La Pacific coast e i parchi naturali degli USA
E’ la nostra “tradizione”: un viaggio all’ anno insieme ai bambini (bambini per modo di dire: Andrea ha 16 anni e Francesca 12). 2004: Praga, 2005: Parigi, 2006: Londra, 2007: New York. Quest’ anno, dopo tanti ripensamenti (spesa non indifferente…), abbiamo deciso di fare una pazzia: si va in California! Beh…California…Diciamo California e parchi naturali dell’ ovest degli Stati Uniti. Con il cambio € / $ così favorevole… Biglietto aereo Air France, partenza da Torino, scalo a Parigi, arrivo a San Francisco. Costo del biglietto: 590 € a persona (ovviamente incluso il ritorno, con lo stesso percorso fatto al contrario). Secondo me una buona tariffa (viaggio un po’ per lavoro, e quando penso a certi Torino-Francoforte a più di 900 €…).
L’ itinerario è chiaro, ci abbiamo lavorato un bel po’ (grazie, Internet !), ma in un viaggio di questo genere ci può sempre essere l’ imprevisto, oppure ci si può innamorare di un posto particolare e decidere di fermarsi un po’ di più; insomma, vogliamo vedere il maggior numero di cose possibile, e speriamo di riuscire a farcela nei giorni che abbiamo a disposizione (in realtà, alla fine abbiamo visto anche più posti di quelli che ci eravamo prefissati).
La partenza è fissata per il 25 giugno: count down iniziato circa 2 mesi prima, e man mano che la data si avvicina cresce l’ adrenalina. La sera prima si fatica un po’ a prendere sonno, si ripensa a tutto ciò che potrebbe servire, si è certi di aver dimenticato qualcosa…Ma in fondo le cose fondamentali sono 3: passaporto, carta di credito, patente di guida (oooppssss…Qui ci sarà un po’ di polemica, scoprirete poi il perché).
Insomma, il 25.6 alle ore 6 siamo all’ aeroporto di Caselle: sta per iniziare il viaggio più bello della nostra vita. 25 Giugno 2008 Un’ oretta verso Parigi, un paio d’ ore di scalo, e siamo sull’ aereo che ci porterà a San Francisco. Ovviamente io non chiudo occhio (normale per me nei viaggi intercontinentali…Così il volo, già lungo di per sé, mi sembra eterno…); questo mi permette di “scoprire” che facciamo una rotta molto nordica (passiamo sopra l’ Islanda e poi la Groenlandia). In effetti, a pensarci, non è così strano: essendo la terra schiacciata ai poli, passando da nord la rotta è più breve. Compiliamo gli “intelligentissimi” documenti consegnatici sull’ aereo da presentare alle autorità statunitensi (con domande tipo: sei un terrorista? porti con te bombe o droga?) e finalmente arriviamo a San Francisco alle 12.45, un po’ stanchi. Ma siamo in California !!! Espletiamo le formalità (controllo passaporti, impronte digitali e foto dell’ iride), ritiriamo le valigie, e via sulla navetta verso il rental cars. Ci sono 7 o 8 compagnie di noleggio, ma lunghe code ovunque. Auto residue…Mica tante ! Alla fine mi accordo con Budget per una Jeep Patriot a poco meno di 1000 € (dopo litigata con l’ omino che non capiva un tubo e mi aveva addebitato sulla carta di credito 3 giorni in più di quelli che gli avevo chiesto). Nota di servizio: negli States praticamente non si muove foglia se non hai una carta di credito, quindi, per chi ci volesse andare, veda di non esserne sprovvisto. Un buon quarto d’ ora per sfidare le leggi della fisica e comprimere le valigie nel bagagliaio, e si parte… ON THE ROAD! L’ aeroporto di San Francisco è situato nella zona sud della città, quindi noi, per andare in Hotel e vedere downtown ed i famosi pier, dobbiamo andare a nord. Non c’ è problema, abbiamo preso la macchina con il navigatore! Purtroppo il feeling con questa “trappola” (da noi ribattezzata Silvia, o in alternativa Jennifer) non è proprio immediato…Così ci ritroviamo esattamente nella direzione opposta…Va beh, poco male, si torna indietro sulla nostra prima freeway, e in pochi minuti siamo in città.
Fin da subito si capisce come San Francisco sia una città particolare: per la maggior parte si tratta di casette basse, che si estendono su 43 colline. Nonostante il feeling con Silvia sia ancora precario (per fortuna nel prosieguo del viaggio migliorerà, e alla fine devo dire che il navigatore ci è stato molto utile), arriviamo al nostro hotel, situato sulla famosa Lombard street, ai piedi di Russian Hill. Si tratta di un onesto Travelodge (l’ unico hotel che abbiamo prenotato dall’ Italia), dove lo spazio non manca. E’ pulito, abbiamo la camera da 4, un bagno, l’ aria condizionata, e tanto ci basta. Dimenticavo: in teoria è compresa anche la colazione; dico in teoria perché scopriremo poi che essa consiste in un caffè (l’ orribile e temutissimo caffè americano, poco più che acqua scura…) e una brioches confezionata. Va bè, meglio di niente…
L’ hotel è il Travelodge by the bay (http://www.Travelodgebythebay.Com/), prezzo della camera da 4: circa 96 € a notte, comprese le tasse + parcheggio). Voto in una scala da 1 a 10: 6,5 Due note di servizio: 1. Ricordatevi che ovunque, ma proprio ovunque (hotel, ristoranti, negozi, taxi…) dovrete considerare che, al prezzo dichiarato, si devono aggiungere le tasse, che sono sempre a parte. Le tasse dipendono da stato a stato, ed in aggiunta a quelle statali ci possono essere quelle locali. Sempre meglio chiedere. A San Francisco c’ è la tassa statale del 14%.
2. gli hotel hanno un modo di fare un po’ strano, per noi. Arrivi alla reception (o telefoni), e ti chiedono la carta di credito. Immediatamente ti bloccano la cifra; non è un vero e proprio pagamento, ma i soldi sono bloccati. La stranezza è che non ti bloccano la cifra pattuita, ma un po’ di più (tipo 20-30 € in più), come una sorta di cauzione nel caso facessi dei danni. Il giorno dopo, quando vai a pagare, ti stornano la differenza e paghi il prezzo pattuito. Io non lo sapevo, e le prime 2 volte mi sono preoccupato un po’, poi ho capito come gira Finalmente siamo pronti a vedere San Francisco ! Come prima cosa mi tuffo in un negozio di articoli sportivi: cerco delle scarpe da running Saucony, americane, che in Italia non è facilissimo trovare. Le provo e decido di prenderle: 130 $ (circa 85 €) contro i 170 € del prezzo italiano. Al momento di pagare il commesso mi chiede la carta di credito, ma gli dico che pago cash: evidentemente non ci è abituato, si illumina, e mi dice che mi fa lo sconto: il prezzo scende a 100 $, e in più mi regala una maglietta Asics. Morale: 65 € per scarpe + maglietta, poco più di 1/3 del prezzo delle scarpe in Italia…I prezzi più bassi rispetto all’ Italia saranno una costante del nostro viaggio (fortunatamente…) La prima destinazione è la Marina di San Francisco (zona nord della penisola): camminiamo in mezzo a case in stile vittoriano, bellissime, in un’ atmosfera di estrema rilassatezza, ed arriviamo in riva all’ oceano. Qui c’ è un vento molto forte, fa freddo (sarà l’ unico posto in tutto il viaggio), e non siamo attrezzati. Di fronte a noi si presentano 2 delle vedute più famose della città: il Golden Gate ed Alcatraz. Ci dirigiamo verso i pier, passando per un bel parco dove c’ è molta gente che fa sport (jogging, baseball, rollers…). Piano piano arriviamo al Fisherman’ s Wharf, dove in un negozio siamo costretti a comprare felpe e giubbotti per ripararci dal freddo (ma 13 € per un giubbotto antivento con interno in pile è accettabile…). Cena all’ Hard Rock Cafè, e rientro in taxi all’ hotel. 26 giugno 2008 La mattina ci svegliamo di buon’ ora, e si parte per il Golden Gate, il famoso ponte rosso di S. Francisco; curiosità: in direzione da sud a nord non si paga nulla, mentre da nord a sud si paga un pedaggio di 5 $ (stranezze americane…). Ad ogni modo, lo spettacolo è mozzafiato, e siamo fortunati che non c’ è nebbia (abbastanza frequente, da queste parti). Oltre al ponte, si va al molo sottostante, dove troviamo molti cinesi che pescano. Ovviamente scattiamo decine di foto (alla fine del viaggio saranno 1128…).
Rientriamo in città, e ci dirigiamo verso la famosissima Lombard Street (la via che, nella sua parte terminale verso il mare, è la più tortuosa del mondo). La percorriamo in macchina: sembra una stradina di montagna, solo che è nel centro di una grande città. Ci spostiamo poi verso downtown: un po’ di shopping (anche questa sarà una costante) e vediamo il palazzo del municipio, l’ Opera, la Biblioteca. Infine ecco Chinatown (la seconda comunità cinese negli States dopo quella di New York). Per cena torniamo al Fisherman’ s Wharf, per mangiare i famosi granchi. Io sono distrutto (già al secondo giorno !) e praticamente dormo sul tavolo del ristorante (credo che mi prenderanno in giro per anni…). 27 giugno 2008 La mattina successiva comincia il vero viaggio itinerante: lasciata San Francisco, passando il Bay Bridge, ci dirigiamo verso lo Yosemite park. Lungo la strada ci fermiamo ad Oakdale per ritirare soldi al bancomat e per cambiarci (comincia a fare un gran caldo…), e poi, poco prima dell’ ingresso del parco, a Chinese Camp. Qui facciamo rifornimento di benzina ed una piccola visita al general store (mitico, vendono veramente di tutto !).
Finalmente entriamo allo Yosemite park (biglietto d’ ingresso: 20 $ valido una settimana. Sarà così per tutti i parchi (i biglietti sono validi per una settimana, oppure per un anno, oppure per tutta la vita !!!), ed immediatamente ci fermiamo alla stazione dei rangers per avere informazioni su sistemazioni per la notte. I rangers sono veramente gentili, e ci danno vari numeri di telefono per contattare lodges e chiedere se c’ è posto, anticipandoci che non sarà facile…In realtà al terzo tentativo troviamo un hotel appena fuori il confine a sud-ovest del parco. Prenotiamo a ci dedichiamo alla visita del parco: è decisamente molto bello. Una fitta foresta, laghetti, cascate, punti panoramici con viste strepitose; arriviamo al visitor’ s center, dove ci sono tutte le spiegazioni sulla storia del parco, e le meraviglie di flora e fauna. C’ è anche una piccola sala cinematografica con immagini meravigliose, ed un campo indiano ricostruito. Risaliamo in macchina e ci dirigiamo al nostro hotel: è molto bello, con tanto di piscina all’ aperto e piscina coperta e riscaldata. Dopo un bel bagnetto ristoratore andiamo a cena nel ristorante dell’ hotel (anche perché nei dintorni non c’ è altra scelta) e poi a nanna.
L’ hotel è il Cedar lodge, prezzo della camera da 4: circa 100 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 8.
28 giugno 2008 La mattina seguente, dopo una colazione a dir poco incredibile, con qualsiasi cosa ci si possa immaginare, rientriamo nel parco e ci dirigiamo a Merced Grove; una passeggiata di mezz’ ora ci porta a vedere le famose sequoie giganti. Sono veramente incredibili ! La circonferenza e l’ altezza di questi alberi ci lasciano senza fiato; è incredibile cosa è in grado di fare la natura…
Tornati in macchina, ci dirigiamo verso la zona ad est del parco; incontriamo molti view points, e ci fermiamo all’ ultima stazione dei rangers prima di uscire dal parco (per comprare la maglietta souvenir dello Yosemite). L’ idea è di viaggiare fino ad un qualche paesino prima della Valle della Morte (nostro prossimo obiettivo) e pernottare. Invece incontriamo una famiglia di italiani che stanno facendo il nostro stesso percorso al contrario, quindi arrivano proprio dalla Valle della Morte. Ci dicono che esiste un hotel proprio nel bel mezzo della Valle; è deciso, andiamo a dormire lì. Ma ci sarà posto? Bisognerebbe telefonare, se non fosse che in tutti i parchi il cellulare non funziona perché non c’ è campo. Dopo parecchi km, ecco che troviamo uno spiraglio: c’ è campo ! Telefono, e riusciamo a trovare una camera. Proseguiamo lungo la strada, praticamente in mezzo al nulla; ad un certo punto ecco comparire un centro abitato: Lone Pine. La Valle della Morte non è lontana, conviene fermarsi, fare rifornimento e controllare la vettura. Stazione di servizio: caldo allucinante (ma dopo sarà peggio…). Faccio rifornimento: anche qui, le procedure americane sono un po’ particolari. O inserisci la carta di credito nella macchinetta self-service, o, se vuoi pagare cash, bisogna entrare nell’ ufficetto, anticipare i soldi (ad es. 50 $), fare rifornimento, e poi, se magari ci stanno solo 45 $, tornare dentro e farsi restituire la differenza. Mah…Chiedo all’ omino di controllare gomme, olio, acqua…E questo ride. Gli chiedo perché. Mi risponde: “andate nella Valle della Morte?”. Si, gli dico. E questo continua a ridere…Già, il motivo è che in questo bel paesino la temperatura è di circa 42°C, ma proseguendo troveremo ben altro…E lui lo sa…
Si gira a sinistra e si comincia a vedere un paesaggio molto molto brullo, con la strada tutta dritta fino all’ orizzonte, solo qualche sali-scendi: non c’ è nessuno, solo noi ! Facciamo una strada in salita, ed arriviamo ad un view point fantastico: una altura da cui si domina la vallata sottostante, un paesaggio lunare! Io non avevo mai visto un deserto in vita mia, è veramente incredibile. Scendiamo, e ci troviamo nella vera Valle della Morte. L’ unico incontro con un essere vivente è quello con un serpente che ci taglia la strada. Arriviamo alle famose dune di sabbia (la Valle della Morte è particolare perché ci si trova il deserto di roccia, di terra e di sabbia). Decidiamo di scendere dalla macchina per fare un po’ di foto, sono le 8 di sera; non ci posso credere, ci sono 48°C ! Sembra di entrare dentro un forno. Pazzesco, anche se è sera, dopo pochi minuti ti senti bruciare la pelle. Proseguiamo ed arriviamo al nostro hotel Si tratta del Furnace Creek ranch prezzo della camera da 4: circa 88 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 7.
E’ carino, ben attrezzato, ha la piscina ed il ristorante, con il solito difetto di tutti i ristoranti che abbiamo incontrato: chiude alle 9. Bisogna decidere: o si fa il bagno in piscina, o si va a mangiare. E ci dividiamo: Andrea e Francesca optano per la piscina, Carla ed io andiamo a mangiare. Ovviamente tutto è “immerso” nell’ aria condizionata, altrimenti sarebbe impossibile viverci. Ci soffermiamo a pensare che tutti coloro che ci lavorano sono praticamente in galera: di giorno è quasi impossibile uscire all’ aperto. Si va a nanna.
29 giugno 2008 Al mattino io mi sveglio alle 5 (come al solito): che fare fino alle 7.30? Vado a correre! Pazzia? Forse a quell’ ora si resiste. Mi vesto al buio ed esco; non è così tremendo, ci saranno 30°C e un po’ di arietta. Parto con la mia fida macchina fotografica, corsetta lenta, stop qua e là per fare foto. Fantastico ! Vedere l’ alba in un paesaggio del genere, completamente solo: mi sono gustato quei momenti come poche altre volte in vita mia. Rientro, dormono ancora tutti: faccio la doccia e finalmente si svegliano. Racconto loro di che cosa ho fatto e non mi credono; solo dopo aver mostrato loro le foto si convincono, e ovviamente mi danno del pazzo. Sarà, ma, come ho detto, non mi dimenticherò mai quei momenti.
Si riparte verso le 8, perché è bene visitare la Valle della Morte al mattino presto. Ci dirigiamo a Badwater, il punto più basso degli Stati Uniti (86 m. Sotto il livello del mare), passando dal Devil’ s golf course (il campo da golf del diavolo). Badwater è un lago salato, dove compare anche una pozzanghera d’ acqua. Scendiamo dalla macchina e anche qui, nonostante siano le 8.30 del mattino, la sensazione di caldo è devastante. Ci allontaniamo non più di 100 m dalla macchina, lungo una strada di sale, sotto il sole; direi che è pericoloso spingersi oltre, in un attimo ti può venire un colpo di calore e…Bye bye…Riprendiamo la macchina, aria condizionata al massimo, ci scoliamo circa 2 l. D’ acqua e ripartiamo. Si arriva a Zabriskie point (famoso anche per il film). Il panorama è mozzafiato: formazioni rocciose mai viste altrove. Proseguiamo facendo una deviazione verso Dante’s view, un picco da cui si possono vedere il punto più alto e più basso degli Stati Uniti. La strada è molto ripida, speriamo che la macchina non ci molli, altrimenti sì che ci divertiamo… Anche qui lo spettacolo è incredibile, e facciamo un curioso incontro: una specie di iguana in miniatura che, nonostante le scattiamo foto e le gironzoliamo intorno, non ci pensa proprio a scappare.
Usciamo dalla Valle della Morte prima di mezzogiorno; la prossima tappa è Las Vegas.
Un paio d’ ore di macchina in mezzo al nulla ed ecco comparire un’ esplosione di luce: la città del gioco è proprio di fronte a noi. Propongo di andare a vedere il Caesar’ s Palace, famoso anche per i molti incontri di pugilato che vi si tengono. Carla e Francesca insistono perché vada a chiedere quanto costa il pernottamento; assurdo, dico, è totalmente fuori dalla nostra portata. Dopo un po’ di discussioni cedo e vado a chiedere: avevano ragione ! Il costo è sì superiore ai nostri standard, ma non fuori dal mondo.
https://www.Vegas.Com/resorts/caesars/ prezzo della camera da 4 (tra l’ altro esageriamo e prendiamo la deluxe, crepi l’ avarizia): circa 166 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 10.
La hall ha le dimensioni di un campo da tennis, con fontana in mezzo: facciamo il check-in e al momento di andare in camera l’ omino della reception tira fuori una mappa dell’ hotel per indicarci dove si trova !!!! Si passa in mezzo ad infinite slot-machine e tavoli da gioco, ed al 9° piano c’ è la nostra camera: mitica, con tanto di vasca idromassaggio e frigo bar “automatico” (nel senso che, se prendi qualcosa viene automaticamente segnalato alla reception).
Usciamo per fare una passeggiata sulla “strip”, la famosa via centrale di Las Vegas; tutto è esageratamente esagerato, compreso il caldo (non è la valle della morte, ma comunque non scherza…). Praticamente si tratta di un continuo susseguirsi di hotel che si richiamano a qualcosa di famoso nel mondo: e allora si incontrano Piazza San Marco con tanto di canali d’ acqua e gondole, la Tour Eiffel, la Statua della Libertà con l’ Empire state building, le Piramidi egiziane, Montecarlo, e chi più ne ha più ne metta. Ovviamente, inutile dirlo, il tutto vive sul gioco d’ azzardo: anche nel piccolissimo market alimentare abbiamo trovato le slot machines.
Stremati dal caldo torniamo in hotel in taxi per riposarci un’ oretta, e poi usciamo a cena: Hard rock cafè (tanto per cambiare…).
Questa città è veramente incredibile: non ci starei più di un giorno, ma se si viene in queste zone è imperdibile.
30 giugno 2008 La mattina si va in uno degli outlet di Las Vegas a fare shopping (prezzi super-convenienti), e poi prendiamo la strada che ci porterà alla nostra prossima meta: lo Zion park. A questo punto il feeling con Silvia è notevolmente migliorato, ed ormai ci fidiamo quasi ciecamente di lei.
Cominciamo a vedere alcune riserve indiane, un po’ deprimenti per la verità.
Arriviamo all’ ingresso dello Zion park che sono già le 6 di sera. Lo attraversiamo facendo una rapida sosta per un panino; è molto bello, con una grande moltitudine di strane formazioni rocciose dei più svariati colori. Queste erano originariamente sabbia, poi compattatasi nel corso dei millenni. L’ asfalto è misto con la terra del luogo, risultando di un curioso colore rosso.
Ah, dimenticavo: dal Nevada siamo passati allo Utah, e bisogna tenere presente che c’ è la differenza di un’ ora di fuso orario (in avanti).
Usciti dallo Zion, proseguiamo verso il Bryce canyon, dove abbiamo prenotato un hotel. E’ ormai sera, buio, e lungo la strada bisogna fare attenzione ai cervi che attraversano frequentemente (purtroppo ne abbiamo visto uno investito da una macchina).
Arriviamo in hotel circa 10 minuti prima che i 2 arzilli vecchietti della reception chiudano (ma…Avevamo prenotato…Boh). L’ hotel è il http://www.Bryceviewlodge.Com/index.Html prezzo della camera da 4: circa 77 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 6,5. Non è il Caesar’ s palace, ma è accettabile (e poi siamo stanchi, va bene quasi tutto) 1 luglio 2008 La mattina colazione luculliana, e prenotiamo il giro turistico in aereo sopra il Bryce canyon per le 13. Entriamo nel parco, e ci facciamo tutti i view point: questo canyon è incredibile, ci sono delle formazioni rocciose che sono un vero miracolo della natura, tutte rosse. Guglie, pinnacoli, archi di pietra naturali, anfiteatri: questo parco non è enorme, e forse non è neanche uno dei più conosciuti dal turismo di massa, ma secondo noi è assolutamente imperdibile ! Torniamo indietro e ci dirigiamo al Bryce airport, il nostro aereo ci aspetta. Mitico, si tratta in pratica di una casetta con il tetto di latta su cui qualcuno ha scritto con la vernice “Bryce canyon airport”. Il pilota ci aspetta (un omone di 150 kg) e ci fa vedere il Cessna su cui saliremo: che Dio ce la mandi buona…Ci sistemiamo dentro l’ aereo, avviamento del motore…Che si spegne…La fiducia non è tantissima…Secondo tentativo e parte, un po’ a singhiozzo. Decollo, via! Appena in aria l’ aereo comincia ad andare dove vuole lui, trasportato dalle correnti d’ aria (giusto per non farsi mancare niente, all’ orizzonte sta arrivando un forte temporale con tuoni e fulmini…). Insomma, per i primi 5 minuti è panico totale, poi mi rassegno e penso: sarà normale, e se è destino che andiamo giù non ci si può far niente. Mi tranquillizzo e mi godo il panorama mozzafiato.
Nota: per il giretto turistico in aereo abbiamo speso circa 350 $ (in totale).
Torniamo a terra, tutto bene (anche se ho una gran voglia di inginocchiarmi a baciare il suolo, un po’ come fa il Papa…).
Un po’ di shopping (non poteva mancare) ed e’ ora di muoverci: la prossima destinazione è Kayenta, dove pernotteremo, per poi visitare la Monument Valley domani mattina.
Lungo la strada (siamo ancora vicino al Bryce) passiamo in mezzo al Red canyon: bello, ed impressionante il colore, è proprio rosso ! Più avanti vediamo la famosa diga sul fiume Colorado, impressionante.
Arriviamo a Kayenta (siamo ora in Arizona), in pieno territorio Navajo. Pernottiamo all’ Holiday Inn (tenuto da Navajos, come qualsiasi cosa, da queste parti). prezzo della camera da 4: circa 110 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 7.
In Arizona ci sarà l’ ora del Nevada o quella dello Utah? Sorpresa ! In hotel ci sono 2 orologi: uno indica l’ ora dell’ Arizona, l’ altro l’ ora dei Navajo ! Mitico, i Navajo hanno un’ ora di differenza rispetto al resto dello stato. Mangiamo cena in hotel, e facciamo un minimo di spesa nel mini-market adiacente. Devo dire una cosa, un po’ a malincuore: io ho sempre avuto il mito degli indiani d’ America, popolo fiero, ma devo dire che non sono mica tanto simpatici…Per carità , hanno le loro ragioni nell’ essere arrabbiati con chi li ha rinchiusi nelle riserve, ma forse potrebbero essere un po’ più gentili con i turisti che, in fondo, portano loro soldi. Se non ci fosse il turismo, non so come potrebbero vivere da queste parti, visto il territorio che, con un eufemismo, possiamo definire quantomeno inospitale.
2 luglio 2008 Ad ogni modo, la mattina successiva si va alla Monument Valley: è semplicemente strepitosa ! Una volta lasciata la strada principale, si entra nel parco (che è un parco Navajo, e quindi non fa parte dei parchi nazionali). Qui la strada è sterrata, ed il giro completo della valle è di circa 20 km. Incontriamo subito un gruppo di 3 motociclisti sulla sessantina, fermi vicino a noi per fare delle foto: Harley Davidson, stivali in pelle, jeans sdruciti, bandana, occhialoni: il prototipo dell’ Harleysta. Quando li sento parlare non ci credo: sono veneti ! Sono venuti in America, affittato le moto a stanno girando all’ avventura. Fantastico, un giorno lo farò anch’ io con Carla.
Ciò che si presenta ai nostri occhi è unico: enormi monoliti di roccia che sembra siano piovuti dal cielo per incastonarsi nella valle piatta. Qui è stato girato “C’ era una volta il West”, e credo molti altri film dell’ epopea western. In effetti, immersi in questa realtà, hai la sensazione che da un momento all’ altro possa comparire la diligenza che viene attaccata dagli indiani. Comunque il tutto è meraviglioso, ed incontriamo in americano della east coast gentilissimo con cui scambiamo 4 parole; povero, è rimasto vedovo da 3 mesi, e si sta girando i parchi da solo.
Lasciata la Monument Valley, ci dirigiamo verso il Four corners, l’ unico punto in America dove si incontrano 4 stati diversi : Arizona, Utah, Colorado e New Mexico. Dopo 1 ora e 45 ci siamo: non c’ è granchè, se non questa piattaforma in cemento, le bandiere dei 4 stati ed un bel po’ di bancarelle. Foto di rito (uno di noi per ogni stato, uno da solo in 4 stati contemporaneamente…) e si torna. Direzione: Grand Canyon.
Arriviamo al Grand Canyon dall’ entrata sud all’ imbrunire, ed è uno spettacolo: un enorme crepaccio che, nel punto di massima profondità, misura all’ incirca 1500 m di strapiombo, e 16 km di larghezza. I colori sono stupendi: infinite tonalità di grigio, rosso e marrone illuminate dal sole che scende dietro le montagne. Anche qui facciamo i vari view point, e lungo la strada incontriamo alcuni cervi molto grossi ed un coyote sul ciglio della strada. Ci fermiamo per fargli una foto in tutta fretta, ma lui a scappare non ci pensa proprio. Anzi, si avvicina, probabilmente sperando di ottenere un po’ di cibo da noi (ma è vietato dar da mangiare agli animali nei parchi). Insomma, facciamo delle bellissime foto in cui sembra si sia messo in posa.
Arriviamo al villaggio del parco che sono le 8.30 di sera, e dobbiamo cercare un posto per dormire. Purtroppo sembra tutto pieno, ma siamo fortunati e troviamo una stanza nello Yavapai lodge. Prezzo della camera da 4: circa 78 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 6,5.
Cena al self service del villaggio, dove veniamo redarguiti perché Andrea osa avvicinarsi ad una bottiglietta di birra (nota bene: non stava bevendo e non aveva alcuna intenzione di bere, la birra era per me, stava solo portando la bottiglia dalla cassa al tavolo): stranezze americane, fino a 21 anni non si può toccare una birra, ma a 16 si può comodamente comprare una pistola… 3 luglio 2008 La mattina facciamo ancora una visitina al Grand Canyon e poi partiamo alla volta di San Diego. Sarà la tappa più lunga (quasi 900 km) e quindi tutto il giorno è dedicato al trasferimento. Dopo parecchie ore al volante sono veramente cotto, quindi chiedo a Carla di guidare un po’. Non c’ è problema: lei guida ed io mi riposo. Dopo un’ oretta, candidamente, si ricorda di aver lasciato la patente in Italia! Così devo tornare a guidare io…Ed è qui che faccio la grossa polemica di cui parlavo all’ inizio. Ma si può? Ne avevamo parlato, la doppia guida era anche compresa nel prezzo della macchina, e lei lascia la patente a casa ! Questa gliela rinfaccerò per un bel po’ di tempo…
La strada costeggia il Mojave national park, vediamo alcuni interessanti treni merci (Andrea ha contato 120 vagoni in un treno!), e facciamo un pezzo della famosa Route 66, passando per un terribile paesino chiamato Needles: fa un caldo allucinante !!! Finalmente, dopo circa 11 ore di macchina (con alcune pause, ovvio), arriviamo a San Diego. Troviamo una sistemazione all’ Hotel Day’ s Inn prezzo della camera da 4: circa 114 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 6,5), vicino alla baia. I “bimbi” vanno in piscina, io a farmi una corsa lungomare, Carla si riposa un po’. Per cena cerchiamo di andare nel quartiere italiano (dopo diversi giorni di schifezze americane, un po’ di pasta/pizza/insalata non ci stanno male…), ma sono passate le 9.30: ormai i ristoranti stanno chiudendo (anche sulla costa!). Così si finisce in un fast food messicano a mangiare un burrito (neanche male, per la verità). 4 luglio 2008 La mattina successiva è il 4 luglio, grande festa in America. Noi andiamo al porto, dove c’ è vita, e la partenza dei tour turistici sul bus. In perfetto stile “turista alla riscossa”, anche noi prendiamo il biglietto e cominciamo il giro. San Diego è bellissima: bella gente, tutti danno l’ impressione di essere ricchi e in forma, la città sembra a misura d’ uomo, il clima è perfetto: 23°C, sole, niente umidità. Insomma, fin da subito una città di cui mi sono innamorato e in cui andrei a vivere domani.
Il bus ci porta sull’ isoletta che ci trova di fronte alla città, attraversando un lungo ponte a tutta velocità. Qui vediamo un sacco di persone nei prati di fronte alle loro villette che fanno il barbecue (in perfetto stile americano del 4 luglio). Ci sono decine e decine di barche ovunque. Noi torniamo in città col bus, e scendiamo al quartiere Gaslamp (dove, udite udite…Facciamo un po’ di shopping). Pranzo all’ Hard Rock cafè (che noia, eh?), e nel pomeriggio andiamo a visitare Balboa park, decisamente bello. La sera finalmente si mangia italiano (stavolta ci siamo presentati al ristorante in tempo)! Ci serve un mitico cameriere di Milano (Matteo, troppo fuori…) e mangiamo qualcosa che conosciamo, guardando i fuochi d’ artificio sulla baia.
5 luglio 2008 La mattina successiva salutiamo San Diego e cominciamo la risalita della costa pacifica.
Facciamo tappa a Newport, perché Francesca vuole assolutamente vedere i luoghi dove è stata girata la serie televisiva O.C.; il posto è molto bello, ricco, con un porto dove sono ormeggiate moltissime barche e un’ infinità di villette dall’ aria tranquilla.
Proseguiamo verso nord, attraversiamo tutta Los Angeles su una freeway che, in certi punti, arriva ad avere 7 corsie per senso di marcia (e le uscite ne hanno 3 di corsie!). Los Angeles è una megalopoli di cui è perfino difficile definire i limiti. Arriviamo fino a Santa Monica, poi ci dirigiamo a Venice, dove facciamo tappa in un motel della catena Motel 7 (prezzo della camera da 4: circa 80 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 6).
6 luglio 2008 Il giorno dopo da Venice andiamo a vedere Hollywood, con la famosa walk of fame (la via con le stelle incastonate nel marciapiede), il Chinese theatre con le impronte delle star, saliamo sulla collina per avvicinarci alla famosa insegna di Hollywood (qui, senza Silvia, non ci saremmo mai arrivati, in quanto è un dedalo di viuzze su e giù per le colline), e poi ci avviamo sul Sunset boulevard verso Beverly Hills. Qui si respira una profonda aria di ricchezza, con ville e macchinoni da paura: beati loro…Fatto un giro per Rodeo Drive, ci spostiamo verso downtown di Los Angeles, per vedere il Rosslyn hotel (dove Vasco ha girato il video del suo ultimo album), dietro insistenza di Andrea.
Torniamo a Venice, dove (e qui sono io che insisto…) facciamo una breve tappa alla famosa Gold’ s Gym, la palestra dove nei tempi eroici del body-building Arnold Shwarzenegger e i suoi amici si allenavano duramente (la palestra è soprannominata la Mecca del Bodybuilding). Si va poi finalmente in spiaggia: Andrea e Francesca si tuffano in mare (Carla ed io non ci pensiamo proprio, con l’ acqua gelata che c’ è …), io vado a correre sulla passeggiata della spiaggia. A Venice si può trovare tutta l’ umanità, tutto ed il contrario di tutto. Vista e fotografata la famosa Muscle Beach (la palestra sulla spiaggia), facciamo ancora una passeggiata e rientriamo in hotel. Nota: a Venice è sconsigliato andare sulla spiaggia di sera, in quanto ci sono borseggiatori e malviventi vari.
7 luglio 2008 Il giorno dopo ci spostiamo verso Malibu, la famosa spiaggia dove molte star hanno la casa; qui troviamo un bel po’ di surfisti che fanno evoluzioni. Proseguiamo verso Santa Barbara, che è la nostra prossima meta. Santa Barbara è una stupenda località che originariamente era un pueblo messicano, di cui ha conservato le caratteristiche (casette bianche, chiesette molto belle): facciamo un giro per la città, tanto è piccola, e proseguiamo verso nord.
Arriviamo a Pismo Beach ed alloggiamo al Dolphin Cove (prezzo della camera da 4: circa 107 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 6,5.
La proprietaria, sentito che siamo italiani, ci informa che nella camera vicina alla nostra negli anni 1963-64 James Dean “folleggiava” con la sua amante italiana. Interessante…Il cielo è plumbeo, fa freddo, e noi andiamo a cena. Il giorno dopo facciamo le foto di rito ad una ventina di surfisti (che coraggio…L’ acqua sarà a 15°C…) e ripartiamo, con l’ intenzione di risalire tutta la costa, vedere il Big Sur ed arrivare a Monterey.
8 luglio 2008 Ci fermiamo ad alcuni view points, ed in uno di questi vediamo sulla spiaggia gli elefanti marini, enormi bestioni (peseranno 2 tonnellate) dall’ aria paciosa, ma che dicono essere invece abbastanza aggressivi. Nel parcheggio gironzolano un sacco di scoiattoli, per nulla impauriti: tiriamo fuori delle noccioline, e questi vengono a prenderle direttamente dalle nostre mani, salendoci sulle gambe.
Proseguendo verso il Big Sur, abbiamo una brutta sorpresa: la strada è chiusa a causa di un incendio. Deviamo quindi verso l’ interno, per una stradina ripida, e subito ci ri-assale il gran caldo; è incredibile come sulla costa spesso sia freddo, e appena un paio di km verso l’ interno subito diventi torrido.
Arriviamo (nel bel mezzo del nulla) ad una specie di controllo doganale, dove ci chiedono i passaporti, dove andiamo, ecc ecc…Stranissimo…Solo dopo capiamo il perché: siamo entrati in una zona militare, dove vengono fatte le esercitazioni, e più avanti troviamo anche un deposito di mezzi militari (una marea, veramente una marea…).
Tornati sulla strada principale facciamo rotta verso Monterey: purtroppo il Big Sur lo dovremo vedere la prossima volta. Ad un certo punto ci imbattiamo in un cartello: Laguna Seca. Siamo proprio dove, di lì a 10 giorni, si terrà il Gran Premio di Moto GP: vuoi non fare una capatina? E’ tutto in allestimento, ma all’ entrata non c’ è nessuno, così entriamo alla chetichella, e facciamo tutto il giro della strada che sta intorno alla pista, che si vede benissimo. Foto al famoso “Cavatappi”, poi teatro di un mitico sorpasso del grande Valentino ai danni di Stoner, e si prosegue.
Siamo ormai a Monterey; subito andiamo al porto, vediamo la statua di Santa Rosalia, patrona dei palermitani che sbarcarono in questa città, facciamo un giro in centro dove c’ è il mercato, e ce ne andiamo in hotel (Confort Inn: prezzo della camera da 4: circa 80 € a notte, comprese le tasse. Voto in una scala da 1 a 10: 7,5.
Ce ne andiamo a cena (ristorante italiano) e poi a nanna.
9 luglio 2008 Ormai siamo alla fine: il mattino successivo facciamo rotta su San Francisco, ultima visita veloce al Fisherman’ s Wharf, da dove era partito il nostro sogno, e poi ci dirigiamo all’ aeroporto.
Stanchi, tristi per la fine della vacanza, ma con il cuore gonfio di felicità per aver vissuto 2 settimane meravigliose, vediamo la California allontanarsi dal finestrino dell’ aereo. Dopo circa 10 ore e mezza siamo a Parigi, cambio, e arriviamo a Torino: sono le 14.45 del 10 luglio, e il nostro viaggio si chiude ufficialmente.
Mi scuso se questo racconto è stato un po’ lungo, ma, poiché a me è stato molto utile leggerne di simili, ho voluto provare a dare più informazioni possibili, magari qualcuno potrebbe usufruirne.
Spero di essere riuscito a trasmettere il mio entusiasmo per una vacanza indimenticabile, in posti da sogno, che consiglio a chiunque abbia voglia di girare, fare km, vedere cose e conoscere gente, abbia voglia di sbattersi un po’ e tornare a casa più stanco di quando è partito, ma avendo negli occhi immagini che mai potrà dimenticare. Una cosa è certa: non so quando, ma noi in questi posti ci torneremo.
Infine, un grazie a Carla, Andrea, Francesca: oltre ad amarvi, siete degli ottimi compagni di viaggio!!!