La nostra New York
PROGETTO DI VIAGGIO: L’idea del viaggio, nasce in febbraio, quando in piena crisi da ferie iniziamo a sognare di fare un bel viaggetto che dovrebbe essere non troppo dispendioso a livello economico e che ci permetta di visitare città e natura in 10 giorni. E cosa c’è di meglio che non la mitica e tanto sognata New York e finchè siamo lì come possiamo farci scappare un giro per Cape Cod e Boston? Visti i vari impegni lavorativi, personali e famigliari, per spezzare un po’ la routine dei mesi che vanno dalle vacanze estive a quelle invernali, la settimana cade alla fine di ottobre e più precisamente dal 24 Ottobre al 2 di Novembre, che guarda caso è una delle settimane più ricche di avvenimenti: tra Halloween e la Maratona non potremmo desiderare niente di più! Inoltre andando in questo periodo sappiamo per certo di trovare la magnifica colorazione autunnale dei boschi appena fuori dalla città (avevamo già avuto questa fortuna due anni fa in Canada nello stesso periodo) e così siamo ancora più carichi di partire in questo periodo.
I mesi che passano da febbraio a ottobre li utilizziamo leggendo guide e documentandoci sul nostro tour, che man mano che si perfeziona raccoglie quanto più possibile c’è da vedere e fare.
VOLO: La prenotazione del volo la facciamo a maggio, tramite Expedia con la compagnia Eurofly, volo diretto da Bologna a New York (niente di meglio visti anche gli orari dei voli) che ci verrà annullata in agosto a causa del caro carburante e di altri motivi non ancora ben chiari, ma questa è un’altra storia che non merita di essere neanche menzionata, perché fortunatamente non inciderà su quello che è il risultati di questo viaggio! L’unico appunto è che per la nostra esperienza vissuta non ci sentiamo assolutamente di consigliare questo vettore, i cui prezzi sono assolutamente paragonabili a qualsiasi altra compagnia aerea e che al contempo offre meno garanzie ( a distanza di 7 mesi dall’annullamento, il viaggio ci è poi stato completamente rimborsato dalla compagnia che ha annullato il volo)! Nel frattempo la nostra idea di viaggio aveva fatto proseliti tra i nostri amici, infatti A. E B. In agosto ci annunciano che vogliono anche loro andare a New York e fare il giro con noi. E allora cosa c’è di meglio che in viaggio in allegria? Così che ci rimbocchiamo le maniche e ci mettiamo ad effettuare una nuova ricerca dei voli: stesse date, partenza da Milano (un po’ più scomoda per noi che abitiamo in Emilia) andata con American Airlines volo diretto e il rientro con British con scalo di due ore a Londra. Il prezzo è superiore rispetto a quello pagato per il volo Eurofly ma è ancora accettabile se si considera che siamo sottodata e andiamo in un periodo ricco di eventi! ALBERGO: La scelta dell’albergo è stata quella che ci ha impegnato maggiormente: cercavamo una posizione centrale (tipo Time Square) dove poter avere tutto a portata di mano o di metro, non troppo costosa (ma è un’affermazione che non esiste a New York per quanto riguarda l’alloggio) e pulizia, visto che la fama di questa città è quella di non prestare molta cura a questo dettaglio per noi fondamentale.
E così dopo aver scandagliato tutti i possibili motori di ricerca, i siti degli alberghi, i siti di commenti come tripadvisor, ci siamo affidati al buon senso e a quanto di disponibile era rimasto (ebbene si, già a maggio per questa settimana di ottobre le sistemazioni migliori non avevano più molte camere da offrire o quelle rimaste erano suite da 600$ a notte) abbiamo prenotato sul sito dell’albergo Stanford, 33st incrocio 6av. Le recensioni lette su Tripadvisor appunto ci hanno fatto scegliere questa sistemazione, risultata molto più economica prenotando direttamente sul sito dell’albergo rispetto ad eventuali expedia, venere, e devo dire che non ne siamo affatto rimasti delusi. Il prezzo è stato molto salato in ogni modo (300 $ a notte fino al 29/10, e 350$ dal 30/10 al 01/11) , abbiamo prenotato una camera king (un po’ più spaziosa rispetto alle normali), lo standard di pulizia e cura non era dei migliori paragonato a quello che abbiamo avuto nel corso dei nostri precedenti viaggi ma non ci possiamo lamentare. Ma la posizione era decisamente strategica, eravamo sotto l’Empire e di fronte a Macy. Fermata della metro (linee B-D, F e V) a 10 passi dall’ingresso dell’albergo. Inoltre compresa nella modica cifra della camera c’è la colazione, non è del tipo americano (bacon e uova…) ma è più stile continentale ma veramente buona e abbondante e di conseguenza merita tutta la nostra approvazione (soprattutto per B. Voglio ricordare quei bei bicchieroni di latte e caffè americano, che a me il solo pensiero stomaca ma a lei piacevano un sacco, e anche oggi a distanza di tempo li ricorda con estremo piacere)! CLIMA: il clima in questo periodo è decisamente freddino, è un freddo secco pungente, ma nelle giornate di sole (e devo dire che siamo stati fortunati perchè in 10 giorni abbiamo avuto solo una giornata di pioggia) si sta bene anche solo con un maglioncino di lana. Assolutamente da portare giacca antivento (se non altro per l’Empire State Building perché a quella altezza le raffiche di vento sono micidiali, o per il traghetto che da Battery Park porta a Staten Island) e scarpe da ginnastica supercomode e ammortizzate (non ve ne renderete conto finchè non ci sarete ma alla fine della giornata i vostri piedi grideranno vendetta).
ABITANTI: non ci credevo ma devo ammettere che la gente di New York è davvero cordiale. La mia affermazione “non ci credevo” è legata al fatto che ho sempre pensato che in una città così vasta, così caotica e dove tutti sono di fretta, dove le persone che incontri alle 8.00 del mattino su di un marciapiede fossero uomini e donne in carriera concentrati unicamente sull’attraversamento della strada e sul raggiungere in fretta il proprio posto di lavoro, non si prestasse attenzione al proprio vicino e men che meno a chi fa perdere tempo con richieste di informazioni stradali ecc. Bhe devo ammettere che mi sono ricreduta fin dal primo giorno, le persone che incontri per strada o nei bar saranno anche in carriera ma hanno un rispetto immenso per il turista, per chi è in difficoltà ad un incrocio e non esitano a chiedere se hai bisogno di una mano o orientarti la cartina nel verso giusto. Sono molto disponibili e cordiali. L’unica eccezione a nostro modesto avviso la fanno i taxisti (e di taxi ne abbiamo presi diversi per muoverci visto che in 4 la spesa è decisamente abbordabile e si viaggia molto meglio che in metro), sono tutti arcigni e scorbutici, non parlano o quando lo fanno non è certo con cortesia, ma credo che la maggior parte di quelli che abbiamo incontrato noi con questi atteggiamenti fossero le eccezioni perché la regola in questa città è l’educazione e il rispetto reciproco.
ABITUDINI: devo dire che in una settimana è difficile farsi uno spaccato di vita vissuta a New York proprio per le sue continue contraddizioni e le sue mille sfaccettature. Quello che possiamo dire è che, sarà retorica e quindi perdonatecela, a noi è parsa la “città che non dorme mai, delle mille luci, dei mille colori e odori”, un’accozzaglia di differenze che creano quella che penso sia la sua peculiarità. Non c’è momento che camminando per la strada non si sentano 100 clacson suonare (anche di notte in camera), ad ogni angolo si trovano i baracchini che vendono i sandwich e kebab e quando i pedoni passano i venditori alzano l’odore del cibo facendo vento, le luci rimangono ininterrottamente accese per tutta la giornata e la nottata (anche se adesso ho letto di un piano per il risparmio energetico ed ad una certa ora della notte si abbassano o alcune si spengono, come l’Empire che dopo un certa ora non è più illuminato per tutti i piani della punta), i mille taxi gialli sfrecciano lungo le street e le avenue come biglie di un flipper impazzito. E’ come se non potessi fermarti, devi seguire l’onda, devi immergerti in questo flusso e lasciarti trascinare. Per noi che viviamo in una città medio-piccola quello che definiamo traffico o ingorgo a New York non è paragonabile con niente. Devo ammettere che i primi giorni (ma anche gli ultimi) è stato veramente difficile cercare di abituarsi a questa confusione e viverla fino in fondo.
AUTO: abbiamo noleggiato un’auto per i due giorni di gita a Boston e preoccupati del traffico cittadino, devo dire a ragione, abbiamo preferito ritirarla all’aeroporto di Newark, già in direzione della I95 strada che avremmo dovuto affrontare per uscire dallo stato di New York. La macchina è stata noleggiata dall’Italia in settembre sul sito di e-noleggioauto (consigliato da diversi turisti per caso) e ci siamo trovati veramente bene. Nei nostri precedenti viaggi, avevamo noleggiato l’auto sempre con la Hertz, ma i prezzi non erano minimamente paragonabili a quelli proposti da e-noleggioauto. Questo è un intermediario che gestisce diverse compagnie di noleggio e a seconda della richiesta o della disponibilità delle auto assegna i diversi noleggiatori. La nostra auto un SUV immenso, con un pieno in regalo e l’aggiunta del secondo guidatore gratis è costata 100 € ritirata alla Dollar, quando direttamente sul sito della Dollar costava 200$. Le assicurazioni erano già tutte incluse ad eccezione delle spese di carroattrezzi per colpa del conducente (che abbiamo saldato in loco pagando 10$ in più, perché cmq non si sa mai ed è meglio prevenire che curare).
CAMBIO: che dire, non potevamo scegliere momento peggiore per questa scampagnata in suolo americano!!! Il cambio euro-dollaro a 1.24 credete abbia fermato i nostri acquisti? Noooooo!! Diciamo che ad inizio settembre abbiamo acquistato diverse migliaia di dollari (sia per pagare l’albergo che per le spese quotidiane) e così il nostro cambio si è attestato su 1,50 ancora altamente conveniente. E’ però stato un controsenso, perché l’America è il posto in cui puoi pagare veramente di tutto con la carta di credito (anche un pacchetto di gomme da masticare!!!), ma alla fine è andata benissimo così. Sinceramente a parte il cambio favorevole (anche a 1.20) la città ci è apparsa cara nel mangiare (diciamo che per mangiare bene, e non solo fast food o take away, la spesa si aggira intorno ai 30$ a testa, e dove una bottiglia di acqua può arrivare a costare anche 4$) mentre per i trasporti e l’abbigliamento assolutamente no, per i musei e i vari ingressi in linea con le altre grandi città del mondo.
Ma veniamo a noi e al racconto della nostra New York.
VENERDI 24 OTTOBRE – 1 giorno La partenza è all’alba da Reggio, destinazione Milano Malpensa! A. E B. Passano a prenderci alle 3.30, e a fatica riusciamo a stipare in macchina i bagagli di tutti. Un po’ compressi partiamo.
Siamo carichi come delle molle, non vediamo l’ora di mettere piede in suolo americano per la prima volta di tutti!!! Tutte le fantasie che abbiamo avuto in questi mesi, tutti i progetti fatti nelle serate si stanno realizzando.
Memori dei vari racconti letti abbiamo provveduto a portare con noi il minimo indispensabile (che cmq è sempre troppo) e abbiamo lasciato un bel po’ di spazio libero nelle nostre valige rigide, non si sa mai se dovesse scapparci un po’ di sano shopping!!!! Il nostro volo dell’American Airlines parte alle 10.35 dal terminal 1, così che abbiamo tutto il tempo di parcheggiare, impacchettare le valige (perché è ormai risaputo ma lo dico lo stesso che le valige dirette in America non devono essere chiuse con lucchetti o combinazioni che non siano omologate e apribili con un passepartout in possesso dei doganieri americani, altrimenti si rischia che a seguito di un eventuale controllo a campione la propria valigia venga rotta perché forzata il tutto senza poi essere risarciti. In Italia oltre alle valige con la combinazione per l’America si possono comprare le cinture o i lucchetti con questo tipo di combinazione, più economici che cambiare in toto la propria valigia, fidata compagna dei viaggi più belli!), e fare il check in.
Al banco del check in dopo aver controllato i passaporti (noi l’abbiamo fatto nel 2003 e anche senza avere la foto digitale e il cip è cmq valido per l’America perché già a lettura ottica) il ragazzo del desk con aria sconsolata ci dice che deve farci un paio di domande (poverino, lo capisco, le farà a tutti quelli in partenza come noi soprattutto dopo gli attentati). Le domande sono tutte attinenti il nostro viaggio e lo scopo della visita, ci chiede che tipo di attrezzatura elettronica portiamo, dove alloggeremo a New York, se portiamo un valore di contanti sopra lo soglia massima ammissibile, insomma le classiche domande che in teoria dovrebbero servire a qualcosa, in pratica a cosa lo devo ancora capire.
Una volta data la nostra carta di imbarco, riprendiamo la strada verso gli imbarchi e i controlli. Scendiamo la scala mobile e ci si apre la sala con tutti i percorsi e le varie postazioni del controllo bagagli. Mi torna alla memoria il 26 dicembre 2003, quando per la prima volta mi apprestavo a salire su un aereo, direzione Città del Messico e ripenso all’emozione mista di paura nel varcare quella soglia.
Oggi di timbri sul passaporto ne abbiamo ormai tanti, ma l’emozione di ogni nuova partenza è la stessa, si sa per dove si parte, ma non si sa poi quale bagaglio di esperienze uno si porterà a casa, le scoperte che si faranno sia belle che brutte ma cmq sempre costruttive.
Ci siamo ormai sintonizzati sull’idea di dover essere sottoposti a meticolosi controlli alla luce dell’11 settembre (tutti quelli che tornano dall’America lo dicono), controllo senza scarpe (eh vai di calze nuove sfoggiate appunto per l’occasione!), perquisizione del bagaglio a mano… bhe invece è come prendere l’aereo per la Sardegna, nessun controllo particolare, ormai non guardano neanche più la bustina trasparente con i liquidi dentro divisi in singoli flacconcini da non più di 100ml e per un totale non superiore a 1000ml, ci bastano pochi minuti e siamo dalla parte opposta. Bhe ci guardiamo e pensiamo che non sia finita qui, che caso mai prima dell’imbarco ci sia un altro controllo!!! Manca un’oretta all’imbarco e così procediamo diretti a fare colazione, ultimo cornetto e spremuta perché da domani si va di muffin e caffettone…!! Raggiungiamo il nostro gate, l’aereo argento metallizzato ci aspetta per ospitarci nella sua pancia, di controlli aggiuntivi non se ne vedono e quindi siamo pronti per salire! L’aereo non è nuovo, anzi…, non ha i monitor singoli ma televisori immensi che scendono in diversi punti dell’aereo, è anche piccolino perché ha 2 – 3 – 2 posti (ma ce la farà ad attraversare l’oceano?) ma sono abbastanza spaziosi. In fondo dobbiamo starci solo 9 ore (e dopo le 22 dell’anno scorso per andare in Australia è decisamente un viaggio breve!).
Tre due uno si parte!!! Con una ventina di minuti di ritardo stiamo rollando sulla pista per scaldare i motori e poi via decolliamo verso l’America, lasciando una Milano grigia e un cielo ancora più grigio! Il volo passa velocemente tra un pranzo (a proposito, questo è stato il primo volo in cui gli alcolici erano a pagamento un po’ come per i low cost che se vuoi mangiare e bere a bordo devi pagare, non abbiamo ancora capito se è una politica della compagnia, perché poi al ritorno con la British non è assolutamente successo, o un costo aggiuntivo per recuperare rispetto al prezzo del carburante, mah!), un po’ di lettura, uno sguardo alla rotta e un po’ di chiacchiere! Nel mentre compiliamo anche i moduli che ci ha dato il ragazzo al chek in: due moduli verdi (in cui si devono indicare le proprie generalità e mettere le crocette sul si o no per rispondere a domande del tipo: sei un terrorista, hai compiuto genocidi…) e uno bianco (destinato all’indagine su cosa hai con te all’ingresso in USA che può essere compilato uno per famiglia). L’atterraggio è stato magnifico, dal finestrino abbiamo potuto avere una visione della costa da Boston fino a New York, di fare un primo assaggio dei colori degli alberi che avremmo poi visto da vicino una volta scesi, vedere riflessa l’ombra dell’aereo sugli specchi di acqua di Cape Cod. Insomma è stato veramente bellissimo!!! Atterriamo alle 13.40 ora locale al Terninal 8 del JFK, grande come un nostro aeroporto!! I racconti letti sulla dogana americana iniziano a farsi avanti nella mia mente: impronte, foto, ore di attesa, polizia severa… brrrr che paura! Ma la cosa ancora più agghiacciante è se si pensa che a discrezione loro possono non ammetterti all’interno del paese!! Bhe non avrò fatto tutta questa strada per niente eh! Iniziamo a precorrere corridoi, tapis roulant, scale mobili fino ad arrivare davanti alle code per gli sportelli della dogana. Per fortuna al momento è atterrato solo il nostro volo così che la fila non è assolutamente lunga (dopo di noi sono atterrati altri aerei e la fila si è notevolmente allungata, quindi effettivamente bisogna avere fortuna perché ci si può mettere 30 min ma anche un’ora buona se non di più per adempiere le pratiche dell’immigrazione) e passa meno di mezzora che siamo davanti all’ufficiale. Eccoci, per fortuna è simpatico, e dopo un rapido sguardo ai passaporti ci spiega come posizionare i polpastrelli sulla macchinetta che legge le e ci fotografa con la web cam. Nel mentre ci timbra i passaporti e ci da il benvenuto nella sua terra ci chiede il motivo del nostro viaggio e di dice che 10 giorni sono pochi per ammirare tutte le bellezze che può offrire la città e i dintorni (eh lo sappiamo, ma non ci potevamo permettere ulteriori giorni di ferie autunnali, cmq a mali estremi estremi rimedi, quello che non vedremo lo lasceremo per la prossima volta!!! Molto saggi) e così che in 15 min siamo davanti al rullo che scarica i bagagli, ancora non ci credo, è andato tutto bene (sono arrivate anche le valige in ottimo stato!) e siamo a New York!!!!!! Una rapida telefonata a casa per dire che stiamo bene (ah fino all’uscita dell’aeroporto ci sono cartelli che avvertono i viaggiatori di non accendere i telefoni cellulari all’interno del terminl per motivi di sicurezza, in caso contrario non oso immaginare cosa possa succedere) e siamo già davanti alle porte scorrevoli che ci aprono la strada verso i famosi taxi gialli. La giornata è freschina ma il cielo è terso e splende un bel sole! Che fortuna! Ci mettiamo in fila aspettando il nostro turno ma vista la enorme quantità di taxi e il loro continuo via vai, in 10 min siamo già in direzione Manattan! Prima di partire avevamo letto che i taxisti non conoscono i nomi degli alberghi o delle attrazioni ma si orientano nella griglia di strade se viene loro indicato l’incrocio a cui desideri scendere. E infatti la prima impressione del nostro taxista conferma quanto detto: a parte l’estrema scortesia abbiamo dovuto ripetere le indicazioni fino a indicare anche sulla cartina la posizione del nostro albergo (e fortuna che era centrale e che il nostro, o almeno quello di mio marito, è un buon inglese!).
La strada è piacevole, il traffico non è intenso (sono le 14.30) ma il nostro autista è ugualmente spericolato e accelera e frena in continuazione zigzagando tra le altre macchine, andiamo bene!! Il panorama che si svela ai nostri occhi è meraviglioso, da un soprappasso possiamo ammirare per la prima volta lo skyline di New York e iniziare ad immortalare questa visuale. Percorriamo la Long Island Expressway e attraversiamo il Queens Midtown Tunnel e dopo altri 10 min di guida tra le street e le avenue di Manatthan siamo davanti al nostro albergo un po’ scombussolati dalla corsa! Con la mancia paghiamo la tratta 60$ (a conti fatti, in 30 min si è a destinazione e anche in modo comodo quindi la consigliamo sicuramente rispetto allo Shuttel che fa il giro di diversi alberghi o alla combinazione air train e metro perché con le valige è veramente scomodo).
La prima impressione dell’albergo è sicuramente confortante, visto anche che avevamo prenotato unicamente affidandoci alle impressioni lette su trip advisor: la posizione è ottima, l’albergo è pulito e il personale disponibile. Le prime 5 notti le paghiamo in contanti (a differenza di tutti gli altri viaggi, è stata la prima volta che abbiamo cambiato dall’Italia una cifra importante di Euro, ma a conti fatti è stata un’ottima soluzione visto il crollo del cambio) e utilizziamo la carta solo per la garanzia. Pur salendo all’11 piano, rispetto agli altri palazzi che ci circondano ci sentiamo a piano terra, l’albergo è dotato di un unico ascensore un po’ lento ma dignitoso. La camera è spaziosa e pulita (ed è quello che contava) dalla finestra non riusciamo a scorgere l’Empire perché ci siamo effettivamente tr sotto!! Ma di sera riusciamo a vedere la sua illuminazione ed è fantastico! Non facciamo in tempo a ritirare i bagagli (altra mancia) che siamo già pronti e scattanti per iniziare l’esplorazione di questa città che ci sembra di conoscere già! Voltato l’angolo e immessi sulla 6av scorgiamo, e sarebbe stato molto difficile non farlo, l’isolato occupato da Macy’s, ahhh che sogno, 9 piani di negozi! Ma questo sarà per un altro giorno! Quindi direzione Up Town e in 5 min siamo davanti al Bryant Park, un parco piccolino incastonato tra palazzoni altissimi, che ospita già una pista di pattinaggio (bhe non dubito riescano a tenere il ghiaccio con questo freddo). E’ veramente carino e rilassante, ci sono seggiole e tavolini e nonostante si senta il rumore delle macchine che sfrecciano nelle strade è molto rilassante. E’ posizionato alle spalle della Libreria Pubblica e si accede salendo un paio di gradini rispetto alla strada. Una volta al suo interno si possono ammirare a 360° gli edifici che lo circondano e il contrasto è fortissimo. E’ dedicato a William Bryant a lungo redattore del New York Evening Post.
Di città sviluppate in verticale ne abbiamo già viste diverse, ma la prima impressione di New York è veramente sconcertante, va oltre ogni immaginazione e oltre ogni limite umano, per vedere la fine dei palazzi ci si deve quasi piegare all’indietro, un ottimo esercizio per la mia cervicale! Procediamo in direzione Time Square, non sto più nella pelle, sogno questo momento da un sacco di tempo, e poi mi avvicino più mi sento attirata da tutta quella confusione che già in lontananza si sente. Ah è bellissima, è pazza, è l’ombelico del mondo! Passiamo una buona mezzora a guardarci intorno stupiti e confusi su come in un pezzo di strada possa esserci una così alta concentrazione di pannelli lcd, schermi che trasmettono spezzoni di film o di pubblicità, cartelloni, rulli con le quotazioni e le chiusure delle borse del mondo. In questi 200 mt si trovano tantissimi negozi: Virgin, Toy’s, Levi’s… e ristornati Hard Rock, Bubba Gamp, Plant Hollywood.
Ci fermiamo ad ammirare questo via vai di gente e macchine sugli ultimi gradini di una scalinata posizionata apposta perché possano essere fatte foto (e la nostra fidata Nikon non sbaglierà un colpo, o forse è il fotografo??) o semplicemente per ammirare il panorama.
Alle nostre spalle c’è il negozio dell’M&M’s… dobbiamo farci un salto: sono tre piani di colori, profumi e articoli a tema, io che sono golosa mi sento già male ma non posso resistere ed esco tutta contenta con la mia bella borsina gialla carica di palline al cioccolato! Procediamo lungo la Broadway direzione nord e poi lungo la 7av e svoltiamo in direzione Radio City Music Hall quando ormai è già buio e inizia a fare un bel freschino. Dietro il teatro c’è il quartiere in cui è situato il Rockfeller center, è un posto molto carino e con nostra grande meraviglia, non ci sarà ancora l’albero di natale ma la pista di pattinaggio è già in funzione ed è meravigliosa, circondata da alberi già addobbati con le lucine di natale! Dai vari film visti me la immaginavo più grande, ma così sembra proprio un gioiello, alle sue spalle il Prometo luccica e le fontane giocano con vari movimenti. Di fronte al Rockfeller c’è un vialetto pedonale le cui aiuole sono allestite a tema di Halloween: zucche e balle di fieno. Veramente carino! Ci immettiamo sulla 5av, mmm meraviglia! E siamo quasi di fronte alla Saint Patrick’s Cathedral, ma a quest’ora è chiusa e anche da fuori l’oscurità non le rende appieno giustizia. E così decidiamo di avviarci verso l’albergo e cercare un posto per cenare anche perché ormai la stanchezza della giornata si sta facendo sentire.
Mentre camminiamo possiamo ammirare quello che ormai in tanti hanno già descritto ma esserci e vederlo con i propri occhi per la prima volta fa il suo effetto: i tombini fumano veramente. Infatti in mezzo alla strada vediamo alzarsi una nuvoletta di vapore e subito capiamo che proviene da un tombino, siamo stati un paio di minuti a vederla e fotografarla anche mentre un taxi giallo la illuminava con i fari, devo dire scena molto suggestiva.
Passiamo per St Bartholomew’s Church e Waldorf Astoria Hotel sulla Park Ave fino a Helmsley Building e il Met Life Building per vedere da fuori la Grand Central Station. Di fronte c’è una via con un sacco di localini e optiamo per T.G.I. Friday’s (bhe non poteva essere giorno più indicato per provare questa catena): sono le 20.00 e il locale è pieno di gente. Mangiamo i nostri primi hamburgers con patatine, veramente buoni, e due bicchieri di coca il tutto per meno di 40$ con mancia.
Da qui di corsa a letto, dopo aver dato un’occhiata al Chrysler illuminato, che domani ci aspetta una bella giornata!! SABATO 25 OTTOBRE – 2° giorno La sveglia non suona neanche visto che alle 6.30 siamo già in piedi grazie all’effetto del fuso orario, ma la dormita ci ha rigenerato e siamo in forma.
La giornata è bella e siamo felici, visto che le previsioni meteo guardate da casa non erano molto buone per i nostri primi giorni di permanenza.
La colazione è compresa nel costo della camera e così ci avviamo nel locale di fronte alla reception (non è molto grande ma non abbiamo mai fatto fila): la scelta è molto vasta e si può scegliere di tutto senza limiti di quantità: io scopro i bagel con il formaggio di cui mi innamoro e ogni tanto mi sogno ancora oltre ai mitici muffin ai mirtilli, B. Invece scopre di amare un bicchierone di latte e caffè, la cui mancanza in Italia si fa sentire ancora oggi! Rimpinzati a dovere siamo pronti per iniziare la giornata.
Ritorniamo sui passi di ieri sera, vediamo Bryant Park con la luce del giorno e proviamo la stessa sensazione di pace di ieri sera anche se devo dire senza i palazzoni illuminati che gli fanno da cornice fa meno effetto, dall’esterno la New York Public Library (apre alle 10.00 il sabato e la domenica), ah che bello, un paio di foto ai leoni e via direzione Grand Central Station. La visita dell’esterno è meravigliosa ma l’interno lascia senza parole: il soffitto dorato che rappresenta le costellazioni, le colonne dalle quali sventolano le bandiere americane, l’orologio dell’atrio principale. Ci posizioniamo sulle scale laterali per vedere il via vai dei viaggiatori, che anche se è sabato corrono veloci verso i treni in partenza.
Usciamo sulla 42esima e ci dirigiamo verso la 1 av dove sappiamo di trovare il palazzo delle Nazioni Unite. Camminiamo con il naso all’insù e senza quasi accorgercene oltrepassiamo il Crysler, ma quanto è bello questo palazzo, con la sua cupola illuminata di bianco di notte ma anche di giorno ha il suo fascino. La maggior parte dei palazzi ha le facciate di vetro che riflettono quelle dei palazzi vicini come il Chanin Building che riflette il Socony Mobil Building. Visto il Daily News Building arriviamo alla 1av e il vento sferza fortissimo, prima non ce n’eravamo quasi accorti in quanto eravamo riparati dai palazzi, ma adesso siamo esposti e vicino alle acque dell’Est Hudson River.
Il palazzo di vetro è proprio come ce l’aspettavamo, imponente e al contempo aggraziato. Sulle aste non sventola nessuna bandiera, e questo è un peccato perché avrebbe dato maggior fascino all’idea di essere davanti a questo importante luogo. Non facciamo l’escursione guidata all’interno delle sale, un po’ per non perdere troppo tempo e un po’ perché quella in lingua italiana (visto che c’è la possibilità perché non sceglierla) è fissata per le 10.30 ed ora sono solo le 9.00. Riprendiamo il cammino in direzione 5av e arriviamo all’incrocio con Saint Patrik’s Chathedral, questa volta la chiesa è aperta e dopo il controllo dello zaino entriamo e possiamo ammirare questa imponente opera d’arte in stile gotico: la navata è bellissima, il rosone illuminato dalla luce riflette i fantastici colori dei vetri così come ogni finestra, facciamo un veloce giro dell’abside leggendo quanto riportato nella guida e ammiriamo la cappella dedicata a Maria.
Usciti ci fermiamo un istante sulle scale della chiesa per vedere meglio il complesso del Rockfeller center. Senza accorgermene guardando un paio di poliziotti fermi sul marciapiede, pensando che possano aver perso parenti, amici o semplicemente gente che conoscevano durante l’11 settembre, al ruolo che hanno avuto in quei frangenti e al duro sforzo per ripartire e credere ancora nel futuro. E’ un pensiero che mi tornerà alla mente anche nei giorni seguenti e che difficilmente non mi susciterà commozione.
Da qui percorriamo un po’ di 5av, ma quanti negozi famosi, con vetrine allestite in modo originale e a tema di halloween, che belle! Prima della fine della vacanza non ci faremo scappare un po’ di “vasca” in questa via ma adesso la nostra prossima meta è il MOMA, visto che il tempo è andato peggiorando e sembra minacciare pioggia abbiamo pensato che sarà bene rifugiarci qui.
C’è un po’ di coda per entrare, che però possiamo evitare perché noi vogliamo comprare il City Pass e non il singolo biglietto. Infatti chiedendo ad un addetto ci fa uscire dalla coda e ci indica il punto informazione presso il quale comprare il City Pass. Non siamo sicuri di utilizzarlo tutto (comprende Moma, Met, Guggenheim, Empire, Crocera di due ore sul fiume o in alternativa la visita a Ellis Island e alla Statua della Libertà, Museo di storia naturale) ma senza dubbio a livello economico è molto conveniente (74$ invece che 122$ circa) e in più fa risparmiare le code ai vari ingressi.
Dobbiamo lasciare lo zaino in custodia e poi possiamo finalmente entrare e prendere l’audioguida che in lingua italiana spiega i vari dipinti.
Ci rechiamo al II piano ma non ci entusiasma molto (c’è arte moderna, oggetti degli anni 80 come un mangiadischi che usavo da piccola, roba della Guzzini e della Worker, fotografie di palazzi e qualche dipinto di Picasso), così passiamo al terzo: in questi giorni c’è una mostra temporanea di Gauguin e il museo oltre ad ospitare le sua famosissima tela della “La Notte stellata” ha innumerevoli altre sue opere, per ammirare tutto questo si deve avere un pass che ti permette di entrare ad un’ora definita, noi abbiamo l’ingresso alle 11.30, così che continuiamo ad ammirare il museo e soprattutto i piani IV e V (il sesto è in ristrutturazione così che non si può accedere) con opere meravigliose e conosciute anche da non addetti ai lavori come noi. Le opere che più mi rimarranno impresse sono senza dubbio una tela di ninfee di Monet lunga tre metri e molto bella (forse tornando a Parigi per la terza volta riuscirò a vedere il museo de L’Orangerie dedicato interamente alle tele di ninfee di Monet? Mah tentar non nuoce!), alcune opere di Mirò e De Chirico e Dalì , Cezanne e Gauguin e Picasso. L’appuntamento delle 11.30 si avvicina e in fila aspettiamo il nostro turno e meraviglia delle meraviglie siamo all’interno di una magnifica notte stellata. Passiamo un’ora in contemplazione delle tele, fuori sta ancora piovendo e quindi decidiamo di mangiare qualcosa al bar del V piano (un sandwich con tacchino e verdure, molto sano, e qualcosa di caldo) guardando il panorama, parte del museo, dalle vetrate del bar.
Alle 13.00 siamo allo shop del museo ed acquistiamo la guida del museo (ormai è un must dei nostri viaggi tornare a casa con il libro dei vari musei che raccoglie tutte le opere viste), una riproduzione della Notte stellata e una palla di natale per il nostro albero (è un bel ricordo…)! Fuori non piove più ma fa molto freddo. Non demordiamo e ci spingiamo fino a Central Park, che vediamo vicinissimo, entriamo dal lato sud all’incrocio tra Avenue of Americas (sesta strada) e Central Park south e fatti pochi passi sembra già di essere in un altro pianeta : il frastuono del traffico, i clacson, il vociare della gente è completamente ovattato dalla fitta vegetazione, scoiattoli ci attraversano la strada in cerca di ghiande e la pace regna sovrana. I palazzi attorniano questa oasi verde e il colpo d’occhio è veramente forte.
Camminiamo un po’ per i sentieri, vediamo un sacco di carrozzelle trainate dai cavalli che fanno fare il giro del parco ai turisti, ma a parte la temperatura polare che si è abbattuta sulla città ci sembra troppo turistico visto anche che di parco si vede poco in quanto la carrozza sta sulle strade grosse e non si addentra nel parco. Arriviamo camminando al Pound, trasformato in pista di pattinaggio, sembra già natale qui! Riprendiamo il sentiero ma la pioggia ci sorprende e così ci ripariamo al Diary, per fortuna è solo uno scroscio ma decidiamo ugualmente di terminare la nostra visita passando per il Carousel visto che comunque abbiamo in programma un’altra visita del parco più approfondita nei prossimi giorni.
Ci immettiamo nuovamente sulla 59esima in direzione 5 strada, passiamo davanti al Plaza Hotel, mamma mia che albergo! Attraversiamo Grand Army Plaza e vediamo il cubo della Apple con la fila di gente fuori che aspetta di entrare.
Solo ora ci rendiamo conto che il sandwich del Moma aveva solo ritardato l’ora del pranzo perché i nostri stomaci iniziano a farsi sentire, così pranziamo in un locale di fronte a Fao Schwartz il negozio di giocattoli da lasciare noi grandi a bocca aperta (figurarsi i bambini).
Per me un tacos farcito con pollo, formaggio e verdure varie veramente buono e per Marcello e gli altri un’insalata creata al momento con quello che uno desidera, partendo da una base di lattuga, il tutto per 15$ in due. Siamo qui da poco ma devo subito dire che non è vero che in America si mangia male, le possibilità per mangiare bene o almeno sano ci sono ad ogni angolo e questo verrà comprovato anche nel seguito del viaggio.
Dopo esserci ristorati entriamo alla Apple e scendiamo la scala di vetro tuffandoci in questo marasma di gente e musica, fa un caldo pazzesco e c’è un sacco di gente che prova i vari I-Phone, I-Pod e Pc, passiamo un’oretta scrivendo mail, navigando (è gratis e ci sono un sacco di computer a disposizione dei visitatori) e guardando i vari oggetti. Usciamo, il tempo regge ma non abbiamo ancora voglia di rientrare verso l’albergo, vogliamo visitare Fao. Due ragazzi vestiti da guardie inglesi ci danno il benvenuto aprendoci la porta e entriamo in questa magia. Saliamo subito al primo piano e veniamo circondati da peluches di dimensioni quasi reali (al modico prezzo di 500$ in su), bambole e ogni genere di accessorio, macchine, modellini, costumi, perfino i Puffi (ma che belli), la mia memoria non è in grado di ricordare tutto quello che è possibile trovare in questo negozio dei desideri ma sono certa che qualsiasi cosa uno possa cercare da Fao è sicuro di trovarla. Arriviamo spinti dalle note al famoso piano del fim Big sul quale un paio di bambini sta allegramente saltellando. Devo dire che la voglia è venuta anche a me ma poi mi sono trattenuta vista l’età… due addetti del negozio hanno anche improvvisato il ballo sulle note del film, è stato veramente bello. Nella sala vicina il mondo lego, dove sono stati riprodotti con i Lego i personaggi di Herry Potter a dimensioni umane, e alcuni personaggi in armatura, fatti in modo incredibilmente bene. Non saremmo più voluti uscire ma il tempo stringe e ci aspetta il musical prenotato dall’Italia: Mary Poppins, quindi dobbiamo muoverci! Ci facciamo a piedi dalla 58esima alla 33esima in meno di 40 min passando per Bergdorf Goodman, Carnegie Hall e la City Center, il traffico è intenso vista l’ora di punta e ad ogni incrocio ci sono sempre più pedoni in attesa del verde.
Arriviamo in albergo, rapida doccia e via in taxi al New Amsterdam Theatre a Broadway, dove ogni giorno dal 2006 va in scena Mary Poppins. Fin da quando abbiamo deciso di partire per New York sapevamo che c’erano delle cose assolutamente da non perdere, una di queste è senza dubbio il musical. La scelta è stata difficilissima vista la vastità dell’offerta proposta, poi alla fine un po’ consigliati da altri turisti che l’avevano già visto, un po’ andando in fiducia e pensando che in fondo le musiche del film erano bellissime abbiamo deciso per Mary Poppins. E qui si è aperto un altro dubbio amletico: prenotare prima di partire o incrociare le dita e affidarsi ai botteghini del TKTS una volta a New York? Visto che questo musical fa il tutto esaurito da 2 anni pur sapendo di spendere un po’ di più decidiamo di non rischiare, e abbiamo fatto bene con il senno di poi visto che era tutto esaurito anche questa sera. Prenotiamo ad agosto sul sito Ticketmaster con la formula del Will call, posizione eccellente (viene assegnata in automatico al momento della prenotazione in base alla migliore possibilità al momento, ma se non fosse gradita si può sempre riprovare una nuova prenotazione ed avere altri posti), ritiro al botteghino 1ora prima dello spettacolo dei biglietti presentando la carta di credito usata per pagare e il passaporto dell’intestatario della carta (questo perché fuori dal territorio Usa o Canadese i biglietti non vengono spediti, ma alla fine è molto comodo), in più aggiungiamo per 4$ a biglietto l’assicurazione per un eventuale rimborso in caso non si possa andare allo spettacolo (non si sa mai ma la nostra linea guida è sempre stata quella di non rischiare e prevenire ogni eventualità). Al termine della prenotazione si stampa la pagina riepilogativa con il numero di prenotazione e ogni altra istruzione.
In 5 min di taxi siamo ancora in Time Square di fronte al teatro: le luci ci abbagliano e non vediamo l’ora di entrare. Al botteghino ritiriamo i nostri biglietti e ci avviamo verso l’ingresso. E’ magnifico anche solo l’atrio. Lo spettacolo inizia tra un’ora ma il tempo vola in fretta. All’interno del teatro si può portare da bere e da mangiare e per soli (!) 16$ acquistiamo due bicchieri a tema Mary Poppins di coca cola e un pacchetto di patatine (visto che lo spettacolo inizia alle 20.00 e terminerà alle 22.30 dobbiamo in un qualche modo placare la fame).
Alle 19.45 ci fanno entrare, ci consegnano gli opuscoli illustrativi dello spettacolo e degli attori del musical e ci fanno accomodare ai nostri posti. Il teatro all’interno è bellissimo stile art nouveau, con ricchi decori oro, si possono fare foto solo prima dell’inizio dello spettacolo.
Alle 20.00 puntuali calano le luci e ci aspetteranno 2 magnifiche ore di canti e recitazione. La scelta si rivelerà assolutamente azzeccata, la scenografia e gli effetti speciali sono degni dei migliori film (pensando anche al fatto che ci troviamo a teatro e non sul set di un film girato al computer), gli attori incredibilmente bravi (soprattutto i due bambini, con delle voci da paura) e alla fine dello spettacolo Mary Poppins si libra in aria per salutare i presenti. E’ stato veramente magico farsi trasportare della musiche e dalle canzoni tanto che alla fine tutti battevamo le mani a suono di musica.
Si riaccendono le luci: siamo dispiaciuti che sia finito, il tempo è veramente volato.
Alle porte d’uscita, ci aspettano Mary Poppins e Bart per salutare ancora tutti quanti. Ma ci aspetta anche un freddo incredibile e noi ci rifugiamo subito nel primo (e ultimo) Mc Donalds della vacanza per cenare. Sinceramente ci aspettavamo qualcosa in più, dopo tutto quel gran vociare sulle dimensioni dei panini e sulle quantità di schifezze usate devo dire invece che si è rivelato un cibo altamente digeribile (a differenza di quelli Italiani) ma di scarse dimensioni e farcitura.
Orami stanchi della lunga giornata torniamo in albergo a piedi per smaltire la cena e rivedere Time Square illuminata a giorno.
DOMENICA 26 OTTOBRE – 3° giorno Oggi ci aspetta un’altra cosa imperdibile se si viene a New York: la messa Gospel! Sono mesi che me la immagino e non sto più nella pelle.
La Loney Planet riporta come chiesa più importante di Harlem l’Abbyssinian Baptist Church, così guardando il loro sito ho provato a scrivere un mail (in agosto) per avere informazioni sulle messe domenicali e il modo per assistervi, visto che molti racconti riportavano lunghe ore di attesa senza neanche la sicurezza di entrare.
Nel giro di un paio di giorni arriva la risposta alla mia mail che includeva l’invito da parte del pastore ad assistere alla messa delle 11.00. Infatti spiegavano non avremmo dovuto fare fila ma presentarci alle 10.30 all’ingresso principale mostrando la mail e saremmo stati i benvenuti. Ma è stupendo!! Così stamattina dopo la solita pantagruelica colazione, prendiamo per la prima volta la metro che si trova proprio a 10 passi dall’ingresso del nostro albergo. La linea B e D (arancione) fermano alla nostra fermata 135st così dopo aver comprato due corse singole alle macchinette a due dollari l’una (accettano contanti e carte di credito) siamo pronti per partire con molta attenzione alla direzione UP. Ci aspettano un bel po’ di fermate e mentre guardiamo la cartina un ragazzo ci informa che il nostro treno è un espresso (è vero dovevamo guardare anche se i treni sono locali o espressi) e che alla fermata 135st non ferma. Così dopo averlo ringraziato non so quante volte, scendiamo e aspettiamo il treno locale linea B. In meno di 20 min siamo a destinazione, la giornata è bellissima e possiamo fare un rapido giro per Harlem prima che la funzione inizi. Per prima cosa ci dirigiamo verso la chiesa se non altro per vedere dov’è percorrendo delle stradine in quartieri bellissimi, curati e addobbati per Halloween. Ma ecco che all’incrocio tra Odell Clarck e 138st vediamo una fila di gente che svolta anche nell’isolato vicino, non possiamo credere ai nostri occhi, è la fila che aspetta di poter entrare e assistere alla messa delle 11.00, alcuni ci dicono non sono entrati a quella delle 9.00 e quindi aspettano sperando per quella delle 11.00. Vivamente raccomandato a questo punto l’invito, in caso contrario forse è meglio cercare un’altra chiesa, ma in nessun caso i tour organizzati, ne abbiamo visti un paio ma vista la sicurezza del quartiere e la facilità nel trovare una chiesa non ha veramente senso spendere soldi in questo modo. Così camminiamo un’oretta nel quartiere percorrendo la Malcom X street, guardando ragazzi che si allenano a basket in un parchetto circondato dalla recinzione proprio come nei film, fotografando gli abitanti e i muri tapezzati di murales finchè non arrivano le 10.30. C’è altra gente che con l’invito aspetta di poter entrare, e finalmente una signora con completo di raso azzurro e cappellino con la velina (proprio come mi ero immaginata) ci viene a prendere e ci conduce ai nostri posti all’interno dell’edificio, dove si sta già svolgendo la funzione o meglio il preambolo all’inizio della funzione.
Le due ore che seguiranno saranno bellissime a tratti magiche, tra canti e parole, il tempo vola e molto spesso i cori ci faranno venire i brividi da tanto che sono intensi. Il pastore saluta i turisti e tutta la comunità si gira per guardarci o stringerci le mani, poi parla alla folla e la sua predica di 40 min è incentrata sulle future votazioni del prossimo 4 Novembre, seguito dai fedeli che lo approvano gridando o applaudendolo.
Siamo molto contenti di poter vivere questa esperienza molto diversa rispetto alle nostre messe, e devo dire anche molto più partecipata dai fedeli perchè più spontanea. Prima della conclusione abbiamo la fortuna di assistere anche a 5 battesimi di ragazzi ormai grandi che vengono fatti immergere da capo a piedi dentro ad una vasca tra applausi e gioia da parte della comunità.
Alle 13.00 usciamo, il sole spende ancora e decidiamo di fare due passi per il quartiere camminando lungo la Malcom X direzione downtown. Vediamo ad ogni angolo banchetti che vendono maglie, cappellini e spille di Obama e ne acquistiamo una anche noi. Il quartiere è curato e tranquillo, ci sono diverse zone verdi e le case sono alte come i nostri palazzi e hanno tutte le scalette di ghisa vicino ai balconi. Incontriamo diversi gruppi di ragazzi che a ritmo di musica ballano in mezzo alla strada e sono molto bravi. Voltiamo sulla 125 street per vedere l’Apollo Theatre dopo aver visto in lontananza la sagoma della Columbia university.
Riprendiamo la metropolitana direzione Down (treno locale linea B) che ci riporta a Manatthan, all’altezza della 42esima. Mangiamo un boccone in uno dei tanti bar della zona e ci rimettiamo in cammino verso la prossima meta che è B&H (33esima angolo 8av), anche questo un must per il nostro viaggio. Infatti questo è il negozio più grosso (credo di non sbagliare nel dire dell’America) di articoli fotografici e di elettronica, e noi non potevamo certo farcelo mancare visto anche i prezzi e il cambio favorevole.
Passiamo due orette buone all’interno del negozio che è gestito da ebrei , e per questo motivo osserva il sabato come giorno di chiusura, e tutti i commessi hanno la classica papalina in testa e i due ciuffi di capelli lunghi ai lati.
Facciamo il nostro acquisto per la macchina fotografica, comprata l’anno scorso in occasione del viaggio di nozze: un bel cavalletto risparmiando anche un bel po’ rispetto all’Italia.
Molto contenti ma non ancora sazi continuiamo a girare per il negozio, ma sarà la stanchezza, sarà il rumore o la gente, non facciamo altri acquisti e usciamo in direzione Empire State Building.
Vediamo il Madison Square Garden e percorriamo il Manatthan Mall, una via interamente dedicata a negozi di abbigliamento. In lontananza si staglia l’Empire, che bello anche se devo ammettere di preferire il Chrysler come struttura architettonica perché mi sembra più elegante.
L’ingresso dell’Empire è sulla quinta strada, all’esterno non c’è coda ma appena entrati vediamo un lungo serpentone di gente in fila per entrare. Chiediamo visto che abbiamo il city pass se dobbiamo fare la fila (ci avremmo messo almeno almeno 1h) ma ci dicono di no e una guardia ci indica un altro percorso che nel giro di 10 min ci fa essere davanti ai metal detector come quelli dell’aeroporto per i controlli delle borse. Passiamo subito e via, attraversiamo corridoi e porte fino all’ascensore che nel giro di 20 sec ci porta dal 2 piano all’80esimo, da tanto che va forte mi si chiudono le orecchie (ma fa molto meno effetto di quello che ci ha portati sulla CNTower a Toronto forse perché era aperto e si vedeva la strada rimpicciolirsi mentre si saliva).
All’80esimo piano si scende e si deve riprendere un altro ascensore che fa gli ultimi 6 piani, non ci ricordiamo che c’è la possibilità di andare anche con le scale e così ci mettiamo in fila, qui con o senza city pass ci si impiega una ventina di minuti. Noi stiamo friggendo perché vorremmo essere in cima per il tramonto ma se andiamo di questo passo non ce la faremo mai. Finalmente arriva il nostro turno, saliamo e in pochi secondi siamo fuori lungo il corridoio che segue il perimetro dell’Empire, sferza un vento gelido ma non ce ne rendiamo conto, siamo ammagliati da quello che i nostri occhi stanno vedendo: Manatthan al tramonto è bellissima, il sole sta scendendo verso il Ponte di Verrazzano dando una colorazione rosa al cielo. Stiamo in contemplazione non senza fare foto e riprese però.
Siamo contentissimi di aver visto il tramonto, è stato molto romantico anche in mezzo ad altre 1000 persone! Adesso non ci resta che aspettare e vedere la città che si illumina piano piano. Dall’alto riusciamo a scorgere tanti edifici visti in questi giorni, ma la parte che più ci piace è la lower, tutti gli edifici altissimi che si stagliano verso il cielo, di fianco la statua della libertà ed Ellis Island, i vari ponti che pian piano si illuminano, il serpentone di macchine che si snoda lungo la Broadway o la quinta strada. C’è freddo, tanto freddo ma stiamo lo stesso un paio di ore così a guardare da ogni angolazione questa immensa città e ogni sua più piccola sfaccettatura. Le foto si spercano e devo dire che molte sono veramente belle! La cosa che più mi impressiona è vedere Time Square dall’alto, è come se una bolla luminosa aleggiasse sopra quell’incrocio, tutto l’inquinamento luminoso produce una specie di scia azzurrina dovuta anche ai vapori o allo smog che si alza verso il cielo, è veramente impressionante anche confrontarlo con le altre strade o palazzi: non c’è niente così illuminato; anche la grande ombra verso Harlem che è Central Park fa il suo effetto, in una città così illuminata il contrasto è molto forte e fa risaltare la grandezza del parco.
Vediamo anche i famosi Roof Bar, ce né uno proprio vicino all’Empire, con le candele sui tavolini e la gente in piedi vicino ai funghi (eh con il freddo che fa) che si gusta l’aperitivo. Non vorremmo più scendere e continuiamo a girare lungo il perimetro e ogni volta scorgiamo altri dettagli che devono essere immortalati: il ponte di Brooklyn è veramente bello, il Chrysler mi lascia senza parole, due palazzi adibiti ad assicurazioni hanno cupole d’oro che risplendono alla luce.
Dopo un paio d’oro scendiamo, decidiamo di saltare la fila agli ascensori e facciamo i sei piani fino all’ottantesimo a piedi e da qui prendiamo l’ascensore.
Ritornati a piano terra abbiamo ancora le luci della città che brillano nei nostri occhi, così decidiamo di vedere un altro po’ di skyline da Brooklyn. Chiamiamo un taxi (questa volta tocca a me sentirmi un po’ Carrie di Sex and the City) e ci facciamo portare alla pizzeria Grimandi’s proprio sotto il ponte di Brooklyn (18$ con mancia). Ancora una volta stentiamo a credere di essere a New York e di poter vedere questi simboli ormai famigliari per noi, e chi se le scorda le gomme Brooklyn! Decidiamo prima si cenare, visto anche che sono le 21.00 e poi di immortalare la città e i suoi edifici illuminati a giorno.
Dobbiamo attendere fuori una mezzoretta buona, con il freddo che fa non è molto esaltante l’idea, ma la piazza a detta di ogni guida è la migliore di New York quindi non possiamo farcela mancare. Entriamo e ci accomodiamo al nostro tavolo che è praticamente attaccato agli altri vicini, il locale è pienissimo, prendiamo due pizze in quattro, non ci credevo quando A. Me lo raccontava ma è davvero sufficiente anche per chi come me aveva una fame immensa. Vi è una vasta gamma di possibili ingredienti e si può scegliere la dimensione del diametro. Alla fine non è sicuramente male ma per noi italiani non è neanche questa grande bontà.
La spesa finale è irrisoria, con le bevande siamo a 20$ in due, meglio di così! Usciamo e ci dirigiamo verso la banchina sotto il ponte, il panorama è mozzafiato, c’è tutta lower Manatthan vista dalla riva est del fiume e poi il ponte illuminato è favoloso. Sfoggiamo il cavelletto nuovo per fare foto bellissime che prima o poi riempiranno le cornici di casa! La Statua della Libertà è ancora lontana anche da qui ma con lo zoom la vediamo cmq bene, ha in mano la fiaccola accesa e un viso sorridente. In mezzo ai palazzi del quartiere finanziario non possiamo non notare che sembra mancare qualcosa: le torri gemelle che si stagliavano verso il cielo raddoppiando l’altezza degli altri edifici.
E’ tanto bello qui che un po’ ci dispiace dover rientrare ma il freddo e la stanchezza iniziano a farsi sentire e chiamiamo un taxi per rientrare in albergo (18$ con mancia).
LUNEDI’ 27 OTTOBRE – 4° giorno Sveglia, colazione e via verso la nuova giornata. Anche oggi il cielo ci regala una bella giornata di sole. Per oggi abbiamo deciso di affrontare il ponte di Brooklyn a piedi e rientrare verso la città. Così al nostro fidato taxista chiediamo di lasciarci dove inizia appunto la pista pedonale di Boorklyn. Il traffico è scorrevole anche se è mattina presto e in meno di 20 min siamo arrivati (20$ compresa la mancia). Attraversare il ponte di giorno ha un fascino diverso rispetto ad ieri sera, ma si può ammirare meglio la struttura e l’architettura.
Brooklin per quel poco che abbiamo potuto vedere ci è sembrato un quartiere meno caotico, nonostante fossimo di prima mattina abbiamo visto meno gente correre verso il proprio ufficio e ci è sembrato tutto un po’ più a misura d’uomo compresi i palazzi leggeremnte più bassi.
Iniziamo la nostra passeggiata di rientro verso Manatthan, ci mettiamo un’oretta buona perché ci fermiamo ad ogni passo a fare foto su foto o semplicemente contemplare il panorama. Ai pedoni è destinata una parte della pista, e se si esce e si invade la parte destinata ai ciclisti sono dolori, perché giustamente questi si innervosiscono a dover frenare o evitare la gente a piedi.
Foto di rito sulla scritta “Welcome on Brooklyn” e riprendiamo la marcia. Il panorama è meraviglioso, si può scorgere ogni dettaglio grazie alla giornata limpida, alla nostra destra i ponte di Manatthan e Williamsbourg, alla sinistra la statua della libertà, sempre un po’ lontana ma stavolta si vede bene e di fronte il quartiere finanziario.
Arriviamo alla City Hall di fronte a noi il City Hall Park, il palazzo della Polizia, il Municipal Building e il bellissimo Woolwort Building, ci incamminiamo verso il cuore del quartiere finanziario, verso il luogo dove una volta sorgevano le Twin Towers. Più ci avviciniamo e più ci rendiamo conto del vuoto immenso che hanno lasciato. Non sto a spendere parole, dico solo che i lavori stanno continuando a pieno regime ma a sette anni dall’accaduto sono arrivati solo alle fondamenta. Ogni gru ha due o tre bandiere americane che sventolano al vento onorando la propria patria, così come gli elmetti degli operai che hanno l’adesivo con la bandiera americana.
Di fronte a questo buco il pensiero corre agli avvenimenti di quel giorno (tra l’altro era il mio 21esimo compleanno!!), agli attimi di terrore che tutti noi abbiamo provato vedendo quelle scene alla tv e a tutto ciò che ha portato quel gesto.
Non si può che restare in silenzio per rendere un omaggio seppur piccolo agli eroi dell’11 settembre.
Di fronte si trova la St Paul’s Chapel e se si era riusciti a trattenere le lacrime guardando il cantiere qui è proprio impossibile farlo. La chiesa contiene oggetti, foto, scritte di chi ha vissuto in prima persona quel giorno e di chi ha perso genitori, figli, amici. E’ bello anche vedere gente che lascia fiori vicino alle foto, sono turisti come noi che vogliono ricordare le persone morte.
Osserviamo tutto in silenzio, sappiamo che non si può tornare indietro né riscrivere la storia ma questa è una ferita aperta, anche se gli americani non lo ammettono, è dura andare avanti.
Usciti dalla chiesa ci immettiamo sulla Church St, al primo isolato vediamo il Century 21 e così un po’ per vedere com’è e un po’ per risollevarci il morale entriamo! Bhe non l’avessimo mai fatto: passiamo tre ore buone al suo interno in preda ad una sete da shopping senza uguali, visti i prezzi e la qualità dei vestiti.
Qui c’è di tutto e di più, sono 4 piani di stand di vestiti e accessori uomo donna, la confusione regna sovrana e certi capi non si possono provare ma le commesse, metro alla mano, indicano quali sono le taglie da prendere.
Fatti i nostri acquisti pranziamo velocemente in Church street e poi ci incamminiamo verso il cuore del quartiere finanziario, Wall Strett, ma prima di avventuraci al suo interno, facciamo una piccola deviazione e visitiamo la Trinity Church. Sembra un gioiello da tanto che è bella e rilassante, fuori la confusione e il traffico, mentre dentro alla chiesa pace e tranquillità. E’ illuminata solo dalle luci delle candele e dalla luce che filtra dai vetri delle finestre. E’ molto bello anche l’esterno, un piccolo giardino e un cimitero la separano dai palazzoni. Di fonte a lei, Wall Street e quindi via, alla scoperta del motore dell’economia mondiale. Oltre alle decine di guardie ferme ad ogni angolo degli edifici, all’ingresso della via ci sono anche altri livelli di sicurezza: paracarri e muretti per ostacolare l’ingresso delle auto.
E’ una strada piccola ma molto battuta sia da turisti che dai lavoratori, ed essendo le quattro del pomeriggio c’è molta frenesia. Vediamo la Federal Hall con la statua di George Washington in bronzo e la Borsa riconoscibilissima oltre che dalle sue colonne e dai drappelli di guardie posti dietro alle transenne, da una immensa bandiera americana che copre quasi tutta la facciata dell’edificio.
Siamo davanti all’edificio che rappresenta per tutti i mercati mondiali la guida economica, il motore dell’economia e fa uno strano effetto, ci sentiamo piccoli.
Procediamo direzione Down dove sempre sulla Broadway vediamo il toro simbolo dei rialzi in borsa non possiamo non fotografarlo e fotografarci insieme a lui (sembra porti bene anche toccare gli attributi di questo baldo toro e noi non possiamo non credere in questa leggenda). Ormai è scesa la sera e tutti i palazzi si stanno illuminando, ma il nostro giro non è ancora terminato.
Da Bowling Green vediamo il museo dedicato agli indiani d’America e proseguiamo fino a Battery Park per vedere Staten Island illuminata. E’ bello ammirare il panorama dalle panchine del parco. Non ci spingiamo fino a Castel Clinton ma preferiamo proseguire verso il South Street Port al Pier 17, attraverso Water Street. Questo quartiere è rimasto intatto e a fianco di palazzoni altissimi ci sono ancora le vecchie costruzioni basse di mattoni rossi che formano un contrasto molto forte. Oggi sono principalmente adibiti a ristornati. Arrivati al South Street Seaport il freddo è pungente ma noi non ci lasciamo intimorire e percorriamo tutta la banchina fino ad arrivare alla fine del molo a due passi dal ponte di Brooklin tutto illuminato, è veramente bellissimo. Stiamo un po’ ad ammirare questa cartolina che abbiamo visto così tante volte in televisione, sui giornali che ancora non crediamo di esserci veramente Non possiamo fare a meno di visitare l’interno di questo complesso ricco di negozi e quello che attira maggiormente la nostra attenzione è dedicato interamente al natale, è pieno zeppo di addobbi natalizi, dalle palline alle luci, dalle decorazioni esterne ai festoni delle feste. E’ molto particolare e decidiamo di comprare un po’ di queste addobbi per il nostro albero di natale.
Stanchi morti decidiamo di rientrare in albergo anche perché il peso delle borse inizia a farsi sentire. Lasciamo A. E B. Al molo visto che loro vogliono godersi ancora un po’ il panorama e noi chiamiamo al volo un taxi (mamma mia quanto mi piace) e in men che non si dica siamo davanti all’albergo.
Lasciate le borse con gli acquisti del giorno ci trasciniamo fuori per cercare qualcosa da sgranocchiare. I piedi ci portano verso Macy’s ed entriamo, per me, in questo luogo di culto. Come ogni centro commerciale che si rispetti al piano terra si trovano la profumeria e gli accessori (borse cinture..) e i profumi inebriano i nostri sensi. Marcello da subito i primi segni di cedimento mentre io cerco di essere stoica (anche se ormai non sento più i piedi) e mi do l’obiettivo di vedere almeno i primi due piani… Morale in meno di 30 min siamo fuori, non ce la sentiamo proprio di affrontare questo colosso con queste poche forze e così rimandiamo la visita ad un altro giorno. Facciamo però subito la tessera che dà diritto all’11% di sconto agli stranieri andando alla sinistra dell’ingresso principale al punto informazioni, basta presentare il passaporto e l’addetto compila e timbra una tessera cartacea che dà diritto a questo sconto! Che bello! Decidiamo di avviarci verso l’albergo per cercare di mangiare qualcosa, e così optiamo per un ristorante nella strada del nostro albergo nel quartiere coreano. Non sappiamo bene cosa ci aspetta né il livello di pulizia ma non abbiamo molta fame. Così per un assaggio decidiamo per un self service dove puoi decidere cosa mangiare di una vasta gamma di piatti (dalla pasta al riso, dalla carne al pesce il tutto con un sacco di contorni) e il costo del piatto varia dal peso dello stesso.
Il cibo non è male, anche se troppo speziato per i nostri gusti, e neanche l’ambiente, ci sono tanti uomini vestiti in giacca e cravatta con la valigetta vicino alla sedia che mangiano da soli, non voglio pensare siano appena usciti dall’ufficio visto che saranno più o meno le 23.00.
Ritornando verso l’albergo ci imbattiamo in una gelateria dall’aspetto buonissimo e lo dimostra anche la notevole fila che aspetta la propria ordinazione. Nonostante ci sia freddo non vogliamo rinunciare a provare anche noi, e così aspettiamo il nostro turno e per 5 dollari scegliamo una coppa di gelato allo yogurt con macedonia di frutta, una squisitezza inimmaginabile.
Bene anche per oggi abbiamo dato, i piedi non li sentiamo quasi più e anche domani ci attende un’altra giornata molto impegnativa. Appena ci appoggiamo sul letto veniamo catturati da Morfeo, la giornata è stata molto intensa!!!
MARTEDI’ 28 OTTOBRE – 5° giorno Stamattina guardando fuori dalla finestra ci rendiamo conto che ci attende una brutta giornata: piove e il cielo non promette nessun miglioramento.
Il nostro iniziale programma di visitare il Greenwich e tutta la zona di Chelsa e i quartieri Little Italy e China Town subisce un mutamento: non ci resta infatti che tuffarci nei musei e sperare che il tempo migliori.
Colazione e via verso la metro. Acquistiamo i biglietti di andata alla cassa automatica e prendiamo la linea D direzione Up verso il Museo di Storia Naturale. Scendiamo alla fermata sulla 72esima strada, a un paio di isolati dal museo, così da poter vedere mentre camminiamo i famosi palazzi del lato Ovest di Central Park: il Majestic Apartments, il Dakota Apartments, il San Remo Apartments. Devo dire che sotto la pioggia non rendono molto, ma capiamo lo stesso il perché molti personaggi famosi risiedono in questi edifici.
Quando arriviamo il museo ha da poco aperto (apre alle 10) ma la fila è già lunghissima, lo sapevamo del resto che non saremmo stati gli unici a optare per questa meta stamattina.
All’ingresso nella Theodore Roosvelt Rotunda gli scheletri di due enormi dinosauri ci danno il benvenuto, e solo in questo momento ci rendiamo conto di essere sul “set” del film “Una notte al museo”. La fila per chi ha il city pass è scorrevole e anzi un addetto ci consegna, mentre siamo in fila, il biglietto d’entrata con compreso una delle mostre temporanee che ospita al momento il museo che altrimenti sarebbe stata a pagamento: è la visione nel planetario di una riproduzione delle collisioni e la nascita della terra, prevista alle 10.30. Così che mentre aspettiamo che arrivi l’ora delle proiezione iniziamo la visita del museo dalla sala dedicata agli animali dell’Africa: è molto bella perché ogni animale è collocato in una teca che riproduce il suo contesto naturale, quindi anche l’ambientazione rende perfettamente l’idea di quello che si sta vedendo.
Dopo questo veloce (ed economico) safari ci dirigiamo all’osservatorio, e assistiamo al filmato con effetti speciali che dura in tutto una ventina di minuti, è in inglese e essendo utilizzati termini tecnici non è di facile comprensione, anzi, ma la visione è cmq piacevole (certo è che se avessimo potuto scegliere quale mostra temporanea inclusa nel biglietto base vedere, probabilmente non sarebbe stata questa ma quella delle farfalle che ci era tanto piaciuta a Sydney al Wildlife World).
Proseguiamo la nostra visita di questo museo dedicandoci solo alle sale di nostro interesse, perché è veramente immenso e vederlo tutto è impossibile, e poi credo renda molto di più agli occhi dei bambini. Così che ammiriamo al primo piano la stanza degli animali d’America, quella dedicata agli animali dell’oceano con un’immensa balena che occupa tutta una sala, la sezione dedicata alle foreste e all’ambiente, quella relativa agli indiani. Al terzo piano la sezione degli uomini primitivi, quella degli uccelli e degli anfibi e infine al quarto piano, che credo sia il migliore, tutto quello che è legato ai dinosauri e ai mammiferi primitivi. Qui non vi sono solo riproduzioni ma alcuni resti sono originali. Al quarto piano merita sicuramente anche il balconcino interno Astor Turret situato all’angolo del palazzo che offre una visuale su Central Park, i colori del parco contrastano ancora di più con il cielo plumbeo e l’effetto è molto bello. Staremmo seduti sulle panchine ancora tanto, ma il tempo è tiranno e gli obiettivi da raggiungere per oggi ancora tanti.
Nonostante la tanta gente, abbiamo potuto vedere tutto quello che ci eravamo prefissati con molta calma e senza troppa ressa.
Sono le 12.30 quando decidiamo di uscire, e visto che al momento ha smesso di piovere decidiamo di attraversare Central Park per arrivare al Met che è dalla sponda opposta del parco rispetto al Museo di Storia Naturale.
Lasciamo la strada per addentraci lungo i sentieri di Central Park, è veramente bellissimo e un sacco suggestivo proprio grazie alla giornata uggiosa.
Arriviamo al The Lake e non possiamo non scattare una decina di foto a questa lago incastonato tra i palazzoni altissimi che gli fanno da cornice. Le chiome degli alberi hanno i colori dell’autunno: vanno dal rosso, arancio al marrone, verde. E’ veramente magnifico.
Proviamo ad orientarci con la mappa ma ogni sentiero sembra uguale all’altro e ben presto non capiamo più se stiamo andando nella direzione giusta o sbagliata. Chiediamo ad un addetto alla manutenzione del parco e con dovizia di dettagli e particolari come se conoscesse ogni centimetro quadrato del parco come le sue tasche, ci indica la strada da seguire e in meno di 5 min siamo fuori da Central Park. Saliamo la scalinata che porta al Metropolitan Museum e ci tuffiamo dentro al grande salone-hall del museo. E’ tutta addobbata per i festeggiamenti di Halloween, ci sono zucche immense posate sui banconi degli addetti ad impartire informazioni e alle biglietterie, e il tutto fa perdere un po’ di sobrietà del posto data dall’importanza delle innumerevoli opere che sono ospitate al suo interno, ma proprio per questo contrasto è ancora più bello.
Consegniamo le giacche e lo zaino al guardaroba e andiamo a cambiare il biglietto del city pass con quello del museo che altro non è che una spilla da attaccare al bordo del maglione in modo visibile. E’ un’idea assolutamente originale.
Non sappiamo bene come affrontare la maestosità del museo, e da profani non addetti ai lavori ci limiteremo a vedere le maggiori opere, ben sapendo che per apprezzare anche tutto il resto necessiteremmo di una settimana buona da dedicare interamente a questo museo. Come prima cosa vista l’ora andiamo a pranzo, perché la cultura da sola non ci sazia! Decidiamo di optare per il self-service al livello -1 e con l’ascensore ci dirigiamo direttamente lì.
C’è un po’ di coda per entrare ma si fa velocemente. Ci sono un sacco di opzioni per pranzare: dalla cucina giapponese (che prova con successo A.) a quella italiana, buffet di verdure a peso o semplici panini già pronti o hamburger. Dopo pranzo iniziamo la visita anche se devo dire il museo non è così facile da girare, è strutturato su tre piani ma è composto da sale staccate tra di loro e per visitarlo si deve ripassare dalla hall al piano terra. Al piano terra vediamo: Choir Screen,Robert Lehman Collection composta da quadri dedicata al landscape veramente belli, la sala dedicata all’arredamento americano posta nell’American Wing, la sala relativa alla armature, il famosissimo tempio di Dendur e tutta la parte relativa all’Egitto, veramente molto bella e solo questa da sola meriterebbe un giorno intero.Al secondo piano abbiamo potuto ammirare le collezioni relative al medio oriente compreso un giardino cinese bellissimo e tutta la parte relativa alla pittura europea con tele di Van Gogh, Monet, Cezanne, ma anche Botticelli e Mantegna. Non posso dire quanti dipinti famosi o statue abbiamo visto perché sono innumerevoli, è un museo bellissimo, che andrebbe visto sia con più tempo ma anche con una cultura classica che purtroppo a noi scientifici manca.
Qualche foto alla Great hall dalle balconate del secondo piano, una visita alla shop, peccato per il roof garden che è chiuso visto il meteo, e il tempo a nostra disposizione è finito, sono le 17 e vogliamo vedere anche il Guggenheim che chiude alle 17.45, o almeno la struttura architettonica che lo contraddistingue in tutto il mondo. Quando usciamo non piove più ma venendo da un ambiente caldo siamo raggelati dal vento freddo, camminiamo il più velocemente possibile sulla quinta strada direzione Up, anche se mancano pochissimi isolati una volta arrivati ci sembra di aver camminato per un chilometro, ma siamo contentissimi di quello che vediamo anche perché la ristrutturazione esterna è terminata e non ci sono più le impalcature che ne ostruiscono la visuale e possiamo ammirare l’edificio nel suo splendore tutto bianco e candido (non so quanto possa reggere visto lo smog!).
Entriamo e per chi non volesse visitare la mostra, può ammirare la struttura a spirale anche senza acquistare il biglietto. Noi invece cambiamo alle casse il biglietto che abbiamo nel city pass e decidiamo di vedere anche questa mostra che viene ospitata temporaneamente nel museo e relativa alla fotografia fatta da giovani artisti emergenti. Partendo dal primo piano dove si possono ammirare anche tele di Picasso, Mirò e Manet (non abbiamo avuto la fortuna di poter vedere Kandinsky) arriviamo al settimo piano percorrendo il corridoio a spirale. La mostra temporanea non ci è piaciuta assolutamente , troppo particolare e troppo eccessiva per i nostri gusti, ma la simpatia e le idee astratte del museo si, basti ricordare che prima di uscire ci siamo potuti riposare in una sala in cui erano stati collocati dei morbidi puff. Sono le 17.40 e il museo sta per chiudere, usciti fermiamo un taxi perché non abbiamo più voglia di vedere altro ( ci sarebbe stato Bloomingdale’s qui vicino, ma se vediamo tutto questa volta la prossima cosa facciamo?) e così decidiamo di andare fino alla Public Library, che rimane aperta fino alle 20 in modo da poter vedere la sala di lettura Rose Reading Room vista nel film “The Day after Tomorrow”. Il traffico sulla quinta è intensissimo e ci mettiamo molto tempo, per fortuna i tassametri di New York sono tarati anche e soprattutto in caso di traffico, per non far spendere inutilmente soldi ai clienti imbottigliati nel traffico: infatti la tariffa base parte da 2,5$ a chiamata e ogni quinto di miglio 0,40 cent, mentre 0,20 cent per ogni minuto nel traffico fermo o molto lento. Arriviamo alla biblioteca, dopo il controllo dello zaino saliamo al terzo piano con l’ascensore e ci incamminiamo verso la Rose Room, è bellissima sembra davvero una sala da ballo come dice la guida, ci sediamo ai tavoli di legno con le lampade verdi accese, potremmo anche prendere un libro e consultarlo o collegare il nostro pc alla presa di rete e navigare ma ci limitiamo a osservare e crogiolarci in questo silenzio. Ma che bello!!! Non vorremmo più uscire ma alla fine ci alziamo e scendiamo lungo la scalinata di sinistra, sembra di rivivere la scena del film! Usciamo e percorriamo i pochi isolati che ci separano dal nostro albergo a piedi, non piove anche se fa molto freddo.
Decidiamo strada facendo di fermarci un’oretta da Macy’s prima di rientrare in albergo. Ognuno libero di vedere quello che più gli piace, ritrovo alla profumeria del piano terra. Ormai lo so, dentro a questi grandissimi magazzini vado in paranoia, non so gestirli e così subisco ogni singolo negozio!!! Compriamo già qualcosa a questo giro, soprattutto Marcello (alla fine è sempre lui quello che striscia maggiormente la carta in queste occasioni): da Ralph Lauren i prezzi sono imbattibili e anche alla Levi’s, insomma delle vere occasioni da non perdere.
L’ora passa molto velocemente e rientriamo in camera per ristorci prima di riaffrontare il gelo, decidendo di avviarci verso Time Square e cenare in uno dei tanti ristornati che propone la “piazza”. Il Buppa Gumps ha una fila incredibile e non crediamo di potere aspettare tanto prima di mangiare, così optiamo per l’Hard Rock Cafè, già testato in altri viaggi. Dopo aver richiesto un tavolo aspettiamo che sul pannello lcd venga chiamato il nostro nome, foto di rito prima di entrare e poi via nel mondo del rock, l’ambiente è sempre uguale, frizzante e molto giovane, cambiano solo le esposizioni dei regali che gli artisti hanno fatto al locale. Ordiniamo un burger con patatine e un piatto a piani con diverse prelibatezze tra cui le alette di pollo e gli anelli di cipolla. E’ stata una serata molto piacevole! Domani invece di aspetta il viaggio di andata verso Boston e non stiamo più nella pelle, New York è molto bella anche se rumorosa e caotica ma siamo curiosi di vedere invece a poche centinaia di chilometri come si svolge la vita in un’altra città che definiscono la più europea d’America.
Facciamo il check out in albergo e concordiamo di poter lasciare le valige grosse da loro tanto stiamo via solo una notte e sarebbe troppo brigoso trascinarsi dietro le valige che ormai pesano anche un bel po’ visti tutti gli acquisti che abbiamo fatto fino ad ora.
Domani la sveglia suonerà prestissimo, 5.30 perché alle 7.00 abbiamo il ritiro dell’auto prenotata alla Dollar a Newark.
MERCOLEDI’ 29 OTTOBRE – 6° giorno Puntuali come un orologio siamo sulla strada alle 6.00 ad aspettare il nostro taxi prenotato la sera prima. Il tragitto che separa Manattan da Newark nello stato del New Jersey dura all’incirca un’oretta ma il traffico è praticamente inesistente e possiamo vedere la città svegliarsi. Attraversiamo Soho e il Greenwich fino al ponte di Brooklin e da qui via nella periferia fino all’aeroporto. Sbrigate le formalità burocratiche del noleggio andiamo verso il nostro Grand Cherokee grigio scuro che ci sta aspettando. Controlliamo che non vi siano segni o ammaccature e siamo pronti per partire, uno sguardo al contachilometri è d’obbligo, segna 1.735, è ancora in rodaggio!!! Impostiamo il navigatore portato dall’Italia verso la prima fermata che è Port Chester, se non altro per far capire al navigatore quale strada volgiamo prendere , ovvero quella lungo la costa. Già prima della partenza ci siamo resi conto che in questi due giorni attraverseremo ben cinque stati d’America, non male come media!!Partendo infatti dallo stato di New York siamo arrivati al New Jersey per il ritiro dell’auto e poi attraverseremo il Conneticut, il Rhode Island lo stato più piccolo d’America e infine il Massachusetts nostra meta finale che è Boston.
Partiamo subito, ormai il cambio automatico non è più un problema ma una comodità così come l’impostazione della velocità viste le severe norme stradali americane.
Percorriamo la I-95 la principale autostrada che corre da nord a sud e attraversa il New England, attraversando il quartiere del Bronx che non sembra neanche così spaventoso, ma forse noi abbiamo visto il meglio, Stamford, Bridgeport e New Haven città famosa per la sua università di Yale. Lasciamo l’entroterra che ci ha già regalato bellissimi scorci su boschi in pieno Fall Foliage per andare verso la costa ad ammirare l’oceano e quello che ci può offrire. E’ un paesaggio veramente selvaggio, il mare è mosso e di un colore scuro, la vegetazione è ricca e si possono vedere tantissimi gabbiani. I piccoli paesi che incontriamo hanno tutti una chiesa bianca con punta, un emporio e le case sono collocate in fila lungo la strada principale. Come ci era già capitato di osservare in Canada sono tutte di legno, prefabbricate e molto simili tra loro, hanno il cortile aperto e il garage staccato dall’abitazione. Ci fermiamo a fare colazione a Madison in una caffetteria bellissima, con poltrone collocate davanti al camino mangiando Brownie, muffin ai mirtilli tra i più buoni che mi sia mai capitato di mangiare e cioccolata calda. Riprendiamo la marcia che è ancora lunga viste anche le molteplici fermate che faremo per immortalare scene di vita vissuta o semplici panorami. Ci fermiamo lungo la costa per scattare un po’ di foto al mare in burrasca, infatti il vento fortissimo fa increspare le onde a riva che si stagliano sugli scogli e piccole goccioline nebulizzate ci bagnano (eh già giusto perché c’è caldo!!!). Per me e B. Chiuse in macchina per il freddo, è uno spasso vedere Marcello e A. Che fotografano un gruppo di gabbiani sul prato aiutandosi l’un l’altro per creare lo scatto migliore.
Arriviamo a Mystic dove hanno girato “Mystic pizza” solo un semplice giro per il paese ci fa rimpiangere di non poter dedicare più tempo a questa parte di vacanza. Attraversiamo il Rhode Island direzione Newport, bellissimo paese caratterizzato da splendidi ponti e dimore storiche. Ormai sta calando la sera e la nostra prossima tappa è Plymouth dove arriviamo al tramonto per ammirare la ricostruzione della nave dei padri pellegrini la Mayflower lungo il Waterfront. Non ci facciamo mancare neanche il Plymouth Rock sormontato da un tempio. Qui iniziamo a vedere i primi ristornati di pesce che offrono aragoste in ogni salsa, non vediamo l’ora di addentarne una ma prima dobbiamo arrivare a Boston. Ormai non manca molto, alle 18.30 siamo alle porte della città, il viaggio è stato piacevole e molto rilassante, praticamente fuori da New York il traffico è stato inesistente anche sulle poche autostrade che abbiamo percorso. Ma adesso dobbiamo mantenere la calma perché invece a Boston il traffico è molto intenso e dobbiamo cercare il nostro albergo nel cuore del quartiere finanziario. L’albergo scelto è il Club Quarters in Devonshire Street. La scelta è caduta più che altro come albergo residuale rimasto a disposizione nel ventaglio degli alberghi della zona, l’abbiamo prenotato all’inizio di luglio dopo aver consultato i commenti su tripadvisor. La zona è veramente buona, siamo a due passi dal Freedom trial, il percorso di mattoncini rossi che porta a vedere ogni luogo di interesse storico.
Non abbiamo troppe difficoltà ad attraversare la città e trovare il nostro albergo. Il parcheggio è dietro l’albergo e fatto il chech in siamo in camera a lasciare il trolley, cambiarci e buttarci alla scoperta di una parte della città: quella culinaria! Un unico commento sulla stanza: molto bella, curata e pulita. In confronto a quella dell’albergo a New York non c’è paragone e neppure se consideriamo i soldi spesi, visto che ci è costata esattamente la metà rispetto ad una notte pagata a New York. Quindi siamo sempre più convinti che i prezzi degli alberghi di New York non possano in nessun modo garantire un adeguato rapporto qualità-prezzo ma che siano esagerati per quello che riescono ad offrire.
Ci avviamo verso l’harbor di Boston al Central Warf dove vogliamo mangiare al Legal sea food consigliato dalle nostre guide. Prima però visitiamo il porto e fotografiamo lo skyline di notte, Boston è veramente tranquilla ed è piacevole camminare per le sue vie, ammiriamo l’Old State House all’incrocio di Court Street e Congress street, la Custom House con la sua torre illuminata e finalmente siamo al ristornate. Non dobbiamo attendere molto per avere il nostro tavolo e anche nell’ordinazione sono veloci e noi sappiamo già cosa prendere: clam chowder una crema di vongole panna e patate (simile a quella di San Francisco) servita nella pagnotta di pane, lobster con vari contorni a scelta e granchio. La cena si rivelerà ottima la migliore aragosta che abbia mai mangiato, anche se non molto economica ma infondo siamo in vacanza no!! Ritorniamo all’albergo quasi senza fiato dal grande freddo provato e ci tuffiamo tra i piumoni morbidissimi di cui è dotata la camera, veramente confortevole con la vista sui palazzi del quartiere finanziario, pulita e curata in ogni dettaglio.
GIOVEDI’ 30 OTTOBRE – 7° giorno Stamattina ci alziamo presto, abbiamo poco tempo a disposizione per vedere questa città che già ieri sera è riuscita a dare il meglio di se.
Facciamo il chech out non prima di aver riempito un paio di bottigliette di acqua ai distributori automatici posti ad ogni piano dell’albergo e dato un’occhiata veloce ad internet messo a disposizione dell’albergo.
Ci dirigiamo verso l’inizio del Freedom Trail al Boston Common che è posto nel più antico parco pubblico degli Stati Uniti. Da qui si iniziano ad intravvedere le due file di mattoncini rossi posti sull’asfalto che indicano la strada da percorrere. Vediamo diverse classi fare lezione nel parco e invidiamo questo metodo di insegnamento così diverso rispetto all’Italia. Da qui proseguiamo verso la State Hause, la Park street Church con il vicino cimitero dove giace l’eroe della Rivoluzione Paul Revere. Incontriamo poi la King Chapel e arriviamo alla Omni Parker House ora albergo, dove è stata inventata la Boston cream pie, tipica torta di Boston. Non possiamo non fermarci, visto anche che non abbiamo fatto colazione, si rivelerà una torta magnifica e molto buona ! Proseguendo siamo all’incrocio Old Corner Bookstore con la libreria che è stata luogo degli incontri dei personaggi che hanno fatto la storia, oggi cuore dello Shopping Center. Anche noi non possiamo essere da meno e ci fermiamo a curiosare e una volta entrati facciamo qualche spesa: libri e cd musicali ad ottimi prezzi. Di fronte si trova la Old South meeting house che è la seconda chiesa puritana simbolo del potere della parola, oggi è circondata da strade ma mantiene ancora il fascino di 300 anni fa quando ospitava le riunioni di chi protestava contro l’oppressione fiscale londinese.
Proseguiamo e davanti ai nostri occhi si palesa la Old State House già vista illuminata ieri sera: è veramente bella: dal balcone della facciata principale fu letta la dichiarazione di indipendenza. Attraversata la strada di inoltriamo nel Faneuil Hall e nel Quincy Market, giusto il tempo di scattare qualche foto e proseguiamo visto che saranno la meta finale del nostro Freedom Trail per il pranzo, perché oggi quello che nel 1700 veniva definito il centro della “culla della libertà” è un mercato coperto con tanti negozietti che vendono cibi differenti, ma rimane il monumento più visitato della città.
Attraversiamo l’Holocaust Memorial in Union Park, di fronte alla City Hall. In Union Strett si trova anche il più antico ristornate della città, il quartiere in cui è collocato continua a trasmettere le tradizioni dell’epoca non solo per le costruzioni basse di mattoni rossi , ma anche per le targhe antiche che possiamo leggere sui muri degli edifici che ricordano quanto è stato fatto per ottenere l’indipendenza.
Proseguiamo per il North End oggi zona di italiani concentrati lungo Hanover Street e Salem Street: gelaterie, caffè e ristornati ricordano la nostra Italia. E così siamo davanti alla casa di Paul Revere, la più antica di Boston. L’ingresso è a pagamento e dalla strada non si vede niente causa l’alta recisione in muratura che la circonda, noi decidiamo di non visitarla.
Visitiamo la St. Stephen’s Church veramente carina e raccolta e ci incamminiamo lungo il Mall Revere un viale alberato destinato al traffico pedonale con la statua di Paul Revere a cavallo all’ingresso del viale, da qui si giunge alla Old North Churh la più antica della città, dalla forma tipica con il campanile appuntito.
Prima di attraversare il ponte che attraversa il Charles River visitiamo il cimitero degli eroi collocato sul colle più alto della città. Il ponte che conduce a Charlestown , Charlestown Bridge appunto, si regge su piloni a forma di Y rovesciata che ricordano l’obelisco del Bunker Hill Monument. Arriviamo a questo monumento in poco tempo anche perché non necessitiamo di visionare le cartine visto che seguiamo l’obelisco. I quartieri che attraversiamo sono molto belli, sono tutte case basse attaccate l’un l’altra con qualche scalino per salire e un piccolo cortile davanti addobbato per Halloween. Arriviati al monumento c’è la possibilità di salire sopra gratuitamente, sono 294 scalini, indecisi sul da farsi A. Ci convince e iniziamo la salita: che fatica, ma il panorama che si vede dall’alto è impagabile (a parte il male di gambe che perdurerà per i successivi due giorni!!!), qualche foto e via di corsa in discesa direzione Quincy Market per il pranzo.
Arrivati al mercato coperto ognuno decide quello che vuole mangiare e poi ci sediamo in uno dei numerosi tavolini collocati al centro del mercato fatto a Tempio greco, è veramente bello. Naturalmente finchè siamo qui mangiamo la zuppa di vongole nella pagnotta di pane (mamma mia quanto è buona, non vedo l’ora di andare a San Francisco…!) e polpa di granchio. Una vera delizia per il palato.
Sono le due e dedichiamo un’ora a visitare i negozi intorno al mercato: uno in particolare attrae la nostra attenzione: un intero negozio dedicato alle Crocs, il cui prezzo rispetto all’Italia è a dir poco sconcertante (25$).Ne prendiamo un paio per noi e uno per i nostri famigliari a casa! Ormai ci rimane poco tempo da dedicare a Boston, è sicuramente stata un’ottima scelta destinare un paio di giorni a questa città e forse ne avrebbe meritato uno in più.
Il rientro a New York è lungo, sarà una bella tirata anche perché abbiamo approfittato fino alla fine di questa bella gita fuori porta e adesso che stiamo tornando indietro è quasi sera. Abbiamo però l’opportunità di assistere ad un bellissimo tramonto. La stanchezza è molta così che decidiamo di arrivare senza soste all’aeroporto di Newark (riconsegniamo la macchina con il contachilometri che segna 2.627) e da lì fino all’albergo con un taxi il cui autista è molto simpatico e con voglia di chiacchierare anche se la sua guida lascia un po’ a desiderare ma ormai ci siamo abituati. Il tragitto aeroporto centro costa un po’ di più rispetto all’andata. Ritornati in albergo rifacciamo il chech in e prendiamo possesso della nostra nuova stanza. Questa volta siamo all’ottavo piano, con vista su un cortile interno del palazzo ma possiamo vedere la punta dell’Empire illuminata ed è una cosa bellissima. Anche questa camera è stata da poco ristrutturata ed è molto più curata di quella dei giorni scorsi.
Ci facciamo forza l’un l’altro e decidiamo di tornare fuori per mangiare qualcosa. Ci avviamo così lungo la settima direzione Up. Percorsi un paio di isolati scegliamo un supermercato che propone anche una vasta scelta di piatti pronti sempre a peso, così dopo aver fatto una bella caricata andiamo a mangiare al piano di sopra dove ci sono i tavoli riservati agli acquirenti del ristorante.
Devo dire che pensavamo di aver raggiunto già l’apice della stanchezza diverse volte nelle sere precedenti ma ogni sera lo siamo di più, e nonostante questo la città continua a darci la carica per vedere e fare il più possibile soprattutto visti i pochi giorni che ci sono rimasti.
Dopo aver cenato rientriamo in albergo e nanna.
VENERDI’ 31 OTTOBRE – 8° giorno Oggi ci divideremo per poter vedere quello che più si preferisce visto che ormai il tempo stringe.
Il nostro programma prevede una giornata un po’ più tranquilla per culminare tutti iniseme a fine giornata nella Parata di Halloween, non vediamo l’ora.
Dopo la solita abbondante colazione, dove per la prima mattina abbiamo dovuto aspettare un po’ perché c’era la fila, ci incamminiamo verso Down. Ci accorgiamo subito che i turisti sono aumentati notevolmente e la maggior parte di questi sono qui per la maratona di Domenica. Anche nel nostro albergo un gruppo di italiani di fianco al nostro tavolo mentre facevamo colazione ci ha raccontato che questa per loro è la terza maratona consecutiva e che ha un fascino indescrivibile.
Nonostante questo non mi sentirete mai dire: la prossima volta a New York sarà perché anche io farò la maratona, al massimo mentre Marcello corre io faccio una maratona di shopping, tant’è che mi sto già allenando!!!! Prendiamo la metro con fermata South Ferry sulla linea rossa, visto che abbiamo deciso di prendere il Ferry gratuito per Staten Island. Abbiamo nel city pass la possibilità di vedere o la statua della libertà e il museo di Ellis Island o fare un crociera di due ore intorno alla baia, ma non sapendo se faremo in tempo intanto decidiamo di optare per questa soluzione. Entriamo nella stazione del ferry che è una nuova costruzione in vetro e aspettiamo l’arrivo della nave delle 8.30, quando le porte si aprono vediamo scendere tantissimi impiegati dei vari uffici collocati nel quartiere finanziario. Quelli come noi che vanno a Staten Island sono invece pochi e per lo più turisti. Saliti sulla nave gli unici posti in cui si può stare all’aperto sono la prua e la poppa della nave e noi decidiamo per la poppa. Siamo in pochi visto che una volta staccata dal molo la nave va molto velocemente e l’aria fredda è tanta. Ma noi resistiamo e vogliamo immortalare Miss Liberty in ogni sua minima sfaccettatura. Più ci avviciniamo e più ci appare in tutto il suo splendore, lo sapevamo che non era una statua enorme ma fa comunque la sua figura.
Il cielo è limpido, non c’è una nuvola, le foto verranno nitidissime e bellissime, ci passiamo proprio vicinissimo. Questa per chi avesse poco tempo è una soluzione ideale per vedere la statua, niente file, niente controlli e si vede bene.
Vicino alla statua si vedono tante persone che invece hanno scelto di visitare la Miss fino al piedistallo, sono piccolissime rispetto alla sua imponenza! Dall’11 settembre non è più possibile salire fino alla corona, ma credo che in luglio 2009 verrà riaperta questa possibilità, allora si che sarà bellissimo visitare la statua.
Arriviamo in 30 min a Staten Island, dobbiamo scendere e prendere il traghetto direzione New York già in partenza, e che in meno di 30 min ci riporta indietro. Rivediamo la Statua per l’ultima volta e devo dire in perfetta solitudine perchè siamo gli unici ad essere fuori!! Una volta attraccati ci incamminiamo verso Battery Park e in meno di 5 min siamo al Castle Clinton giusto per vedere com’è, ma quello che più ci impressiona non è l’architettura del Castello ma la file di gente che sia per prendere i biglietti, sia per fare i controlli degli zaini che per imbarcarsi sta dirigendosi alla Statua della Libertà. Passiamo oltre e cerchiamo la Sfera, che deve essere collocata qui vicino. La sfera in origine era in mezzo alle due torri gemelle, e dopo gli attentati è stata estratta dalle macerie quasi indenne, e poi è stata ricollocata a Battery Park. Vicino a lei si trovano delle targhe commemorative e un lume sempre acceso che simboleggia lo spirito di chi non c’è più e la speranza di chi è rimasto. Lasciamo qui un altro pezzetto di cuore.
Ci avviamo ancora verso il cantiere della Freedom Tower per entrare ancora una volta al Century 21, non ne abbiamo avuto abbastanza la prima volta e così ci riproviamo oggi. In realtà siamo tornati per fare un cambio camicia, perché non potendo provare l’abbigliamento in loco, una volta in albergo ci siamo accorti che quanto preso era di una taglia sbagliata. Non ci sono problemi ad effettuare il cambio e finchè ci siamo finiamo i nostri regali per casa anche in vista del natale. Mettiamo in conto un paio di ore che si riveleranno il giusto tempo che impieghiamo per gli acquisti e per decidere di comprare una nuova valigia perché nelle nostre portate dall’Italia non entra più uno spillo. Il piano di sotto è interamente dedicato alla casa e a prezzi modestissimi si possono comprare completi letto di Ralph, Tommy e Lacoste veramente bellissimi.
Carichi come muli torniamo alla luce. Prima di rientrare in albergo per portare tutti i pacchetti, decidiamo di visitare i quartieri di China Town e Little Italy. La fermata della metro Cortland street è ancora chiusa per lavori di ricostruzione a seguito degli attentati e quando ci passiamo vicino sottoterra vediamo questi enormi tunnel illuminati perché ci sono in corso i lavori. Scendiamo alla fermata di Canal street nel cuore di Chinatown. Passeggiamo lungo questa arteria fino ad imboccare Mulberry street, vedendo scorci che mai avremmo immaginato essendo in America. Invece qui sembra di visitare un paese cinese: ad ogni si trovano banchetti di venditori ambulanti che offrono pesce fresco o verdure, ragazzini che corrono per strada o giocano con cose fatte da loro, un sacco di colori e di confusione, tutti i palazzi hanno scritte cinesi (anche il Mc’Donalds è tradotto con gli ideogrammi cinesi), e vediamo lanterne rosse come lampioni o tetti di case che ricordano le architetture cinesi. E’ un quartiere da visitare ma non spendiamo più di mezzora anche perché è famoso ma non ci entusiasmo più di tanto.
Entriamo in Mulberry st, ormai quello che è rimasto del quartiere di Little Italy dopo l’espansione del quartiere cinese, infatti alcuni negozi o ristoranti sono a conduzione cinese. Quello che ci colpisce di questa via è la tranquillità che si respira nonostante sia a due passi da Chinatown, ed è bellissimo vedere i lampioni o gli idranti ricoperti da adesivi che raffigurano la nostra bandiera tricolore. Ci sono un sacco di ristorantini e caffè tutti dai tipici nomi italiani “La bella Napoli”, “Da Alfredo” e all’ingresso i camerieri che ti invitano ad entrare per consumare il pranzo.
Vediamo anche le costruzioni basse con le scale esterne in ghisa tipiche del quartiere di Greenwich o Tribeca che purtroppo non riusciamo a visitare: è cmq molto interessante e ci offre la possibilità di avere un altro spaccato di questa città dalle mille sfaccettature e contraddizioni.
Il programma del pomeriggio consiste in una bella passeggiata fino a Central Park e noleggiare due bici per vedere il parco. Noleggiare le bici non è per niente difficile, il consiglio però è di cercare un negozio non alle porte del parco perché quelli sono molto costosi, mentre nelle vie limitrofe si trovano delle buone occasioni: per due ore (che sono il minimo indispensabile per vedere quasi tutto) abbiamo speso 17$ a testa al Central Park Bike Rental sulla 58esima vicino all’incrocio con la Broadway.
Ci danno una cartina ma non ben dettagliata rispetto a quella che abbiamo nella guida, non optiamo per i caschetti (che sono compresi nel prezzo della bici, ma non obbligatori per legge) e chiediamo un cestino che si rivelerà comodissimo per appoggiare poi le giacche visto il caldo del pomeriggio. Partiamo subito entrando da Columbus Cicle.
Vediamo subito tantissimi maratoneti fare riscaldamento nel parco e le foto e le riprese si sono sprecate, così come i saluti e gli incitamenti. Se è già così emozionante l’allenamento figuriamoci la maratona vera e propria di domenica.
Direzione Up percorrendo le stradine interne al parco (in teoria abbiamo scoperto dopo che alcune stradine interne non sono percorribili in bici ma noi siamo sempre andati ad eccezione di dove esplicitamente letto nei cartelli).
Vediamo nell’ordine The seep Meadow, veramente bellissimo di un verde scintillante e molto rilassante, infatti tantissime persone se ne stavano sdraiate a prendere il sole o semplicemente riposando. Proseguiamo per Bethesda Fountain vicino al Lake centrale del parco attraversando il tunnel: foto di rito vicino alla fontana, anche l’idea di noleggiare una barca e remare nelle acque calme di questo bellissimo lago non era male, ma il tempo è tiranno. Arriviamo fino al Jacqueline Reservoir (è qui che non è consentito alle bici girare nell’anello vicino al lago, mentre si può percorrerlo a piedi). Mamma mia quante scene di film sono state girate qui vicino? È bellissimo essere qui ad ammirare questi scorci e le foto si sprecano, una su tutte quella dove svettano le tue colonne del palazzo del Museo di Storia Naturale, percorriamo tutta la circonferenza del lago ed è veramente uno dei ricordi più belli che conservo di questa città. Ormai è tempo di ridiscendere, ci fermiamo a Delacorte Theatre , allo Shakespeare garden e al Belvedere Castle. Vediamo anche l’Obelisco.
Il tempo passa inesorabile nonostante la pace di questo luogo sembra aver fermato tutto, ci avviamo così verso l’ultima meta del nostro tour che è Strawberry Fields. Il giardino dedicato alla pace fatto realizzare da Yoko Ono in memoria John Lennon situato di fronte agli appartamenti del Dakota, proprio dove è stato ucciso. Vicino al mosaico con la scritta “Imagine “c’è un drappello di gente e questo dimostra che non ci stiamo sbagliando. Neanche il tempo di scendere per vedere da vicino che incontriamo A. E B. Che anche loro hanno avuto la stessa nostra idea, senza accordi in una città di milioni di abitanti e di turisti noi ci siamo incontrati per caso! Ci accordiamo per l’orario di stasera e poi ci ridividiamo per finire i nostri giri.
Finiamo il giro in Central Park mangiando un hot dog preso nei chioschetti che si trovano disseminati nel parco percorrendo il Mall che ci riporta al Diary già visto qualche giorno fa.
Riconsegnamo le bici al noleggiatore, è stato veramente bella questa corsa per il parco!Due ore sono proprio il minimo per vedere un po’ tutto quello che di bello offre il parco! Ci incamminiamo verso la 5° strada per fare un po’ di shopping (o meglio, vedere i negozi vicino a Central Park, perché nonostante il dollaro debole questi sono ancora inaccessibili per le nostre tasche!). Mentre camminiamo in una via laterale, ci imbattiamo in una caserma di pompieri, Marcello chiede se può fare un foto e i ragazzi si mettono in posa chi dandosi il 5, chi scendendo di volata dal palo, insomma è stato uno scatto d’autore! I primi negozi in cui ci imbattiamo sono Tiffany (una meraviglia di 5 piani, ma sinceramente visti i primi non oso immaginare cosa c’è salendo), la Trump Tower con la cascata d’oro al suo interno e un sacco di negozi bellissimi, Velentino, Gucci… insomma una piccola Via Montenapoleone d’oltreoceano! Ma la nostra mete è Abercrombie & Ficht, già testato positivamente in altre parti del mondo. Ci immergiamo in questa disco pomeridiana e ad accoglierci una coppia di ragazzi veramente veramente belli! Passiamo così in questo marasma un’oretta buona alla ricerca di qualche capo da portare in Italia anche per la gioia della cognata! Felice come una pasqua esco anche io con la mia borsona a tracolla raffigurante un bellissimo ragazzo! Ripercorriamo tutta la 5 strada a piedi che ormai vanno per inerzia, e aspettiamo in albergo A. E B. Per andare insieme alla parata di Halloween che si svolge tutti gli anni partendo dal Village e arriva fino alla 23esima. Una folla di gente cammina al nostro fianco tutti con le stesse intenzioni e la maggior parte di loro è vestita per la festa: io ho portato dall’Italia due cappelli da strega ma mi sono scordata di usarli!! Arriviamo alla 23 esima dopo aver visto da vicino il Flatiron Building, il palazzo a forma di ferro da stiro, che è transennata e i poliziotti di servizio, molto pazienti e pronti ad aiutare ci spiegano come raggiungere un buon punto di osservazione. C’è davvero tantissima gente in attesa di vedere la parata, noi troviamo un posto sgomitando un po’ che ci permette di vedere comodamente l’arrivo di questa parata: non sappiamo se si tratta di carri allegorici (un po’ come il nostro carnevale, visto che halloween è il carnevale in America) o che altro tipo di rappresentazione venga messa in scena anche perché ogni anno è diversa. L’attesa è lunga ma alla fine verso le 20.00 vediamo arrivare i primi gruppi che compongono la serata: è bellissimo tante luci e colori, travestimenti e scenografie con danze e musiche principalmente fantasmi, scheletri e streghe! Alla fine del corteo ufficiale tantissima gente travestita con le mise più disparate (anche se il tema delle imminenti elezioni ha portato moltissimi a mascherarsi con la maschera di Obama). Non si può descrivere tutto quello che abbiamo visto è stata una bellissima serata nonostante il freddo e la tantissima gente che assisteva all’evento. Verso le 22.00 decidiamo di avviarci verso un ristornate per cenare, i taxi sono strapieni e quindi neanche uno a pagarlo oro, così che ci incamminiamo a piedi verso Time Square, questa è la nostra ultima sera e quindi abbiamo ancora voglia di essere al centro della frenesia newyorkese.
Optiamo per il Bubba Gump ma la fila è interminabile, così che andiamo ancora all’Hard Rock tanto è una certezza. Anche qui dobbiamo attendere molto e inganniamo l’attesa visitando i negozi vicini in particolare la Virgin e ancora una volta il negozio degli M&M’s, come mi mancheranno! Ceniamo divinamente, nonostante la ressa. Ormai non sentiamo più i piedi e le gambe sono massacrate dai gradini fatti ieri a Boston.
Anche oggi è stata una giornata bellissima e ci dispiace un sacco pensare che domani è la nostra ultima giornata.
Tornando in albergo facciamo qualche foto all’Empire illuminato di arancione, anche lui si è vestito per la serata e vediamo ancora tantissimi ragazzi che festeggiano Halloween.
SABATO 01 NOVEMBRE – 9° giorno Sveglia presto e decidiamo di non fare colazione vista la lunga fila di gente. Oggi abbiamo un altro appuntamento da non perdere: la corsa dell’amicizia che si tiene ogni anno il giorno prima della maratona e vede la partenza alle Nazioni Unite e percorrere di corsa sventolando i colori delle proprie nazioni le vie della città fino ad arrivare in Central Park. La città è in senso letterale del termine invasa dai maratoneti, si distinguono perché oltre alle bandiere delle nazioni che rappresentano hanno la pettorina con il proprio numero ben in mostra. E’ molto bello essere qui in questi giorni di fermento.
Proseguiamo per l’ultima attrazione del nostro City Pass (alla fine le abbiamo usate tutte): la crociera di due ore sullo Hudson River con la Circle Line. Con il senno di poi, potessimo tornare indietro non la rifaremmo per dedicare invece la mattinata al Greenwich e a Soho, non perché non sia stata bella ma perché molto lunga e ripetitiva. Infatti la crociera parte dal molo all’altezza dell’incrocio tra la 42esima e la 11esima strada (vicino alla portaerei Intrepid) e percorre l’Hudson river fino all’altezza del palazzo dell’Onu, e poi torna indietro, l’andata è bellissima e si vedono scorci dal fiume veramente belli, ma il ritorno è ripetitivo ed è un’ora persa.
Cmq ci mettiamo in fila dopo aver scambiato il biglietto del city pass alle 10.30 che la fila è già lunga, alle 11.00 quando ci fanno imbarcare dietro di noi ci sono tantissime persone in attesa e la fila si è triplicata, quindi è stato un bene essere là presto.
La navigazione è lenta ma molto bella, facciamo diverse foto alla città dal fiume, la barca si avvicina anche un po’ alla statua della libertà così che ancora una volta possiamo ammirarla da vicino. L’emozione più forte è passare sotto al ponte di Brooklin e farci scattare una foto con alle spalle questo simbolo. Il rientro come detto è monotono.
Alle 13.00 sbarchiamo e ci dirigiamo in Time Square, perché dedicheremo le ultime ore agli ultimi acquisti della vacanza. Entriamo alla Levis e visti i prezzi (jeans a 45/50 $ ne prendiamo qualcuno in più rispetto alle reali esigenze). Il pranzo è take away in un negozietto vicino che vende pizza e gelati. Nel mentre assistiamo alle riprese di uno spot pubblicitario. Proseguiamo il nostro giro e percorriamo la 34 esima costeggiando Macy’s nostra prossima meta. Qui non mi faccio pregare e do sfogo alla mia voglia di acquisti (sarà perché nel mentre sto leggendo I love shopping in New York?): in questi giorni ho visto ragazze e ragazzi indossare degli stivali che in Italia non mi ricordavo di avere ancora visto, li compro perché il prezzo era vantaggioso, di ritorno a casa scoprirò di aver smosso le voglie di diverse persone visto che anche da noi sono molto famosi ma il prezzo è il triplo! Passiamo un paio di orette tra i negozi del centro commerciale e quando guardiamo l’orologio è già ora di avviarci verso l’albergo, mettere le ultime cose nelle valige, che non si chiudono quasi nonostante si siano quasi raddoppiate e aspettare A.E B. E il nostro taxi che ci porti in aeroporto. Ultima foto prima del rientro di noi gilrs attorniate dalle valige e poi via al check in per imbarcarci. La fila è lunghissima e quando tocca a noi, l’addetto ci intrattiene con anedotti e storie varie per una buona mezzora, non capiamo il motivo (il mio terrore erano le valige troppo pesanti ma ancora non le abbiamo appoggiate sul nastro trasportatore). Ben presto ci spiega che stava aspettando per vedere di trovarci due posti vicini, cosa che invece non è possibile: come non è possibile?????? Io sono presa dal panico, l’aereo è il mezzo di trasporto che preferisco ma non amo viaggiare vicino a gente che non conosco e insomma voglio stare vicino a mio marito…! Lui si scusa ma non può fare nient’altro e ci augura buon viaggio! Grrrrrrr! Salutiamo B. E A. Che rientrano con un altro volo rispetto al nostro (abbiamo provato a cambiarli ma niente da fare, sembra che stasera tutti gli aerei della British siano full) e ci aspetteremo a Milano per il rientro.
I controlli sono severissimi, ci fanno togliere le scarpe e mostrare il contenuto del bagaglio a mano, al gate dobbiamo aspettare poco che già ci imbarcano. Io spero un sacco che qualche anima pia che viaggia da solo faccia cambio con me e infatti per fortuna accade così. Meno male!!! In questi attimi che ci separano dal decollo traiamo già un paio di conclusioni: apparentemente siamo contenti e sollevati di lasciare New York non fosse altro perché sappiamo che ci attendono 8 ore di meritato riposo prima di arrivare a Londra, che una volta giunti a casa non cammineremo più così tanto ma ci ritufferemo nella sedentarietà quotidiana. Ma nel cuore sappiamo che sono solo motivazioni passeggere, che alla fine abbiamo lasciato un pezzo di noi anche in questa città e che il suo ricordo ci verrà a trovare per moltissimo tempo ancora.
Alle 21.30 con un ritardo di 40 minuti decolliamo dal JFK destinazione Londra. Non facciamo in tempo ad assopirci che ci offrono la cena, e a riappisolarci che è già ora di preparaci all’atterraggio. Le 7 ore di volo si sono trasformate in 6, in pratica eravamo seduti su un jet e non ce ne eravamo accorti. Il volo è stato velocissimo, il personale molto disponibile e gentile e l’aereo nuovissimo molto molto comodo e spazioso.
DOMENICA 02 NOVEMBRE – 10° giorno Atterriamo a Londra alle alle 7.00, il tempo di cambiare gate, ripassare sotto le grinfie degli addetti alla sicurezza, ma meno male che ci sono, e sottoporci ai loro controlli, cercare il nostro gate che siamo già di nuovo seduti sull’aereo direzione Milano Malpensa dove arriveremo alle 13.00. Ci attende un cielo grigio come alla partenza ma anche tutti i nostri bagagli intatti. Come sono contenta!! Il nostro viaggio è veramente terminato, un paio di ore e siamo finalmente a casa con tanti ricordi da raccontare a chi ci aspetta.
CONCLUSIONI A distanza di mesi dal nostro viaggio, e mentre stiamo scrivendo questo racconto, posso dire col senno di poi, che New York è una città che ti entra dentro. Forse subito non te ne accordi e anzi ti dà anche fastidio la sua velocità, il suo rumore, ma poi quando hai metabolizzato tutto, ti rendi conto che guardi un film solo perché sai di poter vedere una parte di New York, ti metti a sognare ad occhi aperti e rivivi le emozioni che ti ha dato durante il tuo soggiorno, diventa una pietra di paragone rispetto ad altre città che visiterai dopo (a Pasqua siamo stati a Londra e sulla guida Trafalgar Square veniva descritto come l’ombelico del mondo, bhe ok è bello ma di ombelico del mondo io ne conosco solo uno e non è certo a Londra ma a New York e si chiama Time Square!!)! Visitare New York ci ha arricchito, abbiamo potuto toccare con mano la vita americana e vivere esperienze uniche (come la messa ad Harlem)! Abbiamo scelto un periodo veramente ricco di eventi e manifestazioni e questo ci ha permesso di entusiasmarci ancora di più.
Inoltre la scappata a Boston è stata molto bella e ha meritato la gita (forse era meglio dedicare un giorno in più sia alla città che alla costa del Rode Island).
Il viaggio è stato bellissimo, la compagnia dei nostri amici ha alleggerito gli sforzi fisici delle giornate (mal comune mezzo gaudio!!) e siamo stati veramente bene. Speriamo di aver aiutato altre persone che si stanno organizzando per vivere New York.
Buon viaggio a tutti!! Sara e Marcello