La West Cost, tra nativi e città del peccato

Alla scoperta della costa ovest degli Stati Uniti attraverso i quattro stati di California, Arizona, Utah, Nevada tra paesaggi maestosi, scenari da sogno e grandi città
Scritto da: ettoreb74
la west cost, tra nativi e città del peccato
Partenza il: 28/07/2013
Ritorno il: 11/08/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
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Primo giorno: Roma-Londra-Los Angeles

La mia fidanzata ed io siamo partiti di buon ora alla volta di Londra con la British e poi verso le 12 alla volta di Los Angeles, dopo un viaggio lungo ma tutto sommato molto tranquillo, atterriamo nella città degli angeli alle 15 ora locale (mezzanotte in Italia) e, dopo esserci sistemati in albergo e aver preso possesso della camera, decidiamo di visitare Hollywood poiché ci sembrava il posto più interessante da visitare in poco tempo, prima che il jat lag ci abbattesse. Così, dopo circa 1 ora di taxi (60 $) arriviamo al Dolby Theatre (che prima si chiamava Kodak), immergendoci immediatamente in un’atmosfera surreale, tra personaggi vestiti da supereroi, state umane perfettamente immobili, caos, impronte di stelle… ma di attori o personaggi famosi reali nemmeno l’apparenza. Dopo le rituali fotografie scattate con la scritta Hollywood stagliata sulla collina alle spalle del quartiere hollywoodiano, decidiamo di cenare al centro commerciale del teatro. Soffocati dal sonno rientriamo in albergo e dopo un’altra oretta e altri 50 $ di taxi andiamo a dormire pronti al tour guidato vero e proprio che sarebbe cominciati l’indomani.

Secondo giorno: Los Angeles-Phoenix

Conosciuta la guida, l’autista dell’autobus e i nostri compagni di viaggio (quasi tutti, a differenza nostra, in viaggio di nozze), partiamo alla volta dell’Arizona. Phoenix è una mera tappa di avvicinamento ai parchi naturali di Arzona e Utah e in realtà l’intera giornata è soprattutto di spostamento. Dopo le necessarie soste lungo l’autostrada 10, giungiamo nel tardo pomeriggio a Phoenix, a Tapatio, dove una temperatura di circa 40° ci accoglie e dove, per fortuna, oltre a delle camere fresche grazie all’aria condizionata, una piscina con gli scivoli riempie le ore che ci separano dalla cena. Se viaggiando in autobus si percepivano appena le distanze che seperano un posto dall’altro nell’ambito della stessa metropoli, dall’alto della collina dove è situata la steack house dove abbiamo cenato si poteva avere una sensazione molto più chiara delle infinite distanze di questi luoghi.

Terzo giorno: Phoenix-Sedona-Grand Canyon

Abbandonata Phoenix in direzione nord stavolta, la prima tappa cui giungiamo è la radura dei saguros, cactus centenari, taluni alti anche oltre tre metri, situati a New River, appena fuori Phenix. Risalendo l’autostrada 17 la seconda tappa è stata Montezuma Castle, una costruzione nella roccia abitata probabilmente secoli fa dai nativi della zona. Il sito archeologico è molto suggestivo benché sminuito dalla guida convinta che noi europei con tutta la cultura millenaria saremmo stati poco affascinati da simile costruzione. Siamo giunti all’Oak Creek canyon verso ora di pranzo e dopo alcune foto alla montagna rossa a forma di “campana” siamo giunti a Sedona per il pranzo. Sedona è stata una scoperta: città molto piccola ma indubbiamente suggestiva e affascinante, cristallizzata nel tempo che qui sembra essere fermo da 200 anni. In giro s’è ancor qualche cowboy che probabilmente non si è mai mosso dal 1850.

Finalmente, nel pomeriggio, giungiamo al Grand Canyon la cui vista è talmente suggestiva da lasciarci assolutamente senza parole. Nel mio immaginario il Grand Canyon era un burrone dal quale si vedeva, in basso, il fiume Colorado scorrere e di fronte a poca distanza l’altro ciglio del burrone. Invece ancora una volta le infinite distanze sono quelle che colpiscono più di ogni altra cosa e la realtà – che sembrava un cielo e una montagna dipinti – supera l’immaginazione e le aspettative in maniera definitiva. Alcuni compagni di viaggio hanno volato in elicottero sopra al Canyon. Li ho invidiati.

Quarto giorno: Grand Canyon-Monument Valley-Bryce Canyon

Dopo aver visitato, in mattinata, un altro versante del canyon dal quale peraltro stavolta si vedeva molto bene il fiume Colorado scorrere grigio e lontano, siamo partiti per il confine dell’Ariziona con l’Utah per visitare quello che probabilmente è uno dei posti più belli del mondo. la Monument Valley ammirata tante volte al cinema o anche semplicemente nei poster o nelle cartoline. L’avvicinamento attraverso il deserto navajo non può non richiamare alla mente del viaggiatore quella che potrebbe essere stata la vita dei nativi quando non avevano ancora conosciuto i pionieri o meglio i “visi pallidi”. La Monument Valley è un posto maestoso e spettacolare e mirarla dll’alto, guardando le jeep guidate dagli indiani che la percorrono all’interno induce un senso di incredulità. Pensi – e a ragione – che tra poco verrai catapultato in quello che sembrerà un set cinematografico o , se si vuole, ma con meno poesia, in una scenografia di un parco divertimenti. L’escursione all’interno del parco sulle jeep guidate dai nativi è mozzafiato. Il caldo e il terriccio rossi ci avvolgono in un abbraccio surreale e le montagne viste dall’interno sembrano ancora più maestose e, lo ripeto, irreali! Dopo aver abbandonato la Monument valley e ripercorsa all’indietro la strada fatta in mattinata, giungiamo alla diga che ha creato il lago artificiale (Lake Powell) a confine tra Utah e Arizona per poi proseguire alla volta del Bryce Canyon, nella terra dei Mormoni così “amati” dalla nostra guida di Los Angeles, in un hotel che sembrava molto quello del film Vacancy, al termine di questa meravigliosa giornata.

Quinto giorno: Bryce Canyon-Zion National Park- Las Vegas

Sveglia al mattino prestissimo per avere la possibilità di ammirare questo luogo meraviglioso. Il Bryce Canyon che oltre che infinitamente suggestivo, con le sue formazioni rocciose e la vegetazione cresciuta sulla rocce, aveva un aspetto quasi onirico e si respirava una quiete totale. Se ci fosse una sindrome di Stendahl per i panorami sicuramente l’avrei subita ammirando questo luogo. Ripresoci dalla visione, siamo ripartiti alla volta dello Zion canyon, impropriamente chiamato Canyon poiché scavato né dalle acque di un fiume né dall’erosione dei venti quanto piuttosto creatosi a causa di un terremoto che ha spaccato a metà la montagna.

Infine, nel primo pomeriggio, siamo partiti alla volta della città del peccato. las vegas coi suoi casinò, le sue luci sfavillanti, la sua opulenza esagerata. La nostra guida ci ha condotto per la downtown ossia la vecchia Las Vegas, quella che esisteva già ad inizio del secolo scorso e che è stata rivitalizzata grazie anche a uno schermo televisivo lungo ben 6 isolati e che copriva completamente – a 10 metri di altezza – le strade della città vecchia. Lungo questo luogo, abitato e vissuto da personaggi veramente assurdi ed eccessivi che, seminudi, affollavano le strade e i palchi costruiti lungo il viale principale, si distribuivano alcuni alberghi e casinò vecchio stile. Una sorpresa davvero piacevole.

Ma alle luci della città fatte di lampadine, lungo il Boulevard principale, si snodano gli assurdi alberghi le cui luci sono formate da neon. Alberghi che riproducono velieri, piramidi egizie, tendoni da circo, Roma antica, Venezia (con tanto di canali all’interno dell’albergo e gondole e gondolieri canterini), Torre Eiffel, isole tropicali, e addirittura l’intera Manhattan, ma che oramai stanno lasciando il passo alla terza generazione di alberghi… quelli con le luci di led. Alberghi come l’Area e il Cosmopolitan o come i gemelli Winn ed Encore che hanno un’architettura ultramoderna e offrono lusso a 5 stelle. Lo spettacolo delle fontane del Bellagio hanno chiuso il tour della splendida quanto assurda città del Nevada.

Sesto giorno: Las Vegas (escursione nella Deah Valley)

Questo giorno, dedicato alla visita libera della città, offriva anche la possibilità di visitare la vicina Death valley (California), dove le temperature generalmente superano di gran lunga i 40° C (e di conseguenza i 100° F) e non esiste alcuna forma di vita. L’escursione consisteva in due tappe lungo la valle della morte: un punto panoramico e una passeggiata in un bassopiano a 800 metri sotto il livello del mare (probabilmente un lago salato prosciugato) dove enormi distese di sale si stagliavano a montagnelle nella infinita distesa desertica. Difficile comprendere come sia possibile vivere nella vicina Fournace Creak dove la temperatura misurava 107° F!

Rientrati a Las vegas abbiamo dedicato il resto della serata a visitare l’intero Boulevard e, ovviamente, gli alberghi che lo costeggiano con una capatina al cesar palace per giocare (senza vincere)…

Settimo giorno: Las Vegas-Mammouth Lake

Giornata di viaggio verso ovest, attraverso altri luoghi desertici, tra i quali la suggestiva cittadina di Tanopah, abbandonata e deserta: la classica città fantasma! In primo pomeriggio giungiamo nel punto più alto della zona, Mammouth Lake, una località sciistica dove nonostante fossimo in estate, la temperatura era piacevolmente bassa. Mammouth lake sembrava un classico paesino di montagna italiano (come Roccaraso in Abruzzo per intenderci) dove dopo le 19 di sera vi è davvero ben poco da fare.

Ottavo giorno: Mommoth Lake-San Francisco

Partenza d buon mattino per attraversare il passo del Tioga (dopo aver ammirato l’omonimo bellissimo lago) e giungere al parco di Yosemite, attravrsato (ovviamente in minima parte) il bosco ai piedi della montagna dalla quale durante l’inverno è possibile ammirare delle cascate molto suggestive e delle quali la roccia erosa rimane l’unica testimonianza durante l’estate. Terminata l’escursione nel parco (ma senza ammirare le sequoie secolari che da quel lato mancano), ci dirigiamo verso san Francisco dove giungiamo nel primo pomeriggio non prima di aver sostato in un agriturimo che aveva come particolarità la presenza di tantissimi animali domestici da fattoria e non!

San Francisco è la più europea delle città americane tant’è, che se non lo avessi saputo (mi rendo conto sia un po’ difficile non sapere) avrei pensato di essere in una città spagnola o tedesca! Dopo il giro nel Cable Car (una funicolare?… tutta questa storia per una funicolare coi cavi interrati?…), sempre sotto la sapiente direzione della nostra guida, ci siamo diretti a Lombard Street: la strada più “curvosa” al mondo, dove effettivamente dev’essere un piacere guidare prima destra e poi a sinistra per tutti il tragitto! Dopo la veloce escursione a San Francisco siamo andati ad ammirare la città da Tresure island, proprio al centro della baia e da lì, pur con un vento terrificante e una temperatura bassissima, abbiamo ammirato San Francisco all’ora del tramonto, con la vista anche sul Golden gate e sull’isola di Alcatraz. In serata abbiamo cenato al Fishermans Wharf.

Nono giorno: San Francisco

Altra visita guidata, stavolta percorrendo i quartieri Alamo, Market e Castro, prima di giungere al Golden Gate che poi abbiamo attraversato a piedi (sempre accompagnati da un freddo molto pungente) e riprendere il viaggio in direzione Sausalito, una cittadina che – come per magia – era illuminata dal sole, calda e accogliente. Ci siamo fermati per il pranzo (da un italiano) e siamo ripartiti dal porto, con il ferry, per rientrare al porto di S. Francisco, al Pier 1, avendo la possibilità di transitare nelle immediate vicinanze di Alcatraz e di fotografare l’intera baia dal battello.

Dopo aver visitato Chinatown e Russian Hill siamo rientrati per cenare, stavolta al Pier 39 (luogo turistico, ok, ma da visitare a tutti i costi) dove abbiamo sia assaggiato i calamari fritti venduti nel coppino (mai mangiati calamari più buoni) sia potuto ammirare i leoni marini stesi sul molo e sulle zattere per dormire.

Il quartiere di castro è l’unico che offre un po’ di vita notturna ma dato il freddo abbiamo preferito desistere.

Decimo giorno: San Francisco-Monterey

Dopo aver visitato ancora una parte di città (la city, quindi il quartiere degli affari, e ancora chinatown) e pranzato nel centro bellissimo commerciale Westfield S.Francisco, ci rimettiamo in marcia alla volta di Monterey che raggiungiamo nel primo pomeriggio. Monterey è una piccola cittadina sul mare col suo molo che ricorda il Pier 39, erroneamente considerata nelle brochure di viaggio la città di Zorro, è una città di vacanza dove vi sono molte SPA e dalla quale parte la 17 Mile Dr, una strada che costeggia l’Oceano Pacifico e sulla quale sono costruite villette per i ricconi tra le più belle al mondo. Ci siamo anche fermati ad ammirare la Rock of Birds, che ha ispirati Hitchcok sul film Uccelli visto che il regista abitava proprio lì di fronte.

Dopo essere giunti nella località balneare di Carmel e aver cenato, siamo rientrati a Monterey in serata.

Undicesimo giorno: Monterey-Los Angeles

Partiti da Monterey e percorso El Camino real, siamo giunti da prima a Santa Barbara, una città che avrebbe tranquillamente potuto essere spagnola per l’architettura e le persone che l’abitano e, successivamente, scendendo lungo l’autostrada 1 che costeggia l’Oceano, siamo giunti alla meta finale del nostro viaggio: Los Angeles.

Da prima visitando Beverly Hills e Rodeo Drive (ma di divi nemmeno l’apparenza) e successivamente il centro commerciale nel quartiere di Melrose. In serata la cena a Marina del rey, vicino Venice. La nostra guida ci spiega che in realtà Los Angeles non è una città ma una sorta di “raccolta” di tantissimi piccoli comuni quasi a sé stanti (quartiere cinese, quartiere coreano, quartiere universitario, quartiere dello spettacoli… tanto per fare degli esempi) che si snodano lungo un’area di decine di chilometri quadrati.

Dodicesimo giorno: Los Angeles

Passando per downtown (che posto lugubre, anche di giorno), siamo giunti alla Universal. La visita agli studios cinematografici era una tappa obbligata di questo tour. Il posto è davvero – non senza enfasi lo dico – magico. Un trenino ci ha condotto lungo tutti i capannoni e i set cinematografici famosissimi di film o sere televisive e, inoltre, siamo passati attraverso scene con effetti speciali. Tutte le attrazioni, rigorosamente con code chilometriche, avevano una presa incredibile poiché oramai grazie al 3d il visitatore viene proiettato direttamente all’interno della scena cinematografica e non sarebbe più possibile distinguere la finzione dalla realtà (nei Transformers, mentre mi muovevo nella macchinetta sulle rotaie a destra sinistra e in circolo e vedevo la scenografia intorno già stavo per commuovermi ma poi, incredibilmente, mi sono visto proiettato nella sceneggiatura stessa attraverso la città distrutta e lungo i grattacieli diroccati: che dire, un’esperienza più che onirica). Dopo aver “consumato” il parco, visto lo spettacolo che gli stuntman avevano organizzato e fatto qualsiasi foto a qualsiasi soggetto, ci siamo diretti verso Holywood (che noi avevamo già visitato) per l’ultima escursione tra finti vip vestiti nei loro costumi da supereroi. Per poi rientrare, in serata, in albergo.

Tredicesimo giorno: Los Angeles-Madrid

Avendo il volo di rientro in serata, abbiamo ben pensato, svincolati dal resto del gruppo, di visitare la spiaggia di Santa Monica e così, con un autobus di linea, ci siamo diretti verso la spiaggia dove siamo giunti dopo un’ora di traffico. Non c’era molto tempo per cui purtroppo non è stato possibile passeggiare sulla sabbia e nemmeno lungo il viale principale costeggiato di alberghi lussuosi e sul quale si distendevano palme a centinaia. Anzi, dopo un veloce giro al centro commerciale che si trovava in zona siamo rientrati in albergo, in tempo per prendere l’aereo (Iberia) che ci avrebbe ricondotto in Europa.

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Bryce Canyon

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Hollywood



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