Una settimana a Lanzarote e “un salto” a Fuerteventura
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Bologna-Lanzarote – Mercoledì 2 marzo 2022
Dopo due anni di pandemia, un po’ arrugginiti, decidiamo di osare un viaggio approfittando del fatto che hanno tolto l’obbligo dei tamponi per il rientro in Italia. Siamo due coppie “mature”, fratello e sorella e rispettivi coniugi.
Green pass con booster e prenotiamo il volo Ryanair Bologna-Lanzarote, l’Hotel Diamar ad Arrecife da Booking per tutta la settimana (7 notti senza colazione 553€ la camera doppia con vista mare) e la macchina a noleggio con Autoreisen (253 € compreso il massimo di assicurazione). Per sicurezza facciamo anche un’assicurazione extra con Allianz, un po’ costosa ma copre anche per il Covid (40€ a testa).
Un po’ di traffico per il form da predisporre entro le 48 ore dall’arrivo in Spagna con QR code personale sul telefono. Ma alla fine è meno difficile di quello che temevamo e faccio quello di gruppo, così arrivano tutti e quattro a me ed io li giro ai miei compagni di viaggio. Serve documento, numero del volo, sedile in aereo, data e tipo di vaccino dell’ultima dose, telefono e mail.
Così muniti di FFP2 e con un po’ di ansia per l’avventura cui non siamo più abituati scopriamo che tutto il mondo viaggia, volo pieno bombato e aeroporto pure.
Atterraggio a pelo d’acqua un po’ ventoso e siamo a Lanzarote
Ci leggono il QR code velocemente e subito dopo arriva la mail di benvenuto in Spagna con tutte le indicazioni di come comportarsi in caso di febbre etc etc. Efficientissimi.
Al desk dell’Autoreisen ci danno in pochi minuti l’auto che avevamo prenotato online, praticamente nuova. Ci fermiamo subito a fare il pieno e nello shop del distributore compriamo il tanicone da 8 litri di acqua a soli 2 € con cui riempiremo le nostre bottigliette. Si chiama Agua de Teror….speriamo bene.
Senza problemi arriviamo in pochi chilometri con l’autostrada al nostro albergo che per 6 euro al giorno ci offre un comodissimo garage con telecomando per l’apertura in autonomia a due passi dall’Hotel. Lo prendiamo volentieri perché parcheggiare ad Arrecife non è facile. Inoltre l’albergo offre di fare la colazione a buffet per 7 euro a testa potendola pagare direttamente di giorno in giorno. Ci pare utile perché il giorno che andremo a Fuerteventura partiremo presto e non la faremo.
Contenti di aver scelto di pagare qualcosa di più per avere la vista mare. Così abbiamo un bel balconcino arredato molto piacevole. WiFi super e anche Rai1 per le notizie.
Siamo direttamente sulla spiaggia del Reducto, da cui con una bella passeggiata sul lungomare si raggiunge il Charco San Ginés, la zona intorno alla laguna interna dove si trovano i ristoranti più caratteristici. Lungo la passeggiata a mare si vede il Castillo de San Gabriel e il ponte de Las Bolas.
La temperatura è freschina e ventosa, speravamo fosse un po’ più caldo, comunque mangiamo all’aperto alla Raspa con ottime tapas e birra artigianale. Ovviamente papas arrugadas e pimientos del padron imperdibili.
Partiamo verso il sud dell’isola – Giovedì 3 marzo, 143 km
Sveglia vista mare, tempo misto e ventoso, colazione a buffet completa di salato e dolce e anche frutta fresca sia tagliata che intera.
Partiamo verso il sud dell’isola, cioè verso Playa Blanca. Qualche difficoltà ad imboccare la strada diretta per cui iniziamo subito con le deviazioni.
La prima fermata è sulla strada ad uno dei Musei gratuiti dedicati all’Aloe, prodotto caratteristico dell’isola. Interessanti le spiegazioni che riguardano svariati prodotti, fra cui la cocciniglia allevata sui cactus per fornire colorante. Arriviamo a Yaiza, fuori rotta secondo il nostro programma, ma molto carina, bianca, con la bella Chiesa di Nuestra Señora de los Remedios del XVII secolo in cui è ospitata una statua della Madonna, che secondo la leggenda a volte è immersa in una misteriosa luce blu ed è sopravvissuta alle eruzioni. Belle piazzette alberate. Sosta per caffè e cambiamo programma: dirigiamo a El Golfo, grazioso paesino sul mare famoso per il Charco de Los Clicos, ovvero la laguna verde a semiluna incastonata in una spiaggia nera. Visione suggestiva dall’alto dopo breve camminata su un sentiero attrezzato. Troviamo parecchi turisti. A picco sulla spiaggia un graziosissimo bar, sosta per birretta artigianale ottima! Cosa simpatica è osservare gli abbigliamenti dei turisti, spaziano dalla canotta con infradito alla giacca a vento invernale con scarponi!
Si riparte verso Los Hervideros, grotte scavate nella lava, simili a un labirinto dove le onde dell’oceano entrano e escono rumorosamente, un paesaggio magnifico, ma spaventoso. Si può passeggiare, scarpa comoda perché i ciottoli di lava sono tosti, e ammirare il luogo da diversi punti panoramici. La strada è interrotta, parcheggiamo e raggiungiamo a piedi un impervio punto panoramico. Vento e flutti fascinosi! In questa zona, ma anche altrove, tantissimi ciclisti.
Costeggiamo per dirigerci verso Playa Blanca, ma prima ci fermiamo alle famose saline Salinas de Janubio. Bellissimo il grande golfo su cui sono distese con i resti dei due vecchi mulini e i piccoli mucchietti di sale bianco. Vicino al Punto vendita le statue dei salinari con panchine panoramiche. Facciamo merenda con i nostri panini e un po’ di frutta e ripartiamo verso il Faro de Punta Pechiguera costeggiano la Montaña Roja. I fari in effetti sono due, uno piccolo in disuso e quello nuovo bianco e altissimo.
Finalmente arriviamo a Playa Blanca. Alta densità turistica e gradevole lungo mare pieno di locali dove bere e mangiare. Troviamo un ufficio del turismo e ci facciamo spiegare un po’ di cose, soprattutto come raggiungere la spiaggia più famosa, Playa Papagayo. Seduti in bel locale assaggiamo una fantastica Malvasia Volcanica. Sole caldo e relax, tanti stranieri, quasi tutti anziani.
Prima di ripartire andiamo al porto per informarci sul traghetto per Fuerteventura. Grandi lavori in corso, ma alla fine un operaio ci indirizza alla biglietteria. I costi sono abbastanza elevati, basta però presentarsi all’imbarco un’ora prima della partenza e fare il biglietto direttamente. Ci fotografiamo gli orari e ripartiamo puntando a Playa Papagayo, la ragazza dell’ufficio informazioni ci aveva avvisato che c’era un bel tratto di sterrato, circa 4 km, ma più che semplice sterrato sono buche enormi ovunque. È quasi un’impresa, però il posto è bellissimo. Marea di macchine parcheggiate, non scendiamo, è già pomeriggio (infatti non abbiamo pagato) ma la vista è mozzafiato anche sulle altre spiagge della zona e ci riproponiamo di tornarci a prendere il sole!
Finalmente si riparte verso Femes. In pratica stiamo facendo il giro che avevamo programmato a rovescio! Femes è famoso per la vista su Playa Blanca e Fuerteventura e per il formaggio di capra. In un grazioso negozietto ci facciamo anche un bell’assaggio!
Finalmente si torna verso Arrecife. I chilometri percorsi non sono tanti, ma abbiamo visto un sacco di cose belle e variate.
Breve relax in Hotel e ripartiamo a piedi verso il Charco de San Ginés per cercarci un altro ristorante. Ci fermiamo al Charco Vivo, ottima cena a base di pesce e ottimo vino. Domani si parte presto!
Parco nazionale di Timanfaya – Venerdì 4 marzo, Km 141
Colazione e via di corsa. Vogliamo essere all’ingresso del Parco nazionale di Timanfaya per l’apertura. Alle 9 siamo all’ingresso. Abbiamo davanti solo 4 o 5 macchine. Paghiamo il biglietto, 12 euro a testa, e attendiamo l’apertura. Si entra a scaglioni. È organizzato benissimo. Si fa un tratto di qualche chilometro e poi si parcheggia dove ti dicono loro e si sale direttamente sul bus che parte appena pieno. Il nostro è il primo, già si vedono numerosi pullman turistici in arrivo. Mi sa che si riempie. Il giro è bellissimo, le foto sono un po’ così così perché si possono fare solo attraverso il vetro in quanto scendere è vietato. Il paesaggio è bellissimo, esteso e molto vario. Merita assolutamente. A fine giro, durato circa 45 minuti, si sosta nel ristorante realizzato dal solito Manrique onnipresente, panoramico con soffioni e fiamme provocate da dei dimostratori per colpire i turisti e braciere con polli arrostiti dal calore vulcanico! Il posto è da sballo. Bello anche lo shop. Nel frattempo il parcheggio si è riempito a perdita d’occhio, quindi super consigliato essere mattinieri!
Ripartiamo per andare a vedere la zona dove la guida dice che fanno il tour coi cammelli che è una cosa molto carina. È invece una cosa tristissima, i poveri animali hanno sulla gobba un’impalcatura con due seggiole ai lati, quindi non è la classica cavalcata che altre volte abbiamo fatto in ambiente più naturale. Gli animali sono anche abbastanza piccoli e alcuni hanno delle persone molto pesanti a bordo! Insomma esperienza per grupponi super bocciata.
Proseguiamo dirigendo a Uga, attratti dall’affumicatoio dei salmoni, Ahumaderia de Uga. Siamo curiosi di vedere come funziona. Carina la location e il punto vendita. Ci sono degli acquirenti. Aspettiamo e chiediamo ma scopriamo che hanno semplicemente una macchina per affumicare dove mettono il salmone, rigorosamente norvegese e rigorosamente intero, quindi niente assaggi. Seconda delusione ma non demordiamo e dirigiamo alla zona della Geria per vedere i famosi vigneti e le cantine dove degustare i vini.
I vigneti di Geria
I vigneti sono veramente particolari. Crescono all’interno di buche scavate in una sorta di sabbia granulosa nera e circondate da muretti di pietre laviche. Sono piccole e basse. Effetto scenico bellissimo. Sulla strada, bella, liscia e curata come tutte le strade dell’isola (tranne quella per la Playa Papagayo!) ci fermiamo prima alle Bodegas Rubicon, molto bella, ma c’è già parecchia gente e così, attraversata la strada, proviamo La Geria, che dà il nome alla zona. Come arriviamo noi arriva anche un pullman e un gruppo di esaltati con una decina di buggy.
Ormai siamo in coda per entrare e se non altro ci becchiamo la degustazione gratis perché credono che siamo nel gruppo. Ci compriamo due bottiglie che decidiamo di gustarci per conto nostro. A fianco c’è anche uno shop di souvenir superturistici. La Geria direi che è sconsigliato. Proseguiamo e ci fermiamo a El Grifo. Zero persone, posto stupendo con museo e ambienti ristrutturati da Manrique. Oltre tutto è la cantina più antica di Lanzarote.
Il vento è molto forte, troviamo un bel posticino riparato al sole per berci la nostra bottiglia insieme al panino del viaggiatore indefesso. Poi via per raggiungere Tiagua e vedere l’Agricultural Museum El Patio che dalla guida viene descritto come il più interessante dell’isola. Cerca cerca chiedi chiedi scopriamo che è chiuso in ristrutturazione. Oggi va così! Comunque in alternativa visitiamo un bellissimo mulino con tanto di macina per il grano.
Proseguiamo per Caleta de Famara per vedere la famosa omonima spiaggia ai piedi di una parete altissima residuo naturalmente di vulcano. Ventosa, paradiso per i surfisti, la strada per arrivarci è in mezzo a dune di sabbia bianchissima. Minuscolo il paesino. Il posto è veramente selvaggio e suggestivo.
Museo Internacional de Arte Contemporáneo Arrecife
Tornati ad Arrecife ci fermiamo al Castillo de San José, completamente ristrutturato, che ospita il Museo Internacional de Arte Contemporáneo, MIAC. Siamo attratti dal fatto che la guida riporta opere di Mirò e Picasso. Vista la giornata ovviamente non ci sono. Ci sono opere di artisti spagnoli vari ma soprattutto merita il castello e il bellissimo bar ristorante affacciato sul porto. Si sale anche sul tetto. Insomma, fra le varie cose che si possono fare questa la lascerei proprio solo se rimane del tempo.
Albergo, relax veloce e cena nella solita zona del Charco. Giornata piena, con qualche delusione, ma siamo nel programma!
Sabato 5 marzo, Km 99
Colazione e altra partenza super rapida con prima sosta ad Arieta per vedere la famosa Casa Azul. È veramente bella e particolare. Il paesino poi è graziosissimo. Caffè e via di corsa per arrivare all’ingresso della visita guidata fra i primi. Il paesaggio del Malpais e del Monte Corona è ancora diverso da quanto visto finora e molto suggestivo: mammelloni di vegetazione spinosa impenetrabili che arrivano fino al mare. Parcheggiamo guidati da parcheggiatore organizzatissimo e siamo, come per il vulcano, fra i primi. Aprono alle 9. Siamo a Las Cuevas de los Verdes, uno dei tratti del gran tubo lavico derivante dall’eruzione del vulcano Monte Corona visitabile solo con guida. Facciamo il biglietto cumulativo per quattro cose che vogliamo visitare, 29 euro a testa, così si risparmia un po’. Oltre a questa scegliamo il Mirador del Rio, il Jardin de Cactus e Jameos del Agua.
Arriva la guida che parla uno spagnolo velocissimo e un inglese spagnoleggiante ed è piuttosto brusco nei modi e nei tempi. Con qualche minuto di ritardo partiamo scendendo ripidamente nel buco nero della roccia lavica. Impressionante, passaggi stretti e zone ampie con suggestiva illuminazione. È molto diverso dalle classiche grotte in quanto non ci sono stalattiti e stalagmiti ma anfratti costruiti dalla lava mentre scorreva. Anche questa visita, con discreta camminata, dura circa 45 minuti. Usciti al sole e al vento scopriamo il parcheggio già strapieno e la coda per entrare già lunga. Anche in questo caso dunque arrivare presto è utile.
Jameos del Agua
Quasi di fronte entriamo al Jameos del Agua, uno spazio naturale e centro artistico, culturale e turistico ideato da César Manrique. È un complesso unico di grotte e tunnel vulcanici con sala da concerti sotterranea, ristorante e lago salato. L’insieme è veramente bello, la piscina e l’auditorium sono proprio un bel colpo d’occhio.
Ripartiamo verso la Orzola, grazioso villaggio da cui partono le imbarcazioni per la Graciosa e circondata da belle spiagge incontaminate. Raggiungiamo Bajo de los Sables, dune bianchissime e acqua maldiviana. Un posto veramente strabello, a parte il vento. Ci sono comunque già delle buche per proteggersi circondate da muretti di lava (tipo quelli delle viti).
Mirador del Rio
Si riparte per il Mirador del Rio. Coda lunghetta per entrare anche se abbiamo già il biglietto, in quanto c’è solo un impiegato che li controlla e li fa a chi non li ha. Breve discussione ma tocca aspettare. Comunque dentro si gira liberamente, ci sono 3 livelli e la vista sulla parete della Famara e sulla Graciosa è stupenda ovunque. Bellissimo anche il punto di ristoro, alla Manrique, cioè tutta una vetrata immerso nell’ambiente, si sta dentro ma è come essere fuori, e già il suo stile ci è entrato nel sangue e fa proprio Lanzarote, l’isola che lui amava e che voleva bellissima.
Jardin de Cactus
Si riparte verso il Jardin de Cactus. È imperdibile. Amavo tanto le mie piantine grasse domestiche ma visto questo direi che le poverine sono una vergogna. Mai visto niente di simile in vita mia, neanche nella Villa di Yves Saint Laurent a Marrakech. Una conca con un grande mulino dominante piena di una varietà di piante grasse mai viste, enormi, fiorite, fantastiche. Si sprecano le foto e le esclamazioni di meraviglia.
Storditi ripartiamo verso Costa Teguise. Paesino grazioso pieno in particolare di inglesi. Enormi ficus e tanti locali pieni di persone che bevono allegramente al sole. Molto carino il pueblo marinero. Contagiati dall’atmosfera ci facciamo un giro di cocktails gustosi e scenografici in ambiente piratesco.
Torniamo in albergo per la solita rinfrescata e poi torniamo a cena al Charco Vivo dove abbiamo ordinato la Paella canaria (sempre paella è!). Ottima e abbondante con vino ancora diverso, sempre “volcanico” e sempre con bottiglia strabella.
Domenica 6 marzo, Km 67
Anche oggi, tanto per cambiare, colazione super e si parte presto perché essendo domenica abbiamo deciso di farci il famoso mercato di Teguise (decantato dalla guida). Ripassiamo per l’ennesima volta dal monumento al Campesino, ombelico dell’isola, e arriviamo a Teguise e parcheggiamo praticamente in centro. La piazza è stupenda e il mercato tutto di tende bianche carino, anche se non grandissimo come mi aspettavo. Si sta animando adesso, ci facciamo un bel caffè seduti e poi giriamo tutte le bancarelle. Sono prevalentemente di ninnoli e gioiellini ma un po’ generici e non particolarmente tipici. Speravamo in qualcosa di più particolare. Sulla piazza c’è invece un bel negozio di artesania, piuttosto caro, ma almeno ci rifacciamo l’occhio.
Il mercato si sta riempendo così ci spostiamo a visitare la Iglesia de Nuestra Señora de Guadalupe, molto bella e il suggestivo il vicolo del sangue, ovvero Callejón de la Sangre, che è solo una stradina, ma leggere gli eventi che vi sono successi lo rende molto interessante. Nel 1569 vi sono stati uccisi 170 pirati berberi dalla popolazione che difendeva l’isola da questi attacchi provenienti dalle vicine coste africane.
Entriamo poi al Museo del Timple. Merita assolutamente, per le informazioni contenute, per la raccolta di bellissimi strumenti, per il palazzo in cui è allestito. Molto più interessante del mercato! Nello stesso palazzo l’Ufficio del Turismo cui chiediamo indicazioni per la Ermita de la Nieves. Lasciamo Teguise rimanendo sconvolti dalla marea di parcheggi esterni strapieni di macchine e bus che non avevamo notato al nostro arrivo perché vuoti. Non solo, l’ingresso al paese adesso è sbarrato e non più possibile. Ancora una volta arrivare presto ci ha permesso molta più comodità e libertà!
Raggiungiamo la graziosa chiesetta de la Nieves, chiusa come quasi sempre, inerpicandoci per una strada in salita, ha intorno un piccolo giardinetto, ma la cosa fantastica è il panorama mozzafiato. Si vede la spiaggia di Famara, l’isola de la Graciosa e un bel pezzo di Lanzarote. Ovviamente vento terribile, ma vale la pena.
Haria e Casa Manrique
Si riparte verso Haria, in mezzo alla “valle delle 1000 palme”, nel XVII e XVIII secolo infatti c’era la tradizione di piantare 2 palme per ogni bimbo maschio nato ed una per ogni bimba. Obiettivo è la casa di César Manrique che non a caso ha scelto di vivere qui, in quello che è considerato il paesino più bello di Lanzarote. Paesaggio dunque ancora diverso, sembra di essere in un’oasi del Marocco. All’ingresso facciamo il biglietto scontato che comprende anche la Fondazione. La sua casa è stupenda. Purtroppo all’interno non si può fotografare ma gli ambienti sono tali che restano assolutamente impressi. Arredi, oggetti, disposizione, vetrate ovunque che si aprono sul palmeto circostante, e un bagno che rimarrà nei miei sogni.
Attraversando il parco si raggiunge il sue atelier dove sono intatte le cose come le ha lasciate quando è uscito di casa per incontrare la morte in un incidente d’auto. Nel giardino anche la sua macchina decorata coi suoi disegni. In giro per l’isola vedremo parecchie Seat Ibiza Manrique, evidentemente una serie prodotta ad hoc.
Visita ad Haria e alla Fondazione Manrique
Andiamo poi in centro a Haria. Viale con panchine sotto enormi ficus, molto bello, e piazza che, come a Teguise, è sopra l’antica cisterna dell’acqua che qui si può anche visitare, ora però è chiusa. Ci sediamo in un locale tradizionale, pimientos del padron, caffè cortado e grappa locale. Come “merenda” non male! Non ripartiremmo più!
Invece il lavoro del viaggiatore ci chiama e ripartiamo verso la Fundación César Manrique, o Casa del Vulcano, a Tahiche, vicino ad Arrecife. È situata nel bel mezzo di una colata lavica ed è il luogo dove lui ha vissuto molti anni e che raccoglie la sua storia, tante sue opere, foto, filmati, un luogo deputato a ricevere amici con numerosi “salotti” scenografici, scavati nella lava, passaggi interni suggestivi. Al piano inferiore sfrutta cinque bolle vulcaniche naturali, in comunicazione tra loro attraverso dei tunnel scavati nella lava. Danno vita ad un luogo abitabile sorprendente ed unico: un’interpretazione sullo spazio naturale stupefacente. Inoltre è possibile visitare anche la piscina, il tutto accompagnato da una folta vegetazione e dalla presenza costante del basalto e delle vetrate. Nell’ultimo spazio, verso l’uscita, c’è il vecchio studio del pittore, oggi convertito in sala di esposizione per i suoi dipinti.
Visita interessante e consigliata. Ovviamente ci siamo letti la sua incredibile vita su internet.
Torniamo ad Arrecife e visto l’orario decidiamo di farci l’aperitivo al 17° piano dell’Arrecife Gran Hotel & Spa, grattacielo un po’ stonato sul lungomare di Arrecife ma molto bello. La vista è stupenda. Facciamo anche una bella passeggiata sulla Playa Del Reducto mettendo i piedi a mollo.
Verso sera fa anche due gocce di pioggia così decidiamo di non arrivare fino al Charco e di fermarci prima in un locale, la Rustica. Molto grande e bello anche dotato di angolo pizzeria. Noi stiamo sempre sul pesce ma è deludente, zero verdure e caruccio. Abbiamo beccato per via della cameriera italiana che ci ha consigliato cose che però non ci hanno entusiasmato. La cosa migliore il vino! Forse era meglio prendere la pizza. Nel frattempo è tornato sereno e calato il vento. A letto presto che domani è giorno di supergita. In camera si vede Rai1 così seguiamo un po’ le informazioni sulla guerra.
Lunedì 7 marzo, Km 277 (di cui 200 a Fuerteventura)
Abbiamo deciso di prendere il traghetto delle 9 per cui dovremmo arrivare a Playa Blanca almeno alle 8. Alle 7 partiamo senza colazione (che apre alle 7,30). Stavolta imbocchiamo la strada giusta (il casino lo facciamo sempre nella rotonda dei cammelli, mentre quella del Campesino è più chiara!), ripassiamo da Femes e arriviamo al porto.
Ci sistemiamo subito in fila per imbarcarci con la Naviera Armas e lasciamo la macchina per andare alla biglietteria. La ragazza, anche un po’ sgarbata, ci dice che non c’è posto e che è tutto prenotato, mentre l’altro giorno quando avevamo chiesto se si poteva prenotare aveva detto di no. Attimo di scoramento ma un gentile signore ci dice che accanto c’è la biglietteria di Fred Olsen Express di provare lì. Hanno posto e parte alle 8.30, bigliettaio gentilissimo, così guadagniamo anche mezz’ora! Facciamo il biglietto (macchina e 4 persone andata e ritorno in giornata 210 euro). Qualche problema a disincastrare la macchina dalla coda per l’imbarco dell’altra compagnia ma ce la facciamo e alle 8.30 in punto partiamo per Corralejo.
La cosa importante è avere con se le carte d’identità e i documenti della macchina. La nave è bellissima, pulitissima, con bar in funzione e seduti ci facciamo la nostra bella colazione. Il mare è calmo e il vento quasi fermo. Il meteo ci ha preso! La traversata dura circa 40 minuti. Scesi ci incartiamo subito nella ricerca della strada per El Cotillo, la nostra prima meta. Alla fine lo troviamo ed è un paesino molto grazioso con case bianche e azzurre. Non è pulitissimo, tracce di festeggiamenti notturni abbandonate in giro e un po’ di personaggi tipo hippies di una volta. È zona da giovani e surfisti.
Il faro El Toston
Lasciamo il grazioso paesino e dirigiamo a nord verso il faro El Toston, situato sulla Punta Ballena, che da quando fu inaugurato nel 1897 illumina lo stretto di Bocaina che divide Fuerteventura e Lanzarote. Nel faro si trova il Museo della pesca tradizionale, attualmente chiuso, peccato! La cosa stupefacente è che i fari in effetti sono 3 di tre misure diverse, inglobati in un unico edificio. Sulla punta una serie di tavoli in legno sugli scogli protetti dagli spruzzi delle onde e dal vento da una vetrata. Non c’è nessuno, il posto è da urlo, la vista spettacolare.
Ripartiamo. A dire il vero il paesaggio in generale è meno entusiasmante di quello di Lanzarote. Completamente brullo di colore chiaro, aria desertica. Inoltre si sente l’assenza del Manrique e le case sono di tutte le fatte e misure e di tutti i colori, cosa esteticamente non bellissima.
Dirigiamo verso La Oliva. Subito si nota la bella Chiesa di Nuestra Señora de la Candelaria, con il campanile in lava, e subito fuori dal paese la famosa Casa de los Coroneles, o casa dei Colonnelli, costruita nella seconda metà del XVII secolo da parte di Ginés de Cabrera Bethencourt (1650-1722), è un maestoso edificio del Potere sopravvissuto fino ad oggi come uno dei più importanti elementi architettonici del patrimonio artistico delle Isole Canarie. Breve sosta, attratti anche dai numerosi scoiattolini famelici.
Ripartiamo verso il Mirador Morro Veloso, a 700 metri di altezza, da cui la vista spazia sul paesaggio brullo dell’isola fino al mare. Qui sorge un punto di ristoro chiuso e malridotto che era stato progettato da Manrique.
La leggenda di Ayose e Guise
Poco distante di trovano le due famose e imponenti statue in bronzo. Rappresentano Ayose, Rey de Jandía e Guise, Rey de Maxorata.
Fuerteventura, conosciuta dai suoi abitanti come Erbania, all’arrivo dei conquistatori europei nel 1402, guidati dai normanni Jean de Bethencourt e Gadifer de La Salle, fu divisa in due regni separati dall’istmo di La Pared: Maxorata a nord e Jandia a sud sull’omonima penisola. Nel 1405 Guise e Ayose, re di Maxorata e Jandía rispettivamente, si consegnarono agli europei insieme ai loro uomini, apparentemente su consiglio della veggente Tibiabin e di sua figlia Tamonante, donne di grande influenza nella società dell’epoca.
Le statue misurano quasi quattro metri di altezza, e rappresentano i due re con i loro scettri di comando. In poco tempo, questo punto è diventato una tappa obbligata per tutti i turisti di Fuerteventura, che fotografano la mano di uno dei Re, tanto da far diventare una delle dita della statua lucida rispetto il resto della mano.
Scendiamo per una strada piuttosto vertiginosa. Sostiamo in un altro mirador invaso da scoiattolini. Arriviamo a Betancuria, antica capitale, sparsa in un po’ di vegetazione (molto carente nell’isola), non ci orizzontiamo un granché e non ci intriga, così proseguiamo fino a la Pajara. Cerchiamo dove rifocillarci ma non c’è molto, a parte una bella chiesa in stile messicano, Nuestra Señora de Regla. Bisognerebbe raggiungere le famose spiagge della punta sud dell’isola, ma la strada per tornare a Corralejo dove vorremmo fermarci un po’ è ancora lunga e così facciamo sosta a Puerto del Rosario, pieno di turisti stranieri, zona centrale piena di localini e ristoranti stracolmi di gente al sole che se la gode. Ci sediamo in uno a caso, mangiamo benissimo, cozze, murena fritta, polipo, spendiamo poco (una birra grande alla spina solo 2€) e ci dispiace che ci rimanga ancora solo un giorno. Si capisce perché tanti nordici svernino in queste isole e ce ne viene voglia pure a noi!
Corralejo e le dune
Passeggiatina e ci spostiamo al parco delle dune di Corralejo che rappresentano la più vasta area di dune sabbiose di tutto l’arcipelago e si estendono lungo la costa per circa 10 km. Il colpo d’occhio è fantastico e ci pentiamo di non esserci arrivati un po’ prima per poterci fermare più a lungo. Col senno di poi senz’altro è la zona che merita di più. Sabbia bianchissima e molti punti attrezzati per usufruire della spiaggia. Dovessi tornarci vorrei trascorrervi almeno una giornata intera.
Facciamo un giro anche a Corralejo città, molto turistica e carina, locali animatissimi sia nella strada commerciale e che sulla spiaggia. Pieno di turisti stranieri pure qui, di camper, di giovani con le mute che fanno surf. Da qui si vede perfettamente Playa Blanca.
Raggiungiamo il porto e ci imbarchiamo per tornare a Lanzarote.
Traghetto in orario perfetto, relax in albergo e cena nuovamente alla Raspa al Charco de San Ginés con altre tapas e ottimo vino.
Purtroppo domani è l’ultimo giorno.
Martedì 8 marzo, Km 95
Tempo splendido e vento scarso. Il programma di visite è quasi completato, così decidiamo di fare mare alla Playa Papagayo. Torniamo quindi a Playa Blanca e di prima mattina siamo in spiaggia. Oggi però ci tocca pagare per accedere al terribile sterrato! Arriviamo alla spiaggia per primi, è deserta e stupenda. Ci sistemiamo ed è finalmente vacanza. Dopo un’oretta inizia ad arrivare gente, i nordici si buttano in acqua come niente, per noi però è un po’ freddina, ma ci bagniamo ugualmente. Ci sono anche famigliole con bambini. Sul più bello arriva persino un vucumprà con teli da spiaggia, quasi un cimelio, visto che nelle nostre spiagge romagnole sono scomparsi da tempo.
Belli cotti a malincuore ce ne andiamo e dirigiamo al centro visitatori del Timanfaya, gratuito, che il giorno del tour del vulcano avevamo evitato per la troppa gente. Arrivandoci di pomeriggio infatti non c’è praticamente nessuno. Molto interessante e soprattutto molto suggestivo camminare sulla passerella in mezzo alla colata. Direi che vale proprio la pena.
Di ritorno facciamo finalmente una sosta al Monumento al Campesino, da cui siamo passati ormai diverse volte, che si trova nel centro geografico dell’isola, nel comune di San Bartolomé. Anche questo è opera di César Manrique, dedicata ai contadini di Lanzarote.
Accanto la Casa-Museo del Campesino costituita da una serie di edifici ispirati al prototipo dell’architettura tradizionale di Lanzarote, molto carino. Relax, birretta e giro conoscitivo molto interessante.
Poi torniamo in albergo perché è ora di fare i moduli per il rientro in Italia. Uno alla volta, un po’ indaginosi, utilizzando tablet e wi-fi e inviandoli per mail alla reception che gentilmente ce li stampa, visto che l’Italia li vuole cartacei. Ci vuole un po’ ma alla fine ce la facciamo e siamo a posto. Le carte d’imbarco le avevamo già fatte prima della partenza.
Ultima cena di addio alla Raspa. Stasera ci lanciamo nella Sangria, scoprendo a posteriori che è carissima e neanche un granchè. Decisamente meglio una bottiglia di vino locale.
Mercoledì 9 marzo, km 95
Oggi si parte. Lasciamo l’hotel, paghiamo il parcheggio riconsegnando il telecomando. Carichiamo le valigie e partiamo alla volta di Teguise che ci era piaciuta molto e che vorremmo rivedere con calma senza l’impiccio del mercato pieno di turisti. Giriamo e rivediamo parecchie cose, dopo caffè e informazioni varie torniamo a Tiagua per raggiungere Munique dove pare ci sia un ristorante dove cucinano carne di capra. Il posto non è aperto e quindi scendiamo verso il Club La Santa, complesso dedicato ad ogni tipo di attività sportiva, poi passiamo da Tinajo e poi per una strada interna mai fatta (finalmente!) attraversiamo l’isola dicendo addio ai bellissimi paesaggi, e arriviamo a Puerto del Carmen, la località più turistica dell’isola che avevamo volutamente tralasciato.
Pranziamo in un locale ottimo, il Puerto Bahia, sulla passeggiata a picco sul mare, ed è il pranzo migliore. Indimenticabili le chips di murena! Altra passeggiata e poi in pochi minuti arriviamo all’aeroporto. Lasciamo la macchina in zero minuti senza nessun problema e andiamo al check in.
Facendo un po’ di bilancio l’unica cosa che abbiamo deciso di non visitare è la Casa Museo José Saramago, a Tias. Non ci dispiace particolarmente perché di questo famoso autore non abbiamo letto niente. Magari la prossima volta!
Volo in ritardo di 20 minuti. Arrivati a Bologna il nostro modulo faticosamente ottenuto è palesemente carta straccia, nessuno lo chiede né a noi né a nessun altro.
Recuperiamo con discreta camminata la macchina parcheggiata al P5 e si torna a casa.
Bellissima vacanza!
In generale
In totale abbiamo fatto 925 Km. La benzina costava circa 1,35 a litro mentre da noi era sui 2 €, i parcheggi sono gratuiti ovunque, asfalto liscissimo e curatissimo, ricordarsi sciarpina per il vento, nei luoghi che si presumono affollati arrivare fra i primi, nei ristoranti non si paga il servizio ma il pane.