La Spagna che non ti aspetti

Viaggio attraverso la Galizia, le Asturie, la Cantabria e i Paesi Baschi
Scritto da: Fortunalex
la spagna che non ti aspetti
Partenza il: 14/08/2012
Ritorno il: 23/08/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Avendo un budget limitato, ero alla ricerca di un viaggio economico, ma variegato che mi consentisse di viaggiare nel vero senso della parola, di scoprire nuovi luoghi, di arricchire il mio “povero bagaglio” culturale e di conoscere persone nuove. E per fare tutto ciò, non c’è stato bisogno di andare a perdersi in terre lontane, è stato sufficiente andare in Spagna, ma non nella penisola iberica più blasonata e gettonata dai turisti (Madrid, Barcellona, Andalusia, Baleari ecc.) bensì al nord, meta poco battuta dal turismo di massa. E attraversando quattro regioni autonome (Galizia, Asturie, Cantabria, Paesi Baschi), ricche ognuna a loro modo di storia e tradizioni, ho conosciuto una Spagna che non mi aspettavo.

Il viaggio ha inizio dall’aeroporto di Roma Ciampino, dove “recupero” la persona che mi accompagnerà in questi dieci giorni allo scoperta del Norte, spostandoci solo ed esclusivamente con i mezzi locali (autobus e treni). Due ore scarse di volo e siamo a Madrid, in perfetto orario per imbarcarci sul volo interno Ryanair, che ci porterà a Santiago De Compostela, punto di arrivo di un pellegrinaggio che dura da secoli verso la sepoltura dell’apostolo Giacomo; per noi punto di partenza di un itinerario che non mancherà di stupirci.

L’aeroporto di Santiago de Compostela, capoluogo della Galizia, è piccolino, ma efficiente. In pochi minuti recuperiamo il bagaglio e subito all’uscita troviamo l’autobus, che in mezz’ora – al costo di due euro – ci porta in centro città, fermandoci a pochi passi da Plaza de Galicia, dov’è situato l’hotel che abbiamo prenotato, ossia Husa Universal, ubicato in un’ottima posizione, a dieci minuti a piedi dalla Cattedrale e dal “barrio” antico (€ 39,00 a notte. Ottimo rapporto qualità/prezzo. Non lasciatevi ingannare da una hall poco curata, le camere sono essenziali, ma pulite e dotate di tv, bagno, asciugacapelli ecc.). Breve sosta in Hotel, sono solo le 15.30, abbiamo tutto il pomeriggio per scoprire uno dei luoghi simbolo della cristianità, con la maestosa cattedrale che custodisce la tomba dell’apostolo Giacomo (evangelizzatore della penisola iberica). Secondo la tradizione, dopo il suo martirio avvenuto a Gerusalemme, le sue spoglie tornarono miracolosamente in Spagna, su una nave senza timone e senza vele. Nel momento esatto in cui la nave passò sulla costa portoghese, un cavaliere cadde in mare. Destriero e cavaliere riemersero dalle profondità adorni di conchiglie a pettine; da qui il simbolo che dal 1978, viene usato sui cartelli che segnano il Cammino di Santiago.

Santiago è una cittadina medievale, affascinante, anche se molto turistica. La Cattedrale è imponente. All’interno, a mio avviso, per essere un luogo così sacro, c’è molta, troppa confusione, tanto che si fa fatica a trovare quell’aurea mistica tanto decantata dalle guide turistiche. Per fortuna, alle 19.30, comincia la messa e finalmente, insieme al silenzio che regna durante la funzione religiosa, riesco a trovare anch’io un po’ di introspettiva e misticismo. A fine messa, viene messo in funzione il famoso botafumeiro. L’atto è molto emozionante e spettacolare: ci vogliono più di dieci persone per far oscillare il grande inceneritore, che oscilla sulla testa di tutti i presenti alla messa.

Fuori dalla Chiesa, ci aspetta un clima poco clemente. Nonostante, sia il 14 agosto, la temperatura è sotto i venti gradi e piove molto forte. Ciò mi fa pensare che, alla fine, il nord è nord ovunque!

Decidiamo, pertanto, di prendere il trenino turistico, che per 6 euro a biglietto, ci condurrà per 40 minuti alla scoperta di questa città così mistica e affascinante. Ovviamente, sarebbe stato meglio girare tutto a piedi, ma la pioggia battente, non ci permette di fare ciò.

Sono le 21.30, continua a piovere. Ormai, siamo bagnati dalla testa ai piedi, decidiamo, dopo una cena frugale, di rientrare in albergo per un buon sonno ristoratore.

Santiago de Compostela – La Coruna

Il mattino seguente la sveglia è alle otto, colazione a base di Churros e nutella, e si parte con il treno ad alta velocità per La Coruna. Ci colpiscono due cose: la pulizia che regna nelle stazioni e sui treni e il costo modico del biglietto: € 6.50! Perché in Italia tutto ciò non è possibile? Si sa, i misteri delle fede, come quelli di trenitalia sono infiniti!

In solo venti minuti, siamo a La Coruna, anche qui il tempo non è de migliori. Piove, c’è vento e freddo. Ma non ci scoraggiamo, armati di Kway, cominciamo a passeggiare sul lungomare, costeggiando le famose spiagge di Riazor e Orzàn. E camminando, camminando, comincia a sbucare anche un timido sole. Alla fine dopo 3 km di gradevole passeggiata arriviamo alla Torre de Hércules, il faro più antico d’Europa, ancora funzionante. La vista è spettacolare. Di fronte l’oceano e intorno il verde che più verde non si può, accompagnato da coste frastagliate… sembra quasi di essere in Irlanda.

Nel primo pomeriggio il sole splende. Ci fermiamo in spiaggia. L’acqua dell’oceano Atlantico è troppo fredda per azzardare un bagno. Restiamo ad ammirare i surfisti che sfidano le onde. Anche qui ci stupisce la pulizia. Distese chilometriche di sabbia bianca, spiagge pubbliche attrezzate (bagni, docce, ombrelloni), e con servizio di salvataggio… ovviamente, l’ingresso è libero!

E dopo la sosta in spiaggia, rallegrata dalla visione dei baywatch galiziania, che sono anche meglio di quelli californiani, per lo meno sembrano più umani, andiamo verso il Monte San Pedro, facendo una sosta allo stadio del Deportivo La Coruna, dove nell’82, si sono giocate alcune partite dei mitici mondiali di calcio, che hanno visto trionfare l’Italia.

Per salire sul Monte San Pedro, abbiamo utilizzato un’ascensore di vetro, con forma sferica. In pratica siamo saliti su una palla di vetro, molto scenografica. Arrivati in cima, abbiamo potuto ammirare un panorama unico sulla città, oltre ai verdi paesaggi tipici galiziani.

Ci sono tantissime cose da fare e vedere a La Coruna: il Domus, l’acquario, il museo della scienza, il faro, il parco del Monte San Pedro, la ciudad vieja (centro storico), le ampie spiaggie del riazor e orzàn. Non mi aspettavo che fosse una cittadina così ricca, come la gastronomia tipica che abbiamo avuto modo di assaporare presso il ristorante “O Bebedeiro” (Calle Angel Rebollo 34 – La Coruna), segnalato sulla guida Michelin. Con venticinque euro a testa, abbiamo assaggiato la specialità tipica galiziana “pulpo a la gallega”; i cannelloni “txangurro” (carne di granchio) ed una torta dolce al fomaggio; tutto squisito.

La Coruna – Oviedo

Primo intoppo. Ci rechiamo la mattina alle otto, presso la stazione degli autobus di La Coruna, per prendere il bus che ci porterà a Oviedo, capoluogo delle Asturie. Purtroppo, non ci sono più posti a disposizione. Ci tocca prendere l’autobus che parte alle 17.00. Poco male, ne approfittiamo, per riposarci mezza giornata sulla spiaggia del riazor.

La spiaggia non è affollatissima. I bambini sfidano l’acqua gelida dell’oceano, e restano per ore in acqua, mentre noi riusciamo a malapena a bagnarci i piedi. Le ore trascorrono velocemente, e in un niente arriva il momento di lasciare La Coruna, la città di cristallo con i suoi palazzi con le doppie finestre per proteggersi dal freddo e dal vento.

Il viaggio in autobus, per raggiungere Oviedo è lungo. Dopo circa quattro ore arriviamo alla stazione dei bus di Oviedo. Gli autobus della catena Alsa, sono conforteli e puntuali, muniti anche di wi-fi, e hanno prezzi differenti a seconda delle fermate che effettuano. Quelli che fanno poche fermate, costano di più e quelli che invece fanno molte più fermante (tipo i treni regionali), costano decisamente di meno.

Arriviamo a Oviedo che sono le nove e mezza di sera. Per fortuna l’albergo, Etap Oviedo, è a circa duecento metri dalla stazione degli autobus. Decidiamo di cenare in albergo, dove con nostra grande sorpresa scopriamo che il servizio ristorane è discreto ed economico.

La camera è essenziale, in tipico stile degli alberghi law-cost della catena francese accors. Anche in questo caso il rapporto qualità prezzo è ottimo.

Al mattino seguente, partiamo di buon’ora alla scoperta di Oviedo. L’albergo non è vicinissimo al centro. Ma con una passeggiata di venti minuti dalla città nuova si passa al centro storico, dove nella piazza principale è situata la cattedrale dov’è conservato il sudario di Gesù.

Oviedo è una citta piccola ed elegante. I vicoletti della città vecchia sono ben tenuti e piacevoli da visitare. In posizione semi centrale c’è un parco enorme , con piante rigogliose e laghetti artificiali. Ottima zona per fare un pic-nic campestre.

In serata non può mancare un giro in Calle Gascona, dove sono situate le sidrerias. Da queste parti, versare il sidro è un’arte: il cameriere tiene la bottiglia alta sopra la testa in una mano, e nell’altra mano in basso, tiene il bicchiere; con un movimento deciso, versa il sidro dall’alto verso il basso nel bicchiere. Difficile da spiegare, molto caratteristico da vedere.

Oviedo – Santander

È giunto il momento di lasciare Oviedo, per la più turistica Santander, capoluogo della costa cantabrica, e sede dell’omonimo istituto di credito. Il primo impatto con Santander, non è stato dei migliori. Il centro è caotico, e i monumenti da visitare sono pochissimi e non dicono nulla. Le spiagge affacciate sull’atlantico sono affollate e disorganizzate.

Per fortuna, decidiamo, di percorrere a piedi un percorso lungo quasi cinque chilometri, che dalla città porta al faro. I paesaggi e la vista sull’oceano sono gradevoli e, a tratti, la costa frastagliata – così come a La Coruna – ricorda i paesi nordici. Il tramonto con vista faro, oceano e verde, ripaga ampiamente la sosta a Santander.

La cena presso il ristorante “Casa Albo” (Calle de la Pena Herbosa 15), a base di paella cantabrica (una paella di pesce molto ricca, composta da scambi, gamberi, vongole, seppie, peperoni e piselli), accompagnata da sangria ci fa dimenticare la delusione del mattino e ci immerge in un centro città affollatissimo, dove alle undici di sera, sta solo per iniziare la tanto decantata movida spagnola.

Santander – Bilbao

Partiamo al mattino presto, verso Bilbao (Bilbo in basco). Dopo due ore e mezzo di viaggio in autobus, siamo a Bilbo e siamo accolti in grande stile, con una parata per l’inizio della festa “Aste Nagusia”, ovvero “la semana grande de Bilbao”, che dura nove giorni. Con nostra grande sorpresa alla parata, ci sono anche gli sventolatori di Firenze.

I cartelli stradali sono scritti sia in catalano che in basco. La bandiera dei paesi baschi è ovunque e sventola orgogliosa su tutti gli edifici. Il basco è molto diverso dal castigliano, non riusciamo a capire quasi nulla. Le tapas, qui si chiamano pinxitos, e vanno rigorosamente assaggiate con la cerveza locale.

Le vie sono affollate. Lungo il fiume, che attraversa Bilbao, e divide in due la parte nuova da quella vecchia, ci sono tantissime bancarelle dove preparano il tipico banino basco con salsicce e verdure di ogni tipo. Prendiamo subito le usanze locali, e ci mettiamo a mangiare un enorme panino sedendoci sul marciapiede chiuso al traffico veicolare.

La serata finisce con dei fuochi d’artificio, degni della nostra tradizione partenopea!

Il giorno seguente è dedicato a visitare la parte nuova di questa città ex industriale e rinata grazie all’installazione del museo Gugghenheim e ai ponti dell’Architetto di fama mondiale, Santiago Calatrava.

Il museo Gugghenheim di Bilbao è un edificio pazzesco. Impossibile da descrivere a parole. Un edificio alto più di cinquanta metri, progettato dal canadese Frank Gehry, che sboccia come un fiore di titanio lungo la passeggiata del lungofiume Ria. Titanio, pietre e vetro. Sono questi i tre elementi che prevalgono in quest’opera unica al mondo.

Bilbao – San Sebastian

Visto che Bilbao, ci ospiterà per quattro giorni, decidiamo di fare un’escursione nella vicina San Sebastian (Donostia in basco), che si estende su una baia di sabbia bianca, tra i monti Urgull e Igeldo. Si sente che siamo al confine con la Francia. La città è in stile belle epoque e ci sono tantissimi francesi.

Le spiagge più famose di San Sebastian sono la Concha (conchiglia) e la playa de Gros, frequentata dai surfisti.

Il centro storico è carino e ben tenuto. Un dedalo di vicoletti pieni di bar e negozi per turisti.

Decidiamo di salire in cima al monte Urgull, dove troviamo ad attenderci uno splendido panorama sulla città, e da dove si riesce a vedere perfettamente, la baia a forma di conchiglia, che dà il nome all’omonima spiaggia. Al centro della baia, c’è l’isola di Santa Clara, che si può raggiungere in pochi minuti di navigazione con un traghetto.

Dopo la splendida vista ritorniamo in centro, e ci dirigiamo verso il palazzo del cinema, dove ogni anno a settembre si celebra il festival internazionale del cinema di Donostia, con la presenza di attori di fama mandiale. C’è anche un tour che consente di visitare i luoghi dove hanno soggiornato, mangiato e girovagato star come Susan Sarandon, Richard Gere, Woody Allen ecc.

Passiamo il pomeriggio in spiaggia, dove finalmente riusciamo a fare un bagno nell’oceano, che dura più di due minuti. Infatti, la particolare forma della baia di San Sebastian, mitiga le correnti e fa sì che le acque dell’oceano atlantico, siano un po’ più calde del solito.

Alle 16.30, cominciamo a camminare verso la stazione degli autobus, che purtroppo è un po’ lontana dal centro. Ci impieghiamo circa mezz’ora e alle 17.15, puntuale come sempre, troviamo il nostro autobus della linea Alsa, che in un’ora e mezza ci riporta a Bilbao.

Bilbao

Gli ultimi due giorni del nostro viaggio li dedichiamo interamente a Bilbao, resa ancora più “vivace e allegra” dai festeggiamenti per la settimana grande ( dal 21/08 sino al 28/08). La patrona dei festeggiamenti popolari è la “Marijaia”, una bambola con le braccia alzate che viene bruciata l’ultimo giorno delle celebrazioni. La festività comincia con il celebre txupinazo (il lancio di un piccolo razzo), e con il discorso d’apertura del banditore. Tutte le attività culturali proposte sono gratuite e ogni serata si conclude con fuochi di artificio, che si possono ammirare dai famosi ponti della città.

Ritorniamo al Guggenheim, per poterlo visitare all’interno.

All’interno l’edificio è molto meno complesso che all’esterno, si snoda su tre piani, dove ci sono circa 19 gallerie, che ospitano mostre permanenti e non. L’installazione permanente più importante è quella dello scultore americano Richard Serra, famoso per le sue spirali ovali, composte da fogli d’acciaio. Comunque, è fuori di ogni dubbio che la vera star del Guggenheim di Bilbao, è il museo stesso. Il gioiello architettonico del canadese Frank Gehry, attira a sé come una calamita tutti gli sguardi e gli obiettivi delle macchine fotografiche.

All’esterno del museo, vi sono altre opere permanenti come Puppy, la famosa scultura a forma di cane ricoperta con fiori di stagione, creazione dell’artista Jeff Koons (ex marito di Ilona Staller), e un ragno colossale, forse di bronzo, che accoglie il visitatore ai piedi della scalinata d’ingresso.

È incredibile come un’area industriale e fortemente depressa, qual era la città di Bilbao, nei primi anni novanta, sia rinata grazie a quest’edificio, che è divenuto uno dei musei più visitati al mondo.

Terminata la visita al Guggenheim, ci dirigiamo verso la città vecchia, che è composta da vicoli con edifici a tratti fatiscenti, il cui monumento storico più importante è rappresentato dalla Cattedrale di Santiago (patrono di Spagna), con uno splendido porticato rinascimentale.

Soggiornando in un albergo, ubicato a pochi minuti da Plaza de Toros, decidiamo di andare a vedere la famosa corrida. Premetto che è stata la prima volta, ma che sarà anche l’ultima. Sono rimasta scioccata. Non è certo questo il luogo dove aprire un dibattito sulla corrida, sul suo valore culturale o meno o sul fatto che sia solo un “maritirio” per il toro. La corrida ha delle regole ben precise. È costruita come uno spettacolo, con musica e giuria. Il matador entra in scena, quando praticamente il toro è già sfinito dai picadores che a cavallo contengono gli assalti dell’animale con una lancia (puyazos) e dai tre banderilleros che provocano, esclusivamente con i movimenti del proprio corpo, le cariche del toro, nel dorso del quale, in una zona situata un po’ più indietro rispetto a quella colpita dai puyazos, infilzano tre paia di banderillas.

Ciò che mi ha stupito di più è che questa forma di “spettacolo” (se così si può chiamare, ma ho i miei dubbi), contrasta con l’immenso senso di civiltà che ho trovato in questa nazione dove i mezzi pubblici sono puntuali e funzionano alla perfezione, le città sono pulite e ordinate, le spiagge attrezzate sono pubbliche; dove si vedono camminare per strada coppie gay con figli, senza che nessuno li additi.

Ma anche questa è Spagna, e fa parte di quello che mi porterò dentro di questo viaggio, che con l’ultimo tramonto, ammirato dal ponte di Calatrava, è giunto al termine.

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