La valigia dei sogni: Zanzibar 2004
La cosa che più mi preme dire è che al ritorno da Zanzibar non si ha in mano solo qualche souvenir e un po’ di abbronzatura: si torna a casa con un ricco bagaglio emotivo, tanti sorrisi regalati ed il cuore rapito dai colori della gente, del mare, della sabbia e dei tramonti africani. Per non parlare delle notti stellate che si possono godere in riva all’oceano con il solo sottofondo “musicale” della barriera corallina che si infrange lontana ed il fruscio della brezza che dondola le foglie delle palme… Tutto trasmette pace e serenità! Dopo sta botta di romanticismo, vorrei raccontarvi di quanto siano speciali le persone incontrate: tutti hanno una cordialità da noi dimenticata e sono molto ospitali. Ad esempio, durante una passeggiata alla scoperta della kilometrica spiaggia, un acquazzone tropicale (è davvero bellissimo ed impressionante!) ci ha colto alla sprovvista, ma due pescatori ci hanno “salvato” da una lavata pazzesca invitandoci ad aspettare il passaggio di quel muro d’acqua al riparo della loro veranda in makuti. E’ un piccolo gesto semplice, che però mi ha profondamente colpita, così come gli sguardi dei bambini: loro avvicinano i turisti in spiaggia chiedendo una penna o un quaderno, strumenti di importanza fondamentale per diventare grandi. Così abbiamo deciso di farci accompagnare alla scuola locale, che accoglie 780 bambini, ma non essendo abbastanza capiente divide i suoi alunni in due turni: uno al mattino ed uno al pomeriggio. Abbiamo travolto di domande il preside, il quale ci ha spiegato che, purtroppo, i fondi stanziati dal governo non sono sufficienti a permettere l’istruzione gratuita. Le famiglie devono, quindi, pagare tra i 1500 e i 2000 scellini tanzaniani (che corrispondono a circa 1,5 e 2 euro) per mandare un bambino a scuola per un anno intero. È davvero sorprendente, poi, il fatto che in cambio dei nostri doni (un po’ di materiale di cancelleria) hanno voluto regalarci alcuni oggetti fatti a mano dai bimbi: delle maracas fatte con i cocchi e un ventaglio intrecciato con la palma e colorato. Consiglio a tutte le persone che vanno a Zanzibar di portare ai bimbi e alle scuole un po’ di quaderni, penne, colori… Ne sarete profondamente “ripagati” ed appagati! Siamo poi andati a visitare la capitale, Stone Town, dove è possibile ammirare i bellissimi portoni zanzibarini, accanto a numerose botteghe che vendono scrigni e statuine in legno molto “africane”, quadri di pittura “tinga tinga” e batik, e il “mitico” mercato. La cosa che più ci ha colpiti è come vendono il pesce… Altro che norme igieniche! Camminando vicino alla zona del porto, dove le strade sono di terra battuta, ad un certo punto abbiamo visto arrivare una specie di Ape Car da cui sono scesi dei ragazzi rigorosamente scalzi che hanno scaricato due enormi mante e per trasportarle nella “zona vendita” le hanno trascinate per terra tirandole per la coda! Arrivati nel punto giusto, poi, si sono accovacciati con intorno un gruppo di persone e una nuvola di mosche e hanno tagliato a pezzi le due povere prede!!! Lì vicino, poi, non potevano mancare due squaletti già macellati e, naturalmente, il mercato della carne. Per fortuna del nostro olfatto al mercato c’era anche molta frutta e verdura e, naturalmente, le spezie che rendono famosa l’isola! Così abbiamo deciso di andare alla scoperta di una di queste piantagioni, grazie al tour delle spezie. Insieme alla nostra guida (Rambo Nero: non a caso un omone gigante!) ci ha accompagnato un gruppo di bimbi che hanno intrecciato borsette e braccialetti per le signore e cappelli e cravatte per i signori. Il tour è stato molto divertente e abbiamo assaggiato e cercato di indovinare le spezie più varie, come pepe, cardamomo, vaniglia, noce moscata, zenzero, cannella (straordinaria: le sue radici hanno lo stesso odore del Vicks Vaporub!)… Naturalmente il tour prevedeva anche un assaggio di cocco raccolto direttamente dalla palma, che viene “scalata” molto abilmente e con una semplicità disarmante dai ragazzi del luogo. Il cocco è (neanche a dirlo) formidabile, buono in tutte le fasi di maturazione che lo rendono sempre più duro e simile a quello che conosciamo noi. La cosa particolarissima è che il latte di cocco di quelli più maturi in qualche modo fermenta e diventa frizzante: da qui il nome di “Coca Cola di Zanzibar”. Già che siamo in tema culinario vorrei dire che a Zanzibar la cucina è squisita, tutto a base di: – frutta (indimenticabile il succo di Bungo e la marmellata di frutta tropicale e quella speziata!), – verdura (banane cotte nel pomodoro, tapioca, fagottini strabilianti di verdure miste fritti, fagioli e lenticchie cotti nel latte di cocco, una specie di spinaci a vapore che poi ho scoperto essere le foglie della manioca, ecc ecc), – riso (di quella qualità a chicco lungo cotto a vapore e condito ogni sera con spezie diverse!) – pesce alla griglia di ogni genere (era ovviamente immancabile!).
Al villaggio, naturalmente, venivano serviti piatti non solo swahili, di cui c’era una degustazione ad ogni pasto, ma anche della cucina internazionale e italiana: ottima anche la pasta, per gli inguaribili… Mi rendo conto ora di non aver scritto il nome del villaggio in cui siamo stati: si tratta del Mapenzi Beach Club (proposto da Karambola, figlia di Alpitour e Francorosso), una struttura bella e curatissima in ogni particolare dalla pulizia dei luoghi comuni ai bungalows molto carini ed accoglienti. Unica pecca la mezz’ora di strada sterrata (tipo safari) che a volte risulta un po’ pesante (tipo alle 6 di mattina dopo colazione…). Il personale è cordialissimo e comprende un piccolo staff di animazione (molto soft: acqua gym la mattina, calcio e volley nel pomeriggio, sport acquatici marea permettendo) che la sera organizza cene a tema (un barbecue in piscina allietato da musica dal vivo, e la magnifica cena swahili a lume di candela in spiaggia con tanto di tamburi e corpo di ballo), ma anche spettacoli semplici e di gusto (una dimostrazione delle tecniche pittoriche locali, una serata con lo show acrobatico, una serata dedicata alle danze dei masai: questi ultimi sono di una bellezza ed eleganza pazzesca!). Attorno al villaggio, poi, ci sono i folkloristici beach boys che propongono le escursioni a costi dimezzati e con programmi molto flessibili. Noi ci siamo fidati di loro per il tour delle spezie e per la visita a Stone Town con tanto di aperitivo al tramonto e visita al museo degli schiavi. I nostri accompagnatori erano Ronaldo e Gelsomino, due ragazzi simpaticissimi e disponibili che hanno risposto alle nostre curiosità ed esigenze (siamo andati a trovare una ragazza italiana che conosciamo che si è trasferita a Stone Town per portarle il caffè ed il parmigiano “veri”) ed hanno riso per ogni cosa in Italia più che normale, tipo pagare il parcheggio 1 euro l’ora o spendere minimo 50 euro per una cena a base di pesce… Ma cosa sicuramente irripetibile abbiamo preso una scorciatoia per tornare al villaggio che prevedeva il pulmino sparato a 90 km/h sulla spiaggia e il passaggio in mezzo ad un campo dove abbiamo investito un serpente!!! Davvero buffo! Tornando alle escursioni sempre con un ragazzo locale, Giaco, siamo andati alla barriera corallina a vedere i pescatori di polpi e alla scuola locale di cui ho già parlato. Ci siamo, invece, affidati all’organizzazione del Tour operator per il Blue Day, in quanto volevamo essere un po’ più sicuri per il catering (dopo aver visto il mercato di Stone Town era il minimo!)… Questa è un’escursione davvero indimenticabile: si parte la mattina con i soliti pulmini e si raggiunge Fumba, a sud dell’isola dove si affaccia la baia di Menai. Lì ci siamo imbarcati e a motore abbiamo raggiunto una magnifica piscina naturale dove crescono le mangrovie e una lingua di sabbia chiamata per i turisti “isola che non c’è” (perché appare e scompare in base alle maree), dove ci siamo fermati per la mattinata a prendere il sole e come punto di partenza per lo snorkeling su un pezzo di corallo. La nostra guida ci ha indicato moltissimi tipi di pesciolini e corallo, abbiamo nuotato in mezzo a pesci piccolissimi in branchi ed ammirato strane piante e animali coloratissimi! Dopo lo snorkeling siamo tornati sulla lingua di sabbia per uno spuntino a base di frutta fresca molto appagante! Non è mancato, poi il tempo da dedicare all’abbronzatura (raccomando creme molto protettive ed occhiali da sole: il riverbero è fortissimo!), le foto e naturalmente un po’ di relax (in fondo siamo in vacanza…). All’ora di pranzo ci siamo trasferiti con la barca (la nostra si chiamava “Pole Pole” che significa “piano piano”) sull’isola di Kwale dove degli altri ragazzi ci stavano aspettando con il pranzo pronto: un trionfo di gamberoni, calamari, aragoste, cicale, tonno e altre meraviglie alla griglia accompagnate dalla chapa chapa (una specie di piadina fatta con farine di cocco e di mais) e da una buonissima zuppa di pesce servita con il riso. Abbiamo mangiato da re… Un banchetto principesco con tanto di frutta tropicale, dolcino tipico al cocco e caffè molto somigliante a quello italiano (sempre per i nostalgici…). Dopo pranzo e l’immancabile pennichella (rigorosamente all’ombra perché il sole cuoce) si parte per una camminata di almeno 50 metri (durata 1 minuto!) per ammirare il baobab più grande di tutta Zanzibar… Io sono rimasta molto affascinata dalla bellezza di questi alberi un po’ goffi e buffi, ma molto maestosi, tanto che come souvenir personale ne ho portato uno a casa (rigorosamente mignon e finto, ma intrecciato con il legno). La giornata si è poi conclusa con il rientro in barca, questa volta a vele spiegate e con il sole che tramonta… Il massimo della bellezza e romanticheria! Insomma questa è una gita davvero indimenticabile e abbiamo avuto la fortuna di avere al villaggio anche la cena swahili quella sera, tutto a coronare una giornata praticamente perfetta! Volevo fare un cenno ancora al motto della filosofia di quel popolo stupendo: Hakuna Matata, ovvero “non c’è problema”. Le persone non lo dicono tanto per dire, riescono a non prendersela per tutte le piccolezze con cui ci roviniamo la vita noi ed anche a risolvere i piccoli inconvenienti, che magari agli occhi dei turisti risultano pressoché insormontabili. Sono davvero persone specialissime che ti entrano nel cuore…
Unico contrattempo delle vacanze è stato il viaggio di rientro che abbiamo dovuto spostare di un giorno (e questo è sicuramente un risvolto molto positivo!) perché è bruciato l’aereo che aspettavamo… Così il giorno seguente ci siamo svegliati alle 4 di mattina per prendere un vecchio DC9 che ci ha portato fino a Mombasa in Kenia. Lì abbiamo dovuto aspettare un tempo infinito e l’aeroporto è piuttosto comico: l’altoparlante che annuncia i voli ha il volume bassissimo e non si capisce nulla ed il tabellone luminoso degli orari di partenza è stato sostituito da una hostess che passa con un cartello scritto rigorosamente a mano a “reclutare” i passeggeri da imbarcare! Accanto a tutto ciò un militare che avrà avuto 19 anni sorvegliava attentamente su di noi con in mano un mitra… Insomma lì l’Africa si respira in modo strano: noi immaginiamo gli aeroporti dotati di mille tecnologie e fa un po’ effetto scontrarsi con realtà così lontane. Non paghi dell’incendio del giorno prima la East African ci ha mandato un aereo che ha avuto bisogno di un pit stop: atterrando a Mombasa si è rotto il carrello ed hanno dovuto sostituire le ruote… Una comica vedere sulla pista una marea di operai che cambiano le gomme! Comunque per questo disguido abbiamo “vinto” un ulteriore ritardo di 3 ore circa… Arrivati a Malpensa non ne potevamo più e ci hanno punto le uniche zanzare di tutto il viaggio (personalmente il mio consiglio è di non fare la profilassi se si va a Zanzibar durante il loro inverno: le zanzare sono poche e si fanno vive solo all’alba e al tramonto, in più sono intolleranti ai repellenti come Off, Autan, ecc). Inoltre al parcheggio non trovavano più la nostra macchina perché eravamo attesi il giorno prima… Insomma ora ci ridiamo su, ma ci è sembrato un giorno interminabile! Il volo è abbastanza lungo, ma regala almeno due grandi emozioni: all’andata abbiamo visto il Kilimangiaro spuntare dalle nuvole con il suo imponente ghiacciaio mentre albeggiava e al ritorno ci ha molto impressionato sorvolare il Sahara: per oltre 3 ore sotto di noi c’era solo quell’immensa distesa di sabbia! Concludendo le persone sono magnifiche, i luoghi paradisiaci e secondo me è un viaggio molto arricchente. L’unica cosa che mi sento di dire è che quando si ritorna si scopre che cos’è il mal d’Africa: la nostalgia è tanta ed è difficile farla passare! Noi ci abbiamo provato creando un angolino africano in salotto, ammirando il nostro quadro con i masai ogni volta che ceniamo (è appeso in cucina) e consumando le fotografie con gli sguardi… Speriamo di poterci tornare un giorno e di poter ripetere questa magnifica esperienza! Naturalmente si capirà che sono una chiacchierona, per cui se avete bisogno di informazioni su Zanzibar o semplicemente voglia di condividere l’esperienza africana, non esitate a scrivermi!