappeto, che misura settanta metri per sessanta, è il più grande del mondo, realizzato nell’arco di ben quattro anni da oltre seicento tessitrici … i lampadari poi sono un delirio di sfarzo e luccichii … insomma una costruzione davvero bella ed affascinante la Grande Moschea di Muscat, vero e proprio specchio dell’orgoglio e della floridità di un paese.
Poco prima della chiusura terminiamo la visita e riguadagnata l’auto riprendiamo il viaggio. Ci fermiamo a far spesa e poi ci lasciamo alle spalle la capitale seguendo la strada a quattro corsie che corre parallela alla costa verso occidente. Dopo qualche decina di chilometri ed un’infinita serie di cantieri (alla faccia della nostra crisi economica), giunti alla grande rotatoria che porta sulla destra alla città di Barka, noi deviamo a sinistra verso l’interno per l’abitato di Nakhal, che raggiungiamo subito dopo mezzogiorno. A Nakhal ci sarebbe da visitare il forte, a detta di molti uno dei più suggestivi di tutto l’Oman, e infatti promette bene, svettante com’è su di uno sperone roccioso a dominare tutto il circondario, ma vista l’ora decidiamo prima di trovare un posto dove pranzare, nella speranza che poi esca anche un po’ di sole. Andiamo così alle vicine sorgenti calde di Ath-Thowra, attraversando una rigogliosa oasi di palme, e lì troviamo una piccola area ricreativa in riva al fiume che fa proprio al caso nostro, con l’acqua calda che zampilla, a pochi passi da noi, dalle pareti della valle (il wadi) e viene convogliata in una vasca nella quale, volendo, si può fare anche un bel bagno. Rilassati e rifocillati nel primo pomeriggio ci dedichiamo alla visita del Nakhal Fort, costruito nel 1834 sotto il regno dell’imam Said bin Sultan sulle fondamenta di un edificio di epoca preislamica. Dai suoi possenti bastioni possiamo così godere del panorama sulla pianura di Batinah e sull’oasi che si estende verso le accattivanti propaggini dei Monti Hajar, purtroppo seminascoste dalla densa foschia e trascurate da un sole sempre più latitante … In compenso fa un bel caldo con il termometro che segna più trentacinque! Lasciata Nakhal proseguiamo lungo la strada che corre ai piedi delle montagne, notiamo sulla sinistra lo sterrato che seguiremo domani mattina e a metà pomeriggio arriviamo nella cittadina di Rustaq, dove si trova un altro bel forte, purtroppo non visitabile in quanto sottoposto a restauri, così, in netto anticipo sulla tabella di marcia tentiamo di allungare il percorso e arrivare al mare passando per il Wadi Hoquain, a detta della guida piuttosto interessante. Imbocchiamo la strada che corre verso i Monti Hajar e verso la città di Ibri, ma lungo il percorso non troviamo l’ingresso alla vallata … in compenso c’imbattiamo in un posto di blocco dove un poliziotto ci contesta la validità della patente di guida italiana … discute a lungo con un suo collega e dopo attimi di apprensione ci lascia andare … Non è proprio giornata: meglio seguire la strada più breve per la costa, per l’abitato di Mussanah e per il Millemium Resort che ci ospiterà per questa notte. Dopo alcune decine di chilometri arriviamo alla grande struttura alberghiera, che risulta veramente di prim’ordine e di gran lunga migliore del tratto di mare antistante (piuttosto bruttino), ma a noi non importa perché siamo solo di passaggio. Ci gustiamo un’ottima cena, anche se non economica, e poi ci ritiriamo in camera … Non è stata una giornata particolarmente fortunata, soprattutto per quanto riguarda le condizioni meteo, ma speriamo la sorte ci regali tempi migliori.
Martedì 24 Aprile
Sembra esserci un po’ più di sole questa mattina, anche se la foschia resta a livelli considerevoli. Poco dopo le 8:00 lasciamo il Millenium Resort e andiamo spediti verso l’interno per affrontare quella che sarà, probabilmente, la tappa più impegnativa del viaggio, con l’attraversamento in fuori strada dei Monti Hajar. Giunti nei pressi di Rustaq ci fermiamo per far spesa e per il rifornimento di carburante: otto Oman Rihal, l’equivalente di circa sedici euro, per il pieno, ovvero venticinque centesimi della nostra moneta al litro … quasi un miraggio per noi “poveri” italiani!… E durante la sosta il benzinaio mi chiede dove siamo diretti. A Nizwa, gli dico, passando per Bilad Sayt … E lui risponde: “Oh … It’s a very hard way!” … Così l’ansia che già in parte mi portavo dentro raggiunge livelli altissimi, ma non lo do a vedere e faccio cenno di non essere assolutamente preoccupato. Passiamo a fare una foto al forte di Rustaq con il cielo azzurro ed il sole che finalmente è uscito allo scoperto, poi percorriamo ancora una manciata di chilometri in direzione di Nakhal e deviamo sulla destra verso il Wadi Bani Awf e la strada sterrata che sale sui Monti Hajar. Il primo tratto del wadi, teoricamente immerso in una natura selvaggia, fra alte pareti di roccia, è invece un immenso cantiere, con un fitto via vai di grossi camion e possenti ruspe a scavare per far posto ad una moderna strada … una piccola delusione in pratica! … Poi, finito il cantiere, il luogo cambia aspetto, le aspre montagne intorno a noi sembrano anche più belle e la polverosa strada che scorre sotto alle ruote del nostro Toyota si fa più suggestiva. Guadiamo qualche pozza, quindi, in corrispondenza di un minuscolo villaggio, allo sbocco della cosiddetta Snake Gorge, si comincia a far sul serio con la strada che s’inerpica strettissima e vertiginosa fra severe rocce dai predominanti colori dell’ocra e del nero, mentre purtroppo il cielo va pian piano coprendosi di nuvole. Le pendenze si fanno quasi proibitive ed ora il nostro fuoristrada, con le sue quattro ruote motrici, è assolutamente indispensabile. Fra paesaggi mozzafiato ed un briciolo di apprensione, causa passaggi esposti non certo rassicuranti, raggiungiamo con una breve deviazione lo sperduto villaggio di Bilad Sayt, che osserviamo, sfortunatamente nell’ombra, in compagnia di un ingegnere omanita che si occupa della potabilizzazione dell’acqua, il quale ci spiega che un giorno la strada in costruzione all’ingresso del wadi arriverà fin lì … togliendo inevitabilmente anche tanto fascino al luogo! Le nuvole ora abbondano ma non piove … e per fortuna, altrimenti questa strada diventerebbe quasi impraticabile, allora lasciamo la deviazione che porta a Bilad Sayt e proseguiamo lungo il tracciato principale che prima scende a guadare un torrente in condizioni piuttosto disagevoli, poi, in corrispondenza del piccolo abitato di Hatt, ricomincia a salire in maniera considerevole. Il fondo è decisamente sconnesso e le rampe si susseguono, impressionanti, una dopo l’altra, mentre, incredibile ma vero, squilla il telefono cellulare, ma lo ignoro completamente e continuo ad impugnare con forza il volante e a divorare la strada, fino ai duemila metri del Sharaf al Ayman, il sospirato passo sui Monti Hajar, nonché tetto del nostro viaggio … e lì patiamo un’altra bella delusione, perché giunti in vetta troviamo l’asfalto e l’arrivo della nuovissima strada che sale dal versante opposto e che sminuisce un po’ l’impresa! L’adrenalina, che nel mio corpo era a mille, scende di colpo lasciando il posto, vista l’ora, ai morsi della fame. Scendiamo comodamente dai Monti Hajar e andiamo a pranzare nel parcheggio delle Hal Hota Cave: grotte famose nel paese per le loro conformazioni calcaree, che avevamo comunque deciso di non visitare, ma che sono chiuse causa recenti piogge che le hanno allagate. Addentiamo i nostri panini nel parcheggio semideserto delle grotte, mentre mi accorgo di avere una gomma a terra … Meglio qui che a Bilad Sayt, ma stavamo bene anche senza! Sostituiamo la ruota con l’aiuto di due gentilissimi ragazzi omaniti delle Hal Hota Cave, che hanno anche rifiutato una piccola mancia, e poi ripartiamo. I gommisti pare non aprano prima delle 16:00, allora continuiamo nel programma di visite, sperando di non incappare in un’altra foratura. Guadagnate le propaggini delle aride pianure che caratterizzano l’immensa parte centrale dell’Oman ci fermiamo nella cittadina di Bahla, caratterizzata da un’importante cinta muraria e da un imponente forte, costruito nel XII secolo dalla tribù Bani Nebhan e dichiarato Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco nel 1987, ma chiuso al pubblico per lavori di restauro. Scattata qualche foto proseguiamo e arriviamo, ad una manciata di chilometri di distanza, allo Jabrin Castle … questo sì visitabile e anche molto interessante. Seppur non coadiuvati dalla presenza di un sole splendente esploriamo questo magnifico forte, fatto costruire nel 1675 dall’imam Bilarab bin Sultan e tuttora in ottimo stato di conservazione. Osserviamo la sua originalità architettonica, con gli eleganti cortili e le enigmatiche sale nascoste, in un intricato dedalo di scale ed esotici ambienti, fin sul tetto, dal quale si ha un bel colpo d’occhio sul paesaggio circostante. Terminata la visita del Jabrin Castle sono quasi le 16:00. Ci fermiamo al primo gommista che incontriamo (ce ne sono davvero tanti e un motivo ci sarà!) e lì facciamo riparare la gomma, ma solo per emergenza e con l’inserimento di una camera d’aria, perché ha un brutto taglio … speriamo bene! Da Jabrin, in breve e per mezzo di una nuovissima strada non ancora segnata sulla nostra mappa, arriviamo a Nizwa, una delle principali città dell’Oman, e nella sua periferia meridionale ci sistemiamo, alla Majan Guest House: spartano ma pulito hotel che ci ospiterà per le prossime due notti. Per cena ci concediamo piatti tutt’altro che tipici da Pizza Hut e poi ce ne andiamo a dormire, concludendo una giornata dalle forti emozioni, consumate per le strade di un paese che ci sta entrando nel cuore.
Mercoledì 25 Aprile
C’è un bel sole finalmente, anche se i cieli tersi, a quanto pare, dovremo proprio dimenticarceli. Partiamo di buon ora, dopo una colazione consumata in compagnia di altri quattro italiani, e andiamo a nord-ovest. Oltrepassiamo Nizwa, che visiteremo domani, e proseguiamo lungo la strada numero 21 fino alle deviazione per la cittadina di Al-Hamra, raggiunta la quale affrontiamo la salita a tornanti che porta al caratteristico villaggio di Misfat al Abryeen, la cui parte più vecchia è letteralmente aggrappata al bordo della montagna e dà vita ad un bel colpo d’occhio. Immortalato il paesino scendiamo nuovamente ad Al-Hamra e anche qui andiamo a vedere la parte più vecchia dell’abitato: in pratica un’intera borgata, quasi completamente disabitata e in rovina, interamente composta da caratteristici edifici in mattoni crudi di due o tre piani che ricordano, a grandi linee, le più famose architetture yemenite. L’esplorazione si rivela un’esperienza davvero suggestiva, vissuta in completa solitudine (abbiamo incontrato solo un paio di anziani omaniti) e in un silenzio quasi irreale, nel quale gli arcaici muri pericolanti sembrano voler raccontare le loro segrete storie … Allora, dopo aver fotografato all’impazzata questo bellissimo luogo ormai fuori dal tempo, lo abbandoniamo un po’ commossi e dispiaciuti che venga lasciato sciaguratamente al suo infame destino, ma vogliamo credere che qualche autorità se ne renda conto, prima che sia troppo tardi. Osserviamo la vecchia Al-Hamra, con la sua rigogliosa oasi, anche da una vicina altura, poi, fatta provvidenzialmente benzina, a metà mattinata cominciamo la lunga salita che porta al cospetto del Jebel Sham (la Montagna del Sole), la più alta vetta dell’Oman con i suoi 3075 metri, nota per il suo spettacolare e profondo Wadi Ghul, una voragine che supera i mille metri di profondità alla quale è valso l’appellativo di Grand Canyon d’Arabia. La strada nel primo tratto dell’ascesa è asfaltata e comunque in alcuni tratti molto ripida, tanto che spesso dobbiamo utilizzare la prima marcia, poi diventa sterrata, ma meno impegnativa di quella di ieri a Bilad Sayt. In vista della vetta però, a quota 1900 metri, incontriamo un altro tratto di strada asfaltata e con questa il sospetto che presto lo sarà per intero. Giunti ormai sul bordo del canyon arrivano a guastar la festa i soliti grossi nuvoloni, allora proseguiamo fino ad Al Khitaym, microscopica località nella quale termina la strada, con la speranza che nel frattempo le nubi passino, invece aumentano! … Maledizione! … Parcheggiamo l’auto laddove ci sono un paio di case fra capre e galline allo stato brado, oltre ad una scarna banchetta di sassi e piccoli oggetti artigianali gestita dalle donne del posto, e a piedi raggiungiamo il ciglio del canyon. La vista sull’immenso baratro di fronte a noi è spettacolare, ma a fari spenti (la mancanza del sole) non rende il dovuto! Così percorriamo un breve tratto del sentiero che porta ad un villaggio abbandonato sulle pareti del canyon e poi torniamo, un po’ stizziti, sui nostri passi. Risaliti in auto facciamo sosta ad un altro punto panoramico, anche questo non esaltato nella giusta maniera, infine ci fermiamo a pranzare in quello che dovrebbe essere il luogo più scenografico ed impressionante dell’abisso, nell’attesa che il cielo ci faccia grazia di qualche raggio di sole. Non abbiamo fretta: la temperatura in quota è di poco sopra ai venti gradi e si sta benissimo, così alla fine un po’ di sole arriva, ma niente in confronto alla giornata limpida che speravamo fosse! Un po’ sconsolati ma comunque convinti di aver visto un’altra meraviglia della natura scendiamo dal Jebel Sham, con la temperatura esterna che invece sale rapidamente ben oltre i 35 gradi. Tornati ad Al-Hamra e subito dopo alla strada numero 21, seguiamo le indicazioni per Bahla, mentre scoppia addirittura un violento acquazzone, e mai avrei pensato di dover azionare i tergicristalli alla loro massima velocità in Oman! La breve pioggia torrenziale passa e torna il sole mentre procediamo spediti verso ovest e verso la città di Ibri, che però non raggiungiamo, perché deviamo sulla destra per l’abitato di Al Ayn, dove si trovano alcune interessanti tombe vecchie di millenni. Impieghiamo un po’ di tempo ad individuarle, poi le notiamo, sul crinale di una collina alla nostra sinistra, oltre un torrente in secca. Ci avviciniamo quanto più possibile con l’auto e poi continuiamo a piedi. Non si sa molto sulla loro origine, a parte il fatto che risalgono ad un periodo compreso fra il 3000 ed il 2000 a.C., all’epoca delle civiltà di Hafit e di Umm an Nar, però questi enigmatici cumuli di pietre sono stati dichiarati Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco e spiccano, in un meraviglioso contesto ambientale, ai piedi dei Monti Hajar. Come spesso accade in Oman, siamo gli unici visitatori, così possiamo letteralmente assaporare la magia del luogo, in un silenzio ancestrale, rotto solo dal rumore dei nostri passi sulle spigolose pietre che si ammassano un po’ ovunque fra le remote tombe. Arricchiti di una nuova, straordinaria, esperienza nel tardo pomeriggio affrontiamo la via del ritorno a Nizwa e dopo un’ora abbondante di viaggio giungiamo davanti alla Majan Guest House. Per cena torniamo da Pizza Hut e ci concediamo un piatto di pasta … tutto sommato decente, mentre parliamo della giornata appena trascorsa, che sarebbe stata bellissima se non fosse per le troppe nuvole incontrate sul Jebel Sham. Da domani però le previsioni meteo danno un netto miglioramento … e speriamo vivamente che non si sbaglino!
Giovedì 26 Aprile
Questa mattina completeremo la visita della zona con l’esplorazione della città di Nizwa, principale centro abitato della regione di Al-Dakhiliyan. Ci alziamo di buon ora, perché come ogni giovedì e venerdì mattina, di fianco al souk, si tiene il tradizionale mercato del bestiame, che vorremmo documentare. Arriviamo sul posto poco dopo le 8:00 e non troviamo un gran fermento, anzi, la piazza del mercato è vuota, se si esclude la presenza di alcune timide caprette … Tutti gli animali, in effetti, sono stipati sui camion nel parcheggio di fronte e le trattative vengono fatte direttamente sul posto … saranno evidentemente cambiate le abitudini dall’epoca in cui è stata stampata la nostra guida (poco più di un anno fa!) … e comunque la cosa ci ha leggermente deluso. Anche il vicino souk, situato oltre un tratto di mura merlate, perfettamente restaurate, non appare molto animato e nell’attesa che lo diventi andiamo a vedere il poderoso forte di Nizwa: bello e finalmente alla luce di un sole splendente! Il maniero fu costruito nell’arco di ben dodici anni del XVII secolo da Sultan bin Saif al Yaruba, primo imam della dinastia Ya’Aruba e si distingue per la sua enorme torre rotonda alta quaranta metri, sulla quale saliamo per ammirare il vasto panorama sulla città e sull’oasi circostante. Anche gli interni sono molto interessanti: un intricato dedalo di ambienti, collegati fra loro da buie scale o luminosi terrazzi, che ospitano anche un piccolo museo etnografico. Usciti dal forte, ormai a metà mattinata, torniamo al souk, ma parecchi banchi risultano ancora vuoti … Chissà perché? … Così il fascino del più classico mercato arabo scema drasticamente! Compriamo però un “misero” pugnale omanita: il tradizionale e ricurvo khanjar, portato alla cintura anche dal sultano Qaboos e normalmente decorato in argento … Misero perché dopo una lunga trattativa lo abbiamo pagato l’equivalente di duecento euro, in quanto pezzo originale e non una copia per turisti, ma in un altro negozio un vecchio mercante pieno di rughe ci aveva chiesto di alcuni bellissimi esemplari, con l’impugnatura in corno di rinoceronte (da non acquistare per principio!) fino a 2300 O.R. (oltre 4500 euro!) … cose da pazzi! … Conclusa la visita di Nizwa passiamo dalla Majan Guest House a recuperare i bagagli e poi partiamo per la tappa odierna, che ci porterà nel deserto di Wahiba (o Sharqiya) Sands. Appena fuori città ci fermiamo a far spesa in un grande ipermercato e scopriamo perché il souk non era brulicante di vita: cosa c’è di meglio che fare i propri acquisti al fresco di un bel centro commerciale, senza odori strani e con ogni ben di Dio a portata di mano … Gli omaniti sono entrati nel futuro e le tradizioni se ne vanno! … Imbocchiamo l’autostrada per Muscat, ma ne usciamo subito, nella località di Izki, e andiamo verso sud-est lungo la strada normale per fermarci poco dopo, mentre il termometro segna 38 gradi sopra lo zero, all’ombra di un grande albero a pranzare con i nostri panini. Alla ripresa delle “ostilità” con l’asfalto ci lasciamo alle spalle la regione di Al Dakhiliyah per entrare in quella di Sharqiya, attraversando stupendi paesaggi di aride colline dall’aspetto lunare e forti contrasti, che ricordano vagamente il west americano, disseminate però, di tanto in tanto, da esemplari di dromedari allo stato brado che ci riportano alla realtà. In lontananza imperversano alcuni mulinelli che sollevano inquietanti nuvole di sabbia: le condizioni meteo sono ancora incerte, sotto diversi aspetti, e chissà cosa ci attende in pieno deserto? … Con un briciolo di apprensione superiamo la cittadina di Ibra, poi, raggiunte le prime propaggini del Whaiba Sands, possiamo appurare che l’incubo di una tempesta di sabbia è decisamente scongiurato. Come da informazioni in nostro possesso nell’abitato di Al Wasil troviamo le indicazioni per il Night Desert Camp: una pista si stacca dalla strada asfaltata e col nostro fuoristrada c’inoltriamo nella più classica delle zone desertiche. Ci aspettano undici chilometri di tracciato dal fondo sabbioso, fra altissime dune dalle sfumature rossastre, in un ambiente a dir poco esaltante, che percorriamo però con un pizzico d’ansia, poi all’orizzonte appaiono le bianche tende del campo e più sollevati giungiamo allegramente al traguardo. Ci consegnano la nostra lussuosa tenda (con le pareti in muratura) e una volta sistemati vado con Federico a prenotare l’escursione nel deserto di domani mattina e a fare un eccitante giro in quad sulle dune … Peccato solo fosse stata concordata mezzora e siano stati, in effetti, appena 25 minuti scarsi … Non c’è tempo di lamentarsi del tempo scippato, perché alle 17:15 abbiamo appuntamento, assieme a tutti gli altri ospiti della struttura, all’ingresso del camp per essere accompagnati, in auto, sulla cima dell’enorme duna che ci sovrasta sulla nostra destra e da lì assaporare il tramonto in questo straordinario ambiente. Soffia un forte vento e la sabbia punge sulla pelle, ma è comunque emozionante vedere il disco solare che progressivamente scende verso l’orizzonte. Allora le ombre si allungano e mettono in evidenza le magiche creste che caratterizzano questo mondo così volubile. Poi il camp ai nostri piedi viene inghiottito dall’oscurità che avanza e la palla rosso fuoco sparisce dietro la duna di fronte, mentre verrebbe quasi voglia di sottolineare la cosa con un lungo applauso (come accade, quasi quotidianamente, a Key West, in Florida) … Manteniamo, invece, in questo caso, un religioso silenzio, quindi in auto affrontiamo la ripida discesa dalla duna e subito dopo andiamo a prepararci per la cena nel deserto. La serata è semplicemente stupenda, vissuta sotto ad una magnifica stellata, ai confini del mondo reale … la più classica delle esperienze che segnano, in modo indelebile, il significato stesso di un viaggio.
Venerdì 27 Aprile
Svegliarsi fra le rosse dune del Wahiba Sands, con alcuni dromedari ad oziare nelle vicinanze, è stupendo … gustarsi la colazione nel silenzio e con quella vista lo è ancor di più, ma non possiamo gingillarci più di tanto perché alle 8:30 ci aspetta l’escursione in fuoristrada fra le dune. Fatte le dovute presentazioni il nostro autista parte all’impazzata e ci fa letteralmente divertire, per un’ora abbondante, con vertiginose salite ed emozionanti discese, fra scenari di incomparabile bellezza. I cumuli di sabbia, disegnati dal vento in fantasiose forme, sono incantevoli e la vista sul villaggio beduino è straordinaria … poi le bizzarre condizioni climatiche degli ultimi mesi (ma anche della settimana scorsa), che hanno portato abbondanti piogge, hanno fatto sì che si formi una sorta di prato nel deserto: un’improbabile macchia di verde fra le dune, che la nostra guida ci accompagna a vedere prima di fare definitivamente ritorno al Night Desert Camp. Consegnata la meritata mancia all’autista andiamo a preparare i nostri bagagli per la ripartenza … Facciamo il check-out (piuttosto salato, ma ne è valsa assolutamente la pena!) e poi affrontiamo gli undici chilometri di pista, che dopo il su e giù per le dune ci sembra un’autostrada. Ad Al Wasil riguadagniamo l’asfalto e ci dirigiamo verso nord-est e quindi nuovamente verso le montagne, che s’intravedono fra la foschia all’orizzonte, per raggiungere il Wadi Bani Khalid, a detta di molti uno dei più bei wadi dell’Oman. Saliamo zigzagando sulle prime propaggini dei Monti Hajar, fra belle conformazioni rocciose, poi incontriamo una vallata che si fa, chilometro dopo chilometro, sempre più rigogliosa di palme. Guadiamo un paio di volte un torrente e in questo modo arriviamo ad un parcheggio, dove si deve lasciare obbligatoriamente l’auto. Attrezzati per un bagno nel fiume c’inoltriamo a piedi nella parte terminale del wadi, con l’acqua che abbonda sempre di più. Incontriamo una piccola laguna con a fianco un’area ricreativa e già qui il paesaggio è molto bello, ma noi proseguiamo lungo il sentiero ben segnalato che s’inoltra in una gola rocciosa via via sempre più stretta. Alla fine troviamo un punto dal quale accedere abbastanza comodamente all’acqua e lasciate le nostre cose sulla riva cominciamo l’esplorazione a nuoto del torrente, che si dipana, in un meraviglioso caos di rocce ed enormi massi, con l’azzurro intenso del cielo sulla testa, fra cascatelle e strettissimi passaggi, poi grotte ed anfratti ad ogni piccola ansa sempre più intriganti … Trascorriamo così un’ora abbondante di puro divertimento nello stupendo Wadi Bani Khalid, poi andiamo a recuperare i nostri panini e pranziamo all’ombra dell’area ricreativa, con di fronte a noi il bel panorama sulla laguna e su quella splendida gola che mai dimenticheremo. Poco dopo le 14:00 lasciamo anche il Wadi Bani Khalid, quindi riguadagnata la pianura e la strada principale di quest’angolo dell’Oman, andiamo a sud-est, in direzione della costa. La temperatura sale anche oggi a 37 gradi quando ci fermiamo nel villaggio di Jalan Bani Bu Ali per vedere la curiosa moschea Jami al Hamoda, costruita nell’antico stile omayyade e particolarmente originale, col suo tetto caratterizzato da 52 piccole cupole di forma irregolare, sormontate da pinnacoli che creano una suggestiva ed insolita selva di elementi architettonici … Davvero bella e particolare questa moschea, peccato solo non si possano visitare gl’interni. Nelle immediate vicinanze si trova anche un forte dalle pregevoli fattezze, purtroppo in stato di abbandono e a tratti pericolante, che meriterebbe la necessaria attenzione e non sarebbe male segnalarlo, assieme alle case in mattoni crudi di Al-Hamra, al locale Ministero dei Beni Culturali … Dopo la breve ma interessantissima deviazione a Jalan Bani Bu Ali torniamo a macinar chilometri e in breve arriviamo in vista dell’Oceano Indiano. Seguiamo il tracciato costiero verso nord e quasi alle 18:00 imbocchiamo la strada che porta alla località di Ras al Jinz, sulla punta più orientale della Penisola Arabica, dove si trova un importantissimo luogo di cova della tartaruga verde. Appena svoltati cerchiamo sulla nostra sinistra l’Al Naseem Camp, la spartana struttura che dovrebbe ospitarci per questa notte, ma la troviamo sottoforma di cantiere … Forse la staranno ammodernando, oppure smantellando … Una cosa è certa: non ci ospiterà! Con un po’ di sconforto proseguiamo e andiamo direttamente al Centro Visitatori della riserva di Ras al Jinz e lì chiediamo se hanno una camera a disposizione … La risposta è affermativa (nonostante ci avessi provato senza fortuna direttamente da casa) e così tiriamo su un bel respiro di sollievo, anche se la spesa sarà più del doppio di quella prevista. La scopo della nostra presenza a Ras al Jinz è, ovviamente, la speranza di vedere almeno una tartaruga approdare sulla spiaggia per deporre le sue uova, anche se non è proprio la stagione più adatta, e a tal proposito un gentile addetto del Centro ci consiglia di partecipare sia alla visita (esclusivamente guidata) di questa sera alle 21:00 che a quella di domani mattina alle 4:00, così da avere maggiori probabilità di fare il sospirato incontro. Poco prima delle 19:00 andiamo così a cena e alle 20:30 siamo al punto di ritrovo del Centro Visitatori dove, man mano che passa il tempo, arrivano diverse altre persone e sono almeno una trentina quando dieci minuti prima delle 21:00 cominciamo a scendere a piedi e nel buio quasi totale verso la spiaggia. Impieghiamo circa un quarto d’ora per arrivare al mare e dopo alcuni spasmodici attimi di attesa le nostre guide puntano la luce verso una prima enorme tartaruga, che con fatica si sta trascinando in acqua … La vediamo sparire tra i neri flutti della notte e poi torniamo a pazientare. I guardiani si scambiano messaggi via radio e c’è fermento nell’aria … la serata sembra propizia. Infatti di lì a poco ci fanno spostare, sempre con la massima attenzione, in prossimità di una buca dove un’altra tartaruga sta deponendo le sue uova … e le vediamo scendere materialmente, con indescrivibile emozione, dentro la cavità che poi l’animale chiuderà accuratamente prima di riguadagnare il mare ed il suo primordiale elemento. Questa specie di tartaruga, che può raggiungere anche i cinquecento chili di peso, è detta comunemente “verde” per il colore del suo carapace e depone in ogni nido circa cento uova, che dopo cinquanta/sessanta giorni d’incubazione si schiudono, dando alla luce esemplari il cui sesso è incredibilmente determinato dalla temperatura della sabbia in cui si sono sviluppati. Quasi due ore di visita volano via fra lo stupore generale e alla fine torniamo entusiasti al Centro Visitatori, ma non perdiamo altro tempo e corriamo subito a letto, perché le 4:00 arriveranno molto in fretta … e in questo modo rocambolesco concludiamo quella che, fino ad ora, è stata, senza ombra di dubbio, la miglior giornata del viaggio e da sola lo giustifica addirittura completamente!
Sabato 28 Aprile
Nel cuore della notte, alle 3:30, suona la sveglia, ma non faccio fatica ad alzarmi: sono galvanizzato all’idea di poter vedere altre tartarughe e soprattutto, con l’arrivo dell’alba, poterle anche fotografare, visto che il flash è rigorosamente, ma anche giustamente, bandito! Pochi minuti prima delle 4:00 siamo al punto di ritrovo, dove non c’è di certo la ressa di ieri sera, e insieme a noi ci sono solo altre due persone: una coppia di italiani di Genova, già conosciuti qualche ora prima. All’orario stabilito però non si parte e l’attesa si prolunga molto più del previsto, fino alle 5:00, quando ci comunicano che non ci sono tartarughe in spiaggia e se vogliamo possiamo andare da soli a vedere almeno il sorgere del sole. Con la speranza che sia una bugia scendiamo in visita auto-gestita alla spiaggia, ma troviamo solo le tracce lasciate goffamente da quei grossi animali sulla sabbia ed i resti di un nido scovato, purtroppo, da qualche predatore … peccato! … Ci consoliamo vedendo il disco solare emergere dal tratto di mare prospiciente la baia, ma anche individuando, con l’aiuto dei nostri compagni di avventura, laureati in archeologia, un antico luogo di sepoltura e relative tracce di selci, poi torniamo al Centro Visitatori e in camera a recuperare un po’ del sonno perduto, fin quasi alle 8:30, quando andiamo a far colazione e completiamo i preparativi per l’odierna tappa. Lasciata Ras al Jinz procediamo verso nord-ovest lungo la costa e abbandoniamo l’Oceano Indiano per il Golfo dell’Oman, giungendo in vista di Sur, principale centro abitato della regione, universalmente noto per i suoi cantieri di dhow (le tipiche imbarcazioni locali realizzate interamente in legno), che subito ci rechiamo a vedere. I natanti vengono costruiti direttamente sulla spiaggia, ancora artigianalmente, con mezzi e ritmi ormai sconosciuti al nostro sistema economico e la visita al cantiere è un’esperienza, se non trascendentale, sicuramente interessante sotto diversi aspetti, anche perché richiede non più di mezzora di tempo. Attraversato il centro di Sur, con la sua laguna interna (una piccola Taranto omanita), ci rechiamo a vedere, solo esternamente in quanto non visitabili, i suoi due forti. Prima il Sunaysilah Castle, risalente a tre secoli fa ed abbarbicato su di un’altura, poi il Bilad Sur Castle, distante qualche chilometro e di almeno cent’anni più giovane. Da Sur parte una moderna superstrada, non ancora indicata sulla nostra mappa, che risale tutta la costa fino alla capitale Muscat e noi la imbocchiamo per seguirne un breve tratto, fino alla località di Qalhat, dove usciamo per andare a vedere la Tomba di Bibi Miryam (mitologica principessa della storia omanita), ufficialmente chiusa per restauri, ma in pratica raggiungibile per mezzo di un ripido e breve sterrato. Questo edificio, di forma quadrata e sormontato da una cupola, risale al II secolo d.C. ed è l’ultimo rappresentante di un glorioso insediamento visitato, secondo la leggenda, anche da Marco Polo, nel XIII secolo. Ad oggi versa in cattivo stato di conservazione, ma fa ancora bella mostra di sé fra il mare e la nuova superstrada, sullo sfondo dei Monti Hajar. Lasciataci alle spalle la tomba di Bibi Miryam rientriamo sul tracciato a quattro corsie per qualche chilometro, fino al paese di Tiwi, dove ci mettiamo alla ricerca della via di accesso all’omonimo wadi … Brighiamo un po’, causa la forza del fiume che durante le recenti piogge a divelto alla foce un attraversamento del suo corso, ma alla fine troviamo la strada che s’inoltra nel Wadi Tiwi. Risaliamo la vallata contornati da un bel paesaggio fatto di palme, alte pareti rocciose e trasparenti acque che si raccolgono in esotiche pozze. Guadiamo il torrente un paio di volte e arriviamo in prossimità del primo dei nove villaggi che si dipanano lungo una strada ad ogni chilometro sempre più stretta, e lì ci fermiamo per pranzare all’ombra degli alberi, mentre passano, vista l’ora, svariati automezzi stracarichi di bimbi e ragazzi, che ci salutano di ritorno da scuola. Non abbiamo più tanta voglia di rischiare, anche perché il paesaggio non sembra variare di molto oltre il punto in cui siamo arrivati, così nel primo pomeriggio decidiamo di tornare verso la costa e magari andare a trascorrere qualche ora in riva al mare. Passiamo a prendere informazioni circa la visita di domani al vicino Wadi Shab e poi percorriamo un altro tratto di superstrada, fino alla località di Fins, dove usciamo per raggiungere la White Beach, sulla quale ho buone indicazioni. Dopo qualche chilometro lungo la vecchia e polverosa strada costiera arriviamo alla spiaggia, che in effetti è caratterizzata da una meravigliosa e soffice sabbia bianca, ma l’acqua è torbida e piena di alghe … insomma, non certo invitante! Forse non sarà la stagione giusta, oppure ci sarà stata una recente mareggiata, certo è che White Beach, considerata una delle migliori spiagge di tutto l’Oman, ci ha purtroppo deluso, allora, sconsolati, facciamo ritorno a Sur, dove per la notte prendiamo possesso della nostra camera prenotata presso l’Al Faisal Hotel Suites. Subito dopo, visto l’insuccesso balneare ed il relativo tempo a disposizione, ci concediamo una passeggiata sul lungomare e poi andiamo a cena … una cena consumata senza infamia e senza lode, all’insegna del risparmio (5 O.R. in tre), presso un fast-food con cucina esclusivamente omanita.
Domenica 29 Aprile
La sveglia è piuttosto presto, così da essere a Tiwi quando ancora non fa troppo caldo e affrontare l’escursione a piedi nel Wadi Shab con un minimo di agevolazione in più, visto che quella odierna sarà, senza dubbio, la prova più faticosa del viaggio. Alle 9:20 siamo sotto al ponte della superstrada all’imbocco del Wadi Shab e ci sono, però, già oltre trenta gradi, ma c’è anche la bassa marea, così possiamo attraversare a piedi la foce del fiume per avventurarci in quella che, probabilmente, è la più affascinante vallata di tutto l’Oman. Il Wadi Shab, letteralmente la “gola fra le rupi”, è una delle maggiori attrattive del paese. Nonostante questo non ci accalchiamo al suo interno, infatti, a quanto pare, siamo gli unici o per lo meno i primi escursionisti della giornata … Nel tratto iniziale, pianeggiante, camminiamo sui ciottoli del torrente in secca, fra alte pareti, boschetti di palme e qualche pozza d’acqua, poi il canyon si stringe ed il sentiero sale in costa a diversi metri d’altezza sull’alveo, dove, come per incanto, è apparsa l’acqua, che con le sue sfumature di verde contrasta magnificamente con l’ocra delle rocce circostanti. Fra bellissimi scenari ci inoltriamo sempre di più nel wadi, mentre il caldo comincia seriamente a farsi sentire … Dobbiamo attraversare un tratto con grossi massi tondeggianti e scavalcare più volte il corso del fiumiciattolo, con notevole dispendio di energie. Così dopo circa un’ora di cammino, oltre una biforcazione dell’angusta vallata, il sentiero sembra continuare alzandosi di quota per sovrastare un’accidentata gola e noi prendiamo a seguirlo, convinti di dover arrivare dove questo termina, anche se, stando ai tempi di percorrenza in nostro possesso, dovremmo già essere arrivati al traguardo, nei pressi della grotta, che è la principale attrattiva del Wadi Shab. Dopo un’altra buona mezzora di marcia, in salita, senza intravedere la sospirata meta, Sabrina è stanchissima, devastata dall’intensa calura, e alza bandiera bianca … così torniamo indietro, a livello del fiume e lì ci fermiamo, presso una pozza, per rinfrescarci. Nel frattempo arriva altra gente (eravamo proprio i primi) e non vedo nessuno proseguire oltre il punto in cui siamo, soprattutto i locali … Allora, prima di abbandonare l’idea di arrivare alla grotta in cui culminano tutte le bellezze del Wadi Shab, provo a chiedere informazioni e scopro che da lì bastava risalire a nuoto il corso del fiume per circa dieci minuti per tagliare con successo l’agognato traguardo … Così facciamo e varcando una fenditura nella roccia, attraverso la quale passa poco più della testa, entriamo nell’anfratto in cui scorre il fiume e arriviamo al cospetto della segreta e mitica cascata del Wadi Shab! … E per fortuna Sabrina ha alzato bandiera bianca, altrimenti chissà dove saremmo arrivati! Una volta rinfrescati a dovere e con maggiore tranquillità facciamo, in poco meno di un’ora, il percorso a ritroso lungo la vallata e giungiamo, comunque esausti, in vista del ponte della superstrada, sinonimo del ritorno alla moderna civiltà … E’ durata quasi cinque ore la nostra avventura all’interno dello splendido Wadi Shab e nel frattempo è salita la marea, così per tornare all’auto sfruttiamo una barchetta che fa servizio fra le due sponde della foce del fiume, poi pranziamo e subito dopo riprendiamo la strada verso nord, in direzione di Muscat. Dopo una trentina di chilometri usciamo per andare a vedere la curiosa Dolina di Bimmah: una voragine di origine carsica (quaranta metri per venti), posta a breve distanza dal mare e con questo probabilmente collegata, visto che sul fondo si trova una sorta di piscina naturale di acqua salmastra dai riflessi verdi e cristallini, dove, volendo, si potrebbe anche fare un bagno, ma abbiamo ancora tanta strada da percorrere prima di sera e scattate le dovute foto riprendiamo il nostro itinerario. Procediamo spediti verso la capitale, dove arriviamo intorno alle 17:00, chiudendo così un ideale cerchio. Passiamo davanti alla Grande Moschea e ne approfittiamo per immortalarla con la presenza del sole, che mancava sette giorni fa. Transitiamo di fronte all’aeroporto, che ritroveremo domani sera, e proseguiamo lungo la superstrada, parallelamente alla costa, fin oltre la città di Barka, per giungere, con le ombre lunghe della sera, all’Al Sawadi Beach Resort, nell’omonima località, dove prendiamo alloggio. Giusto il tempo di una doccia e poi andiamo a consumare la cena compresa nel prezzo della camera, quindi, dopo una passeggiata per la struttura turistica e una birra fresca (finalmente!), andiamo a riposare, perché domani mattina, da qui, partiremo alla scoperta delle Daymaniyat Islands.
Lunedì 30 Aprile
E’ l’ultimo giorno intero che passeremo in Oman e praticamente l’unico dedicato al mare. Fin da casa abbiamo prenotato con il Diving dell’Al Sawadi Beach Resort un’escursione alle Daymaniyat Islands: un mini-arcipelago di nove isolotti aridi e rocciosi posti ad una decina di chilometri al largo di queste coste e contornati da un’interessante barriera corallina. Anche per questo sono posti sotto la speciale tutela dello stato e dichiarati riserva naturale soggetta a forti restrizioni esplorative. L’unica maniera di raggiungere le isole è infatti quella che utilizzeremo, oppure, con maggiori difficoltà, lo si può fare attraverso l’Oman Dive Center di Muscat. Facciamo colazione e poi mi reco al Diving per metterli al corrente della nostra presenza. Mi riceve un ragazzo italiano (di Roma) il quale mi dice che l’escursione prenderà il via alle 8:30 e non alle 9:00 come indicato sulla mail di prenotazione … allora ci precipitiamo in camera a prendere le nostre cose e all’ora stabilita siamo sulla barca, pronti a prendere il largo. Un’ora scarsa di navigazione, in un Mare Arabico piatto come l’olio (quasi in bonaccia) e ci ritroviamo in un piccolo paradiso, composto da primordiali scogli e flutti dai meravigliosi riflessi cristallini: un eccezionale quadro di cui riempirsi gli occhi … ma sotto la superficie dell’acqua è ancora meglio! … Mentre la maggior parte dei nostri compagni di viaggio fa vere e proprie immersioni noi (comuni mortali) ci accontentiamo di un po’ di snorkelling … e non rimaniamo per niente delusi, così vediamo enormi banchi di coralli e tantissimi pesci tropicali: uno scenario che non ha niente da invidiare a quelli più famosi del Mar Rosso o delle Maldive. Dopo circa un’ora risaliamo in barca e veniamo condotti nell’insenatura sulla quale prospetta, forse, la miglior spiaggia delle Daynamiyat e a nuoto ci viene concessa l’opportunità di raggiungerla … Quasi superfluo dire che è bellissima, lambita com’è da meravigliose acque trasparenti ed immersa in una pace profonda. Ci godiamo qualche indimenticabile attimo prettamente balneare e poi facciamo ritorno alla nostra imbarcazione per salpare immediatamente alla volta di un altro punto di immersione. Così mentre i sub esplorano il reef a profondità a loro congeniali, noi ci dilettiamo sottocosta con grande successo, infatti riesco ad immortalare, fra l’altro, anche una meravigliosa tartaruga ed un’inquietante murena. Dopo quest’ultima esperienza la barca fa rotta verso la costa continentale, così rientriamo soddisfatti all’Al Sawadi Beach Resort intorno alle 15:00. Senza perder tempo corriamo in camera a fare una doccia e a chiudere le valigie, visto che la direzione dell’hotel ci ha gentilmente concesso qualche ora in più rispetto al previsto check-out delle 12:00. In questa maniera poco dopo le 16:00 abbiamo già riordinato tutte le nostre cose e siamo in partenza, verso Muscat ed il suo aeroporto. Dopo una manciata di chilometri ci fermiamo alla periferia della città di Barka per vedere, solo esternamente, vista l’ora, la settecentesca Bayt Nua’man, una caratteristica dimora fortificata eretta, a suo tempo, per l’imam Saif bin Sultan e recentemente restaurata, quindi andiamo nel centro della località, fin quasi in riva al mare, per fotografare il suo forte, vecchio di ottocento anni e costruito per l’imam Ahmed bin Said … e qui, in pratica, termina il nostro meraviglioso tour dell’Oman. Pian piano il cielo perde la sua brillantezza e nel contempo l’oscurità avanza, mentre ci approssimiamo all’aeroporto e facciamo un ultimo “fiabesco” pieno di carburante in vista della riconsegna dell’auto, poi ci fermiamo nell’enorme centro commerciale Carrefour, lo stesso luogo dove avevamo fatto provviste nel primo giorno di questo viaggio, e lì cerchiamo di ingannare il tempo in tutte le maniere: in questo modo ceniamo e trascorriamo circa quattro ore. Quasi alle 23:00 lasciamo il centro commerciale, anche perché è ormai l’ora di chiusura, e in breve raggiungiamo l’aeroporto dove prima di tutto riconsegniamo la nostra fedelissima Toyota Prado, con la quale, per le strade del sultanato, abbiamo percorso 2184 indimenticabili chilometri. Ci dirigiamo, bagagli alla mano, verso la zona delle partenze e lì ci mettiamo in attesa, fra tanti altri passeggeri locali, all’esterno dell’aeroporto … così su quelle scomode sedie termina la giornata, ma non il nostro faticoso viaggio di rientro …
Martedì 1 Maggio
La stanchezza comincia a farsi sentire ed il sonno ci annebbia la mente: il volo per Abu Dhabi è previsto per le 5:25 e la “strada” è ancora molto lunga … Alle 2:00 decidiamo di entrare in aeroporto e poco più tardi, alle 2:30, possiamo imbarcare le nostre valigie per Milano Malpensa, poi ci mettiamo, ormai esausti, in attesa del volo di fronte al gate numero tre. Che fatica! … Le ore e anche i minuti non passano mai, poi, finalmente, poco dopo le 4:30, oltrepassiamo la fatidica porta e saliamo sull’Airbus A320 della Etihad Airways che, identificato come volo EY385, alle 5:31 lascia il suolo omanita con destinazione Emirati Arabi Uniti. Mentre sorge il sole e sopra ad una fitta coltre di foschia copriamo il breve tragitto che ci divide dalla città di Abu Dhabi, dove atterriamo alle 6:18, dopo aver sorvolato anche il Ferrari World e l’attiguo autodromo dove si disputa il Gran Premio di Formula 1. Appena sbarcati, neanche fossimo freschi come delle rose, dobbiamo costatare l’ora e mezza di ritardo che ha il nostro prossimo volo … Messo il cuore in pace ci rimettiamo allora in paziente attesa fin quando, superate ormai le due ore di ritardo, alle 10:59, il grosso Airbus A330 della Ethiad Airways si stacca da terra diretto in Italia. Il volo EY87, come all’andata, sorvola il Golfo Persico, poi l’Iraq, la Turchia, parte del Mar Nero e la Penisola Balcanica per affacciarsi sull’Adriatico in corrispondenza dell’Istria e da lì cominciare la discesa verso il capoluogo lombardo, dove atterriamo felicemente, recuperando due ore di fuso orario, alle 15:01. Non è una bella giornata, con la temperatura esterna che arriva a mala pena a quindici gradi (uno sbalzo notevole dai 38 dei giorni scorsi!). Recuperiamo sani e salvi i bagagli, chiamiamo il Parking Heart, e dopo meno di un’ora, alle 15:55, siamo a bordo della nostra vettura sulla via di casa. Alle 17:00 in punto scavalchiamo il Po’ e siamo a Piacenza, quindi, dopo fortissimi acquazzoni fra Fidenza e Reggio Emilia, alle 18:00 giungiamo a Bologna e lì abbandoniamo la A1 per l’A14 … Ancora un breve tratto e alle 18:40 usciamo dall’autostrada a Faenza, così una manciata di minuti più tardi, alle 18:51, concludiamo il viaggio di fronte al cancello di casa nostra. Che bella esperienza che abbiamo fatto, in un paese dalle antiche tradizioni e carico di mistero, ma allo stesso tempo proiettato nel futuro … questo è l’Oman: emozionanti paesaggi, frutto di un mix che va dalle grandi montagne, al deserto e al mare … ma il trionfo della natura si completa con la storia e l’orgoglio di un popolo meraviglioso, la cui cultura e tolleranza lo rende, agli occhi di noi occidentali, un esempio da seguire … e qui scatta il gioco di parole: che sia questo, per il bene dell’umanità, l’islam del d-Oman-i!
Dal 21 Aprile all’1 Maggio 2012 Da Muscat a Muscat km. 2184