La nostra California
Il mio non è stato il classico viaggio “parti- visita-torna a casa”; infatti sono in California da gennaio, invitata dalla Stanford University a fare un periodo di ricerca congiunta. Da quando sono arrivata non ho visto gran che, perché il lavoro mi impegnava molto..Ma all’inizio di febbraio la sorpresa: il mio magnifico ragazzo verrà a trovarmi per 9 giorni dal 23 febbraio. Allora, pronti via, mi lancio nell’organizzazione di quello che voglio sia per lui, alla sua prima volta negli States, un’esperienza indimenticabile. Il 23 mi sveglio di buonora vado a San Francisco a prenderlo in aeroporto. Arriva puntuale (vi risparmio i dettagli sulla mia felicità di vederlo) e andiamo subito a ritirare la macchina, prenotata ondine dall’Italia. Vi dico subito che se prenotate la macchina su internet e specificate il volo con cui arrivate, dimostrando di provenire dunque dall’Europa, riuscite a evitare di pagare le tasse americane, portandovi via una macchina per pochi dollari. Noi abbiamo fatto cosi, e per tre giorni abbiamo speso 70 euro. Presa la macchina, siamo andati a casa (io ho una stanza in una casa a Menlo Park) e per quel giorno ce ne siamo stati tranquilli, abbiamo solo fatto una gita al Campus di Stanford, il cui accesso è aperto a tutti (sembra un po’ Gardaland, ma è uno dei più bei campus americani). La mattina dopo partiamo alla volta di Half Moon Bay, una bellissima cittadina sulla costa a circa 30 miglia a sud di San Francisco. Il cielo è un po’ coperto, ma via via che scendiamo troviamo il sole. Half Moon Bay non ha tantissimo da vedere, solo una costa sabbiosa molto bella e un porto vivacissimo. Però è carino Qui sono famosi per la pesca dei granchi, che sono davvero enormi e che vendono ancora vivi direttamente a bordo dei pescherecci. Noi ne abbiamo gustato uno in uno dei numerosi ristorantini presenti sul molo, accompagnato da una bottiglia di ottimo vino bianco californiano.
Il giorno dopo andiamo a San Francisco, che abbiamo già deciso di visitare in due giorni (e chissà se basteranno), e per cominciare andiamo al Fisherman’s Wharf e al famoso Pier 39, molo turistico pieno di mille attrazioni e negozietti di souvenir. Il colpo d’occhio è stupendo, passeggiamo guardando il panorama, l’Isola di Alcatraz che si presenta ai nostri occhi e che sembra irreale, un po’ nascosta dalla solita nebbia di San Francisco, e il Golden Gate. Facciamo milioni di foto, e poi stremati ci buttiamo a mangiare da Bubba Gump, catena americana che propone piatti prevalentemente a base di pesce. Nonostante sia tutto fritto, il pesce è gustoso, certamente diverso da come siamo abituati a gustarlo noi in Italia, ma insomma, bisogna pur adeguarsi no? Dopo pranzo decidiamo di attraversare il Golden Gate, cosi lo percorriamo in macchina e giunti dall’altra parte parcheggiamo e lo percorriamo a piedi. E’ un’esperienza inebriante, che consiglio..Mentre tornavamo alla macchina ci siamo beccati un acquazzone in piena regola, cosi siamo tornati a casa, bagnati e stanchi ma felici, mentre avremmo voluto fare un salto a Sausalito.
La sera siamo andati a cena con alcuni dei miei colleghi italiani di Stanford, in una Steakhouse molto bella che si trova a Los Altos, a poche miglia da Palo Alto. Poi siamo tornati a casa e di corsa a nanna, domani sveglia presto per andare a Los Angeles! Riconsegnata la macchina in aeroporto (grave errore, come vi spiegherò più tardi) e per giunta vuota (altro grave errore, il pieno non fatto ci è costato quasi come il noleggio!! Fate sempre il pieno se potete, altrimenti vi spennano!), ci imbarchiamo per Los Angeles. Il volo è brevissimo, tra decollo e atterraggio si sta in volo pochissimo. All’arrivo decidiamo di affittare una macchina (veramente difficile qui muoversi senza), ma non ci sono i banchetti delle varie compagnie come in molti aeroporti, ma un tabellone con i numeri di telefono e un telefono vicino da cui si può chiamare la compagnia scelta. Noi volevamo chiamare la Dollar, da cui avevamo affittato la macchina online, ma il numero era errato, per cui ci siamo buttati a caso e siamo cascati malissimo, beccando una “compagnia” di nome Ariana (evitatela come la peste). E’ arrivato un tizio in aeroporto a prenderci che ci ha fatti prima camminare da una parte all’altra del terminal perché doveva scaricare un altro malcapitato agli imbarchi, poi ci ha portati avanti e indietro per varie commissioni compreso l’accompagnare suo figlio a scuola, e finalmente ci ha dato la macchina..Una Toyota Corolla vecchia e lercia, da non credere! Puzzolente di fumo e con la tappezzeria delle portiere piene di bruciature di sigaretta, e uno strato spesso di polvere sul cruscotto. 100 $ per tre giorni, e noi che volevamo una macchina con il navigatore!! Comunque, prendiamo la macchina e cartina alla mano ci buttiamo verso le spiagge. Andiamo subito a Redondo Beach, ma la spiaggia è un po’ sporca, ci aspettavamo di più. Cosi andiamo a Santa Monica, che effettivamente è di un’altra bellezza. Vediamo anche i chioschetti dei bagnini identici a quelli che si vedevano in Baywatch. Passeggiamo a lungo sulla spiaggia e facciamo il ritorno sulla strada, passando sulla zona pedonale dove da un alto ci sono mille negozi variopinti di magliette, souvenir, aggeggi per il fumo (pipe e simili) e tatuaggi, ma ci stanchiamo in fretta e torniamo alle spiagge. Decidiamo di andare in albergo presto (il check in si poteva fare dalle 15.00), cosi ci avventuriamo sulle strade di Los Angeles. Noi abbiamo prenotato all’ Hollywood City Inn di West Hollywood, una matrimoniale con letto King a 53 euro a notte, davvero carino e pulito, c’è anche la piscina per chi lo desidera, anche se tempo permettendo c’è il mare che è decisamente meglio. Ci buttiamo sul letto e ci addormentiamo come sassi.
Il giorno dopo usciamo a piedi e ci dirigiamo verso il teatro Cinese a vedere le firme delle star, e con una buona camminata ci arriviamo. Fa un caldo impressionante. Cosi dopo le foto di rito torniamo all’albergo, prendiamo la macchina e dopo un giro veloce in Rodeo Drive (impossibile parcheggiare) decidiamo che i negozi non ci interessano e ci dirigiamo alla volta di Malibu, passando per Beverly Hills, che è davvero un quartiere bellissimo. Giunti a Malibu restiamo sconcertati nel vedere quanta parte della costa sia proprietà privata, e quante case siano costruite immediatamente a ridosso della spiaggia, che non è neppure visibile dalla strada. Parcheggiamo e ci facciamo tutta Zuma Beach a piedi, un pezzo lunghissimo, ma ne valeva la pena.
Il giorno dopo torniamo a Santa Monica e giriamo il centro, con le strade piene di negozi e becchiamo anche il coloratissimo mercatino di prodotti Organics, che offrono degustazioni di frutta fresca, veramente buona.
Alle 16.00 decidiamo di andare a consegnare la macchina al tizio, che ci dovrà poi accompagnare in aeroporto..Lo becchiamo per un pelo! Stava andando via..Tenuto conto del fatto che è lui che risponde al telefono, che affitta le macchine e porta la gente avanti e indietro dall’aeroporto non deve essere neppure cosi difficile non trovarlo.
Comunque, prendiamo il nostro volo, dopo aver avuto a che fare con una scontrosissima hostess di terra della Frontier Airlines che parlava a bassissima voce e alla fine mi ha detto che si stancava a ripetermi tutto due volte, e atterriamo a San Francisco. Andiamo ad affittare una nuova macchina (stavolta di nuovo alla Dollar) e abbiamo la sorpresa. La stessa macchina affittata la prima volta, ci costa 300$ per 4 giorni contro i 70 euro per 3 giorni di pochi giorni prima..La differenza sono le tasse, che stavolta dobbiamo pagare. Ci sarebbe convenuto affittare la macchina per tutto il periodo e pagare il parcheggio all’aeroporto, ma ormai non ci si può fare niente.
Andiamo a casa e ci buttiamo a letto. Il giorno dopo decidiamo di starcene un po’ tranquilli per cui facciamo solo un giro per Palo Alto (Gianluca compra un paio di scarpe per andare in bici, la sua passione) e io trovo Via col Vento in una libreria a downtown Palo Alto (il bookstore di Stanford non lo aveva). La sera andiamo a cena in una Steak house a Palo Alto con un mio amico. Carne buona ma era migliore quella di Los Altos. Il giorno dopo andiamo a Monterey, cittadina abbastanza dimenticata dal turismo di massa e che invece merita una visita. Bello il porto, bella la Cannery Row, la via delle sardine, una via adiacente al porto in cui sorgevano anni or sono le fabbriche di sardine in scatola, ora sostituiti da negozi e centri commerciali. Nella stessa zona c’è anche l’acquario, ma non abbiamo tempo e non ci andiamo. Andiamo invece a percorre la 17 miles road, una strada che si snoda appunto per 17 miglia lungo la costa e permette di vedere da un lato delle bellissime spiagge bianche, o tratti di costa rocciosa abitata da numerose specie di uccelli e dall’altro delle case magnifiche. Arriviamo alla fine di questa strada che è quasi il tramonto, per cui facciamo solo una rapida incursione a Carmel, altro posticino delizioso ma più turistico, e torniamo a casa.
Il giorno dopo è l’ultimo giorno, e lo dedichiamo a San Francisco. Arriviamo e parcheggiamo al porto, poi decidiamo di andare a Pacific Heights con il Cable Car, ma alla fine dopo essere saliti ed essere stati maltrattati da un operatore che alla fine trattandoci come pecore ci ha urlato di scendere dalla vettura per prenderne un’altra che stava arrivando, abbiamo desistito e siamo andati a piedi. E’ stata una bella impresa, le strade sono tutte un continuo saliscendi. Andando verso Pacific Heights abbiamo incrociato Chinatown, in fermento per il capodanno cinese, e abbiamo passeggiato un po’ qui. Poi siamo andati fino a Japatown, ma non ci è sembrata paragonabile a ChinaTown per cui siamo andati a Union Square, dove l’unico negozio visitato è stato quello della Nike per la gioia di Gianluca che ne è uscito con una maglietta nuova, e poi finalmente siamo arrivati a Pacific Heights, dove abbiamo visto le case vittoriane. Poi ci siamo diretti di nuovo al porto, sempre a piedi, stavolta cercando di non rotolare giù, e presa la macchina siamo tornati a casa. Cena giapponese con il mio amico di Stanford e poi a letto, domani si parte..
Cosi la nostra vacanza è finita, Gianluca in questo momento è in volo verso Milano e io da domani riprendo la mia solita vita qui fatta di lavoro e poco altro, aspettando di tornare a casa anche io (ormai manca solo un mese), ma sento che il conto con la California non è ancora chiuso..Ci ha regalato delle stupende emozioni, e so che potrà darcene ancora tante..Alla prossima..