La romeria, il mio sogno diventa realtà
LA ROMERIA: IL MIO SOGNO DIVENTA REALTà
Questo evento, che unisce religione e festa, si svolge cinquanta giorni dopo la conclusione della Settimana Santa. Centinaia di migliaia di persone provenienti da ogni parte della Spagna ed anche dall’estero, accorrono ogni anno per partecipare al pellegrinaggio nel santuario della Virgen del Rocio (la Vergine della Rugiada) detta “Blanca Paloma”, situato nella località del Rocìo, a 17km da Almonte (Huelva).
….finalmente è arrivato il giorno. Parto per Siviglia e non per visitare la città che già la conosco, ma per aggregarmi ad una hermandad (confraternita) per fare la romeria (pellegrinaggio). Non ricordo come e quando sia nato in me il desiderio di fare la romeria, ma lo sognavo da molti anni e sempre rinviato: all’inizio perché non volevo andare da sola, il periodo che non corrispondeva con il lavoro, e poi non riuscivo a trovare nessuna informazione in merito a come si svolgeva e se ti potevi aggregare a loro. Sapevo che c’erano quattro itinerari principali: il cammino di Sanlùcar, che attraversa il Parco Nazionale di Donana ed è percorso da coloro che provengono da Cadice; il cammino di Llanos, che proviene da Almonte ed è il più antico; il cammino di Moguer, percorso da coloro che provengono da Huelva; il cammino sivigliano, seguito generalmente dalle hermandades che provengono dal resto della Spagna o da oltre parti del mondo.
Da Siviglia partono 5 hermandades, io da subito ho scelto il barrio (quartiere) di Triana. Triana, quartiere storico “al di la del fiume”, patria dei gitani e cultura del flamenco, di marinai ed azulejos, è un barrio leggendario ed è anche quello della regina Sofia. Miguel Bosè, innamorato anche lui di questo angolo di Sivilla gli ha dedicato una canzone e cantava: “El corazon que a Triana va, nunca volverà”. A questa “avventura” mi ha voluto seguire una mia cara amica Paola. Lei è partita un paio di giorni prima da Roma, io poi da Bologna. Abbiamo volato con Ryanair, voli puntualissimi e ci siamo trovate all’hotel Noche de Triana, comodissimo poi per partire per la romeria. Deposito il bagaglio, usciamo. Attraversiamo il ponte di San Telmo e ci dirigiamo al barrio di Santa Cruz, bighelloniamo davanti alla Cattedrale, Patrimonio dell’Umanità, una sbirciatina alla Giralda e all’Alcazar. Ci sediamo in una piazzetta sotto delle piante all’aperto ed ordiniamo un buon piatto di paella mista. Durante il pranzo facciamo un piccolo programma del nostro viaggio e la cosa più importante è di passare alla hermandad a cercare di recuperare delle informazioni per fare la romeria. Bighelloniamo ancora un po’, iniziamo a fare i primi acquisti, io faccio scorta di tisane e ci dirigiamo verso Plaza de Espana, il mio angolo preferito di Siviglia. Questa enorme piazza a forma semicircolare simboleggia l’abbraccio della Spagna alle sue antiche colonie e guarda verso il Guadalquivir come rotta da seguire verso l’America. Si trova all’interno del Parco di Maria Luisa, fu costruita per l’Esposizione Iberoamericana che si tenne qui nel 1929: a un diametro di 200mt, due alte torri alle estremità, al centro una bellissima fontana, tutt’attorno un canale navigabile, quattro ponti che simboleggiano i quattro regni di Spagna, tutta la piazza è circondata da dei portici ed al di sotto ci sono delle panchine colorate in ceramica che raffigurano le 48 province spagnole con relative mappe e sono in ordine alfabetico.
Torniamo nel “nostro” barrio ed andiamo alla hermandad a caccia di info per la romeria. Siamo fortunate, la porta della Capilla di Nuestra Virgen del Rocio in calle Evangelista è aperta, veniamo però bloccate dal signore del negozio di souvenir e ci dice che noi non possiamo entrare. Proviamo a chiedere informazioni; lui cerca di depistarci e scoraggiarci, però ci da una fotocopia del percorso dove sono segnati i paesi che si attraversano ed i posti dove ci si ferma per la notte. Neanche lui sa quanti sono i km esatti, circa un centinaio, prosegue dicendo che il primo tratto del primo giorno (15km circa), si trova qualcosa da bere e mangiare e poi più nulla e ci dobbiamo portare cibo ed acqua per tutti i giorni. Ma su questo eravamo preparate anche prima di partire, ci fa un sorrisetto malizioso ed ora dimostra che ci ha dedicato già troppo tempo. Ce ne andiamo. Come dicevo prima, conoscendo già Siviglia oggi abbiamo deciso di fare un’uscita “fuori porta” e di andare a Carmona. Il bus si prende dalla stazione del Prado de San Sebastian, c’è circa ogni ora e con € 2,80, dopo poco più di un’ora arriviamo a destinazione. Carmona sorge su un colle, ricca di storia, pittoresca cittadina fortificata dell’VIII secolo a.C., antichi palazzi e monumenti di grande interesse storico, ad un paio di km dal centro si trova la necropoli romana dove è possibile visitare l’interno delle tombe scavate nella roccia. Nella piazzetta centrale di Carmona, con vista della fermata del bus, in un bar all’aperto io mangio la mia prima tortilla di questo viaggio. Buona. Torniamo a Siviglia, andiamo a Plaza de Armas e prendiamo il bus per Santiponce, sono circa 8 km a N/O di Siviglia, il bus c’è ogni 30m ed il biglietto costa € 1,55, scendiamo all’ultima fermata: Italica. La prima città romana della Spagna 206° a.C. fondata dal generale Scipione, ed alcuni reduci della vittoria romana su Cartagine, diede i natali a due imperatori romani: Traiano ed Adriano. Le storiche rovine sono state in parte ricostruite, all’interno degli scavi si possono ammirare i pavimenti a mosaico, ben conservato è anche l’anfiteatro, uno dei più grandi dell’impero romano, con una capacità di 25.000 spettatori. Chiuso il lunedì, l’ingresso è gratuito per i residenti della Comunità Europea. A un paio di km c’è il monastero di San Isidoro del Campo, famoso per esser stato il luogo dove è stata tradotta per la prima volta la Bibbia in lingua spagnola. Non lo visitiamo per mancanza di tempo. Rientriamo a Siviglia e ci tuffiamo al supermercato per fare la spesa per i prossimi giorni che siamo in cammino. Paola dice che preferisce prendere già tutto ora e non avere il pensiero domani, anche se potremmo fare la prima parte della giornata più leggere. Rientrate in albergo iniziamo a fare lo zaino per domattina. E’ pesante, ….penso che sarà dura. Io dormo, la Paola dall’emozione meno e la mattina ci svegliamo presto per andare a messa alle 7.30. Tra i vari preparativi e l’emozione non arriviamo puntuali, aspettiamo fuori e cerchiamo di capire come funziona. Vicino al nostro alberghetto c’è una bella pasticceria-caffetteria e vediamo i primi rocieros: donne con faralay e trajes de flamencos o de gitana (vestiti lunghi fasciati in vita e sotto svolazzanti), tra i capelli raccolti fiori in tinta, e gli immancabili abanicos (ventagli), gli uomini con traje campero: indossano pantaloni aderenti soprattutto a righe, alcuni ricoperti da zahones (ampie protezioni di cuoio) e guayabera (giacca in tela leggera aderente), in testa il cordobès (cappello rotondo), tutti tirati e con gran classe fanno colazione. Sembra già di essere tornata indietro nel tempo. Verso le 8.30 il Simpecado (lo stendardo della confraternita con immagine della Virgen) cerca di uscire dalla chiesa, ma c’è una gran folla, fuori è arrivato il carro che lo trasporterà trainato da buoi. Il presidente della hermandad arriva a cavallo, sale sul carro e posiziona il Simpecado. Il carro è molto bello, tutto d’ argento, con dei portacandele incisi in vetro, abbellito con fiori e frutta fresca. Fanno qualche saetas (canti religiosi) e poi iniziano a muoversi in mezzo ad una gran folla che applaude e incita la Blanca Paloma. Inizia la sfilata dei 27 pasos (carri). Bellissimi. Tutti dello stesso stile; antiche carrozze con il telo bianco a mezzaluna che quasi sembrano essere uscite da un vecchio film western, addobbati con colori diversi, trainati tutti da buoi. Sono presa da questa sfilata e mi emoziono. L’uscita dalla città è lunga ed impegnativa. Si fermano davanti ad ogni chiesa e pregano, ai margini della strada moltissima gente che applaude e si commuove al passaggio del Simpecado e così il passo è più lento. Loro non hanno fretta. Quasi tutti hanno già in mano una bottiglia di birra o in bicchiere manzanilla ghiacciata. I Trianeros si riversano letteralmente nelle strade per partecipare all’inizio della romeria. C’è proprio un’aria di festa. Donne che ballano, cantano, uomini che suonano. Sui balconi mantones (scialli) stesi, alle finestre gente che continua ad applaudire. La banda in testa per prima accompagna l’uscita dalla città l’hermandad e poi tutto il corteo. La strada viene bloccata. C’è moltissima gente, ed io penso: ma verranno tutti questi con noi?! Fa caldo, sono le 11 e ci sono già 30°. La vedo dura. Lo zaino inizia a pesare. A metà strada io chiedo ad un signore se me l’ho può portare nel suo carro. Lui lo prende e si stupisce del peso. Ti credo oltre a qualche vestito, c’è la tenda, il cibo e soprattutto l’acqua per i 3 giorni di cammino. Carichiamo anche quello di Paola. Ora è un’altra cosa, adesso sono più libera anche per fare le foto. La sera arriviamo verso le 19.30, la prima tappa è stata impegnativa soprattutto per il gran caldo ed il peso. Andiamo a recuperare il nostro zaino nel pasos 12 di Josè Antonio e Maria Josè. Durante la giornata abbiamo fatto qualche tratto di strada assieme e Maria Josè che parla un po’ di italiano, mi ha dato diverse informazioni sulle hermandades. La coppia; sono due bellissime persone. Ci avvisano che dobbiamo aspettare per montare la tenda, lo potremmo fare solo dopo che sarà detto il rosario e fatto i saetas. Ci mettiamo tutti attorno al Simpecado ed ascoltiamo questi cori a cappella dedicati alla Blanca Paloma. Possiamo montare la tenda. Sono le 21.15 e c’è ancora il sole. Bellissimo. C’è luce fino alle 22.00 ed oltre. Ai pellegrini (come me), viene riservato il posto per la notte vicino al Simpecado, così verremmo protetti dalla Virgen ci dicono. Noi ubbidiamo. Cerco di “ lavarmi”, togliermi un po’ di polvere con delle salviette, anche se poco lontano dalla tenda vedo dei trattori con delle pompe che versano acqua per gli animali su dei grandi contenitori di plastica. ….sono molto tentata ad andare a darmi una rinfrescata, ma resisto. Arriva un camioncino con il megafono ed urla barra e hielo (pane ed acqua) . Averlo saputo prima di partire non ci prendevamo tutta la scorta d’acqua per i tre giorni di romeria. Ci facciamo un bel panino con il prosciutto e qualche pomodoro e poi andiamo a nanna. Vicino a noi ci sono altre 6 tende, solo un pellegrino dorme fuori all’aperto. Poche stelle, fa freschetto e stasera c’è parecchio vento dopo che il sole è tramontato. Io dormo poco. Loro, tutta la notte a cantare, suonare e ballare. Sembrava che avessero puntato la sveglia per fare a turno con i saetas. Alle 6, in lontananza sento il suono del tamburo e del flauto. Due membri della hermandad passano per tutto l’accampamento a dare la sveglia. Questa musica me lo ricorderò per tutta la vita. Ora che sto scrivendo mi viene ancora la pelle d’oca. La sera prima avevano detto che la partenza era alle 7, noi non avevamo sentito. Smontiamo in fretta. Alle 7 puntuali si parte. All’uscita della zona dove abbiamo sostato la notte; eravamo in mezzo agli ulivi, bellissimo, veniamo contati e registrati come in entrata. Oggi, soprattutto la mattinata il paesaggio e bellissimo: attraversiamo campi di ulivi, poi di frumento, peccato che quando arrivano quelli di girasole il sole si è un po’ nascosto. I rocieros vedendomi anche oggi camminare, si avvicinano e mi chiedono il perché, sono curiosi e si stupiscono. Mi chiedono anche se ho bisogno di qualche cosa di non aver timore a chiedere. Un signore in un bicchiere di plastica ci offre del gazpacho fresco (zuppa di pomodori, cipolla, cetrioli, peperoni e aglio), ottima. Ci stava proprio. Conosco Javier, anche lui incuriosito della mia presenza, si avvicina e mi fa diverse domande, ed io essendo curiosa di sapere le faccio a lui. Mi da risposte ed informazioni e soprattutto mi dice che se ho bisogno di acqua fresca il 2° carro la distribuisce gratis a tutti e ci invita a cena. Loro, i rocieros per tutto il percorso continuano a mangiare e bere sempre, avanzano gioiosi intonando allegre sevillanes, queste danze flamenche sempre mi incantano e rapiscono, il loro ritmo è trascinante. La cosa che mi sorprende è che mangiano choriso, jamon, carne e pesce, tutto ben conservato in contenitori sotto ghiaccio e non frutta e verdura a mio avviso più indicati con queste temperature. Oggi scopro che non si arriva più il venerdì sera, ma bensì il sabato verso mezzogiorno. E’ uscito il sole è fa molto caldo. Il corteo prosegue e ripetutamente si ferma per dar da mangiare e bere anche agli animali. Non tutti lo fanno a piedi, alcuni lo fanno a cavallo, altri su calessi, ci sono asini, macchine e fuoristrada di ogni cilindrata. Tutti i veicoli a motore hanno un numero, hanno messo anche un limite di transito, tutto questo per non causare troppo danno all’ambiente ed ecosistema. Cammino, mi guardo intorno e mi viene in mente quando stavo attraversando le mesetas durante il cammino di Santiago, che nostalgia. Una “musica” sempre più forte mi fa ritornare alla romeria: sono dei bellissimi cavalli bardati di campanelli che arrivano galoppando ed emettono una dolce suono. Oggi arriviamo presto, sono le 17.00. Appena arrivati Javier ci fa vedere dov’è il loro camion e lui e tutti i suoi amici ci fanno sedere ed iniziamo a tirar fuori cibo. Mangiamo qualcosa con loro, fino ad ora avevamo sempre detto di no per non essere “invadenti”, disturbare la loro festa. Ottimi i ceci con gli spinaci. A turno loro entrano su questo camion e li hanno tutto, è un mega camper. Iniziano a lavarsi e le donne escono bellissime. Pulite e con nuovi trajes, pronte per ballare e cantare tutta la notte. Ci chiedono se volevamo fare la doccia, ma noi non abbiamo avuto il coraggio di dire di si. Oggi si è sudato parecchio ed abbiamo fatto un bel tratto con sabbia ed i pasos e tutta la carovana hanno alzato parecchia polvere. Noleggiare un camion di questi costa circa € 3.000 per fare la romeria da Siviglia andata e ritorno per 8 giorni. Li salutiamo ed andiamo verso il Simpecado. Recuperiamo lo zaino e ci mettiamo vicini agli altri pellegrini. Siamo le uniche donne e straniere. Un pellegrino, che è anche lui con la tenda come noi, ci dice che se abbiamo bisogno di qualcosa: “siamo tutti una famiglia”. Un tipo molto particolare sempre un po’ alticcio (quello che dormiva fuori senza tenda), mi si avvicina e dice che quando si fa buio e gli animali hanno bevuto ci possiamo lavare con l’acqua delle botti. Io l’avevo già pensato la sera prima, ma poi non ne avevo avuto il coraggio. Stasera invece lo trovo. Gli animali hanno bevuto e tutti noi siamo pronti a darci una rinfrescata. Mi sento nuova. Marisol, una bellissima rociera arriva con una ciotola e chiede ai più “disperati” se hanno fame ed il senza tenda ed altri la ringraziano. Mangio qualcosa, passeggiatina nell’accampamento, uno sguardo al cielo prima di entrare in tenda. Poche stelle. Vado a letto. Sveglia con il tamburo e flauto alle 6,30, peccato non c’è la magia e sorpresa della prima mattina, ma continua ad essere molto piacevole. 7.30 puntualissimi si parte, alle 8.30 dobbiamo essere al vado de Quema. Questo è punto culminante della romeria. Chi la fa per la prima volta, qui viene battezzato. Tutti lo attraversano a piedi con grande commozione, si abbracciano ed hanno occhi pieni di lacrime e piangono. Quando arriva il carro con il Simpecado si ferma in centro ed iniziano a lodare la Virgen, a pregare ed a cantare. Dopo 15-20m tra commozione, gioia ed allegria si riparte tutti sempre ben allineati. Lungo il cammino incontro delle signore con cui avevo scambiato qualche parola anche il giorno prima, ma all’inizio non le riconosco. Hanno cambiato vestito ed acconciatura. Ogni giorno si cambiano questi vestiti bellissimi che sembrano disegnati apposta per valorizzare le forme femminili mediterranee ed a loro stanno benissimo. Mi chiedo come facciano a camminare tutte belle fasciate fino al ginocchio con questo gran caldo ed in mezzo alla sabbia con tutta questa polvere. Alcune hanno tipo espadrillas con zeppa alta allacciata alla caviglia. Gli stivali sono sicuramente la scelta migliore, … ma con queste temperature? Sono sempre tutte in ordine ed abbinate. Scopro che nella parte bassa della gonna, sotto all’interno, c’è inserita una tasca dove mettono rossetto, cellulare, soldi, ….è la loro “borsa” per la romeria. Dalla gioia, devozione e partecipazione la fatica forse passa in secondo piano. Faccio un pezzo di strada con Maria Josè. Oggi è senza voce: lo sbalzo di temperatura, tutto il giorno sotto il sole con il gran caldo, la notte molto fresca, cantare e ballare l’ha resa afona. Mi racconta che il carro ed i buoi sono suoi, ha lavorato moltissimo l’ultima settimana prima di partire per prepararlo, fare la spesa e cucinare, che era già molto stanca prima di iniziare la romeria. Continua dicendo che fare la romeria costa e che queste sono le loro ferie. Ad esempio il posto dove sono loro nell’hermandad al El Rocio, una stanza per 2 notti in 12 con bagni in comune, angolo cottura e frigo spendono € 900. …però niente male. Le chiedo se è vero che la Macarena, loro storica rivale, parte il giorno dopo come mi avevano detto all’ufficio del turismo ed avevo letto su internet ed invece lei mi dice che sono partiti lo stesso giorno nostro ed un’ora prima di noi. Fa un gran caldo e prima di imboccare la Raya Real ci fermiamo per il pranzo e facciamo una lunga sosta. Dobbiamo recuperare un po’ di energia per fare l’attraversata. Tutti continuano a dire che è molto impegnativa. Pausa dalle 14.00 alle 17.30 su un’area riservata solo per noi sotto a degli alberi, meno male un po’ d’ombra. Lo so che mi ripeto, ma mi sono meravigliata di come sono organizzati e rispettino gli orari. Su alcuni alberi sono appesi dei cartelli con su scritto il nome della hermandad, il giorno quando si ferma in ida e vuelta e l’ora. Durante questa sosta io ne approfitto per bucarmi una delle 2 belle vesciche che mi fanno compagnia già da ieri. “Bucata”, …. mi sento già un’altra. E’ già ora. Si riparte sempre tutti ben allineati ed i pasos in ordine progressivo come sempre. Ora arriva il tratto più duro ci dicono. Si attraversa per lungo la Raya Real (linea reale), una “striscia” di sabbia lunga km che serve in caso di incendi “bloccare” il fuoco. I carri camminano in centro o quasi e sprofondano, noi che non conduciamo i buoi, camminando ai margini ci risparmiamo un bel po’ di fatica. Camion e macchine si insabbiano e sollevano una gran polvere che sembra la nebbia della mia Val Padana. Arrivano in soccorso trattori, ma per alcuni di loro non c’è verso di uscire dalla sabbia. Si scende e si cerca di spingere. Incontriamo un’altra hermandad. Il loro Simpecado è trainato da cavalli e non da buoi come il “nostro”. Sono in pochi. Ragazze e ragazzi molto giovani, ma con molto entusiasmo e partecipazione spingono il loro carro per aiutare gli animali a fare meno fatica. Anche loro sono sopportati-assistiti da macchine, jeep, uomini in calesse trainati da cavalli, asini con ceste piene di viveri. Questo tratto è stato durissimo. Mancano 500mt per arrivare all’accampamento per la notte e ci fermiamo per dire il rosario seguito dai saetas. Questi momenti di preghiera sono molto sentiti ed hanno molta partecipazione. Ripartiamo, ultimo sforzo e qui l’accampamento è enorme e si sono altre hermandades. Moltissima gente. Montiamo la tenda. I pellegrini senza carro e con la tenda stasera sono aumentati. Mangiamo qualcosa, cerchiamo di rinfrescarci un po’ dopo che gli animali hanno bevuto, e vado a “caccia” della zona bagno. Ovviamente all’aria aperta e non vicino ai carri. Ci impiego un po’ ed al ritorno sbaglio hermandad. Mi sono persa, è buio. Stasera verso le 23 iniziano a spolverare con il piumino tutto il carro del Simpecado. Passano l’interno delle lampade dove ci sono le candele, cambiano i fiori. Dei pellegrini raccolgono i fiori vecchi ed anche qualche ramo di romero (rosmarino) che hanno tolto dal carro. Anch’io prendo dei rametti. Il romero è il simbolo del cammino. Donne ed uomini li raccoglievano lungo la romeria questi rametti e li mettevano legati in “testa” al bastone usato per alleggerire il passo, con un nastro verde, il colore di Triana o giallo-rosso (Spagna). Mettono i fiori nuovi. Sarà l’emozione di arrivare domani, ed un po’ il freddo, stamattina ci sono solo 16°, la notte ho dormito poco e non sono riuscita a riposare.
Stamattina la tenda è più bagnata del solito, compresi i vestiti che avevo sbadatamente lasciato fuori dalla busta di plastica. Partenza alle 7. Oggi c’è il mondo che cammina, e con noi ogni tipo di veicolo a motore e non. Il percorso, la strada è dura, la sabbia sempre più alta, si sprofonda. Gran polvere. Anche quelli che nei giorni scorsi erano stati un po’ restii, oggi tirano fuori ed indossano mascherine o il fazzoletto da contadino. Al carro del Simpecado vengono aggiunti 2 buoi. Dobbiamo assolutamente arrivare per le 10,00 al ponte, se sgarriamo veniamo coperti di insulti e di vergogna e durante la processione che si tiene nella notte tra domenica ed il lunedì la statua passerà con le spalle voltate al Simpecado come penitenza. Noto che stamane i rocieros non mangiano, non bevono e fanno pochissime soste, solo per prendere fiato e non come facevano i giorni scorsi. Sono concentrati. Forse è la tensione e l’emozione dell’arrivo. Quando arriviamo al ponte Ajoli mentre passiamo veniamo contati e “segnati” come hanno sempre fatto al nostro arrivo e partenza dal campo. Io mi fermo più o meno al centro del ponte. Salgo sul “muretto” in legno e tutti mi dicono cuidado (attenzione), a non scivolare giù. C’è poca acqua nel ruscello, ma il letto è di grosse pietre. Dal “muretto” una vista stupenda della hermandad che avanza. Davanti uomini e donne a cavallo. Gli uomini salutano con gesti cavallereschi, guardano e si lasciano guardare con una certa vanità, anch’essa fa parte della festa, le donne cavalcano all’amazzone, gambe unite a un lato della sella, il loro vestito copre quasi tutto il posteriore del cavallo, dietro tutto il corteo a piedi. Discorso sopra il ponte ed incitazione alla Blanca Paloma seguiti da canti, balli ed applausi. Ripartono, io mi fermo ancora un po’ prima di scendere e proseguire, lascio che scorra un po’ di gente. Rimango incantata dalla folla. E’ bellissimo essere dentro a tutta questa gioia di festa ed allegria. Verso le 12,00 facciamo ingresso al villaggio di El Rocio. Durante tutto l’anno il paese sembra un villaggio messicano semiabbandonato, case bianche e basse con grandi tettoie di foglie che ombreggiano l’ingresso, hanno pittoresche decorazioni immerse in una atmosfera da favola, le strade non sono asfaltate, i viali sono in terra battuta e sabbia, che però per una volta all’anno in occasione della Pentecoste (50 giorni dopo Pasqua) si anima. Più di un milione di fedeli lo raggiungono in pellegrinaggio: è questa la famosa romeria. Il Rocio non è solo un momento religioso, è anche un “status symbol”, un evento sociale, mondano da vivere. Manifestazione con la più alta concentrazione di persone famose, è seguita anche dai media del gossip spagnolo, amori vip che nascono e muoiono durante il Camino. Esistono due Rocio: quello del Camino e quello delle cerimonie religiose e dei festeggiamenti sulle case e nelle strade. Entrando ci si ferma davanti ad ogni hermandad, Triana è madrina di Gines e qui sostiamo un po’ più a lungo. Siamo tutti belli vicini vicini, sale la temperatura sia dell’aria che della gente, sotto il sole dell’una e piano piano sempre cantando arriviamo davanti all’ingresso dell’ermita (eremo), oggi basilica. L’ermita è di un bianco candido, l’abbraccio concavo di conchiglia sul prospetto principale è tratto da un disegno settecentesco, con un timpano alto costellato di nidi di rondini. Oggi il cielo è di uno smalto azzurro graffiato da uccelli in volo e garriti, accompagnati dal suono delle campane. Gli applausi e le implorazioni accompagnano il Simpecado al santuario. Si fa il saluto alla Virgen cantando sulla rampa dell’ermita: “Aqui estamos otra vez para decirte que te queremos”, e poi ci dirigiamo verso l’hermandad. Triana è l’unica che arriva direttamente dal cammino e va a fare il saluto alla Virgen. Siamo tutti belli sudati, sporchi ed impolverati. Quest’anno è la duecentesima volta. Entriamo all’ hermandad. All’interno un gran cortile, a dx ed a sx una struttura alta con archi, nella parte inferiore sotto mettono i carri e vicino ai carri c’è l’angolo cottura con panchine e tavoli, il frigorifero e sopra al secondo piano i letti. Gli animali vengono portati fuori dal cortile e “parcheggiati” da un’altra parte. Tutto molto essenziale e spartano. Prendiamo qualcosa da bere, recuperiamo lo zaino ed andiamo in cerca del campeggio. Nessuno lo conosce e dopo aver fatto il giro più lungo arriviamo a destinazione. Posto ce n’è, ovviamente il prezzo in questi giorni è più alto che a ferragosto, ma noi siamo solo felici di essere arrivate. Piantiamo la nostra tendina, la più piccola di tutto il campeggio: La aldea del Rocio ed andiamo a farci una bella doccia. Il pomeriggio ci riposiamo prima di tornare al paese (2km circa) per la cena. Mentre le hermandad continuano a sfilare, le più giovani sono già arrivate ieri ed hanno anche sfilato, noi ceniamo in uno dei diversi ristoranti all’aperto allestiti per la romeria. Dopo cena giriamo un po’, fa freddo e c’è un bel po’ di vento. Passiamo davanti a varie hermandades: stanno bevendo, cantando, ballando e suonando, sembra il nostro 31 dicembre, quasi tutte hanno un “buttafuori” all’ingresso che non ti permette di entrare. Torniamo ed andiamo a letto, siamo un po’ cotte.
Oggi alle 10,00 c’è la solenne messa di Pentecoste nella piazza del Real, è all’aperto e con la processione di tutte le hermandades. Hanno allestito un palco più alto dello scorso hanno, per permettere a tutti di avere maggior visibilità durante la sfilata. Le 4.000 sedie che hanno posizionato per la maggior parte sono tutte riservate. La processione inizia dalla harmandad più anziana per poi arrivare alla più giovane. Triana è la sesta in ordine di anzianità. Sfilano davanti all’ermita con bandiere e gonfaloni, emozione è intensa, l’atmosfera ci coinvolge. Portano il loro Simpecado. Quest’anno ha avuto l’onore di cantare il coro rociero dell’hermandades de Matris de Almonte, ci ha fatto venire a molti la “pel de gallina”. Alla fine dell’omelia le hermandades hanno rinnovato l’impegno con la Blanca Paloma. Quest’anno sono 114, esse sono organizzate come un club laico, hanno un presidente, un segretario e un tesoriere. Ne nascono 3-4 all’anno, ma per essere riconosciute devono seguire un lungo esame: prima davanti al vescovo di Huelva, poi davanti a quello di Madrid e, infine, quello del rappresentante ecclesiastico della piccola cittadina di Almonte. Sono trascorsi più di 2 secoli dalla fondazione della 1° hermandad, la Matriz di Almonte, la più lontana invece proviene dal Brasile. I Simpecado sono tutti sopra il palco dietro all’altare. Verso le 10,15 inizia la S. Messa celebrata dall’obispo (vescovo) di Huelva Josè Vilaplana Blasco con più di 50 capellanes di varie hermandades. Bellissimi canti in onore della Blanca Paloma, gran sole ed un caldo incredibile. Finito la S. Messa, 2 ore, i Simpecado scendono in ordine inverso: prima il più giovane e per ultimi i più antichi, tutti diversi l’uno dall’altro ma tutti con lo stesso motto: “Concepita senza peccato”. Ogni Simpecado raggiunge la sua hermandad e viene posto sul carro, seguito da canti, applausi, foto e poi aperitivo. Ci uniamo a loro per un po’ e poi facciamo ancora un giro per El Rocio. Curiosiamo i negozi di souvenir e prendiamo anche noi qualche ricordo. Torniamo nella nostra piazzola per riposarci perché la notte sarà lunga. La sera decidiamo di cenare al ristorante del campeggio con il menù turistico per la romeria: 1°- 2°- dolce – bibita € 12,50, in altri periodi € 10,00. La cena è buona. Alle 21,45 partiamo per l’ermita, alle 22,20 siamo sedute in chiesa davanti alla ringhiera dove si dovrebbe tenere il “Salto del la Reja”. Come tradizione, “El salto de la Reja” non ha un’ora fissa, per farlo si ha da sperare che finisca il rezo (preghiere) del santo rosario che si celebra in plaza de Donana. Tantissime persone arrivano. Si inginocchiano, pregano, scendono lacrimoni. Io mi siedo sul gradino, la notte sarà impegnativa, ho già sonno, chissà se ce la farò. Sono le 23,30, dei ragazzi di Almonte, ci fanno allontanare dai gradini. Dicono che li è il loro posto, sono gli unici ad avere questo privilegio. Hanno scarpe antiinfortunistica, prendono le misure per fare il salto. Ci spostiamo di lato, all’inizio ci sediamo, ma poi la gente arriva sempre più numerosa e ci dobbiamo alzare in piedi. Inizia a mancare l’aria anche se le porte dell’ermita sono aperte, siamo come sardine. In chiesa si sentono dagli auto parlanti delle preghiere, è il coro del rosario che stanno facendo all’esterno. Tolgono ventilatori e luci al neon, per paura che i ragazzi si aggrappino ad essi per saltare. La notte scorre lentamente, l’attesa è eterna. Il popolo della Virgen è impaziente, la vuole, ha atteso questo momento per un anno. Continui spintoni, la ressa e confusione inimmaginabili. Alcune donne vicine a noi, poco contente di averci tra loro continuano a darci gomitate e ginocchiate senza motivo. Ogni tanto c’è un falso allarme. Attesa mistica, carica di tensione ma anche di gioco e divertimento. Mi sembra di essere tra gli ultra di una squadra di calcio, forse qui è anche peggio, anche senza il forse, con la differenza che qui però non siamo alla stadio ma dentro ad una chiesa. Tra la folla passa qualche bottiglia d’acqua, qualcuno prende qualche sorso e la passa. Ho le mani indolenzite ed addormentate. I piedi non stanno più tutte e due sul gradino, ma bensì solo uno. Che fatica, che dura per vedere questo “ Salto de la Reja”. Ognuno te lo racconta a modo suo e tutte le varie info prese, nessuna corrisponde. C’è solo da aspettare che arrivi l’ora fatidica che nessuno può prevedere e così scopriremmo il tutto. In lontananza mi sembra di sentire il suono del tamburo e flauto, ma il fervore ed il gran urlare della gente lo copre, forse sognavo perché stanca e stremata. Sono tutti impazienti. C’è un’incontenibile entusiasmo, in una vertigine di esaltata e urlata devozione. Le emozioni sono intense, quasi isteriche, ma coinvolgono anche il turista meno credente. La leggenda della Virgen del Rocìo risale agli inizi del XVI secolo. Racconta che un piccolo pastore si addormento un giorno in una località chiamata La Rocina, a 15 km da Almonte. Fu svegliato dai latrati del suo cane. Guidato dalle urla dell’animale si inoltrò nel bosco e lì, nell’incavo di una quercia, incontrò un’immagine bellissima: una statua della Virgen Maria. Il giovane si mise la statua sulle spalle e si incamminò verso Almonte. Dopo un po’, stanco, si fermò a dormire. Al risveglio la Virgen era sparita. Il pastore tornò alla quercia e li trovò la statua che aveva cambiato espressione: sorrideva. La storia però va più indietro della leggenda, fino agli ultimi anni del XIII secolo quando il monarca Alfonso X detto il Saggio dichiarò la zona intorno a La Rocina tenuta di caccia, facendo edificare una cappella nel profondo del bosco. La statua fu realizzata qualche anno più tardi. La leggenda popolare ignora però le verità storiche. Una popolare canzone sivigliana intona. “La Virgen del Rocìo no es hobra humana/que bajò de los cielos una manana”. Ore 3,12, in mezzo ad una gran confusione, i ragazzi dell’hermandad Matriz di Almonte, saranno una cinquantina, tutti belli cattivi, cercano di saltare questa benedetta inferriata che cinge l’altare per portare la Virgen fuori dall’eremo e condurla in spalla attraverso l’aldea (villaggio). I primi che riusciranno a saltare avranno l’onore di prendere e portare per primi il trono della Virgen. Aprono il cancello dell’altare; è il via all’apoteosi, al fanatismo. E’ un’ immediato alzarsi di braccia, un ondeggiare di teste, di corpi che si spingono per contendersi l’onore di accompagnare la Virgen lungo il percorso ed i fortunati cercano di scendere i gradini per iniziare la processione. C’è una gran confusione. La folla impazza, ondeggia e si muove in avanti al grido di guapa, guapa (bella, bella) circondata da urla, canti, applausi viene sollevata al cielo. Cercano di fare qualche passo, iniziano a navigare in un mare tormentoso di braccia forse non sono bilanciati e perdono l’equilibrio. Mentre i fedeli camminano al suo fianco il trono si piega nuovamente su un lato, si bilanciano e poi cercano di ripartire, ma è dura arrivare all’uscita-ingresso dell’ermita, ci impiegano circa 30m solo per percorrere il tratto all’interno della chiesa. L’entusiasmo e la devozione sono palpabili: è impossibile resistere al fervore generale mentre gli applausi e le implorazioni accompagnano la statua nel santuario. Fuori una gran folla che accoglie la Virgen con applausi e grida. Un fiume interminabile di persone di ogni età e di ogni estrazione sociale. Clima di delirio collettivo, inizia la processione all’esterno. E’ ancora buio. Rimaniamo ancora un po’. La Virgen viene portata da hermandad in hermandad, in quella di Triana prevedono di arrivare dopo le 6. La gente pian piano inizia a prendere la strada del ritorno, mentre un mare di braccia cercano di portare la Virgen in processione per tutte le hemandad recitando il “Salve Regina”. Ci sono diverse telecamere che riprendono, ed è la prima volta nella storia della TV locale che un canale offre in diretta tutta la giornata di lunedì di Pentecoste dalle nove della mattina. La cerimonia è così imponente da essere stata dichiarata festa di interesse Turistico Nazionale dell’Andalusia. Torniamo anche noi verso il nostro campeggio, alla fine la stanchezza si mescola già alla nostalgia. Dormiamo qualche ora, pieghiamo la tenda, facciamo i bagagli ed andiamo a prendere un bus per Huelva. Anche i rocieros oggi iniziano a sfilare silenziosi sulla via del ritorno. Arriviamo a Huelva dopo circa 1 ora e mezza, giriamo a piedi la cittadina e cerchiamo un alberghetto. Non lo troviamo, ci guardiamo in faccia e tutte e due ci diciamo: perchè non andare direttamente a Mouger? Huelva, quel poco che abbiamo visto cercando di trovare da dormire non ci entusiasmava. Detto fatto. Per arrivare ci impieghiamo circa 40m € 1,55. Qui siamo andati alla pensione Santa Clara. € 25,00 in due senza colazione. Trovate molto bene, pulito ed ambiente nuovo. Pomeriggio giriamo la cittadina, arroccata su una collinetta sulla sponda sx del rio Tinto, è molto signorile, con eleganti dimore gotiche e barocche, case bianche, balconi ornati di inferriate in ferro battuto tipicamente andaluso, è la culla del poeta e Premio Nobel della letteratura Juan Ramòn Jimènez. Anche la caravella Nina di Cristofero Colombo fu costruita qui e tutta la città partecipò concretamente alla spedizione di Colombo. Le visite le rimandiamo a domani perché al lunedì è tutto chiuso, troviamo aperta solo la chiesa. Ci facciamo un aperitivo-cena in una piazzetta all’aperto, c’è ancora il sole bello alto, si sta benissimo, rientriamo. Colazione nella nostra pasticceria preferita: Confiteria La Victoria e prima di andarcene visitiamo il convento di Santa Clara, € 3,50, anche Colombo la notte precedente la partenza per l’America venne a pregare qui. E’ in stile gotico e dal 1931 dichiarato Mudèjar, Monumento Nazionale. Siamo solo noi due, molto preparata la guida parla spagnolo ed inglese, mi è proprio piaciuto. Visitiamo anche il convento di San Francesco. Per tornare a Siviglia dobbiamo ripassare per Huelva e poi da li si raggiunge Siviglia dopo un’ora e mezza, biglietto € 8,67 e si arriva alla stazione di Plaza de Armas per noi abbastanza comoda. A piedi dobbiamo solo attraversare il puente Cristo de la Expiaciòn (El Cachorro) e siamo a “casa”. Ritorniamo al nostro alberghetto e veniamo accolte con grandi sorrisi e curiosità. Pomeriggio bighelloniamo a Triana. Quando trovo un cancello in ferro battuto aperto che da su qualche patios, infilo il naso, guardo ed osservo e sempre mi meraviglio, c’è profumo di fiori e piante. Sui marciapiedi c’è ancora qualche albero con delle arance appese. Facciamo gli ultimi acquisti. Non so se è stato il troppo pesce fritto della cena o la nostalgia di lasciare questo Paese, che anche questa volta mi ha portato a realizzare un altro piccolo sogno, tutta la notte rivivo i bei momenti anche se faticosi e la faccio in bianco, invece su una lavagna appesa in un bar di Almonte è già iniziato il conto alla rovescia, ogni giorno si scala un numero: la cifra esposta rappresenta i giorni che mancano al prossimo Rocio.