La sindrome di Stoccolma
Il senso di totale rapimento dentro il quale ti senti precipitare in questa realtà è pari al sentimento di abbandono che prova il sequestrato quando si innamora dei suoi carcerieri. La sindrome di Stoccolma mi ha contagiato già da un po’ di tempo, quando la conobbi per la prima volta. Dopo aver visitato in questi anni un buon numero di città...
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Il senso di totale rapimento dentro il quale ti senti precipitare in questa realtà è pari al sentimento di abbandono che prova il sequestrato quando si innamora dei suoi carcerieri. La sindrome di Stoccolma mi ha contagiato già da un po’ di tempo, quando la conobbi per la prima volta. Dopo aver visitato in questi anni un buon numero di città europee mi sento tranquillamente di affermare che la capitale svedese è il luogo che mi ha più favorevolmente impressionato, sotto vari punti di vista. Se ci si va nel fine settimana consiglio almeno tre giorni in modo da contemperare la vita notturna, assolutamente fantastica, ad un primo assaggio delle maggiori attrazioni turistiche. L’albergo in pieno centro è stato scelto apposta per non perdere tempo prezioso negli spostamenti. Il risultato delle mie impressioni al termine della vacanza è il seguente: tutto molto funzionale e ricco di fascino intrinsecamente nordico. Sono varie le cose che balzano agli occhi: il mezzo di trasporto più diffuso è la bicicletta che consente di muoversi in assoluta libertà; le poche macchine che circolano non emettono rumori molesti con il clacson, cosa per noi insolita, non sfrecciano sulle strade a folli velocità e si fermano in tempo utile per permetterti di attraversare la strada. Camminando sul marciapiede sembra di vivere avvolti in un silenzio surreale, soprattutto al mattino. La discretezza è il fattore che, a mio modo di vedere, contraddistingue positivamente il popolo svedese. E’ evidente che hanno un approccio umile nei rapporti sociali e prediligono la concretezza alla sterile apparenza. Questi loro pregi emergono ancora di più soprattutto se rapportati all’esempio di noi italiani che siamo conosciuti in tutto il mondo per essere i numeri uno nell’arte del tirare a fottere. A Stoccolma la stragrande maggioranza della popolazione, senza distinzioni d’età, parla un inglese impeccabile. Un’amica mi raccontava che i film trasmessi in TV sono in lingua originale, con sottotitoli in svedese, per cui non è difficile apprendere l’idioma più parlato al mondo fin dall’infanzia. Anche il cibo è speciale!. Le kotbullar (impossibile non provare questi famosissimi bocconcini d’alce) mi son state proposte come piatto tipico per bambini. Io non ci ho messo molto a tornare indietro con gli anni e ad ordinare un piattone per ragazzo maturo 🙂 Veramente squisiti i panini; per non parlare delle torte alle quali fai fatica a resistere. Alcuni esempi: la saffransbullar è una deliziosa brioche allo zafferano mentre i pepparkakor sono degli sfiziosi biscotti allo zenzero, cannella e garofano. Gamla Stan brulica di questi snack-bar!. Il divertimento maggiore per me lo ha rappresentato in assoluto la vita notturna nel sempre verde quartiere di Stureplan a pochi passi dall’hotel dove alloggiavo. E’ stata una felice scoperta vedere molti giovani dentro i locali ballare e divertirsi in maniera gioiosa con una spontaneità e complicità che non ho riscontrato altrove. Mi riferisco soprattutto ai ragazzi che accompagnano garbatamente le “loro” donne nelle discoteche. Non mostrano nessun tipo di gelosia nei confronti degli sconosciuti che tentano di assaltare la preda. Anzi, ti danno una pacca sulle spalle, ti incoraggiano ad andare avanti e, raggiunta la meta, ti vorrebbero quasi portare in trionfo. Forse questo atteggiamento molto “libero” degli svedesi è un fatto culturale oramai assodato. Leggevo da poco su un giornale che spesso le loro coppie decidono di fare viaggi separati. Addirittura chi ha la possibilità economica si sposta facilmente, chi no rimane a casa. Ciascuno reclama uno spazio autonomo consapevole che la carne è debole, che prima o poi i rapporti lunghi sono destinati a finire e che nella vita tutto può succedere. Una mentalità molto americana sullo stile del puro edonismo. I primi segnali di una forte emancipazione li percepisco all’interno del Galway’s Irish Pub. Nel tavolo a fianco al mio noto che tre avvenenti ragazze lanciano sguardi complici al mio indirizzo. L’occasione mi sembra ghiotta per tastare il prodotto locale e carpire informazioni utili sul movimento notturno. Insieme alle pulzelle faccio tappa nella discoteca più in voga del momento. Per ambientarmi allo StureKompaniet ho impiegato circa due minuti e, al centro della pista ho trovato per dirla alla Battiato, la mia gravità permanente. Gli avventori consumano bevande ad alte gradazioni senza soluzione di continuità e pagano il conto con la carta credito. Portare contante con se viene considerato un inutile peso per le tasche. Molto meglio strisciare e firmare il foglietto anche se solo per un bicchierino di jagermeister!. In 36 anni ho sempre pensato che chi eccede in maniera esagerata nel consumo di alcool è portato inevitabilmente a perdere i freni inibitori e a mettere in atto comportamenti che, spesso, sfociano in risse o in aggressioni verbali. Stoccolma ha avuto il potere di farmi ricredere sul fatto che questa mia verità sia da ritenersi scontata. Ho visto uomini ma soprattutto donne consumare superalcolici in quantità industriali e non trasformarsi necessariamente nell’incredibile hulk. Sorprendentemente gli svedesi riescono a mantenere una compostezza e un contegno invidiabile. Questo avviene sia dentro i sorvegliatissimi locali sia nei momenti che precedono l’ingresso negli stessi. Infatti, i giovani rimangono in fila trascorrendo l’attesa a parlare tranquillamente tra loro senza spingere o passare avanti agli altri. Nella zona intorno a Kungsbron, il venerdì e il sabato sera, si formano delle colonne umane lunghissime che non passano inosservate agli occhi dello straniero. Sembrano tanti giapponesi pronti ad affollare i musei, con la differenza, che la macchina fotografica nipponica, a tracolla, è sostituita da litri e litri di acquavite scandinava, nello stomaco 🙂 Avevo letto nella guida che la metropolitana di Stoccolma è efficientissima. La Tunnelbana, questo il curioso nome, è ben organizzata, variopinta e affollata ad ogni ora del giorno. La stazione di T-Centralen rappresenta il crocevia di riferimento per gli abitanti e per i numerosi turisti che visitano quotidianamente la città. Scendo alla prima fermata: Gamla Stan. Qui mi trovo nella old town, un piccolo isolotto che sulla cartina assume la forma di un cuore, un’oasi solitaria dai connotati unici, piena di negozietti, ristoranti e vicoletti caratteristici. La Marten Trotzigs Grand con i suoi 90 cm. Di larghezza è la via più stretta della città. La moda, non so se del momento o standardizzata, è quella tipica di fine anni 70 primi 80. Lo si intuisce dal modo di vestire, da ciò che viene esposto in vetrina e dalla musica in genere. Curiosa la campanella presente in tutti i luoghi pubblici per richiamare la commessa piuttosto che il barista assorto in ben altri pensieri. Intorno a mezzogiorno raggiungo il cortile del Palazzo Reale dove aspetto alcuni minuti prima di assistere al famigerato cambio della guardia. Poco dopo l’inizio della cerimonia decido di andar via. Il fatto di aver già preso parte ad uno spettacolo simile in città ben più rinomate, per il fascino di questo evento, come Praga e Londra mi induce ad inevitabili raffronti. Stoccolma non è all’altezza delle città sopra menzionate e gli stessi protagonisti in uniforme hanno visi cupi e annoiati. Non mi rimane altro che abbandonare la scena!. Dalla hall dell’albergo avevo visto e portato con me un volantino con alcune proposte alternative di visita guidata alla città. La pubblicità che ha attirato la mia attenzione invita ad un piacevole giro in battello con perlustrazione dell’isola di Fjaderholmarna. Il molo di partenza è a due passi da Gamla Stan. Prima di salire a bordo mi copro per benino con sciarpa, guanti e cappello di lana. La prima cosa da fare è trovare un posto a sedere in un punto strategico che mi consenta di ammirare il panorama. Non è facilissimo riuscire nell’impresa e c’è un po’ da sgomitare. Trovo comunque una sistemazione mediana tra un vichingo gigantesco e un vietnamita mingherlino. Mi viene difficile ascoltare le spiegazioni dello speaker e scattare le foto. Non ho il coraggio di liberare né le mani né le orecchie per il timore di un congelamento subitaneo. Forse anche a causa della temperatura artica non riesco ad apprezzare ciò che vedo, in definitiva questo winter tour si trasforma in un autentico flop. Allo sbarco decido di rientrare in albergo con la speranza, perlomeno, di gustarmi una cena dignitosa. Il Prinsen sembra fare al caso mio! E’ un ristorante che ha alle spalle una tradizione ultracentenaria ed è classificato tra i best ten di Stoccolma. Ambiente raffinato, atmosfera soft e un servizio al tavolo di livello medio – alto. Il filetto al sangue con crema di formaggio soddisfa il mio palato così come il conto finale che è, nel complesso, onesto. Il turista fai da te che gira la città alla ricerca di luoghi da visitare può recarsi, sin da mattino, nella zona di Djurgarden. Qui si possono ammirare i due pezzi forti di Stoccolma: il Vasa museum e lo Skansen. Il primo custodisce il relitto di un vascello affondato nel 1628 con 50 uomini a bordo. Colpisce l’imponenza del galeone e il suo ottimo stato di conservazione. I tre piani sui quali è dislocato consentono di scandagliarlo in ogni minima parte e sotto diverse angolature. Ogni singolo pezzo di legno contribuisce a ripercorrere, con appropriate simbologie, la storia politica della nazione svedese. Dagli oblò si riesce ad indagare persino l’interno! Sembra impossibile che una simile imbarcazione possa essere sorretta unicamente da tentacolari cavi d’acciaio, seppure voluminosi e robusti. Visto l’ambiente buio è meglio scattare le foto senza flash, tenendo il più possibile la mano ferma. Solo in questo modo si riescono a cogliere i colori naturali e a catturare il singolo intaglio. Il bompresso di prua ha una forma molto simile a quella delle navi dei pirati di adolescenziale memoria e questa cosa mi affascina molto. Dopo aver trascorso più di un’ora al Vasa mi dirigo verso lo Skansen che dista circa dieci minuti a piedi. E’ il più antico museo all’aperto del mondo ed ha la peculiarità di essere al contempo uno zoo e una fattoria. Le specie animali che popolano il territorio svedese sono adeguatamente rappresentate nel parco e il contesto nel quale scorrazzano è quello tipico di un ambiente contadino arcaico. La serata volge al termine per questa ragione decido di dirigermi lentamente verso l’albergo. Lungo il tragitto mi fermo a mangiare due fish and chips e a bere una birretta in un locale. La temperatura è gelida ma ciò non scoraggia la cameriera che continua a fare la spola, a maniche corte, tra dentro e fuori. Di fronte a me i bambini si divertono a pattinare in una pista di ghiaccio allestita permanentemente in un piazzale e a ruzzolare giù, ad ogni intreccio di gambe. Pagato il conto, per giunta salatissimo, proseguo la marcia verso “casa”; giunto nei paraggi del Rica Kunsgaatan Hotel, dove avevo prenotato tre notti su internet, vengo bloccato dai vigili del fuoco i quali mi impediscono di raggiungere l’albergo. Da questo momento e per trenta minuti, inizia una vera odissea per me e nondimeno per la mia vescica. Ho una forte esigenza fisiologica ( colpa della birra e del freddo) ma il bagno dell’hotel non è utilizzabile. Decido di entrare in un bar dove però i servizi igienici funzionano a gettone! Così anche negli altri due immediatamente successivi. Accidenti dico tra me! Mi guardo nelle tasche ma degli spiccioli neanche l’ombra. Le corone svedesi non so nemmeno come siano fatte, ho sempre pagato tutto con la postepay senza problemi. Intanto lo stimolo diventa irrefrenabile. Seguendo un suggerimento, cerco di bypassare l’ostacolo passando dietro lo stabile, da quella che è la porta secondaria. Ma proprio in quel momento mi vedo passare sotto il naso il nastro di delimitazione che la polizia stava posizionando in prossimità della red-line. Sono in preda ad una crisi isterica e in procinto di farla sul muretto. Non mi frega niente dico…Ma poi penso che nella ricca e civilissima Svezia una cosa del genere potrebbe comportare l’arresto o, nella migliore delle ipotesi, una denuncia per atti osceni in luogo pubblico. Fortuna volle che a pochi passi da dove mi trovavo io fosse ubicato l’altro albergo della catena Rica. Mi infilo dentro e chiedo alla receptionist di poter utilizzare la toilette. Non sto a descrivere la sensazione di benessere che ho provato a minzione avvenuta.-))). Nel frattempo, un responsabile mi spiega quello che è successo: da una tubazione del gas si era prodotta una grossa perdita di gas, talmente importante da essere oggetto di cronaca nei Tg nazionali. Ovviamente mi rassicurano ma nello stesso tempo mi invitano a traslocare, non appena vi fossero le condizioni, da un Rica all’altro. Per fortuna la situazione si risolve in maniera tempestiva e non ci sarà bisogno di abbandonare la stanza. Vado a letto con la paura latente di respirare esalazioni nocive durante il sonno e di rimanere fatalmente stecchito in terra straniera. Meno male che la mattina seguente mi sveglio più baldanzoso che mai pronto ad affrontare una nuova giornata. A piedi percorro il lunghissimo viale pedonale di Drottninggatan. In una brasserie al centro mi aspetta una ragazza del posto con la quale, la prima volta che venni a Stoccolma, passai delle serate simpatiche in sua compagnia. Questa bella donna dai capelli biondi lunghi e dagli occhi verdissimi ha un’energia invidiabile che non ricordavo. Fa la cameriera in una nave passeggeri; si lamenta col sottoscritto dei ritmi forsennati ai quali è costretta ogni giorno per via di orari troppo rigidi. Lei comunque non si demoralizza più di tanto. L’idea di racimolare un po’ di soldi per farsi un viaggio in Thailandia l’aiuta a superare anche questa difficoltà. Durante la conversazione viene fuori, da parte sua, un’offerta interessante su come proseguire la vacanza, alla quale vien difficile resistere. Mi propone di mollare gli ormeggi dal porto di Stoccolma e raggiungere la Finlandia a bordo del traghetto dove lavora lei. Costo dell’attraversata: sette euro, ovviamente bevande escluse.-). L’idea mi attizza ma purtroppo l’indomani ho il volo di rientro e, mio malgrado, rinuncio all’invito. Con Therese facciamo un giro per la città. Quasi per caso ci imbattiamo nel palazzo del municipio al cui interno si può ammirare la statua di Birger jarl, fondatore di Stoccolma. Mi meraviglia molto che in giro per strada non ci sia nessuno o quasi. Pare che durante la settimana, weekend escluso, gli abitanti siano completamente avulsi dal lavoro e non hanno tempo da dedicare allo shopping o alle visite di cortesia. Accompagno l’amica fino a casa con la promessa di rivederci presto dalle mie parti. Il commiato da Stoccolma ha un sapore amaro ma ho la consapevolezza di volerci tornare d’estate quando le giornate saranno più lunghe, il tempo più clemente e Therese sarà tornata dalla Thailandia. Concludo con un accenno sul tema costo della vita più o meno alto a seconda dei punti di vista. Io do una spiegazione molto banale ma logica sui prezzi di questa città. Se rapportati alla realtà sarda, dove vivo io, risultano essere alti e non facilmente accessibili a tutti i generi di lavoratori, meno che mai ad un operaio con famiglia al seguito. Per un bancario milanese o per un geometra di Bolzano credo che le differenze siano minime e non incidano granché sul portafogli…