Lanzarote, isola silenziosa
Abbiamo poi proseguito per il punto più settentrionale dell’isola, il Mirador del Río, un belvedere a picco sull’oceano con bar annesso, creati sempre da Manrique, con una spettacolare vista panoramica sull’isola La Graciosa. Lungo la strada del ritorno siamo passati per Haría e dall’alto abbiamo visto la Valle delle Mille Palme: la nostra spiritosissima e bravissima guida c’ha spiegato che questa valle è nata perché gli abitanti un tempo decisero di piantare una palma per ogni figlio maschio che nasceva, poi per non fare torti e non essere maschilisti decisero di piantarne due per ogni figlia femmina, e così… Dopo di che abbiamo costeggiato Teguise, l’antica capitale dell’isola, sede la domenica di un mercatino caratteristico anche se forse, a detto di alcuni nostri amici che l’hanno visitato, un po’ troppo a misura di turista. Al ritorno, per terminare la giornata in bellezza, abbiamo assistito alla conclusione della VI gara di triatlón di Puerto del Carmen, con arrivo proprio sul lungomare vicino al nostro hotel (un totale di 65 km sotto un sole che, anche se il vento è bene o male sempre presente, spacca comunque le pietre…pazzi!).
TOUR DEL SUD: Nel Sud la prima tappa è stato il Parque Nacional de Timanfaya, secondo me uno dei più suggestivi al mondo: un’immensa distesa di lava pietrificata dove l’aspetto che più colpisce, a parte l’assoluto silenzio rotto solo dai rumorosi turisti, sono i colori caldi presenti in tutte le gradazioni possibili (questo dovuto alla predominanza di un certo minerale rispetto ad altri, come ad esempio il ferro per il rossiccio intenso). Il parco racchiude un delicatissimo ecosistema e anche se può sembrare impossibile, qui sono presenti circa 180 specie vegetali differenti. E’ possibile percorrere in autobus la Ruta de los Volcanes, un percorso che si snoda per circa 14 km all’interno del Parco. In tutta la zona, a meno di 10 metri di profondità si raggiunge una temperatura di 600°C e per dimostrare questo ci sono degli inservienti che fanno delle prove per i turisti: gettano degli arbusti in una buca e prendono fuoco, rovesciano un secchio d’acqua in un’altra e si crea un geyser. Più tardi, nel Restaurante del Diablo (fatto costruire, non avevo dubbi, da Manrique), scopriamo che la carne alla griglia viene cotta sfruttando il calore stesso del sottosuolo. La visita al Parco si conclude con l’immancabile giro in cammello.
La tappa successiva è stata la Geria, zona vinicola, dove abbiamo fatto l’assaggio dei vini tra cui l’ottimo Malvasía. A Lanzarote si pratica un metodo di coltivazione viticola unica al mondo: le viti infatti crescono in piccoli crateri scavati nel picón, la cenere lavica, protetti da muretti a secco semicircolari. Poiché le precipitazioni sono concentrate in 15-20 giorni all’anno, c’è mancanza d’acqua; ed è per questo che la lava è estremamente importante per la coltivazione su quest’isola, in quanto trattiene l’umidità.
Abbiamo poi proseguito per El Golfo, una baia creata dall’azione erosiva dell’oceano su un antico cratere. Nella spiaggia di sabbia nera si è creato un lago verde, molto particolare e curioso. Da qui abbiamo proseguito per Yaiza dove abbiamo visitato la chiesetta di Nuestra Señora de los Remedios. Sulla strada del ritorno, lungo la costa, abbiamo fatto una piccola sosta fuori programma per dare un’occhiata allo spettacolare Puente del Diablo, creato dall’erosione delle onde sugli scogli. Proseguendo, per ultimo abbiamo visto le Saline del Janubio, in realtà non molto interessanti.
Abbiamo fatto anche una terza escursione organizzata, questa volta via oceano. Consisteva nel raggiungere Corralejo, sull’isola di Fuerteventura, con un catamarano, visitare la zona e durante il ritorno fermarci presso un’isoletta per osservare i fondali e avvistare i delfini. Detto così sembra bellissimo, in realtà si trasforma in un incubo se l’oceano è particolarmente agitato e gli unici che non stanno male sono i membri dell’equipaggio! E in più neanche l’ombra di un delfino, anzi neppure una sardina! Solo qualche rifiuto, ma quelli non mancano mai, nemmeno in un paradiso come questo! Abbiamo anche deciso di noleggiare un’auto in uno dei numerosi noleggi d’auto sparsi per Puerto del Carmen, solo per un giorno però viste le nostre scarse risorse e solo per visitare i posti non toccati dai due tours. Come prima tappa abbiamo scelto il Jardín de Cactus, a Guatiza, facilmente raggiungibile con cartina alla mano attraverso le poche strade che attraversano l’isola…anche se noi siamo riuscite a perderci dopo appena un quarto d’ora: invece di prendere la deviazione per Lanzarote Norte abbiamo proseguito e siamo finite ad Arrecife, la capitale, una città moderna come ce ne sono tante, che secondo me non vale la pena di visitare. Devo dire che girando l’isola colpisce la totale mancanza di cartelloni e di qualsiasi altro tipo di pubblicità, cosa voluta da César Manrique, l’architetto, pittore, scultore, (insomma ha fatto tutto lui, e non sto scherzando, c’è il suo zampino ovunque!) che su quest’isola più che un uomo è un mito. A proposito, non mancano invece su molte rotatorie, grandi opere d’arte realizzate da questo “eroe” lanzaroteño.
Dopo questo piccolo fuoriprogramma e chilometri di strade deserte, abbiamo infine raggiunto il Jardín de cactus (accolte all’ingresso da un cactus gigante in puro metallo). Ah, dimenticavo: anche questo è opera di Manrique. Sarà che sono un’appassionata di queste piante, ma “che spettacolo!”, anche se l’ho trovato un po’ troppo “artificiale” (per consolarmi di questa carenza ho acquistato come souvenir una bella scatola con sei cactus mignon!). A proposito, sull’isola si trova un prodotto curioso: la marmellata di cactus; da provare! Sulla strada del ritorno abbiamo fatto tappa a Tahiche alla Fundación César Manrique, dove è possibile visitare la casa che l’architetto si fece costruire in una colata lavica. Ne è valsa veramente la pena! Nel pomeriggio siamo ripartite alla volta di Punta del Papagayo, dove si trova l’omonima spiaggia, la più bella e spettacolare dell’isola. Al nostro arrivo abbiamo scoperto che in realtà si tratta di un insieme di cinque spiagge una più bella dell’altra: Playa de las Mujeres, Playa del Pozos, Caleta del Congrio, Puerto Muelas e ovviamente Playa del Papagayo: inutile dire che le abbiamo girate tutte (comprese quelle dei nudisti!). Sono raggiungibili in auto, dopo aver pagato l’ingresso (3€), percorrendo alcuni chilometri di piste sterrate (sembra di fare rally..Soprattutto se c’è la mia amica al volante!). E anche se sembra che non si arrivi mai, non c’è da preoccuparsi, ad un certo punto l’oceano apparirà come per magia.
Durante il mostro soggiorno abbiamo deciso di fare altre due escursioni, questa volta indipendenti. La prima al Rancho Texas Park, a circa 15 minuti a piedi dal nostro hotel. Si tratta di un parco faunistico a tema ispirato a cowboys e indiani d’America. Qui è possibile assistere a tre shows rispettivamente con: pappagalli, aquile e coccodrilli.
L’altra meta invece era nel nord dell’isola: il Guinate Tropical Park, un grande parco faunistico. Non avendo l’auto abbiamo optato per il biglietto cumulativo che comprende il viaggio in minibus da Puerto del Carmen, precisamente dall’Hotel San Antonio, a Guinate e l’ingresso al parco; totale 14€). All’uscita, su consiglio dell’autista, abbiamo percorso la strada a piedi per 200metri e dopo la curva siamo arrivate al Mirador de Guinate, non paragonabile al Mirador del Río ma con un panorama comunque da non perdere. Dicevo all’inizio: poi però alla fine del viaggio…me ne sono innamorata! Grazie Señor Manrique!