La nostra grossa, grassa, vacanza greca
Nella mattinata, con calma e con Federico di nuovo in forma e raggiante per l’imminente partenza, terminiamo di sistemare i bagagli … All’apparenza sono tanti e mi danno qualche pensiero, ma riesco a caricarli tutti nel portabagagli posteriore dell’auto e alle 11:30 siamo tutti a bordo, in procinto di affrontare questa nuova avventura.
Trascorsi dieci minuti dalla partenza imbocchiamo l’autostrada a Forlì diretti a sud: il traffico è intenso, nonostante sia un giorno feriale, ma tutto fila via liscio e dopo circa un’ora di viaggio siamo a Pesaro. Proseguiamo e poco più tardi, alle 12:45, ci fermiamo per uno spuntino in un Autogrill, nei pressi di Fano.
Giusto il tempo di consumare la nostra pasta fredda e alcuni minuti dopo le 13:00 siamo di nuovo in strada, per uscire, mezzora più tardi, in direzione di Ancona … Del capoluogo marchigiano raggiungiamo il porto, dal quale c’imbarcheremo per la Grecia e per Patrasso: l’obbiettivo, infatti, è visitare il Peloponneso, la più meridionale delle regioni continentali elleniche, che mancava al carnet delle nostre esperienze di viaggio e che, da lungo tempo, era nell’elenco delle possibili mete. Ci ha sempre incuriosito quel lembo di terra proteso come una mano aperta verso il centro del Mediterraneo ed ora eccoci qua, pronti ad esplorarlo e a coglierne gli aspetti storici e naturalistici che, potenzialmente, sembra poterci offrire.
L’enorme nave, “Olympic Champion”, della compagnia greca Anek che ci trasborderà, attraversando il Mare Adriatico prima e lo Ionio poi, è già all’ancora nel porto di Ancona e quando giungiamo al suo cospetto ci fanno parcheggiare in un attiguo piazzale nel quale il sole batte implacabile: il caldo, in questa giornata di fine luglio, è infernale ed il termometro segna più trentasei! Con Federico mi reco al check-in e poi torniamo da Sabrina che, eroica, era rimasta in auto ad aspettarci … L’attesa per l’imbarco per fortuna è breve e intorno alle 15:00 saliamo già sull’imbarcazione dove, parcheggiato il mezzo nei ponti inferiori, ci assegnano per la notte la nostra ordinaria tripla interna.
Tornati all’aria aperta ci sistemiamo a prua sui bordi della piscina ed in compagnia del piccolo mi concedo un refrigerante bagno, poi, quasi puntuale, poco dopo le 16:00, il grande traghetto molla gli ormeggi e stacca da riva … Appena preso il largo, con un accento straniero, mi sento chiamato al microfono e desiderato alla réception … Con sollecitudine mi reco verso il luogo, mentre penso di sapere quale possa essere il motivo … Infatti trovo ad aspettarmi Dimitri, un personaggio greco, abitante di Sparta, conosciuto tempo fa per lavoro che, ho saputo di recente, si trova a rientrare in patria sulla nostra stessa nave … Essendo venuto a conoscenza del viaggio che intraprenderemo dalle sue parti ora si sta prodigando, in tutti i modi, per rendersi ospitale e tanto per cominciare ha deciso di farci cambiare la nostra anonima cabina interna con una esterna, vista mare … Continuo a dirgli, come nei giorni scorsi, che non deve preoccuparsi, ma lui gentilissimo insiste e dice che dobbiamo andare a casa sua e che ci organizzerà l’intera vacanza … Chi vivrà vedrà! … Intanto, col suo socio Petro se ne va a dormire nella suite e noi torniamo di fianco alla piscina a goderci il pomeriggio, con Federico, per tutto il tempo, costantemente a bagno.
Più tardi anche Sabrina si ritira in cabina per un pisolino, mentre insieme al piccolo resto sul ponte fino alle 19:30, con il sole che rapidamente scende verso la linea dell’orizzonte.
Per cena, tanto per entrare in clima, mangiamo “giros-pita”, quindi incontriamo Dimitri e dopo una lunga chiacchierata circa i nostri programmi, ormai stanchi, ce ne andiamo a dormire, così spostiamo anche le lancette dell’orologio sul fuso greco (più avanti di un’ora), ed in breve è … … Giovedì 27 Luglio: Si è dormito benissimo nell’aria condizionata della cabina … abbiamo fatto scalo a Igoumenitsa, nel nord della Grecia, e praticamente non ce ne siamo accorti: apro gli occhi che sono già passate le 10:00 e usciamo dal nostro nido quasi un’ora più tardi.
La nave scivola via sulle acque di un Mar Ionio completamente piatto, mentre s’intravedono le coste elleniche ad oriente: riconosciamo infatti l’isola di Leucade, anche se la densa foschia mediterranea ne confonde il severo profilo … Poco più tardi, sul lato opposto della rotta, appare anche Itaca, leggendaria isola di Ulisse e preludio al golfo di Patrasso verso il quale spediti stiamo navigando.
Alle 14:00 in punto, in perfetto orario (più svizzero che greco!) attracchiamo al molo del porto di Patrasso: salutiamo Dimitri, che credo rivedremo presto, e scesi dalla nave cominciamo la nostra avventura per le strade del Peloponneso.
Andiamo a sud, lungo la E55, che corre sempre distante dalla costa: in effetti il percorso è piuttosto noioso e solo alcune folcloristiche e coloratissime bancarelle, che vendono zucche di tutte le forme e dimensioni e cocomeri, ravvivano un po’ la situazione.
A Pirgos svoltiamo ancor più verso l’interno e intorno alle 16:00 giungiamo ad Olympia, mitico luogo che stuzzica la fantasia e prima significativa tappa del nostro viaggio.
Troviamo alloggio a breve distanza dal centro nella spartana (per modo di dire) Pensione Leonideos: portiamo in camera i bagagli e subito scendiamo per dedicarci alla visita dell’antica Olympia, o meglio, di ciò che ne resta … La sua storia è universalmente nota: in questo luogo si tennero i giochi olimpici a partire dal 776 a.C., e ne furono disputate ben 291 edizioni. Vi partecipavano tutte le città dell’Ellade e nel periodo del loro svolgimento (ogni quattro anni) si sospendevano addirittura le guerre e veniva offerto un salvacondotto speciale a tutti i partecipanti … Ma l’ideale sportivo, lo “spirito di Olympia”, introdotto nelle Olimpiadi moderne dal Barone Pierre de Coubertin, dove “l’importante non è vincere ma partecipare”, a quei tempi era tutt’altra cosa ed il verso omerico “Essere sempre il migliore e superiore agli altri” esprime a pieno l’antico modello di atleta, che non coincide con la nostra visione dello sport: da una parte stava il vincitore, splendente ed unico come un dio, dall’altra la massa dei perdenti, senza secondi o terzi posti da premiare.
Oggi gli scavi di Olympia sono uno dei siti archeologici più visitati dell’intera Grecia e questo non tanto per la spettacolarità dei resti, ma soprattutto per il valore storico del luogo.
Noi iniziamo la visita dall’attiguo museo, che raccoglie i reperti più significativi provenienti dal sito, in particolare gli stupendi frontoni del Tempio di Zeus e la statua in marmo denominata Ermes di Prassitele, ma anche tanti altri pezzi che rendono l’idea dell’antico splendore del luogo.
Lasciata l’aria condizionata del museo torniamo alla soffocante calura esterna e alla colonna sonora che probabilmente ci accompagnerà per tutto il viaggio: l’incessante frinire delle cicale.
Mentre alcune odiose nuvole incupiscono leggermente il cielo c’immergiamo fra le mitiche pietre di Olympia: purtroppo non resta molto … ma bisogna usare un po’ d’immaginazione, allora la Palestra, il Laboratorio di Fidia, i Templi di Hera e Zeus, lo Stadio (con ancora impressa sul terreno la linea di partenza) e tutto il sito, come per incanto, prendono vita e pare di vedere gli atleti, fra urla d’incitamento, gareggiare nei giochi più famosi del mondo.
Le nuvole si diradano e allora aspettiamo, seduti nel terrapieno dello Stadio, fin quasi al tramonto, in un’atmosfera magica e solo i fischietti dei guardiani ci riportano alla realtà, annunciandoci l’imminente chiusura degli scavi … Così pian piano ce ne andiamo lasciandoci alle spalle un pezzetto di storia dell’umanità … Riguadagniamo, soddisfatti, la nostra pensioncina, poi, con calma, facciamo una doccia e usciamo per cena in una taverna dove un televisore trasmette, per tutto il tempo, la cerimonia d’apertura dei giochi olimpici di Atene 2004 … ed in un clima finalmente piacevole e vacanziero trascorriamo la serata: dopo travagliate vicende il viaggio è iniziato nel migliore dei modi e speriamo, caldamente, continui sulla stessa linea … fino alla fine! Venerdì 28 Luglio: Seppur armati di buone intenzioni, il primo tentativo di alzarsi presto non si può certo definire un successo: la sveglia suona quando non sono ancora le 7:00, ma la sposto alle 7:30, quindi poltriamo più del dovuto e non lasciamo le lenzuola prima delle 8:00.
Facciamo colazione nel bar della pensione e caricati i bagagli in auto partiamo per la tappa odierna: prima di tutto ci rechiamo a fotografare con la giusta luce l’antico Stadio di Olympia, che si trova in fregio alla statale per cui non è necessario rifare il biglietto, quindi ci avventuriamo sulle montagne, seguendo la strada che corre in direzione del Peloponneso centrale.
Oltrepassiamo remoti villaggi come Kallithea e Andritsena, salviamo anche una tartaruga, che a tutta “velocità” stava attraversando la carreggiata, e dopo un’interminabile serie di curve giungiamo, ad oltre 1000 metri di quota, in vista del Tempio di Vasses, eretto nel 450 a.C. In onore di Apollo … E’ uno dei meglio conservati di tutta la Grecia e allo scopo di preservarlo e restaurarlo da qualche anno si trova, protetto dalle intemperie, sotto ad un’enorme tensostruttura, ben fatta ed inserita nell’aspro paesaggio circostante.
Pochi turisti salgono fin quassù per vedere il tempio e nel parcheggio, oltre alla nostra, si trova solo un’altra auto (di Modena, fra l’altro) … tutto a vantaggio dell’atmosfera, naturalmente, così possiamo goderci l’incontro con le antiche colonne, miracolosamente tutte in piedi e quasi interamente architravate, “disturbati” solo dall’incessante frinire delle cicale.
La disagevole strada percorsa è stata così giustamente ricompensata dalla visita, estremamente interessante, dopodiché non ci resta che affrontare la lunga discesa verso il mare … e digerite altre centinaia di curve riguadagniamo la costa nei pressi dell’abitato di Tholo.
Fiancheggiando nuovamente lo Ionio andiamo spediti verso sud, mentre passa il mezzogiorno e arriva anche una telefonata di Dimitri, che si preoccupa perché tutto vada bene … Vorrei dirgli che non ci sono problemi e che abbiamo viaggiato da soli in almeno altri due continenti … ma ho paura di ferirlo nella sua infinita disponibilità e gentilezza, così lo assecondo.
Ci fermiamo a pranzare nel parcheggio prospiciente le rovine del Palazzo di Nestore: lì troviamo un po’ di ombra ed un muretto sul quale sederci … Una volta rifocillati poi ci rechiamo a vedere anche il sito archeologico … Non c’è che dire: Nestore, mitologico ed omerico re di Pylos, si era scelto per la sua dimora un luogo panoramico, dal quale poteva osservare i suoi possedimenti, ma del palazzo, purtroppo, non è rimasto molto … oltre alla vasca da bagno.
Ripresa la strada, nel primo pomeriggio, arriviamo a Pylos, dove intendiamo fermarci per due notti, così troviamo alloggio, al terzo tentativo, a casa di un’anziana signora, che ci offre per quaranta euro un appartamento con sei posti letto … non c’è dubbio che staremo larghi … e una volta sistemate le nostre cose in camera indossiamo la tenuta balneare e ripartiamo alla scoperta del luogo.
Prima di tutto andiamo a vedere il Neo Kastro, fortezza turca risalente al 1573, che domina la Baia di Navarino, dove nel 1827 si tenne una colossale battaglia navale tra le flotte anglo-franco-russa e turco-egiziana, che portò verso l’indipendenza della Grecia moderna … Il sito è sicuramente suggestivo, ma necessita, in diversi punti, di urgenti e sostanziosi restauri.
Concluse le visite a carattere culturale ci dirigiamo infine verso la spiaggia … e quando si parla di spiaggia in questa zona è inutile cercare altri posti, meglio andare direttamente nella più bella: quella di Voidokilia. Ci sono da percorrere oltre dieci chilometri, incluso un tratto di sterrato, ma ne vale sicuramente la pena: è un’ampia mezzaluna di sabbia chiara e morbida, incastonata fra un bacino palustre e due promontori rocciosi alle estremità. L’acqua è calda e trasparente, mentre noi, accaldatissimi, desideriamo fare un bagno più di qualsiasi altra cosa, così ci precipitiamo subito tra i flutti e vi restiamo a lungo, coccolati dal piacevole contesto.
Restiamo a Voidokilia fino a sera, quindi facciamo ritorno a Pylos, ma l’insenatura merita più delle poche ore che gli abbiamo dedicato, così domani ci torneremo per passarvi l’intera giornata … intanto, lungo la strada, ci godiamo il sublime tramonto sulla Baia di Navarino e finiamo per arrivare in camera ben oltre le 20:00 In fretta e furia ci prepariamo ad uscire e più tardi ceniamo, con specialità greche, sul porticciolo di Pylos, in una gradevole atmosfera, quindi, dopo una breve passeggiata, torniamo al nostro appartamento: siamo soddisfatti per l’esito della giornata, solo peniamo un po’ a prender sonno causa il caldo infernale, ma è un’onta sopportabile considerata la piacevole vacanza.
Sabato 29 Luglio: Il programma di viaggio odierno è imperniato esclusivamente sulla vita balneare e prevede di passare sia la mattinata che il pomeriggio nella bella Baia di Voidokilia, così fatta spesa e colazione ci avviamo a percorrere i pochi chilometri che ci dividono dal luogo.
Appena dopo le 9:00 siamo già oltre le dune alle spalle dell’arenile e, parcheggiata l’auto, ci avviamo a piedi verso la sua estremità più meridionale … Non sembra ma il tragitto, carichi di tutto l’occorrente per far sera e con i sandali che affondano nella sabbia, è piuttosto lungo … ne usciamo però vincitori e, piantato l’ombrellone a debita distanza dall’unico nostro vicino, corriamo subito in acqua a consumare un lungo e piacevole bagno.
Tutta la giornata trascorre, in pratica, nell’ozio più completo, con l’unico impegno di cercare un po’ di refrigerio in mare allorquando, per la calura, la temperatura corporea sale di poco sopra la soglia del piacevole tepore … In effetti splende un magnifico sole e si sta divinamente, anche se col trascorrere delle ore aumentano i vicini, che da uno passano a qualche decina, ma lo snervante affollamento delle spiagge italiane sembra lontano anni luce.
Intorno alle 16:00 spezziamo la “monotonia” e con Federico parto per scalare la collina alle nostre spalle, non per intero perché è molto alta (in cima si trovano i resti del Paleo Kastro, fortezza di epoca medioevale, edificata a più riprese da franchi e veneziani, sui resti di un precedente insediamento, prima miceneo e poi bizantino), ma solo fino circa a metà, dove si trova la mitologica Grotta di Nestore. Da lassù il panorama abbraccia tutta la mezzaluna della Baia di Voidokilia (in greco “pancia di bue”) e sarebbe vastissimo se non fosse caratterizzato da un’odiosa e densa foschia che sminuisce il profilo di tutte le alture circostanti.
Scattiamo ugualmente qualche foto e poi, al ritorno, accaldatissimi andiamo a cercare un po’ di sollievo in acqua, un’acqua molto bella e trasparente … peccato solo che il fondale, piuttosto scuro, non ne metta in evidenza tutti i riflessi.
Poltriamo in spiaggia a Voidokilia fin quando, ormai cotti a puntino e quasi a sera, facciamo rientro a Pylos: ci rassettiamo a dovere e usciamo a mangiare buon pesce in un ristorantino in riva al mare, quindi rilassati per la tranquilla e piacevole giornata balneare, torniamo in camera a passare l’ultima notte in questa simpatica cittadina della Messenia, che ha soddisfatto in tutto e per tutto le nostre aspettative.
Domenica 30 Luglio: Poco dopo le 9:00, caricati tutti i bagagli in auto, lasciamo Pylos diretti a sud. Percorriamo una manciata di chilometri e arriviamo, sul mare, nell’abitato di Methoni, dove andiamo a vedere la grande fortezza veneziana.
La cittadella di Methoni e, sul lato opposto della penisola, quella di Koroni erano chiamate, a suo tempo, “gli occhi della Repubblica” … questo perché costituivano, per le flotte che partivano da Venezia, il punto di appoggio per le principali rotte verso il levante, e la loro conquista da parte dell’esercito turco, nel XVI secolo, fu un vero e proprio smacco per i traffici commerciali della Serenissima.
La fortezza di Methoni, che ci apprestiamo a visitare, è una colossale opera militare che occupa un intero promontorio. Vi accediamo percorrendo a piedi il ponte in pietra che scavalca l’antico fossato e passeggiando arriviamo fin sul mare nella sua parte più suggestiva, caratterizzata dall’ottagonale Torre di Bourzi, che si erge, quasi completamente rifatta dai turchi nel Cinquecento, a protezione del porto.
L’intero complesso costituisce senza dubbio un’importante testimonianza storica e merita una dettagliata visita, ma necessita, prima che sia troppo tardi, di un radicale restauro, infatti le vecchie mura mostrano in più punti evidenti segni di cedimento e sarebbe un peccato lasciarle al loro infausto destino.
Durante la visita, accompagnati da un persistente odore di aglio selvatico di cui il sito è pieno, incameriamo una buona dose di caldo e al termine cerchiamo un po’ di refrigerio nell’aria condizionata dell’auto, mentre riprendiamo il nostro viaggio toccando l’estremità più meridionale del primo ipotetico dito del Peloponneso. Transitiamo poi per Koroni, della cui fortezza rimane poco o nulla oltre ad alcuni tratti del muro di cinta, e risaliamo la penisola verso nord, accompagnati dallo squillare del telefonino e dalle indicazioni del nostro angelo custode Dimitri per la serata.
Intorno a mezzogiorno attraversiamo l’anonima città di Kalamata e da lì imbocchiamo la strada che scende verso l’ideale secondo dito. Abbandonata dopo pochi chilometri la litoranea saliamo verso l’interno e affrontato un piccolo passo di montagna ci fermiamo a pranzare in un’ombra ai lati della carreggiata. Giusto il tempo di rifocillarci e ripreso l’itinerario, al termine di una lunga discesa, torniamo in riva al mare alla ricerca di una spiaggia dove trascorrere il pomeriggio.
Proviamo a far tappa nella sassosa baia di Fonea, ma non ci soddisfa e proseguiamo per giungere, poco più tardi, nell’abitato di Stoupa, dove si trova la nota spiaggia di Kalogria … fin troppo nota perché, complice forse anche il giorno festivo, è piena fino all’inverosimile, ma troviamo un parcheggio per l’auto e un angolino dove piantare l’ombrellone, così decidiamo di fermarci.
Causa l’affollamento Kalogria non si può certo definire una bella spiaggia, ma il mare è sufficientemente invitante (anche se caratterizzato da alcune correnti gelide) ed il pomeriggio scivola via tranquillo, mentre, lo apprendiamo dalla TV ellenica in un vicino bar, Michael Schumacher ha vinto il gran premio di Germania (forza Ferrari!).
Intorno alle 18:30 lasciamo, non troppo dispiaciuti, la spiaggia di Kalogria: da qui ci sono da percorrere ancora cinquanta chilometri di strada greca (circa un’ora) prima di giungere a destinazione.
Il nastro d’asfalto s’inerpica, lontano dalla linea costiera, ai piedi di altissime vette ed è un vero peccato che ci sia foschia perché i panorami sarebbero straordinari. Il paesaggio, infatti, si fa estremamente severo, con la vegetazione ridotta al minimo ed i picchi più alti avvolti nelle nubi … è uno strano scenario e non sembra neanche di essere in Grecia.
Ammaliati dal contesto seguitiamo a procedere lungo la strada che comincia a scendere nuovamente in direzione del mare: entriamo in Lacconia (la regione di Dimitri) e oltrepassando uno sperduto paesino Sabrina nota un personaggio ai margini della carreggiata che ci fa segno di rallentare … Non gli do importanza e proseguo … Di lì a poco un’auto ci supera strombazzando: lo mando a quel paese e gli faccio segno di andare … Giungiamo così sulla costa e, seguendo le raccomandazioni di Dimitri, ci mettiamo alla ricerca dell’hotel Porto Vitilo, da lui prenotato a nostro nome e a sue spese … Imbocchiamo così una stradina laterale seguendo le indicazioni per Karavostasio … e l’auto che poco prima strombazzava si ferma davanti a noi invertendo la marcia per inseguirci, e poco dopo ci raggiunge: è un certo Gerogos, un uomo di Dimitri, che attendeva il nostro arrivo e che ci accompagna all’hotel … Cose da non credere! Ringraziamo Georgos, che subito dopo si dilegua, e prendiamo possesso della nostra camera: la struttura alberghiera è di alta qualità e la nostra sistemazione molto bella … ancora non ci sembra vero di vivere una storia del genere … e non posso far altro che telefonare a Dimitri per lodarlo di cuore.
Ci godiamo la situazione e poi usciamo per cena nel vicino paesino di Neo Itilo: lì mangiamo una stupenda orata in riva al mare, concludendo una giornata più che altro di trasferimento nel migliore dei modi.
Lunedì 31 Luglio: La sveglia è dolce nella profonda Baia di Limeni, dove ci troviamo … spalanchiamo la finestra sul silenzio e sulla pace di questo magnifico luogo nelle prime ore del mattino. In verità saremmo voluti partire ancora prima, ma siamo condizionati dalla colazione, offerta dall’hotel solo a partire dalle 8:30, così ci godiamo il nostro principesco risveglio e poi ci mettiamo in viaggio alla scoperta del Mani.
Il Mani è la regione più meridionale del Peloponneso ed una delle più impervie di tutta la Grecia, con montagne che superano i 1000 metri di altezza. Il suo popolo era noto per il carattere scontroso e combattivo, e probabilmente proprio a causa dell’ardore violento furono chiamati “manioti” e la loro difficile terra penisola del Mani, facendo derivare entrambi i termini dal greco “mania”, che significa furore. Alla luce di tutto questo, durante la storia, mai a nessuno straniero, macedone, romano o turco che fosse, fu ceduto il passo e solo a partire dall’Ottocento, con la proclamazione dell’indipendenza greca, la penisola ha aperto le sue porte, quindi, con il progressivo spopolamento delle campagne, si è trasformata in un agglomerato di villaggi fantasma dal fascino straordinario.
Per prima cosa saliamo gli stretti tornanti che portano all’abitato di Areopoli, il più popoloso della regione, dove ci fermiamo a fare spesa e a goderci una passeggiata per il caratteristico centro storico, dove spicca la settecentesca chiesetta di Taxiarchis, dal filante campanile in pietra e dagli interni riccamente decorati, poi ci spostiamo poco più a sud, quasi in riva al mare, per visitare le Grotte di Dirou, a quanto si dice fra le migliori di tutta la Grecia.
Indossiamo un giubbotto di salvataggio e, scesi in una caverna, saliamo su di una piccola imbarcazione con la quale ci avventuriamo in un fantastico mondo sotterraneo fatto d’acqua e stupende concrezioni, “vive” e di mille colori. Un barcaiolo ci conduce a forza di braccia, in circa mezzora, per due chilometri in un intricato dedalo di canali e alla fine ne usciamo davvero soddisfatti … e dire che ne abbiamo viste tante di grotte nei nostri viaggi, queste però si sono rivelate estremamente originali.
Lasciate le Grotte di Dirou affrontiamo la costa occidentale del Mani, sempre molto suggestiva, e dopo una breve sosta per osservare alcuni simpatici somarelli che scorazzano liberi lungo la strada, scendiamo al minuscolo villaggio di Mezapos, dove si trova una piccola baia dai riflessi cristallini, quindi, tornando verso le aspre montagne, visitiamo il remoto borgo di Kita, con le sue magnifiche case-torre (tipiche del Mani) in gran parte abbandonate e diroccate.
Percorrendo pittoreschi saliscendi arriviamo di nuovo sul mare nel paese di Gerolimenas e da lì saliamo una curva dopo l’altra verso Vathia, il villaggio simbolo di questa impervia e al tempo stesso straordinaria regione. A Vathia le case-torre, costruite a partire dal XV secolo, sono particolarmente numerose e concentrate in cima ad una scenografica collina, posta sullo sfondo di un paesaggio mozzafiato, sempre caratterizzato, però, da un’odiosa e fitta foschia.
Scattata qualche foto d’obbligo passiamo oltre e raggiungiamo, attraversando severi scenari, l’aspra baia di Marmari, caratterizzata da alcune spiagge di sabbia scura … Non ci fermiamo e subito dopo arriviamo nel solitario abitato di Porto Kagio: tutt’intorno ci sono belle insenature, ma praticamente irraggiungibili via terra, mentre la spiaggia del paese lascia un po’ a desiderare … Risaliamo allora la ripidissima strada fatta per arrivare fin qua e tornati a Marmari imbocchiamo l’angusto nastro d’asfalto che porta a Capo Tenaro.
In breve raggiungiamo, o meglio, ci avviciniamo al punto più meridionale del Peloponneso e di tutta la Grecia continentale … La strada termina in un parcheggio sterrato subito dopo aver oltrepassato un minuscolo agglomerato di case: sulla sinistra c’è un porticciolo e sulla destra una piccola insenatura, incastonata fra le rocce, con una spiaggetta di ciottoli ed un mare straordinario. Qualcuno si è già accampato ma c’è ancora posto, così ci ritagliamo il nostro angolo di paradiso e ci godiamo l’inattesa meraviglia: a bagno sembra d’essere in una piscina ed in compagnia di Federico ci resto a lungo, fra un gioco innocente ed una nuotata con maschera e boccaglio.
Passiamo tutto il pomeriggio nell’incantevole spiaggetta di Capo Tenaro, fino alle 18:30, quando con calma intraprendiamo la strada del rientro: torniamo a Marmari, quindi a Vathia e da lì a destra in direzione della parte orientale del Mani.
Arriva la solita telefonata di controllo da parte di Dimitri, mentre saliamo vertiginosi tornanti ed oltrepassiamo, ormai nell’ombra della sera, il caratteristico paese di Lagia … Percorriamo quindi tutta la costa, che è meno suggestiva di quella occidentale, sfioriamo il villaggio di Flomohori, che in lontananza con le sue alte torri ricorda vagamente San Giminiano, infine attraversiamo la penisola e, raggiunta nuovamente Areopoli, chiudiamo il cerchio e scendiamo all’hotel Porto Vitilo che son quasi le 20:30.
Ci prepariamo in fretta ed usciamo per cena ancora a Neo Itilo, sul mare, ma in un’altra taverna … Spendiamo davvero poco: 18,50 euro (in tre!) e chiudiamo una splendida giornata, perché il Mani con le sue meraviglie ci ha veramente entusiasmato.
Martedì 1 Agosto: Quasi ci dispiace lasciare l’hotel Porto Vitilo, così ben fatto ed armoniosamente inserito nella Baia di Limeni, ma dobbiamo farlo … allora ci gustiamo la nostra pantagruelica colazione e poi partiamo alla volta di Sparta … la città di Dimitri.
Attraversiamo da ovest ad est la penisola del Mani e giungiamo al mare nei pressi della località di Ghitio, quindi da lì andiamo spediti verso l’interno e verso la mitologica città del Peloponneso.
Ad una manciata di chilometri da Sparta avverto Dimitri del nostro imminente arrivo … lui ne prende atto e poco dopo mi richiama chiedendomi se siamo seguiti da un’auto dei vigili del fuoco … guardo nello specchietto e c’è veramente! … Mi dice di farla passare e di seguirla perché ci porterà a casa sua … Rimango allibito e quasi per inerzia rispondo che va bene, così l’auto rossa ci supera e ci accompagna nel cortile di casa del nostro amico, nel centro di Sparta! … Si apre lo sportello e ne scende l’onnipresente Georgos, il quale dice di averci incontrato per puro caso … e tutto torna a dimensioni più umane.
Saliamo nell’appartamento di Dimitri che ci riceve con grande cordialità, poi ci regala dalla sua collezione un prezioso “koboloi” in corallo rosso (una specie di collana che parecchi greci tengono in mano come semplice passatempo) e ci fa conoscere suo figlio Andreas, che parla italiano e che viene incaricato di farci visitare la zona.
Dopo i convenevoli torniamo a bordo dell’auto e ci dirigiamo alla periferia di Sparta, sulle alture dove si trovano le rovine di Mystras, cittadella fondata nel 1249 da Guglielmo di Villehardouin e caduta in mano bizantina nel 1269 per diventare, sotto il governo dei Despoti, il maggior centro culturale di Grecia. Nel 1460 passò ai turchi e poi, fra alterne vicende, ai veneziani e ancora ai turchi … venne infine abbandonata a metà dell’Ottocento con la creazione della moderna Sparta.
Non rimane molto della città che un tempo contava oltre quarantamila abitanti, ma le sue suggestive rovine, che ricoprono quasi per intero il fianco di una collina, sono oggi incluse nel patrimonio mondiale dell’Unesco e sono tappa d’obbligo nella visita del Peloponneso.
Il sito ha due ingressi, così lasciamo la nostra auto in prossimità di quello più a valle, quindi Andreas ci accompagna nella parte più elevata: in questo modo visiteremo il luogo completamente in discesa.
Lasciamo perdere il Kastro, che si trova ancora più in alto, e cominciamo a scendere lungo un accidentato sentiero di ciottoli levigati dal tempo, incontriamo così la prima delle chiese bizantine per cui Mystras va famosa: il semi-diroccato Monastero di Aghia Sofia, costruito nel 1350 come chiesa del Palazzo … ovvero il Palazzo dei Despoti, imponente edificio che occupa un grande spiazzo poco più a valle, attualmente in restauro e completamente avvolto dalle impalcature.
Continuando nella discesa oltrepassiamo la scenografica Porta di Monemvassia ed entriamo nella cosiddetta “città bassa” per arrivare allo stupendo Monastero di Pandanassa, fondato nel 1428 ed ancora tenuto da due monache … L’edificio religioso, posto in posizione dominante, è caratterizzato dalle tipiche cupole bizantine ed è un vero gioiello nel suo genere, così come gl’interni, riccamente decorati anche se un po’ tetri.
Fa un caldo allucinante e del resto l’orario, prossimo al mezzogiorno, non lascia scampo, ma continuiamo a scendere, mentre ci viene in mente come sarebbe stato se fossimo dovuti anche risalire … Giungiamo così anche al Monastero di Perivleptos, purtroppo non in buonissimo stato di conservazione, ma impreziosito al suo interno da un pregevole ciclo di affreschi. Da lì ci resta ancora un bel tratto per arrivare all’uscita … Camminiamo sotto al solleone attorniati da pietre che trasudano storia e due ore dopo l’inizio della discesa giungiamo in vista del traguardo.
Mi reco a vedere anche il vicino ed interessante Monastero di Metropolis, risalente alla fine del Duecento, ma tralasciamo volutamente, causa sfinimento, quello di Vrontohion, per il quale sarebbero serviti altri venti minuti di cammino.
Estremamente appagati per la dura ma interessantissima visita di Mystras, usciamo dal sito che sono già passate le 13:00 e riguadagnata la rigenerante aria condizionata dell’auto rincontriamo poco più tardi il nostro amico Andreas, il quale ci accompagna prima a bere qualcosa di fresco e poi al piccolo museo archeologico cittadino, nel quale sono raccolti diversi reperti, fra i quali il busto di Leonida, antico re di Sparta.
Nel primo pomeriggio, intorno alle 15:00, andiamo finalmente a pranzo (l’orario per noi è inconsueto, ma da queste parti pare sia normale) e quasi a voler recuperare il “ritardo” consumiamo abbondanti porzioni di un’infinità di piatti tipici della cucina greca e alla fine, salutati tutti e ben pasciuti, su indicazioni di Dimitri partiamo alla volta del terzo dito del Peloponneso, verso la località di Elea, dove si trova un hotel che ci ha prenotato.
Nel tardo pomeriggio arriviamo all’hotel Elea Mare, dove veniamo accolti con grande affabilità: lasciamo i bagagli in camera e scappiamo subito alla ricerca di una spiaggia. Giungiamo così nel vicino abitato di Plytra, dove si trova un arenile bagnato da un discreto mare, e lì passiamo un paio d’ore.
Ormai a sera torniamo all’hotel e, visto l’abbondante pranzo, per cena ci accontentiamo di mangiare un gelato sul lungomare di Elea, chiudendo un’altra giornata di questa sempre più incredibile vacanza.
Mercoledì 2 Agosto: Ad una settimana esatta dalla partenza ci svegliamo all’hotel Elea Mare, col rumore delle onde che si abbattono placidamente sulla battigia … Facciamo colazione, carichiamo i bagagli in auto e ripartiamo: destinazione Monemvassia.
Attraversiamo tutta la penisola e all’uscita di una curva si para di fronte ai nostri occhi la severa sagoma di quella che a giusta ragione venne battezzata “La Gibilterra di Grecia”: un’enorme sperone di roccia emerge dal mare per ospitare una delle più incredibili cittadelle del Peloponneso. Fondata dai bizantini, Monemvassia, prosperò sotto diverse dominazioni per svariati secoli, prima di cadere in rovina sotto l’egida dei turchi e a vederla oggi, seppur in lontananza, non sembra vero che un tempo contasse oltre cinquantamila abitanti! Superato in auto il brevissimo ponte che collega l’isola alla terraferma, parcheggiamo lunga la strada e già prima delle 10:00 siamo di fronte all’antica porta d’ingresso della città.
Varcate le fortificazioni ci troviamo dinnanzi ad un vicolo, fiancheggiato da arcaici edifici, nel quale prospettano negozietti d’ogni genere e, piacevolmente, passeggiamo fino a giungere nella vecchia e scenografica piazza, dominata dalle caratteristiche cupole delle chiese bizantine oltre che dalla vista sul mare e sullo scosceso dirupo che sta alle sue spalle … Sempre a piedi arriviamo poi al limite orientale del villaggio, percorrendo strade meno turistiche ma comunque affascinanti, immerse come sono nel tempo che qui pare essersi fermato.
Tornati alla piazza ci lanciamo, col caldo che oggi non scherza, nell’impresa di salire alla sommità della rupe: arranchiamo così lungo il secolare percorso grondanti di sudore, ma alla fine guadagniamo la vetta … Non resta molto dell’antica città alta, solo alcune scarne rovine di abitazioni e la chiesa di Aghia Sofia, edificata nel XIII secolo secondo i canoni bizantini, ma basta quest’ultima a giustificare la fatica della scalata, per la sua spettacolare collocazione, abbarbicata com’è allo strapiombante pendio a picco sul mare.
Restiamo per un po’ ad osservare, ammaliati, lo strepitoso scenario, architettato magistralmente in società da natura e mente umana, fin quando non veniamo distolti dallo squillo del telefonino e dalla voce di Dimitri, che dice di aspettarci nella sua casa sul mare a Karavostasio, nei pressi di Plytra … lo ringraziamo così, per l’ennesima volta, e gli diamo appuntamento per il primo pomeriggio.
Scendiamo con attenzione lungo il sentiero la cui pavimentazione, fatta di sassi, è lucida tanto è levigata dal tempo e torniamo nella piazza di Monemvassia … Facciamo qualche compera (in particolare il vino, per cui il luogo è universalmente noto) e poi usciamo dalla cinta muraria e ci lasciamo alle spalle questo bellissimo e storico borgo, specchio di un’epoca in cui il Peloponneso era di primaria importanza nei traffici commerciali del Mediterraneo.
Ci fermiamo a pranzare sul lungomare di Gefyra, la nuova Monemvassia, con la vista che spazia sulla “Gibilterra del Levante” e, ripresa quanto prima la strada sulla terraferma, poco dopo le 13:00 siamo già a Karavostasio.
Seguiamo le indicazioni del nostro amico greco e quasi subito lo troviamo: la sua casa infatti è in una posizione straordinaria, costruita a non più di dieci metri dall’invitante spiaggia del paese … Dimitri ci accoglie raggiante, in tenuta balneare, e ci fa vedere la nostra nuova sistemazione: ha riservato per noi addirittura l’intero ultimo piano della sua abitazione, con terrazza vista mare … sembra tutto un bellissimo sogno e invece è la realtà! Non possiamo far altro che accettare l’invito e sistemate le nostre cose scendiamo in cortile, apriamo un cancello … e siamo in spiaggia, così ci godiamo immediatamente, in piacevole compagnia, un lungo bagno e restiamo per tutto il pomeriggio in questo luogo, bagnato da acque azzurre e trasparenti, che se non fosse stato per Dimitri avremmo di certo tralasciato ed invece vale assolutamente questa mezza giornata di relax.
Ormai a sera mettiamo veramente un attimo a salire in camera: facciamo una doccia e poi usciamo con la spider del nostro amico, che prima ci accompagna a salutare e conoscere un sacco di gente (in pratica l’intero paese) e poi ci porta a cena nel centro di Plytra, dove mangiamo ottima cernia … Ci dilunghiamo assieme a Dimitri fino a mezzanotte e poi, come nella fiaba di Cenerentola, rientriamo prima che tutto svanisca, mentre lui torna a godersi la notte perché, a quanto dice, per un greco la serata è appena incominciata … Giovedì 3 Agosto: La sveglia in riva al mare a Karavostasio è stupenda e la vista che spazia dal balcone sulla baia dà un senso di infinita tranquillità, tanto che la vita nevrotica di tutti i giorni sembra appartenere ad un’altra dimensione.
Facciamo colazione mentre il nostro “angelo custode” cerca di prenotarci il traghetto di sabato per l’isola di Citera, che pare ci sia solo alle 21:00 … un po’ tardi, ma vedremo di arrangiarci.
Siamo ospiti, ma liberi di seguire il nostro itinerario, così partiamo verso sud alla ricerca dell’isola di Elafonissos, dove pare si trovi la più bella spiaggia di tutto il Peloponneso.
Dopo circa mezzora d’auto arriviamo a Vinglafia, la fantomatica località da dove salpano i traghetti per Elafonissos, e lì ci mettiamo in attesa dell’imbarcazione, parcheggiati lungo il grezzo e solitario pontile … Non dobbiamo attendere molto e un quarto d’ora dopo il nostro arrivo siamo già sistemati a bordo.
L’attraversata è brevissima, poco più di dieci minuti, e già nel porto non possiamo fare a meno di notare le caratteristiche dell’acqua, che sembra di cristallo.
Scesi ad Elafonissos, un fazzoletto di terra di appena 18 chilometri quadrati, seguiamo le indicazioni sulla sinistra per Simos Beach e, lasciata l’auto nei pressi di un bar, intorno alle 11:00, mettiamo finalmente piede in quel piccolo paradiso mediterraneo … Una lunga striscia di sabbia chiara e soffice, bagnata da uno strepitoso mare nel quale dominano tutte le tonalità dell’azzurro: un pezzetto di caraibico eden nel sud dell’Europa … Mancano sì le palme e il paesaggio tutt’intorno è brullo e arso dal sole, ma più di così il mare non può essere bello! … Parola di chi ormai ha visto tante spiagge degne di questo appellativo! Sistemiamo le nostre cose a pochi metri dal bagnasciuga e corriamo subito in acqua per restarvi tantissimo: giochiamo e ci godiamo quel meraviglioso fluido, che fra l’altro ha anche una temperatura gradevolissima.
Fra un bagno e l’altro troviamo anche il tempo per pranzare, poi ci chiama Dimitri e ci conferma il traghetto per sabato sera: così avremo mezza giornata in meno da passare a Citera e quasi una in più sul continente … Vedremo di organizzarci: “male che vada” c’è sempre Elafonissos … Ormai a sera il numero dei bagni non si conta più e per fortuna possiamo lasciare la spiaggia senza particolare rammarico … perché sicuramente ritorneremo! Riguadagnata così la terraferma rientriamo con calma a Karavostasio ed in serata usciamo, in compagnia del nostro amico, a cenare, con ouzo e cucina tradizionale, in riva al mare a Plytra, chiudendo una indimenticabile giornata, trascorsa in una delle più sublimi spiagge del Mediterraneo.
Venerdì 4 Agosto: Anche oggi splende un magnifico sole a Karavostasio: ci alziamo, come al solito, poco prima delle 8:00 (prestissimo per un greco!) e dopo le operazioni di routine prendiamo a seguire nuovamente la strada per Elafonissos.
Poco prima delle 10:00 siamo a Vinglafia, ma dobbiamo attendere ancora mezzora prima di salire sul traghetto ed affrontare quello stretto braccio di mare dai riflessi straordinari … In breve giungiamo poi in vista di Elafonissos e della bianca chiesetta di Aghios Spyridonas, costruita come una sorta di avamposto all’ingresso del porto.
Scesi dall’imbarcazione giriamo a destra, anziché a sinistra, e raggiungiamo sulla costa settentrionale la spiaggia di Panagias, meno scenografica di Simos, ma con il mare dagli stessi incredibili colori … e lì ci fermeremmo se non fosse che da nord oggi soffia un fastidioso vento che ci consiglia di girare nuovamente la prua in direzione della spiaggia di ieri, teoricamente più riparata.
Compiuto quasi per intero il periplo dell’isola, riconquistiamo Simos Beach che sono ormai le 11:00 e, occupato quasi millimetricamente il nostro posto sulla battigia, corriamo subito in acqua a consumare il primo lungo bagno di rito.
A mezzogiorno pranziamo con i nostri luculliani panini e dopo aver oziato per un po’, per distendere ulteriormente i nervi, ci concediamo un altro interminabile bagno, così, nel più sconsiderato dolce far niente e con davanti agl’occhi quell’incantevole mare, “riusciamo” anche oggi a far sera, mentre in lontananza s’intravede la severa sagoma dell’isola di Citera, dove andremo domani.
Questa volta piuttosto dispiaciuti lasciamo Simos Beach, che a pieno merito entrerà nella nostra speciale hit-parade delle spiagge più belle e, preso al volo il traghetto delle 19:00, meno di un’ora più tardi siamo nuovamente a Karavostasio … Ci prepariamo con calma e poi usciamo per trascorrere l’ultima sera in compagnia di Dimitri, che ci delizia con un’altra ottima cena a base di cernia, sul lungomare di Plytra.
Più tardi ce ne andiamo a dormire mentre diverse persone, con la collaborazione dei pescatori, si stanno dando da fare per trovarci un posto da soggiornare a Citera (domani mattina sapremo se ci sono riusciti) … e dopo questa si può ragionevolmente affermare che ormai non siamo ospiti solo di Dimitri, ma in pratica dell’intero paese … Sabato 5 Agosto: E’ una giornata di transizione che decidiamo di trascorrere a casa di Dimitri, in attesa della partenza, nel tardo pomeriggio, per l’isola di Citera, dove pare ci sia il tutto esaurito, perché non sono ancora riusciti a trovarci una sistemazione.
Dopo colazione il nostro amico ci accompagna al porto a vedere i caicchi al rientro dalla pesca notturna … purtroppo non è stata una ricca battuta, ma almeno un bel pesce spada lo hanno portato a casa … Ci fermiamo a sorseggiare caffè in un bar nei pressi del molo, fra mille storie di paese, mentre arriva anche il locale capo della polizia e insieme a Dimitri provano di nuovo a contattare Citera, perché ormai sembra essere diventata una questione di principio … così, quasi a fine mattinata, riescono a prenotarci due sere su tre (in luoghi diversi) … con un pizzico di delusione da parte di Federico, che già sperava di dover montare la tenda, portata proprio per i casi di emergenza.
Non disperiamo perché, nonostante l’apprensione di tutti, siamo abituati ad arrangiarci e, lasciato il porticciolo di Plytra, andiamo in spiaggia a Karavostasio dove, dopo un bel bagno, ci rechiamo a pranzo che son quasi le 15:00 in un localino in riva al mare, quindi trascorriamo tutto il pomeriggio sul posto, caratterizzato da un buon mare e da grandi agavi alle spalle.
Passate le 18:00 saliamo in camera a prepararci per la partenza e poco prima delle 19:00 salutiamo cordialmente il nostro amico Dimitri che, credo, rivedremo in Italia.
Dopo mezzora di strada siamo a Neapoli, poco più a sud di Vinglafia, da dove c’imbarcheremo per l’isola di Citera. Ritiriamo i biglietti nell’agenzia sul lungomare e ci mettiamo in attesa seduti al tavolo di un locale sul molo prospiciente il porto assaporando un gelato (in pratica la nostra cena), mentre grossi nuvoloni vanno addensandosi all’orizzonte e speriamo restino solo un fenomeno sporadico.
Passate le 20:00 arriva il traghetto e alcuni minuti dopo le 21:00, imbarcate tutte le auto, salpiamo … il mare è piatto e, solcando placidamente la notte mediterranea, in poco più di un’ora approdiamo a Diakofti, sulla costa orientale dell’isola di Citera (o Kythira) … In questa strana terra, estesa per 262 chilometri quadrati a sud del Peloponneso, protesa verso Creta e la sua civiltà minoica, geograficamente compresa nelle isole ioniche ma amministrativamente legata ad Atene, secondo la leggenda nacque Afrodite, dea greca della bellezza, dell’amore e della fertilità e forse anche per questo il luogo ha stuzzicato la nostra curiosità, nonostante venga spesso esclusa dai tradizionali itinerari turistici della regione.
Ci avviamo col buio, ma con tre quarti di luna chiarificatrice sulla testa, alla ricerca del paese di Avlemonas, dove secondo le indicazioni di Dimitri dovremmo trovare alloggio … Una curva dopo l’altra ci arriviamo: rintracciamo la taverna Sotiris, proprio di fianco ad un mini market, e lì la signora Sofia, che ci attendeva e ci consegna le chiavi della nostra cameretta … con soli due letti, ma unendoli se ne fa uno bello grande che ci ospiterà tutti tre.
Intorno alle 23:00 siamo già sistemati a puntino e resta anche il tempo per una breve passeggiata nel villaggio (carino), prima di andare a dormire, in vista della prima giornata alla scoperta di Citera.
Domenica 6 Agosto: Si è dormito bene anche in tre, uno accanto all’altro … Ci alziamo e chiedo a Sofia se la camera è disponibile anche per le prossime due notti … Io non parlo greco e male l’inglese, lei solo il greco: ci mettiamo un po’ ad intenderci, anche con l’aiuto della commessa del mini market, ma alla fine ci fa spostare i bagagli in una camera attigua con tre posti letto e ci sistema lì definitivamente … Ci resta solo da sapere il perché non ce l’abbia data ieri sera, ma va bene così! Partiamo più distesi per la giornata. Saliamo verso il centro dell’isola e andiamo a nord seguendo una strada che alla fine si fa sterrata, fino all’antico abitato di Palehora, un tempo capitale ed enclave bizantina dell’isola, espugnata e distrutta dalle orde dei corsari di Barbarossa nel 1537 … Ci siamo solo noi e le rovine nel silenzio, al punto di intersezione di due profondi burroni, oltre alla perfetta architettura bizantina della chiesetta di Aghia Varvara, e per un attimo ci siamo sentiti un po’ come padroni di un mondo ormai perduto.
Ripresa la strada asfaltata andiamo questa volta a sud per deviare, quasi a metà dell’isola, verso la costa occidentale e verso il borgo di Milopotamos. Lo attraversiamo, mentre sono apparsi in cielo numerosi ed antipatici nuvoloni, e scendiamo lungo un’irta carrareccia fino alla grotta di Aghia Sofia.
Attorniati da vertiginose scogliere ci rechiamo a piedi fino all’ingresso dell’anfratto, nel quale si trova una chiesa bizantina con interessanti pitture, ma è chiuso, anche se l’orario di apertura (infisso sulla porta) è già passato da venti minuti. Intorno a noi non c’è nessuno e atteso qualche minuto decidiamo di rinunciare alla visita, così torniamo all’auto e risalendo lungo la strada ne incontriamo una che scende: forse sarà colui che deve aprire la grotta … chissà … Continuiamo a salire e riguadagnata la strada principale andiamo ancora più a sud, verso Chora, l’attuale capoluogo di Citera … L’abitato è dominato dallo scenografico Kastro veneziano, ma non c’è il sole e, in attesa di tempi migliori per la visita, proseguiamo verso la costa orientale, dove pare invece ci sia.
Il nostro obbiettivo è la spiaggia di Firi Ammos ma saliamo verso le montagne, invece di scendere, oltrepassiamo il paesino di Kalamos ed il tracciato si fa sterrato, ma almeno ci sono le indicazioni, seppur spartane. Ad un certo punto, valicato una sorta di passo, la strada (se così si può definire una mulattiera allargata) comincia a scendere in picchiata, a volte a stretti tornanti, e fa un po’ impressione, ma alla fine arriviamo sani e salvi a Firi Ammos, dove di sono già altri tre veicoli.
La spiaggia è ampia e di ciottoli colorati, così come colorate sono le scoscese pareti alle sue spalle, in tonalità vive, tendenti al rosso, inframmezzate dal verde intenso della scarna macchia mediterranea … il mare è cristallino, il cielo azzurro ed i forti contrasti danno vita ad un meraviglioso quadro d’insieme.
A Firi Ammos (dove più tardi arriverà anche altra gente) passiamo diverse indimenticabili ore, attorniati da un ambiente straordinario, in una pace ancestrale, lontano da tutto e da tutti, ma così vicini alla natura, che qui regna ancora sovrana.
Intorno alle 17:00, controvoglia ma un po’ preoccupati per la strada da percorrere, lasciamo la spiaggia e ci trasferiamo, seguendo anche un altro breve sterrato, a Chalki Beach, sull’estrema punto sud-orientale dell’isola: una bella insenatura, ma non quanto quella di Firi Ammos, nonostante l’arco naturale, che salgo a fotografare, posto sull’altura a destra della baia.
Trascorriamo a Chalki Beach un paio d’ore, fin quando l’ombra non la invade completamente, allora torniamo senza fretta in direzione di Avlemonas e del nostro alloggio.
In serata ceniamo in una taverna del centro e poi, attirati dalle luci e dal fermento, andiamo a vedere nel porticciolo del paese dove si svolge una festa tutta greca, con souvlaki a volontà, un complessino che suona e la gente comune che balla il tradizionale sirtaki … anche questa una bella esperienza, ciliegina sulla torta di una giornata meravigliosa trascorsa a Citera.
Lunedì 7 Agosto: Avlemonas nel primo mattino, quando tutti gli abitanti ancora dormono, è deliziosa, avvolta com’è in un silenzio quasi irreale.
Splende un bel sole e alle 8:30 partiamo, direzione Chora, per visitare la fortezza che sovrasta la cittadina, edificata dai veneziani nel XIII secolo … In gran parte è in rovina, ma entro le poderose mura si incontrano alcune chiese bizantine, fra le quali una particolarmente caratteristica e di un bianco accecante.
Dedicata una buona mezzora al capoluogo e ai suoi tipici scorci dall’aspetto già vagamente cicladico, torniamo verso la costa orientale attraversando ambienti brulli, arsi dal sole e maltrattati dal vento, paesaggi intriganti, fatti di severe montagne che si stagliano sul blu intenso di un cielo che la bruma mediterranea confonde con la linea del mare.
Siamo alla ricerca della baia di Kapsali che, a quanto si dice, esibisce la più bella e famosa spiaggia di Citera … Il luogo godrà anche di una certa notorietà, ma la strada che vi arriva dall’alto è il solito impervio sterrato. Parcheggiamo così l’auto sul bordo di un precipizio e ci affacciamo sull’insenatura sottostante, che a prima vista mostra subito la sua prorompente bellezza: alte scogliere di roccia chiara incorniciano una mezzaluna di rotondi ciottoli bagnati da uno splendido mare.
Scendiamo lungo un ripido sentiero e conquistiamo il nostro paradiso quotidiano, anche se, vista dal basso, come spiaggia e forse più bella quella di Firi Ammos … che sicuramente è meno affollata.
Trascorriamo tutta la mattinata a Kapsali Beach, passando bei momenti di vita balneare, poi nella seconda parte della giornata ripartiamo, anche perché la baia verrà inevitabilmente invasa dall’ombra.
Ci spostiamo di pochi chilometri, fino a giungere a Diakofti, dove siamo sbarcati, mentre ci chiama Dimitri e dice di averci prenotato anche le ultime tre notti in hotel nei pressi di Nafplio (come da programma) … E’ pazzo! … In senso buono, naturalmente! … Assolutamente pazzo, a Diakofti, è invece il vento che soffia forte e non ci permette di godere della sua bellissima, anche se un po’ sacrificata, spiaggia, lambita da acque più azzurre che mai … Ci fermiamo poco più di mezzora e poi siamo costretti a scappare perché i granelli di sabbia viaggiano velocissimi e rendono il luogo praticamente invivibile, oltre che Sabrina piuttosto irritata.
Torniamo a macinar chilometri e andiamo nell’unica zona dell’isola (a parte la quasi inaccessibile costa occidentale) nella quale ancora non eravamo stati: nella località di Aghia Pelagia, ormai all’estremo nord. Da lì seguiamo la litoranea verso sud fino a raggiungere la spiaggia di Firi Ammos, omonima a quella a quella vista ieri e addirittura con alcune caratteristiche in comune: le rosse rocce che la incorniciano, ma certamente meno spettacolare … Lì, per fortuna, non tira vento e vi possiamo trascorrere un’ora in tutta pace.
Intorno alle 20:00 rientriamo ad Avlemonas e più tardi usciamo per cena nella taverna Sotiris, dove mangiamo greco degnamente, quindi, dopo una breve passeggiata per le vie del centro, ci ritiriamo nei nostri “appartamenti” chiudendo una bella giornata, che, a voler essere pignoli, è stata forse un po’ troppo … ventosa.
Martedì 8 Agosto: Sveglia alla solita ora, anche se il programma non prevede particolari cose da fare: solo prendere il traghetto delle 11:00 che ci riporterà sul continente, ma sono così piacevoli le ore del mattino, con quell’infinita sensazione di pace che trasmettono, che non vogliamo perdercele.
A ritmi quasi pachidermici facciamo colazione in veranda, carichiamo i bagagli in macchina, paghiamo la signora Sofia e lasciamo Avlemonas, con un pizzico di nostalgia già alla prima curva.
Andiamo verso Diakofti e poi facciamo una piccola deviazione per salire sull’altura dove si trova il bianco monastero di Aghia Moni … e questa mattina ne vale davvero la pena perché il forte vento di ieri ha spazzato via la foschia ed il panorama è vastissimo, con la vista che spazia sulla costa del Peloponneso e sull’isola di Antikhitira, una remota scheggia di terra e roccia, abitata da poche anime, che si trova a metà strada fra Citera e Creta! Dopo l’improvvisata lezione di geografia scendiamo a Diakofti e ci fermiamo a sorseggiare un Nescaffè-frappè sulla spiaggia, dove c’innamoriamo di una casetta che dà proprio sull’arenile e fantastichiamo un po’ sul fatto di acquistarla e ristrutturarla a nostro piacimento … Intanto arriva il traghetto e un po’ controvoglia ci avviamo per non perderlo.
Poco dopo le 11:00 l’imbarcazione stacca dal molo e idealmente salutiamo Citera: c’inoltriamo in mare aperto e la vediamo allontanarsi, mentre pian piano s’avvicina Neapoli, che raggiungiamo in poco più di un’ora di navigazione (molto bello il tragitto con la giornata limpida!).
Giunti sulla terra ferma quasi all’ora di pranzo facciamo una veloce spesa e poco dopo consumiamo il nostro tradizionale panino lungo la strada, in un parcheggio ombreggiato … Ripartiamo nel primo pomeriggio e in breve ci lasciamo un po’ malinconicamente sulla sinistra, nell’ordine, prima l’isola di Elafonissos e poi la baia di Plytra, oggi più bella che mai! Risalito tutto il “terzo dito” del Peloponneso ci avventuriamo sulle montagne per andare più ad oriente, sotto ad un cielo eccezionalmente terso che ci ricorda un po’ quello degli States … ed anche il paesaggio non scherza, con panorami e colori a tratti entusiasmanti! Avvistiamo una volpe e, valicato un passo ad oltre mille metri di quota, oltrepassiamo il villaggio di Kosmas, caratterizzato da strettissime vie, e scendendo arriviamo al monastero di Elona, scenograficamente incastonato in una parete a picco sulla sottostante vallata … Purtroppo, però, di pomeriggio è nell’ombra e da un certo punto di vista non siamo stati troppo fortunati, ma scattiamo ugualmente qualche foto e poi ripartiamo.
Superato il paese di Leonido, ubicato ai piedi di rosse montagne rocciose, arriviamo al mare in quello che i greci chiamano Mare Mirtoo, a cavallo fra Ionio ed Egeo, e risalita tutta la costa verso nord, intorno alle 18:00, giungiamo a Nafplio, città caratterizzata dall’imponente fortezza di Palamidi, che non possiamo fare a meno di notare abbarbicata allo sperone roccioso che sovrasta l’abitato.
Non ci fermiamo e proseguiamo per la vicina località di Drepano, dove il nostro amico ci ha prenotato, per tre notti, una camera all’hotel Eden Plaza … Troviamo la struttura alberghiera proprio mentre, con incredibile tempismo, Dimitri ci telefona per sapere se tutto è a posto … perfetto! Naturalmente! … Alla réception facciamo il nome del suo uomo di fiducia (Timotheos) e si spalancano subito le porte della nostra nuova camera.
Saliamo a portar le valigie e a fare una refrigerante doccia, quindi usciamo a cena nella vicina Tolo, in un ristorantino in riva al mare, con l’argenteo riflesso della luna piena sull’acqua, concludendo nel migliore dei modi questa bella tappa … di solo trasferimento.
Mercoledì 9 Agosto: Comincia oggi la due giorni (e un po’) di Grecia classica, per chiudere degnamente il viaggio con la storia e la mitologia.
La sveglia è di buon ora e alla colazione fa immediatamente seguito la partenza, con la prima tappa poco fuori la periferia di Nafplio per vedere le ciclopiche mura di Tirinto.
Il sito, abitato fin dal III millennio a.C., prosperò in epoca micenea, con la costruzione delle poderose mura intorno al 1400 a.C. E decadde circa duecento anni più tardi … Tirinto fu anche la patria di Ercole, eroe e semidio, che qui compì le sue famose “dodici fatiche” … Tutto ciò è solo leggenda, ma in questo luogo si deve proprio aver faticato un tempo per erigere l’impetuosa montagna di massi che ancora oggi, a distanza di millenni, domina la piana dell’Argolide.
Le rovine sono ben visibili anche dalla statale, ma intenzionati comunque a visitarle brighiamo non poco a scovare l’ingresso, che alla fine troviamo nel luogo più illogico, quando ormai pensavamo il posto fosse chiuso … Le grandi mura, alte otto metri, spesse quasi altrettanto e formate da blocchi che possono superare le dieci tonnellate di peso, viste da vicino sono ancora più impressionanti, e particolarmente suggestivi sono i cosiddetti criptoportici: cunicoli formati dal perfetto incastro dei massi sovrastanti.
La visita di Tirinto, seppur interessante, è veramente breve tanto che in poco più di mezzora ci ritroviamo all’uscita e a conferma delle difficoltà per trovare l’ingresso, poco fuori, incontriamo due turisti greci che, spaesati, ci chiedono dove sia, così glielo indichiamo e soddisfatti riprendiamo il nostro itinerario.
Ci spostiamo più a nord, passando per l’abitato di Aghia Triada, dove si trova la bella chiesa bizantina di Koimesis, quindi ci approssimiamo ad uno dei siti archeologici più noti di tutta la Grecia: quello di Micene.
Il primo insediamento in questo luogo risale all’età del bronzo (attorno al 2500 a.C.) ma è con la caduta della civiltà minoica, nel 1400 a.C. Circa, che Micene conosce il suo periodo di massimo splendore … Al nome della città si legano le leggende relative al suo re, Agamennone, e alle sue gesta, come capo della guerra greca contro Troia … In sua assenza la moglie Clitennestra diviene l’amante del nipote Egisto e con lui uccide Agamennone al ritorno da Troia. Il figlio Oreste ne trae poi vendetta massacrando Clitennestra ed Egisto per essere infine condannato ad errare tutta la vita perseguitato dalle Erinni, per scontare il matricidio … Insomma, a tutti gli effetti, una telenovela d’altri tempi! Lasciata l’auto nell’ampio parcheggio, già brulicante di turisti, ci rechiamo prima di tutto a vedere l’Acropoli, così veniamo subito scossi da una forte emozione alla vista della celeberrima “Porta dei Leoni”: un’apertura quadrata (di tre metri per lato) sormontata da un rilievo raffigurante due leoni acefali … La oltrepassiamo, e assieme a lei le ciclopiche mura formate da rozzi blocchi calcarei per un’altezza massima di 17 metri ed uno spessore che raggiunge gli otto, mentre un gruppo di visitatori russi, intento a scattare un vero e proprio servizio fotografico, raccoglie le ingiurie di un turista francese che attendeva (assieme al sottoscritto) il momento più opportuno per immortalare, senza troppi estranei, il leggendario varco.
Arriviamo così nella zona delle Tombe Reali, formata da un suggestivo doppio giro di lastre verticali conficcate nel terreno a delimitare un’area di sepoltura risalente al 1600-1500 a.C., e da lì saliamo fino in cima alla collina, dove si trovano le scarse rovine del Palazzo. Scendiamo quindi alla cosiddetta “Casa delle Colonne”, all’estremità settentrionale del sito, nelle vicinanze della tenebrosa scalinata (la Pusterla) che conduce con i suoi 99 gradini alle Cisterne segrete della Fonte Perseia … ma dobbiamo desistere dall’impresa di conquistarle causa gli scarsi mezzi per vincere il buio quasi completo ed il rischio di rovinose quanto sconvenienti cadute.
Tornando verso l’ingresso ci fermiamo a vedere l’interessante museo, ricco di reperti provenienti dagli scavi, ed una zona disseminata di tombe, fra le quali quelli grandi, a cupola, di Egisto (in cattivo stato) e di Clitennestra (dal soffitto ricostruito).
Usciti definitivamente dall’area dell’Acropoli percorriamo poche centinaia di metri e facciamo sosta, nelle vicinanze, alla sontuosa tomba di Agamennone (o Tesoro di Atreo) … praticamente intatta e molto bella, capolavoro dell’architettura micenea risalente alla fine del XIV secolo a.C. La precede un corridoio scavato nella collina, che arriva ad una colossale porta …L’interno è un’impressionante camera circolare alta più di tredici metri e coperta da una perfetta cupola parabolica, mentre su di un lato un angusto passaggio immette nella camera sepolcrale del più noto re di Micene.
Colmi di storia e di mitologia, quasi alle 13:00, concludiamo le visite a carattere culturale, con il caldo che comincia veramente a farsi sentire, consigliandoci per il resto della giornata una spiaggia ed un po’ di refrigerio. Torniamo allora in direzione della costa oltrepassando la cittadina di Argo, dominata dall’imponente kastro edificato laddove un tempo si trovava un’acropoli, e lasciataci alle spalle anche la caotica Nafplio ci avviamo verso il litorale di Tolo.
Con negl’occhi ancora le meravigliose insenature di Elafonissos e Citera fermarsi in spiaggia in questa zona non è il massimo, caratterizzata com’è da anonima sabbia grigia e da un mare i cui riflessi sono tutt’altro che cristallini, ma almeno serve a farci consumare qualche bagno ristoratore per farci arrivare piacevolmente a sera e, di conseguenza, fare rientro all’Eden Plaza Hotel.
In serata ci rechiamo nuovamente a Nafplio e, dopo aver brigato parecchio a trovar parcheggio, ceniamo nel caratteristico centro storico, disseminato di taverne e negozietti: il luogo è carino, così finiamo per dedicargli anche una lunga passeggiata e quando rientriamo a Drepano la mezzanotte è gia da tempo passata.
Giovedì 10 Agosto: E’ l’ultimo giorno del viaggio che passeremo interamente nel Peloponneso: ci alziamo abbastanza presto e dopo le operazioni di routine partiamo verso il sito archeologico di Epidauro, che dista una trentina di chilometri dal nostro hotel.
Scendiamo a sud lungo la costa e ci avventuriamo nell’interno per strade secondarie, con l’intenzione di abbreviare il tragitto, ma sbagliamo direzione più di una volta e finiamo per impiegarci più tempo, così arriviamo nel parcheggio prospiciente il luogo che son quasi le 10:00.
Epidauro un tempo era una città marinara di una certa importanza, alleata di Sparta, e andava famosa per il suo santuario, dedicato al culto di Asclepio, che conobbe il suo periodo di massimo splendore intorno al IV secolo a.C., così, pagato il biglietto d’ingresso agli scavi, ci rechiamo subito a vedere ciò che ne resta.
La costruzione che più di ogni altra rappresenta il sito è senza dubbio lo straordinario Teatro, il meglio conservato di tutta la Grecia, meravigliosamente inserito nell’ambiente che lo circonda e adagiato alle naturali pendici della collina che lo ospita … E’ tuttora usato per rappresentazioni teatrali, forte di una cavea di 55 ordini di gradini che può ospitare fino a 14.000 spettatori, ed è noto soprattutto per la sua acustica perfetta, tanto che i visitatori si alternano al centro dell’orchestra per recitare, cantare o semplicemente far cadere una monetina il cui tintinnio si ode fin nelle ultime file della platea.
Restiamo a lungo in contemplazione di fronte a tale meraviglia dell’antichità, poi andiamo a dare un’occhiata al piccolo museo e al resto degli scavi archeologici, dei quali purtroppo rimane poco o nulla: solo qualche muro, ma soprattutto fondazioni di quelli che un tempo dovevano essere i sontuosi edifici di contorno al santuario.
Al termine della visita torniamo verso Nafplio, questa volta per la strada principale, e intorno a mezzogiorno siamo nel suo porto ad osservare, poco più al largo, la piccola Fortezza di Bourzi, eretta dai veneziani nel 1471. La cittadina, protesa al centro del Golfo dell’Argolide, ebbe scarsa importanza nell’antichità, ma prosperò nel medioevo e dopo secoli di alterne dominazioni divenne, per un breve periodo (dal 1829 al 1834), la prima capitale della Grecia moderna.
A testimonianza dei vecchi fasti rimane anche l’impetuosa fortezza di Palamidi, che si erge ad oltre duecento metri di altezza a sud-est dell’abitato e che si può raggiungere percorrendo una tortuosa scalinata di 857 gradini, oppure in auto, aggirando lo sperone roccioso … Per ovvi motivi scegliamo la seconda soluzione ed in breve ci troviamo di fronte alla porta che dà accesso alle fortificazioni, mentre ci chiama Dimitri per chiederci se tutto va bene … a meraviglia, gli rispondo … lo saluto, lo ringrazio e gli do appuntamento in Italia, per motivi di lavoro, naturalmente.
Il vasto complesso di edifici militari di Palamidi, formato da possenti bastioni, fu costruito sotto la dominazione della Serenissima, nel XVIII secolo e versa tutt’ora in buono stato di conservazione, offrendo fra l’altro vasti scorci panoramici sulla città e sul tratto di costa circostante.
Completiamo la visita della fortezza in poco più di un’ora mentre, strano ma vero, il cielo si va lentamente coprendo di nubi … Non gli diamo importanza più di tanto e all’uscita andiamo al mare nella vicina baia di Karatona. Ci fermiamo in spiaggia a pranzare con la speranza che il tempo migliori … invece la copertura nuvolosa aumenta a dismisura e di lì a poco comincia addirittura a piovere, così dobbiamo scappare per rifugiarci in auto.
Siamo in Grecia, in pieno agosto, e qui il maltempo non è di casa … infatti dopo mezzora splende nuovamente il sole e torniamo in spiaggia, ma non vi restiamo a lungo: l’acqua non è male ma l’arenile non ci soddisfa e soprattutto non collima con i nostri recenti ricordi … del resto fin da casa avevamo forti perplessità sulla qualità del mare in questa zona, ma ci si doveva per forza venire così da visitare alcuni dei siti archeologici più importanti della Grecia classica … Non ne facciamo un dramma e, accontentando Federico, torniamo in hotel per trascorrere il resto del pomeriggio, in completo relax, sui bordi della piscina.
Saliamo in camera che sono quasi le 20:00 e per cena, fidandoci di un posto visto in mattinata, andiamo in una taverna in riva al mare a Livari, dove mangiamo pesce: uno spettacolare Sinatrida (così lo ha chiamato il cameriere, mettendocelo per iscritto) di quasi due chili … speciale! … Col riflesso della luna sull’acqua a poco più d’un metro dal nostro tavolo … un piccolo sogno ad occhi aperti … la degna maniera di chiudere quest’ultima serata in terra di Grecia … Più tardi torniamo così soddisfatti in hotel e beatamente ce ne andiamo a dormire.
Venerdì 11 Agosto: E’ la data prevista per la partenza dalla Grecia, ma ci resta ancora una buona mezza giornata da consumare nelle vesta di turisti.
Caricati i bagagli in auto lasciamo l’hotel intorno alle 9:00 e seguendo la strada verso nord ci lasciamo alle spalle Nafplio, con la sua imponente fortezza, passiamo accanto alle ciclopiche rovine di Tirinto ed in lontananza rivediamo quelle mitologiche di Micene, per giungere circa un’ora dopo il via in vista di Corinto e dei suoi scavi archeologici.
La città fra due terre (il Peloponneso e l’Attica) e fra due mari, con due porti (uno sul golfo omonimo e l’altro su quello di Saronico), fu abitata per la sua posizione strategica fin dal 5000 a.C. E prosperò raggiungendo il suo massimo splendore intorno al VII secolo a.C. … Distrutta dal romano Mummio nel 146 a.C. Fu riedificata da Cesare cent’anni dopo per essere, secoli più tardi, rasa completamente al suolo dai barbari.
Di quell’antica città, che raggiunse i 40.000 abitanti, resta davvero poco, ma su di un rialzo del terreno, come su di un piedistallo naturale, si ergono ancora fiere 7 delle 38 colonne doriche originali del Tempio di Apollo e questo basta a conferire al luogo una straordinaria suggestione … I resti della mitologica Fontana Peirene, del Tempio di Ottavia ed il caotico ammasso di pietre squadrate e capitelli sono il degno contorno ad uno dei più interessanti siti osservati in questo viaggio nel Peloponneso.
Visitato anche l’attiguo ed interessante museo, ricco di statuaria greca e romana, usciamo dall’antica Corinto mettendoci subito alla ricerca della strada che sale all’Acrocorinto, un irto sperone roccioso che si erge per quasi seicento metri alle spalle degli scavi archeologici … Un tempo ospitava l’acropoli ed il culto di Afrodite, con più di mille prostitute sacre. Fu poi fortificato dai bizantini, dai veneziani e dai turchi per giungere infine a noi ormai, purtroppo, in stato di semi-abbandono … Il panorama che da lassù si gode, sulle due terre e sui due mari, è però straordinario e merita sicuramente il tempo che abbiamo voluto dedicargli.
E’ già passato mezzogiorno quando scendiamo dall’Acrocorinto e ci dirigiamo verso l’ultimo dei luoghi da visitare nel nostro itinerario … Sfioriamo la moderna Corinto ed in breve giungiamo al cospetto del celebre Canale di Corinto che, intagliato fra impressionanti pareti di roccia che raggiungono gli ottanta metri di altezza, corre per oltre sei chilometri nell’istmo che divide i due mari mettendoli in comunicazione ed è il frutto di un’impresa iniziata da Nerone nel 67 d.C. E completata, solo dopo interminabili vicende, da una ditta francese nel 1893.
Parcheggiamo l’auto e corriamo sul ponte che scavalca il canale proprio mentre transita una nave trainata da un rimorchiatore, solcando un’acqua di un azzurro quasi irreale … un bel colpo di fortuna, che ci permette di immortalare il luogo nella più classica delle situazioni.
Passata la nave ci attardiamo a vedere alcuni temerari che fanno bunging jumping dal ponte: una cosa che stuzzica la mia curiosità ma che terrorizza Sabrina a tal punto che non riesce nemmeno a riprendere con la telecamera il salto nel vuoto del “prescelto”.
Completata anche l’ultima visita ci avviamo verso la costa del Golfo di Corinto, in direzione di Loutraki, alla ricerca di un posto nel quale pranzare … riattraversiamo il canale al suo imbocco, godendo così di un’altra singolare prospettiva, oltrepassiamo la caotica ed anonima nuova Corinto e poco dopo ci fermiamo, finalmente, a mangiare i nostri panini all’ombra, in viva al mare, quando son quasi le 14:00.
Rifocillati a dovere, con sollecitudine, ripartiamo ed imbocchiamo l’autostrada, se autostrada si può definire un’ampia carreggiata con sole due corsie, più due di emergenza che vengono, ad uso e costume, adoperate per la marcia lenta … Così fan tutti, polizia compresa, e se non ci si adegua si finisce per essere sonoramente apostrofati … Ciò, comunque, ci permette di arrivare in tempi rapidi a Patrasso per l’imbarco.
Ci lasciamo sulla destra il modernissimo ponte, inaugurato nel 2004 in occasione delle Olimpiadi, che scavalca il Golfo di Corinto, ed in breve ci troviamo a fare il check-in per poi salire sulla stessa nave dell’andata: la “Olympic Champion” della compagnia Anek Lines.
Pochi minuti dopo le 17:00 lasciamo la banchina del porto di Patrasso … Arrivederci Peloponneso … Navighiamo fra le Isole Ioniche, mentre con Federico mi concedo un bagno nella piscina sul ponte, poi si fa sera … Andiamo in cabina per una doccia e subito dopo ceniamo con appetitoso “giros”, tanto per rimanere mentalmente ancora in Grecia per un po’ … Grecia che in pratica lasciamo alle 22:30 quando, dopo un breve scalo a Igoumenitsa riprendiamo il largo, questa volta con la prua rivolta verso l’Italia … Allora riporto le lancette dell’orologio indietro di un’ora e ce ne andiamo tranquillamente a riposare.
Sabato 12 Agosto: Dopo la più lunga e rigenerante dormita del viaggio riemergiamo dalla nostra cabina e andiamo a sedere nei tavoli del bar di fianco alla piscina. Il cielo è velato, soffia un vento pungente e abbiamo già tanta nostalgia della Grecia … soprattutto quando poco più tardi andiamo incontro a grossi nuvoloni carichi di pioggia.
Intorno alle 12:30 arriviamo ad Ancona sotto ad un fitto acquazzone e la depressione ci assale, tanto che vorremmo restare sul traghetto e tornare indietro, invece … Poco dopo, in autostrada, è un vero e proprio nubifragio: procediamo a trenta chilometri orari, con la temperatura esterna a 17 gradi!! … Sembra tutto un brutto sogno! Sotto ad una minacciosa coltre di nubi alle 14:30 siamo fermi in coda a Cattolica. A passo di lumaca oltrepassiamo Rimini e dopo quasi un’ora usciamo a Forlì che sembra il 12 di novembre, con la temperatura a 16 gradi! … Ancora una manciata di chilometri e alle 15:36 concludiamo felicemente anche questo viaggio di fronte al cancello di casa nostra.
Un’altra splendida vacanza trascorsa in terra di Grecia, della quale ormai possiamo dirci perdutamente innamorati: bello il mare, belli i paesaggi, portentosa la storia, delizioso il popolo ellenico, come sempre, ma questa volta più di tutte, perché grazie al nostro amico Dimitri quella che si è appena conclusa possiamo dire che è stata una vacanza speciale, la nostra “Grossa, grassa, vacanza greca” …
Dal 26 Luglio al 12 Agosto 2006 Da Forlì a Forlì km. 2469