La Polonia dalla parte dei Polacchi

Sei e trenta del mattino di una non troppo afosa domenica di agosto. Seduti sulle nostre valigie, aspettiamo nel piazzale antistante la fermata della metropolitana cercando di immaginare a cosa andiamo incontro. Di quella piacevole frenesia che, dicono, assalga i viaggiatori negli istanti immediatamente precedenti la partenza, neanche...
Scritto da: aliseo1
la polonia dalla parte dei polacchi
Partenza il: 08/08/2004
Ritorno il: 19/08/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
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Sei e trenta del mattino di una non troppo afosa domenica di agosto. Seduti sulle nostre valigie, aspettiamo nel piazzale antistante la fermata della metropolitana cercando di immaginare a cosa andiamo incontro. Di quella piacevole frenesia che, dicono, assalga i viaggiatori negli istanti immediatamente precedenti la partenza, neanche l’ombra.

E un motivo c’è. Abbiamo deciso di andare a Cracovia, Polonia… e fin qui niente di strano. L’originalità sta nel modo. Non l’aereo perché il mio compagno di viaggio ne ha una fifa matta; non il treno perché è scomodo oltre che pericoloso viaggiare e cambiare vetture in piena notte; l’auto manco a parlarne perché poi chi la guida? Insomma, per non tirarla a lungo, optiamo (ma c’era ancora la possibilità di una scelta?) per il pullman che porta gli emigranti polacchi a casa per le ferie! Ai miei amici la faccio passare per una scelta un po’ radical chic, tanto per darmi un tono. “Sai, a me non piace avere come prima impressione di un nuovo Paese l’atmosfera anonima delle sale di un aeroporto. Solo il treno o l’auto ti consentono di conoscere una nazione assaporandone il paesaggio gradualmente..” e così via con simili amenità. A dire il vero, che un viaggio via terra sia sempre più interessante di uno via aerea, è per me un punto su cui non si discute. Ma l’idea di andare in un luogo a poco più di duemila km da noi impiegandoci lo stesso numero di ore che servono per andare in Australia con l’aereo, non mi lascia neanche un minuto.

Siamo i primi. Per qualche istante temo anche gli unici. Per fortuna dopo un po’ iniziano a comparire, silenziosamente e con fare circospetto, i primi compagni di viaggio. I polacchi, si sa, sono gente riservata e i napoletani – anche questo si sa – non tanto. Si prospetta un viaggio problematico. Ma non tutto è perduto: in ben due delle famiglie che salgono sul pullman ci sono elementi che parlano un chiaro idioma partenopeo! Sono due napoletani che hanno sposato ragazze polacche. Ci tranquillizziamo: le 26 ore 26 di viaggio che ci aspettano non passeranno tutte in silenzio.

Il pullman non è proprio il Gran Turismo che ci vorrebbe per occasioni simili, ma non c’è neanche tanto da lamentarsi. Sedili reclinabili, meglio se aiutati da una sonora bottarella; posacenere divelti, ma in compenso vengono distribuite candide bustina da appendere ai braccioli (scopriremo poi che in Polonia esistono solo “bustine” per la spesa… Forse perché di spese grosse non se ne fanno); sosta ogni tre ore e – dulcis in fundo – kawa (caffè) o herbata (tè) due volte al giorno.

L’attraversamento dell’Italia passa piacevolmente, grazie anche alle due ragazze polacche che ci istruiscono su cosa mangiare e bere una volta giunti a Cracovia, oltre che alle novelle di Isaac B. Singer che mi sono procurato prima di partire. Ma a convincerci definitivamente che bene abbiamo fatto a prenotare un pullman per andare in Polonia, é il risveglio alle prime luci dell’alba del mattino seguente. Qualche minuto dopo il controllo alla frontiera slovacca (ma Schengen dove è finito?) ci appare, in tutta la sua solida mole, il castello di Bratislava che si staglia suggestivamente illuminato su un centro storico ancora vuoto e sonnolento. Non sono da meno le ore successive, che trascorrono osservando fuori dal finestrino gli idillici paesaggi dei Carpazi occidentali. Case dai portici in legno intagliato si susseguono a fiumi e laghetti montani mentre le spennellate di fiori che adornano balconi, piazze, baite e uffici fanno da contraltare a infiniti boschi di latifoglie.

Alla fine, dopo ben 30 ore di viaggio, verso pranzo comunichiamo al nostro locatore tramite sms (poi si dice la tecnologia!) che siamo arrivati alla stazione centrale di Cracovia.

E sì, perché alloggeremo in appartamento. E’ da qualche anno che, stanco delle “sveltine” geografiche propinate dai vari tour operator e della troppo compassata vita di albergo, preferisco affittare per una decina di giorni un appartamento nella principale località della zona che intendo visitare. Il che mi consente di vivere la città in tutta la sua pienezza. Non solo monumenti e musei quindi, ma anche supermercati, pullman di linea, periferie, vicini di casa più che mai stupiti e, diciamocela tutta, visto che non sono certo uno stinco di santo: disporre di una camera rende tutto più, come dire… INTIMO!!! La padrona di casa, contrariamente a quanto potevo immaginare dalle varie mail scambiateci per la prenotazione, è una ragazza simpatica e disponibile… troppo a dire il vero. Addirittura è lei a pagare il taxi che ci accompagna a destinazione! Capirò già il giorno dopo perché: tutti gli altri appartamenti, anche più grandi e più centrali del nostro, costavano di meno. Persino gli alberghi del centro storico esponevano cartelli con promozioni che abbattevano i prezzi del 50 %.

Ho visto quasi un quinto di tutti i Paesi del nostro bene amato globo terracqueo e non finirò mai di stupirmi di come riesca a farmi prendere per fesso dovunque vada… Vabbé, non esageriamo, potrei dire a mia discolpa che ho passato un luglio da inferno e non mi andava di andare in giro a trovare casa dopo 30 ore di pullman, ma non lo dirò. Al massimo lo scrivo… dopotutto si è trattato di 40 euro per notte in una tripla!!! E dai!!! Il problema infatti non è stato tanto il prezzo ma l’appartamento in sé. Dopo un prolungato scambio di messaggi telefonici con i quali raccomandavo la presenza di una cucina e la mancanza di tappeti e di parquet, la prima operazione a cui abbiamo dovuto attendere appena entrati in casa, è stata quella di arrotolare e mettere da parte due enormi tappeti anteguerra per lasciar scoperto a vista un magnifico, polveroso pavimento in legno.

Inoltre, dopo aver ispezionato con cura tutti e 23 i metri quadrati della “suite”, realizzo che della cucina neanche l’ombra. Ma lei, premurosa, mi giura che mi porterà con le sue stesse mani un fornellino elettrico dove potrò sfogare tutte le mie esigenze culinarie. Infine, vengo gentilmente richiesto di saldare in anticipo. Naturalmente della ricevuta neanche l’ombra. Mi sembra che basti.

Decido di farmi su una dormitina per poi in serata andare a reclamare e magari cambiare dimora.

Non fatevi mai una dormitina se avete bisogno di rimanere incazzati! Quando ho riaperto gli occhi – cosa molto semplice nelle case polacche, visto che non hanno persiane – ho dato una sbirciatina fuori dalla finestra: uno dei tanti block comunisti composto da cinque o sei scatoloni grigi con finestre allineate col righello, stenditoio condominiale a lato dell’ingresso principale e casotto rionale per l’immondizia. Beh, almeno tipico, no? Scherzi a parte, sarà stato perché ormai ero rifocillato, sarà stato perché continuo ad essere un inguaribile romantico, ben presto ho iniziato a guardare con simpatia a ciò che mi circondava e, in particolare, ai vari tentativi di rendere un po’ più colorato il proprio appezzamento di mattoni. Qua e là, infatti, comparivano balconi tinteggiati a sfumature forti, e, quando non ci si poteva permettere il costo di un barattolo di vernice, una cascata di fiori mascherava l’imperante grigio di stampo sovietico. In più, mi sono ben presto reso conto che ciò che consideravo troppo angusto per le mie attività di turista, era, per la maggior parte della gente della zona, il rifugio quotidiano dell’intera famiglia.

Se a ciò aggiungete che Anita, la padrona di casa, che è anche un avvocato, candidamente mi ha lasciato intendere che con i miei soldi finalmente potrà permettersi la sospirata vacanza in Croazia… Decido di soprassedere e di dare inizio, con un po’ di spirito di adattamento a questa avventura polacca… dalla parte dei polacchi.

Cracovia è una gran bella città. Uno di quei posti dove chiunque può trovare ciò che cerca. L’impianto gotico-rinascimentale del centro storico (Stare Miasto) da solo può sedare le fregole dei più incalliti amanti dell’arte e dell’architettura. E’ sede di 13 università tra libere, private e pubbliche. Pertanto, una buona fetta delle attività commerciali della città sono state progettate in funzione di un target giovanile. L’intero centro abitato è circondato da un anello di verde (Planty) risultato dal riempimento dell’antico fossato della fortezza, mentre ciascuno dei quartieri periferici è dotato di un parco pubblico sempre ben curato e attrezzato. Se a ciò si aggiunge che l’estrema periferia è disseminata di piccoli laghi artificiali e naturali, facilmente raggiungibili con i bus o i tram che partono dal centro… Anche le istanze dei più accaniti naturalisti (e naturisti) sono ampiamente soddisfatte.

Come se non bastasse dalla città è possibile organizzare in maniera molto semplice escursioni in luoghi di grande rilevanza sia storica che naturalistica che spirituale. Alcuni di questi addirittura sono stati tra i primi ad essere inseriti nell’elenco ufficiale dei siti protetti dall’Unesco.

Qualche consiglio per visitarla? Certo non fate come il mio amico che, fanatico dello shopping ai supermercati e forte della scusa di dover provvedere alla dispensa, già dal primo pomeriggio di soggiorno si è fiondato al Carrefour, tra l’altro del tutto simile per struttura, colori e persino disposizione dei reparti, a quello di Casoria appena fuori Napoli (stessa cosa dicasi per Auchan e Ikea). E’ triste constatare come la malìa tentacolare della globalizzazione non risparmia proprio niente e nessuno. Ad appena pochi anni dal periodo in cui nei supermercati dei Paesi dell’Est era possibile trovare solo una busta di latte per scaffale, ora (per fortuna) si trova di tutto sì, ma è lo stesso “di tutto” che trovi a casa. Da segnalare vestiti, scarpe e accessori che costano poco meno di un quarto rispetto all’Italia. Chiaramente devono piacere!!! Molto meglio acquistare un abbonamento di tre giorni (24 złoty, poco più di 5 euro) che vi consente di girare ad libitum su tutto ciò che è pubblico e ha le ruote, sia di giorno che di notte. In questo modo potrete visitare Cracovia in quello che, secondo il parere di chi scrive, è la maniera più congeniale. Niente programmi a tavolino o itinerari consigliati. Scendete in una delle fermate del centro e soffermatevi dove c’è qualcosa che vi interessa. Con una buona guida arriverete in capo al mondo.

Rispetto alle altre città polacche, uscite quasi totalmente distrutte dai bombardamenti nazisti dell’ultima guerra, Cracovia ha avuto la fortuna di rimane integra. Pertanto, niente è ricostruito o rimaneggiato, come ad esempio è accaduto a Varsavia, ma tutto è originale e tra l’altro ben conservato e ottimamente ristrutturato. Perfino le sette sinagoghe del ghetto sono rimaste miracolosamente intatte. Purtroppo ora non ci sono più ebrei ad affollarle… Fatevi una capatina al Rynek (mercato), la piazza principale, dove si respira un’atmosfera unica a qualsiasi ora del giorno e della notte. Elegante e pulitissimo, il Rynek offre un insieme di monumenti che vanno dal Gotico all’Eclettismo fin de siécle e può tenere occupati per un bel po’. E’ l’unica piazza in Europa ad avere al suo centro una specie di suk rinascimentale, un tempo adibito a mercato del tessuto, ora l’unico posto in città dove poter acquistare souvenir.

Oppure scendete alla fermata della stazione centrale (Dwarzec Głowny) e addentratevi per il parco. Arriverete nella zona del teatro cittadino, splendido ma – a detta dei cittadini – poco sfruttato e, continuando, vi troverete a via Floriańska, qualcosa a metà tra una piccola Monmartre e il Lungosenna. I suoi marciapiedi sono occupati da decine di artisti che espongono gouache e pastelli che hanno come soggetto la città e il suo centro storico e vi assicuro che molti di loro sono degni di nota. Dato che ci siete, al numero 18 della parallela di via Floriańska, a via Jana, c’è il museo Czartoryski dove potrete ammirare la famosa “Dama dell’ermellino” di Leonardo. Quando è venuta in tour in Italia, c’è stata gente che ha fatto file chilometriche sotto il sole per poterla ammirare. Qui con una spesa di 9 złoty (2 euro) e con tutta la calma e il relax possibile, potete trovarvi anche da soli nella piccola sala dove è custodita e senza rispettare fila alcuna. Notate il fondo nero aggiunto in epoca successiva e la terribile scritta “Fornarina”, che la principessa Izabela Czartoryski, madre del nobile che acquistò il dipinto, scrisse sull’angolo in alto a sinistra credendo di possedere l’altro famosissimo quadro del genio di Vinci. Nel piccolo museo, oltre ad una collezione raffinatissima di porcellane, smalti e mobili intarsiati, è custodita, per la gioia dei feticisti, anche la maschera mortuaria di Chopin e il calco della sua mano.

La fermata del Wawel vi consentirà di godere dell’altro polo di attrazione della città: il complesso del castello e della cattedrale. A dire il vero il castello in sé non offre niente di speciale. Almeno rispetto allo standard a cui noi italiani siamo abituati. Notevole è solo la collezione di arazzi del re Sigismondo Augusto Jagellone, ultimo sovrano della dinastia che rese Cracovia capitale della Polonia.

La nota dolente è che per acquistare il biglietto dovrete sottoporvi ad una fila interminabile e lentissima poiché un unico sportello funge da punto di informazione e cassa dei biglietti. Inoltre bisogna scegliere tra cinque itinerari diversi (conviene fare solo i primi tre) che costano ciascuno 24 złoty, il prezzo più alto che si può pagare a Cracovia per una visita. Inutile informarsi prima e arrivare allo sportello con le idee chiare. Gli altri non lo fanno.

Meglio attendere la domenica quando quasi tutti gli accessi sono gratuiti.

Bella è invece è la cattedrale, una sorta di Pantheon polacco dove riposano tutti i re e gli artisti più famosi, e la strana aria che tira nella cittadella fortificata, tra l’altro considerata dai buddisti una dei sette centri al mondo (chakra) dove è possibile ricevere una buona iniezione di energia soprannaturale.

Ma, poiché non si vive di sola arte, parliamo un po’ di cosa mangiare e bere.

La cucina polacca è gustosa e varia. Tuttavia, provarla non è così semplice come si può credere. E anche qui la colpa è della globalizzazione. L’intero centro storico è disseminato di locali di ogni genere, ma impera in maniera quasi irritante la ristorazione straniera. Sushi bar, locali Tex Mex, Giro-pita et similia hanno invaso gli angoli più suggestivi della piazza grande e dintorni. Addirittura si è arrivati all’arroganza di distinguere questi locali in base alle regioni e non alla nazionalità: non un ristorantino francese, ma uno provenzale e uno bretone; non un locale ceco, ma uno moravo e uno boemo… e fossero almeno buoni! In particolare, tutta Cracovia è stata colonizzata da una catena egiziana chiamata “Kebab” che sembra aver dimenticato che il vero kebab non solo non è la piadina con carne e yogurt che ti propinano, ma soprattutto che quello originale va preparato esclusivamente con carne di montone, e non di manzo o – Allah ci perdoni tutti – di maiale! Sì, d’accordo fa molto etnochic mangiare felafel o sashimi in Polonia, ma l’idea di andare a scovare un locale esclusivamente di cucina polacca in un vicoletto angusto e per lo più dopo aver subito il risolino ironico del ragazzo che te lo ha indicato, mi sembra un po’ troppo. Insomma, se proprio volete una dritta, il ristorante migliore come rapporto qualità prezzo, è senza dubbio “Cechova” in via Jagiellońska. Potrete assaggiare tutti i piatti tipici della cucina polacca cucinati bene e a prezzi molto contenuti. Un esempio? Un inizio con barść, che è una zuppa di barbabietole rosse simile al borsh russo, seguito da pierogi, (sorta di ravioloni con carne, formaggio e cavolo) o aringa con trito di cipolle (non quella affumicata, ma quella marinata: squisita), per finire con il sernik, il loro dolce nazionale (una sorta di cheese cake locale) vi alleggerirà le tasche di appena 52 złoty (circa 12 euro in due). Giudicate un po’ voi.

Da sottolineare che il locale si trova in un bel palazzetto settecentesco del centro storico e l’interno è tutto rivestito en boiserie con pannelli di legno intarsiato. L’unica nota stonata è la cameriera: inconsapevolmente memore della dominazione nazista nonostante la giovane età, vi tratterà come una kapò in un lager. Magari con una tutina di latex nero e una frusta non andrebbe neanche male… ma quelli sono altri tipi di locali.

I ristoranti polacchi chiudono tutti alle dieci di sera. Dopo, sarete costretti ad infilarvi in un bar (ve ne sono a bizzeffe e alcuni, sul lato sinistro della piazza del mercato venendo da via Szweska, sono belli ed eleganti come quelli di Torino). Oppure, se ve la sentite, dovrete fare i conti con quelli etnici di cui sopra. Un’alternativa al locale tradizionale è la Jadłodajnia, una specie di mensa per chi non se lo può permettere, con menù ristretto e ancora più economica di quanto detto finora. Una interessante la trovate in via Sienna al lato della chiesa di Santa Maria, sempre in piazza grande. Se poi avete finito i soldi e ancora avete il vizio di mangiare almeno tre volte al giorno, provate i bar mleczny, una specie di self-service che servono soprattutto piatti vegetariani (stile operaio di bassa qualifica delle acciaierie di Nova Huta). Entrambi i tipi di locali chiudono intorno alle 17.

Quanto al bere, oltre alla wòdka (si pronuncia vudka), alle essenze varie e terribilmente profumata, provate la birra Żywiec, che non ha nulla da temere se confrontata con quelle tedesche o ceche e la Okocim, altrettanto buona ma non così particolare. Evitate i vini: costano molto (per quel target, s’intende) e non convincono. Almeno noi italiani.

Impossibile per chi vuole visitare bene la città, non prendere in considerazione i quartieri periferici. Almeno i due più significativi, anche se per motivi diversi.

Il primo è Nova Huta. Immortalato nei film di Andrzej Wajda (in particolare “L’uomo di ferro” e “L’uomo di marmo”), é oggi il quartiere più grande della città. E’ un’enorme città-dormitorio costruita per gli operai delle acciaierie (Huta) e per le loro famiglie. Fu “inventato” dal regime comunista negli anni ’50 con l’evidente obiettivo di industrializzare una zona troppo poco produttiva (secondo loro) e con il meno evidente scopo di contrastare l’intellighenzia di Cracovia, da sempre la più attiva e naturalmente anche la più lontana dal potere precostituito. Non per niente gli unici due premi Nobel polacchi viventi risiedono entrambi qui.

Non aspettatevi brutture eccessive. Il quartiere è decente e arioso. I vialoni sono grandi e spaziosi. I palazzi, benché un po’ tetri, hanno belle corti e vantano qua e là degli abbellimenti architettonici e di décor di tutto rispetto. Un laghetto artificiale con tanto di pista ciclabile e di prato, oltre ad una piscina a pagamento, contribuiscono a rendere la zona molto più che vivibile. Per non parlare del costo della vita. In Polonia gli stipendi e quindi i prezzi variano da zona a zona. Anche all’interno dello stesso agglomerato urbano. In un chiosco di via Jana Pawla II (Giovanni Paolo II!!!) tre chili di frutta, un cavolo verza per fare i crauti e una manciata di cavoletti di Bruxelles costano poco più di 1 euro… Non ho mai aderito a nessuna ideologia di stampo vetero-comunista, ma vi siete mai fatti un giro per le periferie di Napoli, Roma, Palermo o Torino? L’altro è Kazimierz, il vecchio ghetto. Appena più a sud del castello, è raggiungibile senza difficoltà anche a piedi. E’ ricco di locali di ogni genere, di teatri e di attività culturali. Solo qui è possibile acquistare biglietti per il teatro senza domandarsi né dove si tiene la rappresentazione né chi sono gli attori. A me è capitato col “Don Pasquale” di Donizetti. Mi aspettavo un teatro lirico e mi sono ritrovato in un teatrino underground stile newyorchese di una cinquantina di posti con le sedie da regista a fare da poltrone. Inutile dire che la rappresentazione è stata splendida, gli attori, nonostante recitassero e cantassero in italiano, erano tutti bravissimi e, cosa che non capita neanche al San Carlo, non c’era bisogno del libretto per seguire. Passeggiando per i suoi vicoli, ritroverete nella memoria le scene di “Schindler’s List” girato proprio qui, nei luoghi che fino a prima dell’ultima guerra hanno visto crescere una comunità ebraica ben presto diventata un riferimento culturale per l’intera Polonia.

Provate i caffè di via Szeroka, ma non fatevi ingannare: quella che sembra la scaletta d’accesso ad un ristorante dall’arredo finto ottocentesco è in effetti l’imbocco della strada. Alla fine di questa, troverete dei buoni locali di cucina ebraica che in alcuni giorni alla settimana fanno anche ottima musica klezmer.

Ma Cracovia non è solo il centro storico o i suoi quartieri. Una capatina bisogna farla sicuramente a Wieliczka, a circa 15 km dal centro. Si va per ammirare delle miniere di sale vecchie ben otto secoli. Cercate il pulmino che fa sosta nel parcheggio di fortuna di fronte alla stazione centrale. Per 4 złoty (90 centesimi) vi porterà in una quarantina di minuti proprio dinanzi al vialone d’accesso. Il treno o il pullman di linea, benché più confortevoli, vi lasceranno più lontani. Arrivati alla cassa, chiedete del tour in Italiano: vi faranno scavalcare una fila che definire chilometrica è poco. Il motivo è che l’unico giro in italiano inizia alle 13 e facendo la fila, anche se siete arrivati alle 8 del mattino, non ce la fareste ad aggregarvi. Wieliczka è un intricatissimo e gigantesco labirinto di gallerie (circa 330 km di tunnel distribuiti su nove livelli, ma niente paura: solo una piccola sezione è aperta al pubblico). L’originalità sta nel fatto che tutto ciò che vedrete all’interno è scolpito nel cristallo di salgemma. A dire il vero il risultato è un po’ kitsch: ci sono nani che sorreggono delle torce (forse perché si dice che l’autore di Biancaneve sia stato ispirato da queste miniere), laghetti incantanti dove una statua illuminata di Poseidone – non si capisce bene il motivo – lancia saette in acqua sulle note di “Tristesse” di Chopin, colorite bande sotterranee, ma l’atmosfera è molto suggestiva e vale comunque la pena di una visita. In particolare, non perdetevi la cappella di Santa Kinga. E’ una vera e propria chiesa dove tutto, dai lampadari al pavimento ai bassorilievi delle pareti, è fatto di sale.

Piccolo avvertimento per i claustrofobici: il percorso dura tre ore e la discesa è degna di un film dell’orrore. In compenso i locali sono ampi e ben arieggiati.

Una meta fuori porta imperdibile per chi è cristiano praticante é Częstochowa. Questa volta vi conviene prendere il pullman di linea (PKS) di fronte alla stazione centrale perché il viaggio dura circa 3 ore. E’ consigliabile fare il biglietto almeno la sera prima (12,5 złoty, meno di 3 euro) alla cassa interna alla stazione stessa, anche perché le corse sono molto limitate (7,30 e 12,00 per l’andata e 11,15 – 14,30 e 18,00 al ritorno). Andateci il giorno di Ferragosto, ma solo se non soffrite di agorafobia. In occasione della festività della Madonna Assunta, infatti, circa un milione di fedeli si muove dai vari angoli della Polonia per raggiungere a piedi il santuario di Jasna Góra, a volte camminando anche per un’intera settimana! L’atmosfera fuori è molto festosa: intere schiere di “papa boy” allineati in cortei, divisi per colori e accompagnati dagli immancabili pretini polacchi (che ormai si vedono solo qui e in Vaticano) avanzano in colonna cantando e suonando. Ma appena dentro, prima di raggiungere il quadro della Madonna Nera, il tripudio si trasforma in una sorta di lamento tantrico che – credo – serva a conciliare la meditazione. Se ne avete bisogno, approfittatene, perché la cappella dove è esposta l’immagine miracolosa è l’unico posto dell’intero santuario dove è possibile farlo. Altrove, all’interno e all’esterno, è un vero e proprio girone di turisti invadenti e di chiassose schiere di fedeli, di voci urlate da altoparlanti e flash di immancabili fotocamere digitali. Per fortuna il mercato dei gadget religiosi è limitato a poche, povere bancarelle. Per amanti del genere.

Lasciatevi per ultimo Auschiwitz. Chiunque visiti la Polonia e Cracovia in particolare, in definitiva viene per vedere i campi di concentramento. E’ come una volontà non espressa, un tacito accordo con la propria coscienza. Il nome in polacco è Oświęcim e si raggiunge in 45 minuti con i pulmini che troverete al parcheggio dei bus per Wieliczka. Ricordatelo il nome, perché sui mezzi pubblici e sulle cartine troverete questa denominazione e non quella che i tedeschi preferirono affibbiargli.

Di Auschwitz si è letto e si è visto di tutto, ma ciò non sarà sufficiente a contenere il senso di sgomento che proverete quando, una volta raggruppati e segnati in petto con un quadratino adesivo di colore diverso a seconda della nazionalità (sigh!), vi troverete ad aspettare il vostro turno d’entrata sotto la famigerata scritta del cancello principale “Arbeit macht frei”.

Permettetemi di sorvolare su descrizioni e consigli. Sono luoghi questi che vanno vissuti in prima persona. Nessun commento o impressione, per quanto profondo, può essere di qualche aiuto. Se vi capiterà di trovarvi lì in occasione delle celebrazioni alle quali partecipano gli ebrei sopravvissuti, capirete il perché.

$ $ $ Bene, penso di aver detto proprio tutto. Certo, è il mio tutto, ma l’ho scritto con entusiasmo e soprattutto con la speranza che possa essere d’aiuto a qualcuno che intenda visitare questo Paese che tanto ha da offrire.

Niente paura: non ho nessun accordo con la pro loco di Cracovia… purtroppo! Note 1 – Telefonare dalla Polonia con una scheda Tim, nel 2004 costa 2 euro al min. Chi riceve paga 25 cent alla risposta e 56 cent al min. Gli sms inviati dalla Polonia costano 29 cent. Dall’Italia il costo rimane invariato. Naturalmente si possono acquistare schede internazionali prepagate presso i punti informativi o le edicole.

2 – E’ possibile trovare giornali Italiani (Repubblica, Corriere e Sole 24 ore) da Empik, un megastore che si trova appena dietro la chiesa di Santa Maria a piazza del Mercato o nelle hall dei grandi alberghi internazionali.

3 – Attenzione ai tram! Si fermano in corsie riservate collocate al centro della strada. Pertanto bisogna fare attenzione quando si sale e si scende a guardare se gli automobilisti delle corsie laterali si sono fermati tutti. Se a bordo notate personaggi truci e vestiti male, non preoccupatevi: sono i controllori.

4 – Per raggiungere il laghetto di Krispinow, il luogo che la maggior parte dei polacchi sceglie per una gita fuori porta, scendete alla fermata “Salwator” del tram n. 2 (il capolinea) e poi prendete il bus 209, 239 o 269. La prima spiaggia che incontrerete è la più tranquilla, la seconda è appannaggio dei naturisti e la terza è prevalentemente gay. Col taxi il prezzo si aggira intorno agli otto euro.

5 – Un giorno particolare per visitare il campo di Auschwitz è il 14 agosto giorno della commemorazione della morte di San Massimiliano Kolbe.

6 – Il teatro di cui si parla nel testo è il “El Jot” a via Miodowa, 18.

Se avete domande da pormi, il mio indirizzo di posta elettronica è rett@jumpy.It



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