La via balcanica alla Transilvania di I° parte
W SHENGHEN * nota della redazione: per favore, non c’è bisogno di specificare oltre. ***** Nota positiva è l’utilizzzo dell’Euro. Se penso a quello che mi aspetterà in Bulgaria e, sopratutto Romania mi vengono i brividi Dopo lo sbarco ho preso direzione sud verso Perdika che un benzinaio mi aveva consigliato per la sua bellezza. Benzina a 98 centesimi. Goduria….Il sonno, tuttavia, non ha tardato a farsi sentire per cui lungo la strada ho cercato un posto dove poter risposare le mie stanche membra.
Certo il 10 agosto non è facile trovare un posto dove dormire neppure nella Grecia meno battuta dai flussi turistici. Dacchè dopo aver definitivamente rifiutato una sistemazione a € 50 in una stamberga puzzolente di umori e sudore che avevano il coraggio di chiamare hotel a 3 stelle ho deciso di affittare un lettino sulla meravigliosa spiaggia dorata di Karavostasi.
Tra una nuotata e l’altra mi sono fatto una sostanziosa dormita di qualche ora, tant’è che il gestore delle sdraio quando sono andato a pagare non la finiva di ridere. “Italiano molto sonno” diceva, e la cosa sembrava divertirlo molto.
Il sonno e l’acqua freddina, ma piacevole e corroborante, mi hanno regalato una bella dose di energia dacché verso le 17.00 ho ripreso la strada interna per Igoumetitsa che si snoda tra rigogliosa macchia mediterranea e impervi scenari naturali fatti di baie amene, scogli maestosi e l’isola di Corfù che si staglia enorme e vicinissima alla costa. Per la via mi sono fermato in un paesino chiamato Syvota ove, grazie ai preziosi uffici della piacente proprietaria di un’agenzia di turismo, ho trovato una camera pulita e ben arredata ad un prezzo quasi accettabile (45 Euri). Mi sono fatto un paio di panini con una sottospecie di prosciutto greco e poi ho dormito come una pietra sino al giorno successivo. Questa si che è vacanza signori.
11 agosto, Kastraky, Attica nord Orientale Ho gironzolato a lungo sulla costa attorno a Igoumenitsa.Le strade anche se il tracciato non è moderno sono tutte ben tenute.
Stamane devo passare a prendere Federico ed il suo amico mistico che arrivano al porto. Che gli Dei me la mandino buona.
I luoghi sono comunque, spettacolari: monti a picco sul mare cristallino, zone umide e le più disparate sfumature del verde come non ti aspetteresti a queste latitudini. Bisogna ammettere che a differenza di tanti altri bei posti del mediterraneo il luogo è ancora sostanzialmente vergine. E gli autoctoni sono molto gentili e disponibili.
I bolognesi mi aspettano sulla scalinata della grande hall del porto e devo ammetere che sono francamente felice di vederli.
E’ un pò che non ci becchiamo con Federico per cui ci facciamo un pò di feste e ricordiamo i nostri gloriosi trascorsi con la segreta speranza che quelli odierni siano altrettanto piacevoli.
Marco il suo amico, mi sembra un tipo apposto e simpatico.
Ripartiamo subito peraltro in direzione Joannina. Prima tappa del nostro viaggio saranno le Meteore.
In mezzo il montagnoso e selvaggio Epiro che, con trepidazione, ci accingiamo a doppiare.
La E92 l’antica Via Ignatia dei romani è un’autostrada ampia e completamente deserta, probabilmente perchè è nuovissima e, come ho potuto constatare al ritorno, del tutto ignorata dalla segnaletica stradale. La pacchia dura tuttavia appena 94 km sino alla città di Ioannina che racchiusa com’é tra verdi colline che si specchiano su di un incantevole laghetto ci offre, comunque, un panorama davvero notevole. Ci fermiamo a prendere un caffè greco e ripartiamo di buona lena verso la nostra meta. La strada si inerpica gagliarda e ben presto le quattro corsie sono solo un lontano ricordo. Curve, curve e ancora curve anche se la strada è sostanzialmente in buone condizioni. Ma che montagne ragazzi.Il Primo impatto con i balcani. Aspri, verdi ed imponenti. Dopo aver evitato per un pelo alcune capre spuntate tutte d’un tratto dalla sterpaglia una Skoda Octavia ed una Golf mi superano una dopo l’altra ad una velocità folle. Gli autisti devono essere di queste parti altrimenti si sarebbero già spariti nell’abisso che si apre ai margini della strada. D’altronde il guerresco Pirro, se non sbaglio, era il re di queste impervia parte di Grecia. Non abbiamo, tuttavia, notato elefanti lungo il cammino. Solo capre, cavalli e qualche ameno paesino che di tanto in tanto fa capolino in mezzo ai fitti boschi di abete.
Saliamo sino quasi a quota 1700 m e poi cominciamo a scendere più dolcemente in direzione Larissa. E’ ora di pranzo ed il viaggio ci ha messo su una fame da lupi per cui ci fermiamo in un posticino molto alla mano dove ad un prezzo irrisorio Fede e Marco assaggiano una generosa porzione di agnello con le patate ed io un goulash piccantino che si chiama da se una buona dose di birra gelata.
Ripreso il cammino ben presto le meteore si affacciano all’orizzonte. “Devono essere quelle” ci ripetiamo in coro alla vista di questi enormi costoni di puro granito che emergono dalla suolo definendo un paesaggio particolarissimo e grandioso. Man mano che ci avviciniamo il complesso roccioso ci appare in tutta la sua eccentrica maestosità. Un tempo non vi erano vie d’accesso ai monasteri che sorgono in cima alle rocce. Oggi una strada ben tenuta permette di raggiungerli comodamente. Nonostante ciò i luoghi hanno perso ben poco del loro fascino.
Decidiamo di visitare i monasteri all’indomani per cui ci mettiamo alla ricerca di un alloggio che troviamo senza difficoltà ad un prezzo più che ragionevole (35 euro per tutti e tre) nell’incantevole paesino di Kastraky che si stende placidamente ai piedi del complesso delle meteore.
Oltretutto con notevole compiacimento appuriamo che dalla finestra della nostra camera si gode una magnifica vista del paesino ed in particolare dell’enorme menhir fallico che si erge solitario in mezzo ad un boschetto delimitato da due enormi blocchi di roccia.
Interpretiamo concordemente la cosa come un buon segno per la notte che sopraggiunge e con tale favorevole disposizione d’animo ci prepariamo per andare a cena.
12 agosto Likothoro, Monte Olimpo Scrivo queste riga dai piedi del Monte Olimpo che mi carezza il corpo nudo con i suoi preziosi balsami silvestri. Siamo appena rientrati a Litochoro dopo una deliziosa cenetta cui ha fatto seguito una rapida ma significativa occhiata alle bellezze del posto che paiono davvero notevoli. Come poteva essere altrimenti nei pressi della dimora degli Dei? Stanotte, Giove luminoso nel cielo, di lato al monte possente, sembrava osservare con benevolenza. Quindi non posso che essere fiducioso per domani. Abbiamo intenzione di scalarlo, l’Olimpo. Sarà una grande impresa forse ugualmente splendida di quella compiuta stamane alle Meteore, Attica nord orientale nei dintorni di Kerbala. Un posto unico.
Lo ha stabilito una volta per tutte la natura elevando (o ricevendo) grandiosi ed eleganti menhir di granito in mezzo a boschi di possenti platani.
Sant’Attanasio, nel V sec. D.C., monaco ribelle della comunità del Monte Atos comprendendo il miracolo di quei luoghi vi dimorò a lungo costruendovi il primo monastero, il Megale Meteoron che ancor oggi si staglia imperioso ed ardito sulla vetta più ad sud est del complesso roccioso. Io Federico e Marco l’abbiamo raggiunto seguendo un percorso scosceso e pericoloso, che ci ha offerto, tuttavia, scorci di inenarrabile bellezza. A dir la verità all’inizio abbiamo sbagliato strada finendo su di un alto costone di pura roccia sotto l’enorme sasso sulla cui cima sorge il monastero di San Nicolau. La borsa della macchina fotografica, a causa di un movimento troppo avventato, s’è fatta un volo di una trentina di metri rimbalzando più volte sulla nuda roccia. Dopo averla recuperata con non poco sforzo, ho dovuto constatare che l’obiettivo da 50 millimetri aveva subito seri danni. Per il resto la machina sembra ok. Poteva andare peggio mi sono detto e, dunque, non me la sono presa più di tanto.
Abbiamo quindi, faticosamente ripreso la retta via ove siamo stati curiosamente saluatati da tre tartarughine che si affannavano per raggiungere l’ombra della sterpaglia. Marco ha sparato le solite minchiate sul valore simbolico del carapace nella mistica tibetana, ma per il resto è stato un’incontro piacevole e beneaugurante. Il sentiero si inerpica ardito tra platani millenari e scorci di possenti Menhir sulle cui pareti gli elementi hanno tracciato morbide ondulazioni e forme di inquietante bellezza In cima poi siamo stati ampiamente ricompensati perchè dentro il monastero di Megale Meteoron deltto anche della trasfigurazione o metamorfosi c’era tanta di quella figa da dare fuori di testa.
Dopo esserci rifocillati lo spirito lumando innumerevoli gnocche greche, finniche, rumene, russe e tzigane, abbiamo pensato al corpo con un bel paninazzo che abbiamo acquistato fuori dal monastero.Poi dopo la palmare, dimostrazione dell’imbranataggine di Federico e Marco che sono riusciti a farsi sfuggire una coppia di bonazze russe che quasi imploravano di essere impalmate, ci siamo diretti sempre a piedi verso l’altro monastero quello di Vaarlam. Questo era serio ragazzi. Poca gente rispetto al primo. Rigore. Le donne in gonna o pantalone che siano vengono fornite all’ingresso di un apposito pareo-coperta da annodare castamente attorno alla vita.
Preservare la santità dei luoghi, nonostante il caldo.
Disciplina anzitutto.
All’interno si respira una grande spiritualità cui certo giova una vista mozzafiato sulla valle che si apre rigogliosa al di la delle meteore ed una sorgente di acqua freschissima che offre magnifico ristoro al pellegrino che seduto in meditazione riesca a scorgerne lo zampillo.
Non dimenticate, poi, che siamo in cima ad un Menhir antenna primordiale capace di convogliare le possenti energie sotterranee elevandole ad uso di chi in cima tenti di decifrarle o più semplicemente vi si abbandoni.
“Dopo aver visto tutto questo o Signore, chi oserà negare la tua potenza?” si legge all’ingresso del monastero. E mai citazione mi è parsa più appropiata.
Una coppia di romani beceri e sguaiati non ha intaccato per nulla la felicità che il luogo ci ha donato.
Quasi dimenticavo…Ieri sera ho conosciuto una polacca che era una gnocca stratosferica. Mora, occhi azzurri e un paio di zinne enormi che il succinto vestitino faceva fatica a tenere in ordine Dopo qualche schermaglia, tuttavia ho compreso che non me l’avrebbe mai data quella notte.
Lla chimica è svanita in fretta. Lei, tuttavia, continuava a bere come un’ossessa ragion per cui quando si è allontanata per parlare al telefono con souncaz ho pagato il conto e me la sono svignata. Per strada ho dato un passaggio ai due miei compagni che soli soletti si avviavano a piedi verso l’hotel. La rumena continua a mandarmi squillini ed io al più presto andrò da lei come l’orso al miele : Federico sembrava aver perso il portafogli grossa paura ma poi alla fine sono riuscito a scovarlo nei reconditi anfratti di una borsa..FIuuuuuuu…