Lanzarote: vi racconto il mio viaggio

Relax, panorami stupendi, belle spiagge e buon cibo
Scritto da: emyveg
lanzarote: vi racconto il mio viaggio
Partenza il: 21/09/2013
Ritorno il: 28/09/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 500 €
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Avevamo necessità di goderci un po’ il mare a prezzi non eccessivi, Lanzarote è stata una meta azzeccatissima (siamo vegani e anche il cibo ha fatto la sua parte!).

Indice dei contenuti

Questo è il link al mio blog (http://viverea4lee.blogspot.it/2013/10/lanzarote-vi-racconto-il-mio-viaggio.html), dove ho inserito anche foto del viaggio e un ulteriore post relativo al cibo perché sì, si può essere vegan e felici anche alle Canarie.

Lanzarote è famosa per i suoi vulcani, in particolare per l’eruzione del 1730 durata sei lunghi anni. L’isola infatti è caratterizzata da immense distese di lava solidificata, di cenere, lapilli, anfratti rocciosi e decine di crateri. Roba che sono stata incollata al finestrino dell’auto per tutto il tempo, con gli occhi sbarrati e l’espressione inebetita. Indescrivibile. Sono partita col mio ragazzo, Andrea.

Giorno 1

Dopo sei lunghe ed estenuanti ore in aeroporto, a Bologna, e dopo quattro ore di aereo siamo finalmente a Lanzarote. Ci consegnano la macchina (Payless, Fiat Panda: impeccabile!) e raggiungiamo Puerto del Carmen (abbiamo alloggiato presso Apartamentos Las Acacias: consigliatissimo! Economico, a pochi minuti da Avenida de las Playas e dai supermercati). Rifornimento di frutta e dritti in spiaggia. Il clima è perfetto: umidità tollerabile e caldo sopportabile per tutta la durata della vacanza, a parte qualche nuvola passeggera.

Unica pecca: in generale non c’è granché da fare la sera, salvo romantiche passeggiate sul lungo mare e capatine nei negozietti di souvenir.

Giorno 2

Cartina alla mano, diretti al mercadillo di Teguise. Le stradine di Teguise si animano solo la domenica, con mille bancarelle e musica dal vivo. Lasciamo la macchina in un parcheggio vicino e ci inoltriamo a piedi. Un must sono i gioielli fatti a mano impreziositi da pietre laviche e olivina, come anche i prodotti di bellezza all’aloe vera (causa restrizioni del bagaglio a mano, non ho potuto portare a casa nessuno di questi miracolosi flaconi, dannazione!). Ho lasciato un pezzo del mio cuore alla bancarella dei churros e un altro a quella delle papas arrugadas.

Di nuovo in marcia ma questa volta verso la zona più settentrionale dell’isola. Mirador del Rio offre il panorama più spettacolare di Lanzarote, si affaccia sull’isola Graciosa ed è una delle sei attrazioni incluse nel biglietto turistico (il cui costo complessivo è di 30 euro e si può acquistare allo sportello di una delle sei entrate) seguita dalla Cueva de los Verdes, 1km di tubo lavico percorso con l’ausilio di una guida.

Labirinti sotterranei e grotte mozzafiato, in una delle quali è presente un auditorium che ospita concerti musicali con cadenza mensile. Al termine della visita, la lava solidificata offre una piacevole sorpresa (non fate come Andrea che se l’è rovinata!).

Abbiamo concentrato le attrazioni a nord dell’isola in un unico giorno, in modo tale da poterci fermare di tanto in tanto e godere dei panorami che da soli costituiscono un’ attrazione imperdibile: le strade passano tra queste immense distese di lava e vulcani imponenti (Andrea ha maledetto più volte il fatto di essere alla guida mentre io non riuscivo a contenere il mio stupore!).

A pochi passi sono situati gli Jameos del Agua, i quali devono il nome alla presenza di un lago interno, situato sotto il livello del mare e popolato da minuscoli granchietti albini. Si tratta di una formazione geologica, all’interno del tunnel vulcanico derivato dall’eruzione del vulcano Monte de la Corona. Visita breve e interessante, inclusa nel biglietto.

Ultima tappa è il Jardin de Cactus, realizzato da Cesar Manrique. Si tratta di un anfiteatro suggestivo con millemila cactus da ogni parte del mondo, dai più classici e imponenti ai più teneri ed esclusivi. Da non perdere.

Giorno 3: Playa de Papagayo, a sud dell’isola. Una spiaggia meravigliosa all’interno di un parco naturale protetto (l’ingresso costa 3euro e ne vale decisamente la pena). Acqua gelida e cristallina. Colti di sorpresa dai numerosi nudisti e armati di maschera e boccaglio ci siamo goduti questa esperienza a totale contatto con la natura. Della serie: cose che non avresti mai pensato di fare.

A pochi metri altre spiagge (Caleta de Congrio, Puerto Muela) caratterizzano la costa ma per me il primo premio va a Papagayo. Se passavate da quelle parti avrete di certo notato Andrea che tagliava a metà un melone con un coltello da trenta centimetri, fregandosene di tutto e tutti.

Dopo aver cenato a Playa Blanca (memorabili i miei dieci minuti di sclero immotivato!) e aver passeggiato al porto Marina Rubicon mi sono concessa dieci minuti davanti allo specchio ad ammirare la già evidente abbronzatura agognata.

Giorno 4: diretti ad El golfo, sulla costa occidentale. Suggestiva e imperdibile è certamente la laguna verde (merito dell’olivina) all’interno di un cratere formatosi direttamente sulla costa.

Per raggiungerla è necessario percorrere una montagna di sabbia e pietre (decisamente instabile) in cui ho creduto di rimetterci le penne.

Dopo essermi rifocillata con una deliziosa baguette del luogo, abbiamo raggiunto Los Hervideros: una scogliera lavica incantevole, con percorsi e terrazzine ricavate all’interno.

Prima di recarci al Parco Nazionale di Timanfaya, ci siamo fermati per qualche minuto ad ammirare le Salinas de Janubio all’interno di una laguna di origine vulcanica, estese per centinaia di metri. Il Parco è una delle mete più incantevoli, sembra di essere sulla Luna. Lo si percorre, purtroppo, in pullman con un giro di 40/50 minuti. La guida raccontava dell’eruzione avvenuta nel 1700 e in alcuni punti mi ha assalita una malinconia improvvisa. Non so spiegare il motivo, è stato un turbine di emozioni. Al termine del giro, viene mostrato un vulcano ancora attivo e alcuni gyser artificiali. Consiglio di pranzare al ristorante del posto, la vista merita ancora qualche minuto.

Non paghi di tanto splendore, nel pomeriggio, abbiamo raggiunto la celebre spiaggia dei surfisti, ovvero Caleta de Famara (credevo di rifarmi gli occhi stavolta, dal momento che Andrea per tutta la durata della vacanza ha potuto godere di fanciulle in topless non indifferenti, ma anche di ottuagenarie disinibite). Spiaggia stupenda, panorama instancabile e meraviglioso.

All’interno dei tipici muretti in pietra lavica (cociovi) abbiamo goduto di un po’ di tregua dal vento e ammirato le onde.

Giorno 5: siamo tornati a nord dell’isola ma questa volta per fermarci a Caleton Blanco. A causa del brutto tempo (ha piovuto per qualche minuto ma il cielo è rimasto coperto per tutta la giornata) non abbiamo goduto appieno dello splendido panorama. Una lunga distesa di sabbia bianca, anticipa e caratterizza una sorta di piscina naturale dall’acqua bassa e molto fredda. Altre coppie, come noi, se ne sono fregate del brutto tempo e si sono immerse in quei pochi minuti di sole. Memorabile la mia figura di mer*a con dei turisti spagnoli.

Prima di tornare a Puerto del Carmen, abbiamo superato Orzola per un paio di km e raggiunto Mojon Blanco, per essere sicuri di aver immortalato tutto il Blanco possibile 🙂

Giorno 6: è il penultimo giorno e decidiamo di rilassarci in una spiaggia vicina, Playa Chica, riservata e tra gli scogli (o forse dovrei dire ancora pietra lavica?). Indimenticabili le orde di subacquei per i quali Andrea ha provato profonda invidia (in realtà più per le mute che per il resto).

Giorno 7: decidiamo di chiudere la vacanza salutando il mare a Playa Quemada, dalla caratteristica sabbia nera. Anche qui nudismo rulez ma quello che non dimenticherò mai è il percorso ripido e sterrato, rigorosamente a piedi, impreziosito da mie numerose ed eterogenee imprecazioni (Andrea davanti continuava a ripetere quanto io non fossi abbastanza selvatica, contribuendo ad incrementare il mio disappunto), che mi ha permesso di raggiungere la spiaggia.

Al ritorno, abbiamo scoperto che la scalata verso la morte era evitabile percorrendo una scorciatoia tra gli scogli (che volpi siamo!).

Giorno 8: ”Andre insomma è l’ultimo giorno?” ”Sì”. Superato il gate con alcune banane e qualche pietra lavica in valigia, siamo arrivati a Bologna alle 15:00. Auto, aereo, pullman, treno e bici, tutto in 10 ore. Altro che Triathlon. Abbiamo disfatto le valigie e siamo andati a letto distrutti e malinconici.

In sostanza, consiglierei questa meta? Assolutamente sì, se amate la natura in tutti i suoi aspetti (non vi è flora a Lanzarote, ribadisco!) e volete concedervi una settimana di pace interiore, è il posto che fa per voi.



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