La nostra america

LA NOSTRA AMERICA – 11/31 agosto 2008 Percorso: Los Angeles – Needles – Williams – Tuba City – Page – Panguitch – Las Vegas – Lone Pine – Yosemite Park – Mariposa – San Francisco – San Luis Obispo – Los Angeles. Circa 4.000 km. E’ lunedì 11 agosto, il fatidico giorno della partenza per gli USA, tanto immaginata,...
Scritto da: Valentina1978
la nostra america
Partenza il: 11/08/2008
Ritorno il: 31/08/2008
Viaggiatori: in coppia
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LA NOSTRA AMERICA – 11/31 agosto 2008 Percorso: Los Angeles – Needles – Williams – Tuba City – Page – Panguitch – Las Vegas – Lone Pine – Yosemite Park – Mariposa – San Francisco – San Luis Obispo – Los Angeles. Circa 4.000 km.

E’ lunedì 11 agosto, il fatidico giorno della partenza per gli USA, tanto immaginata, sognata e desiderata da oltre quattro mesi. Siamo in due, Valentina ed Emanuele e per entrambi è il primo viaggio in America. Siamo emozionati e in parte un po’ preoccupati.. Ci aspetta un itinerario e un programma di viaggio intenso, tre settimane e oltre quattromila chilometri: andrà tutto bene? Incontreremo imprevisti, riusciremo a rispettare i tempi? Ma sì, non pensiamoci! Quello che conta è che è giunto il momento… il conto alla rovescia è terminato e ora si parte per davvero! Il volo di partenza da Linate è previsto alle 7 del mattino e ci porterà a Londra. Alle 5 siamo già in aeroporto dopo una notte insonne. Atterriamo a Londra alle 9 circa e ci concediamo una sostanziosa english breakfast. Il cielo è grigio e non fa caldo. Dopo aver fatto un giro in aeroporto, inizia l’attesa estenuante di sei ore per il secondo volo che ci porterà a Los Angeles. Al check-in facciamo prestissimo, gli assistenti della Virgin Atlantic, la compagnia con cui voleremo, sono gentilissimi. Quando ci imbarchiamo con un po’ di ritardo siamo molto stanchi. Nonostante ciò anche in volo non riesco a dormire. Sono troppo eccitata all’idea di quello che mi aspetta.. L’aereo sembra non arrivare mai, dieci ore di volo sono tante ma il servizio a bordo non ci fa mancare nulla. Prima di atterrare compiliamo i moduli per l’ingresso negli USA. Atterreremo alle 18 circa, ora americana. Io sono felice e un po’ stralunata. Per noi sarebbe piena notte e proprio quando stiamo per arrivare mi assale un sonno pazzesco, mentre dai finestrini dell’aereo entra una luce abbagliante. Los Angeles dall’alto è impressionante: una enorme distesa con una disposizione geometrica di strade e al centro un’isola di grattacieli e qualche palma. Fa un effetto strano, sembra di osservare un disegno o un puzzle dall’alto. Quando arriviamo, i poliziotti registrano i nostri dati e le nostre impronte digitali. Concluse le formalità burocratiche usciamo dall’aeroporto ed entriamo nella caotica realtà di LA! Emanuele è rapito da questo mondo luccicante e rumoroso, mentre io cerco di capire subito da che parte dobbiamo andare per prendere il bus che ci porterà al motel dove abbiamo già una camera prenotata per la prima notte, si tratta di un motel Travelodge nell’area dell’aeroporto. Il nostro approccio è l’emblema dei nostri diversi caratteri: io pratica e sbrigativa, mi rendo conto che siamo in una città immensa e frenetica, ma non ho tempo di osservare ora, devo trovare subito la soluzione. Lui guarda la città con occhi spalancati, silenzioso, direi quasi imbambolato ne studia i colori, i suoni, gli odori… Dopo mezz’ora d’attesa capiamo che il pullmino del nostro motel non esiste o comunque non passerà a prenderci. Parliamo con una madre e una figlia di nazionalità tedesca e scopriamo che anche loro sono dirette nello stesso posto. Insieme a loro saliamo su un autobus di proprietà di un altro motel situato nella stessa zona del nostro motel e guidato da un autista che in cambio di una modesta mancia ci dà un passaggio. E finalmente arriviamo stanchissimi. Il motel non è per niente bello, ma i servizi di base ci sono e noi abbiamo bisogno solo di un buon riposo, perché domani mattina saremo già in partenza. Sono le 21 e dopo una doccia rigenerante crolliamo addormentati perché domani ci aspetta l’inizio di un tour che si preannuncia indimenticabile.

Al mattino ci svegliamo presto, verso le sette ora locale e con calma ci prepariamo per la colazione e per portare i nostri bagagli all’aeroporto. Qui dobbiamo ritirare l’auto che abbiamo prenotato dall’Italia. Questa volta il pullmino del motel c’è e l’autista è anche molto simpatico. Ci porta dritti all’ufficio della Alamo e qui dopo aver compilato alcune carte ci consegnano una bella auto, spaziosa e con tutti i comfort, di una categoria superiore a quella prenotata. Siamo pronti, la California è tutta nostra… e non ci sembra vero!!! La prima impressione, girando in auto per le strade di Los Angeles, è di vivere in un film. Queste strade a cinque o sei corsie piene di auto, il nero nella macchina vicino ferma al semaforo con la musica rap ad alto volume, le palme tra i grattacieli del centro, sono tutte scene che abbiamo visto in tv o al cinema. La prima tappa uscendo da Los Angeles è Barstow: w lo shopping! In questa città si trovano degli outlet eccezionali con grandi marche, come Ralph Lauren, Guess, Calvin Klein, ecc.. A prezzi stracciati. Ho cercato di contenermi essendo al primo giorno di tre settimane di vacanza ma le tentazioni sono tante e molto forti. La nostra sosta a Barstow dura tre ore. Ripartiamo nel pomeriggio alla volta di Calico, città fantasma, verso est. Fa molto caldo ma ciò che dà più fastidio sono gli sbalzi di temperatura tra l’esterno e i negozi o bar/ristoranti dove l’aria condizionata regna sovrana a temperature troppo basse. Dopo la breve visita di Calico dove tutto è rimasto come nell’Ottocento, compresa la miniera di carbone, percorriamo altre 180 miglia di strada. Giunti a Needles ci fermiamo, cerchiamo una camera in un motel della catena Days Inn, pulito e confortevole. A Needles alle 20 uscire dall’auto è come entrare in una fornace, con il cielo infuocato all’orizzonte. Ci sistemiamo nella nostra camera, con il posto auto di fronte alla porta e andiamo a cenare in un localino vicino, a cinque minuti a piedi. Dopo cena torniamo in camera, dato che a Needles non c’è assolutamente nulla. Le prossime tappe saranno Williams e il Grand Canyon.

E’ mercoledì 13 agosto e se finora è sembrato che il fuso orario non abbia avuto il minimo effetto su di me.. Tra l’aria condizionata in alcuni posti davvero esagerata e i chilometri percorsi in questi primi giorni, oggi sono ko. Da Needles ci dirigiamo verso Seligman: una cittadina molto caratteristica, sulla Route 66. Qui ogni cosa celebra il mito di questa strada, ci sono negozietti di souvenir in tema sia per gli oggetti esposti, sia per la musica, sia per i personaggi che li gestiscono. Si può proprio dire che qui si respira la vera America. A Seligman pranziamo con deliziosi burritos, facciamo alcuni piccoli acquisti e poi ripartiamo verso Flagstaff per poter fare un salto a Sedona, cittadina New Age circondata da scenografici canyon. A dir la verità a Sedona ci stiamo poco ma l’impressione non è positiva. Sembra una località finta.

Siamo in Arizona e il paesaggio è cambiato rispetto a quello della California. Da queste parti c’è più verde, ci sono grandi spazi punteggiati da rigogliosi cespugli e grandi campi di fiori gialli. La California è più arida e rocciosa. Nel tardo pomeriggio arriviamo a Williams, da dove domani partiremo per vedere il Grand Canyon. Dopo alcuni tentativi troviamo posto a un prezzo ragionevole presso “El Rancho Motel”, una struttura a gestione familiare molto graziosa. In serata perlustriamo la zona con una passeggiata scoprendo che Williams è una cittadina vivace, con numerosi negozi, ristoranti. Ceniamo alla Rod’s Steak House dove io ho davvero patito il freddo! Direi che questo è stato per me il momento peggiore delle tre settimane: la stanchezza mi ha assalito, un forte mal di testa, malessere, freddo… Per fortuna dopo una bella dormita il giorno dopo mi sveglio in forze e pronta per l’avventura del Grand Canyon.

Mi trovo un po’ in difficoltà nel descrivere il Grand Canyon. Abbiamo scattato foto in maniera quasi maniacale ma nemmeno una di queste potrà rendere l’idea della vastità e della ricchezza di sfumature che caratterizza una delle meraviglie del mondo. All’ingresso del parco acquistiamo la card che permette di visitare tutti i parchi nazionali gratuitamente. Nei parchi si entra in auto, ci sono delle strade asfaltate con indicazioni sulle attrazioni che si possono vedere e sui view point ovvero i punti panoramici più spettacolari. Il primo view point che incontriamo è Desert View. Fermiamo l’auto. Scendiamo e restiamo in silenzio, colpiti da una natura inimitabile e così scenografica da non credere ai nostri occhi. Il Grand Canyon è qualcosa che non ti aspetti. Si estende a perdita d’occhio in modo misterioso. Quell’immagine è impressa nella mia mente, la vedo ancora, ma ancora non sono in grado di spiegare cosa la renda così affascinante. Dopo aver girato il parco in auto per conto nostro, nel pomeriggio decidiamo di fare una escursione guidata in jeep. Oltre all’autista, Bob, la nostra compagnia è una famiglia texana con tre bambini. Ci siamo divertiti, niente di particolarmente avventuroso ma meglio così! Il tour dura circa due ore e Bob ci racconta curiosità legate al posto e ci porta in un altro punto panoramico del parco, Grand View dove possiamo apprezzare come variano i riflessi sulle rocce alla luce del pomeriggio. Ci perderemo il tramonto purtroppo ma la strada per Tuba City dove abbiamo una camera prenotata non è breve, perciò meglio avviarsi. Facciamo acquisti al supermercato in modo da cenare in camera una volta arrivati. La strada che percorriamo tra il Grand Canyon e Cameron e tra questa e Tuba City è favolosa. Il primo tratto verdeggiante all’inverosimile, con saliscendi che subito dopo una dolce salita ci riservano ogni volta una piacevole veduta. Il secondo tratto di strada ci presenta uno spettacolo di tinte pastello nel cielo che al passare dei minuti diventano sempre più rosa e rosse. Siamo entrati nella terra dei nativi che orgogliosamente accolgono i turisti nella loro Navajo Nation. Il nostro albergo a Tuba City è il Quality Inn, uno dei più confortevoli tra quelli in cui abbiamo pernottato. Ceniamo in camera con panini e birra. Come stiamo bene! Venerdì 15 agosto, ore 10.30. Siamo in viaggio da Tuba City verso Page, sul Lake Powell. Sulle strade il silenzio è assordante. Emanuele non perde occasione per scattare foto, così ogni 15-20 minuti dobbiamo fermare l’auto e immortalare i panorami che ci circondano. In auto la musica che ascoltiamo è rigorosamente country. Visitiamo l’Antelope Canyon, non è un parco nazionale quindi non possiamo utilizzare la card che abbiamo acquistato ed entriamo a pagamento ma subito ci accorgiamo che ne vale assolutamente la pena. Siamo di fronte a un fenomeno naturale di enorme bellezza. L’Antelope Canyon è costituito da formazioni di roccia sui toni dell’arancio e del rosso, plasmate in un modo originale e sinuoso dalle condizioni atmosferiche. La sua caratteristica è che si trova sotto terra e per visitarlo occorre scendere in profondità attraverso stretti cunicoli in discesa e scalette. L’emozione più grande è cogliere il contrasto tra il colore delle rocce e guardando in alto il blu del cielo nelle aperture tra le sculture del canyon, e le delicate variazioni di tonalità che la luce crea tra queste formazioni levigate e tortuose. Dopo un tour di circa tre quarti d’ora risaliamo in superficie in un caldo torrido e ci rifugiamo in macchina per raggiungere il Motel6 prenotato dall’Italia. Una sistemazione spartana dove riposiamo per poi uscire di nuovo a vedere il tramonto sul Lake Powell. In realtà dobbiamo anche cercare un motel per la sera successiva. In città non c’è una camera libera, così la ricerca si prolunga oltre le aspettative e perdiamo lo spettacolo del tramonto! In compenso, con un po’ di fatica e un’inattesa coincidenza fortunata, troviamo la camera. Dopo vari tentativi entriamo per sbaglio in un negozio credendo che sia l’ufficio del turismo e l’uomo all’interno – alquanto particolare per l’aspetto ma gentilissimo – ci chiede di cosa abbiamo bisogno. Poi prova a chiamare una sua amica che gestisce il Motel Page Boy e trova una camera per noi. Fantastico! Abbiamo scoperto poi che lui organizza tour all’interno dell’Antelope Canyon. Anche questa sera ceniamo in camera, dopo aver fatto la spesa al supermercato. Domani ci aspettano una considerevole quantità di chilometri e…La Monument Valley! E’ Sabato 16 agosto. Alle 9 del mattino si parte da Page, destinazione Monument Valley. Verso le 12 siamo a Kayenta, un posto sperduto nel deserto dove il tempo sembra essersi fermato. Qua e là bancarelle di indiani Navajo che vendono collanine e braccialetti in argento, oggetti in ceramica, ecc. Mi fermo a una di queste e per venti dollari compro un paio di orecchini e due braccialetti. Entriamo nel parco seguendo il percorso di 17 miglia (27 km) al suo interno con la nostra auto. La carovana di auto che attraversano la Monument Valley solleva la terra rossa e ci fa sentire ancor di più nel cuore d’America. La Monument Valley è imponente, suggestiva, vi regna un’atmosfera magica che ti rapisce e ti “costringe” a fermarti ad ammirare ognuno degli undici vista point. Il parco è dominato da formazioni rocciose dalle forme particolari, denominate “butte”, e dalle celebri “three sisters”. La bellissima giornata che ha reso pittoresco il contrasto tra il cielo blu e i toni rossastri della terra si trasforma alla nostra uscita dal parco in un forte temporale. Il cielo è plumbeo e attraversato da fulmini continui. Saliamo in auto e ripartiamo per tornare a Page, ma nel primo tratto di strada ci sorprende un vero flashflood! Così anche noi proviamo il brivido dell’inondazione improvvisa: l’acqua color ruggine arriva dai lati della strada e la copre di circa 20 cm rendendo difficoltoso il passaggio delle auto. Per fortuna proseguendo ci accorgiamo che il fenomeno diminuisce fino a scomparire.. Anche se per il resto della strada diluvia ancora, la paura è passata. A un certo punto ci fermiamo ad una stazione di servizio e in auto mangiamo pollo e beviamo coca cola. Dopo questa piacevole sosta torniamo a Page dove ceniamo tranquillamente in camera.

E’ domenica e dobbiamo lasciare Page per andare verso nord in direzione di Panguitch. Non prima di una abbondante colazione, tipicamente americana. Diciamo che questa colazione sarà anche il nostro pranzo perché davvero sostanziosa! Scegliamo il piatto “Lumberjacks” che include tre uova, bacon, un pezzetto di salsiccia, hash browns ovvero patate tagliate a striscioline e arrostite, e per finire pancake con sciroppo d’acero. Ad accompagnare questo piatto gustoso una tazza di caffè fumante. Quando ci rimettiamo in auto siamo diretti a Panguitch, cittadina mormone dello Utah situata in posizione strategica per raggiungere il Bryce Canyon e lo Zion Park. Panguitch, termine in lingua Navajo che significa “big fish”, si snoda lungo una via principale con negozi e ristorantini che purtroppo quando arriviamo sono chiusi essendo domenica. Prendiamo una camera al motel Blue Pine, sistemiamo le nostre cose e partiamo subito per visitare il Bryce Canyon a sole sette miglia da qui. Anche il Bryce Canyon è spettacolare, in particolare ci colpiscono due dei suoi view point: Sunset Point e Inspiration Point. Il panorama è costellato da un’infinità di guglie rosse che riflettono la luce assumendo svariate sfumature. A Sunset Point si può passeggiare tra queste guglie lungo una stradina in discesa, che è l’ideale per fare fotografie. Sunsrise Point non mi stupisce più di tanto, mentre Inspiration Point è particolarmente suggestivo perché permette di salire su un punto di osservazione molto alto (circa 8000 piedi) e di dominare con lo sguardo questa enorme distesa di aghi rossi e frastagliati. Soddisfatti dallo scenario che si è presentato , torniamo a Panguitch. Purtroppo questa sera la steak house che ci è stata suggerita è chiusa, così decidiamo di comprare un panino e cenare in camera. Ci rifaremo domani! A Panguitch il cellulare non ha campo così la mattina successiva ci incamminiamo alla ricerca di un telefono, ma solo dopo tre o quattro stazioni di servizio riusciamo finalmente a trovarne uno! Così posso chiamare a casa..

Ci concediamo una giornata di relax. Solo nel primo pomeriggio decidiamo di uscire per andare a vedere il parco di Cedar Breaks sotto un forte temporale con tanto di grandine. Questo parco ci ha delusi, ma il maltempo ha contribuito a creare questa impressione dato che in molti punti è proibito passare a causa dei fulmini. La temperatura è decisamente fresca, anche perché siamo a circa 3.000 metri di altitudine. Dopo qualche ora torniamo al motel e ci riposiamo in attesa di gustare una prelibata bistecca alla Cowboy Steakhouse. Una bistecca che effettivamente è una bontà, una carne così tenera e saporita non l’avevamo mai mangiata. E per concludere la cena, un delizioso dolce caldo ai mirtilli.

E’ martedì e dopo una visita di un paio d’ore allo Zion Park stiamo arrivando a Las Vegas! Siamo passati da una temperatura fresca di montagna al caldo più torrido del deserto del Nevada. Alle 15 del pomeriggio entriamo in città, un’isola di suoni, luci e colori al centro del deserto. La città è caotica, c’è tanta gente per la strada ma quello che più impressiona è il susseguirsi di casinò collegati l’uno all’altro, perciò volendo si può percorrere la città e camminare per chilometri e chilometri senza neanche uscire all’aperto. Tutto è tentazione qui. A parte il gioco che in realtà non ci attira più di tanto, ma ogni posto è un’attrazione e una scusa per comprare qualcosa. A un certo punto dello strip che percorriamo a piedi si trova una piazzetta con bancarelle all’aperto che vendono di tutto. A Las Vegas il nostro albergo è il Luxor, una struttura a forma di piramide completamente nera. La nostra camera è spaziosa, ci sono due letti matrimoniali e siamo al 19° piano! Las Vegas è stancante, tra il frastuono e le tante cose da vedere. Nella nostra prima giornata qui riusciamo a spingerci fino al Paris e al Bellagio, domani vedremo il Venetian.

Mercoledì 20 agosto – Oggi iniziamo la giornata andando a fare shopping presso gli outlet poco fuori la città. Nel pomeriggio approfittiamo della piscina del nostro albergo per crogiolarci un po’ al sole. La temperatura però è insopportabile e resistiamo solo un’ora. Dopo essermi ripresa in camera, usciamo e cammina cammina arriviamo al Venetian, un’imitazione di Venezia con canale e gondola, al Mirage e al Treasure Island. Sono stanca e fa ancora molto caldo. In serata ceniamo all’interno del New York New York in un pub con cucina irlandese. Non facciamo tardi perché domani dovremo superare “la prova”, ovvero attraversare la Death Valley! Ricorderemo Las Vegas come un grande labirinto di tentazioni dal quale è molto difficile uscire. Sì perché se senza navigatore in auto finora non abbiamo avuto problemi, il momento più difficoltoso è stato uscire da questa città infernale. Abbiamo sbagliato strada e perso tempo. Così entriamo nella Death Valley in tarda mattinata quando il calore si fa più intenso. La valle della morte è un ambiente unico al mondo, affascinante e pericoloso senza le dovute accortezze. In realtà siamo preparati a questo scenario e sebbene la temperatura sia caldissima, non soffriamo molto le condizioni atmosferiche. Nel parco entriamo arrivando da Las Vegas e la meta è raggiungere entro il tardo pomeriggio Lone Pine. Nella Death Valley l’aria è bollente, occorre bere spesso perché il sudore evapora sulla pelle ma quello che impressiona di più è la desolazione, il silenzio, il nulla intorno. Per lunghissimi tratti di strada il telefono non ha campo e sia davanti sia dietro non si scorge neanche una macchina. Il panorama è accecante, spazi molto ampi caratterizzati da grandi laghetti secchi di sale e da montagne di roccia dorata. In alcuni punti si scorgono delle dune di sabbia chiara. La prima sosta all’interno del parco è a Zabriskie Point: qui dopo una salita a piedi di cinque minuti si gode di un panorama suggestivo sulla valle. Poi ci fermiamo a Furnace Creek a fare rifornimento di snack e ripartiamo. Di fronte a noi incontriamo una immensa distesa bianca di sale che Emanuele esplora affrontando dieci minuti di deserto a piedi alle due del pomeriggio, mentre io aspetto ansiosa all’ombra dell’auto al bordo della strada. Dopo altre soste raggiungiamo nel pomeriggio Panamint Springs dove sorseggiamo un fresco smoothie. L’ultimo tratto di strada che percorriamo è circondato da montagne scure e le ripide salite si alternano e discese da brivido. Siamo un po’ preoccupati perché temiamo che, tra la salita e il calore, il motore dell’auto si affatichi ma va tutto liscio e dopo l’ultimo view point usciamo dal parco e raggiungiamo Lone Pine. La Death Valley è l’estremo, l’avventura, il timore dell’imprevisto e poi la gioia di averla vista ed esserne usciti. A Lone Pine soggiorniamo presso il motel El Portal. Ci rilassiamo in camera, dopo questa giornata dominata dall’entusiasmo ora viene fuori tutta la stanchezza. Ceniamo in un Pizza Factory vicino al motel per provare come è la pizza in America e il giudizio è abbastanza positivo. A un certo punto ci si avvicina un uomo in attesa della pizza e inizia a chiacchierare con noi, ci chiede da dove veniamo, che giro stiamo facendo.. Insomma un americano molto simpatico che abbiamo invitato a sedersi con noi per qualche minuto a bere una birra.

Venerdì 22 agosto – Oggi siamo entrati nell’ultimo parco del nostro itinerario, lo Yosemite Park. Incredibile vedere come in California possa esserci un panorama di questo genere così diverso dalla zona che abbiamo visitato in precedenza e contraddistinto da prati verdi e alte montagne. Siamo entrati nel parco da est, attraversando il celebre Tioga Pass e abbiamo chiesto al centro turistico del parco la disponibilità di camere o tende per la notte. Ci è stato risposto che tutte le strutture del parco sono completamente esaurite. Non contento però Emanuele è entrato nel campeggio di Toulumne Meadows e così ci siamo ritrovati in una tenda spaziosa per quattro persone con brande, coperte e candele, una stufa con legna da ardere e asciugamani. Abbiamo dovuto attendere un quarto d’ora per sapere se sarebbero arrivate le persone che l’avevano prenotata, non è successo e la tenda è nostra per una notte! Siamo a un’altezza di 9.Ooo piedi e di notte farà un gran freddo! La preoccupazione principale sono gli orsi: all’ingresso del campeggio ci sono dei grandi cassonetti di ferro dove vanno riposti i bagagli e tutto ciò che abbia odore, dal cibo ai cosmetici fino al dentifricio. E’ un’esperienza pazzesca che non avrei mai immaginato di vivere. Il cielo è blu, vicinissimo scorre un ruscello e ci sono molti pini che rendono l’aria, già leggera e pulita, così profumata. Ceniamo presso il rifugio all’interno del campeggio, al tavolo con una coppia di americani sui cinquant’anni e con una signora più o meno della stessa età, che scopriamo essere una scrittrice. C’è una atmosfera calda ed è piacevole parlare con queste persone che vivono dall’altra parte del mondo rispetto a noi e scambiarsi opinioni e impressioni sul loro paese. Abbiamo scelto un piatto a base di trota con le mandorle e gli asparagi e per dolce una cheescake. In tenda scrivo a lume di candela, inizia a fare freddo e così decidiamo di accendere la stufa. Fuori tutti si stanno preparando per la notte e girano con le pile perché non c’è elettricità, eccetto che nei bagni. Il cielo è ormai nero e pieno di stelle. In poco tempo nel campeggio regna il silenzio, ogni minimo fruscio desta la nostra attenzione e ci fa pensare agli orsi… Speriamo di aver depositato tutto il necessario nelle bear box e di non aver dimenticato nulla! Ma io non mi smentisco mai. Proprio quando ci stiamo addormentando ricordo di aver lasciato nel cassettino dell’auto un pacchetto di cicche aperto. Nooo! Non so se dirlo a Emanuele, ma con tutte le raccomandazioni che ci hanno fatto.. Così glielo dico e lui esce per andare alla macchina. Torna dopo dieci minuti, iniziavo ad avere paura.. Tutto a posto! Con un po’ di fatica ci addormentiamo e la mattina ci svegliamo presto, con una temperatura rigida e le voci e i passi degli ospiti del campeggio che si sta rianimando.

Il risveglio è stato freddo, ma piacevole. Abbiamo fatto colazione nello stesso ristorante in cui abbiamo cenato ieri sera e abbiamo conosciuto altri americani, anche loro molto accoglienti. Dopo l’abbondante colazione siamo partiti alla scoperta del parco. E’ splendido, ci sono boschi fitti e di tanto in tanto si scorge il blu intenso di un lago o il verde smeraldo del fiume Merced. Purtroppo non siamo riusciti a trovare una sistemazione all’interno del parco anche per questa notte, nonostante tanto girare. E’ sabato ed è davvero difficile, quindi non ci resta che visitare ancora un po’ il parco e poi dirigerci fuori a cercare un posto in cui dormire. Il parco è grande e noi non abbiamo tanto tempo a disposizione, così decidiamo di vedere le cascate che in questo periodo si riducono a un fievole ruscello e di andare a Glacier Point, che dicono sia il viewpoint più spettacolare del parco. In effetti da lì si gode un panorama eccezionale, tra alte montagne rocciose e in basso folte distese di pini, attraversate dalla linea del fiume. Qui scorgiamo anche il famoso Half Dome, una montagna rocciosa dalla forma caratteristica, come tagliata a metà e quindi con una parete verticale perfettamente liscia. La vista è affascinante ma noi siamo stanchi e per la sera dovremo cercare anche un letto. Perciò un po’ a malincuore lasciamo il parco e raggiungiamo Mariposa. Qui ci risolleviamo quando in tempi brevi troviamo una camera nella catena di motel Super8 e un buon posto dove cenare, Charles Street. Emanuele si gode la sua meritata bistecca mentre io mi concedo un delizioso pollo fritto con il miele. Le insalate che servono come appetizer con pane caldo e salato in superficie sono la fine del mondo. Non le dimenticherò! Dopo questa cena a due passi dal motel andiamo a dormire, abbiamo proprio bisogno di riposare.

E’ domenica e sono un po’ emozionata perché arriveremo a San Francisco! Il passaggio dalle cittadine alla metropoli americana è contrastante. Qualche ora fa giravamo tra viuzze e paesaggi di montagna, ora ci accolgono grattacieli e ponti stratosferici a sei corsie. San Francisco è sì molto bella, ma anche sporca e pericolosa. Sicuramente accattivante con i suoi saliscendi, il mare, il vento, il tramonto, il mix di culture diverse che vi abita, i locali alla moda, lo shopping, le melodie degli artisti di strada, e la sera i grattacieli illuminati. Il nostro motel appartiene alla catena Days Inn nella zona di Marina, in Lombard Street. Qui ci sentiamo due vagabondi alla scoperta del mondo, ecco quello che suscita questa grande città è un senso di libertà e voglia di vivere. Il principale centro commerciale, la zona probabilmente più turistica è quella di Fisherman’s Warf e del Pier 39. Ceniamo al Pacific Catch, dove possiamo gustare un’ottima cucina fusion. Di fronte l’isola di Alcatraz sembra una beffa a questo mondo di divertimenti. Ci sarebbe tanto da vedere ma anche questa sera le gambe e gli occhi iniziano a cedere.

Lunedì mattina decidiamo di andare a vedere il Golden Gate, simbolo di San Francisco. Purtroppo la giornata non è l’ideale: c’è un forte vento, nebbia e fa freddo. Percorriamo a piedi la lunga strada che costeggia la spiaggia per arrivare al celebre ponte e con quel tempaccio mi chiedo se non mi prenderò un accidente. E proprio la nebbia quando finalmente giungiamo ai piedi del Golden Gate ci impedisce di ammirare l’immenso ponte rosso. Torniamo indietro ma questa volta prendiamo un autobus e per sbaglio scendiamo in uno dei quartieri più malfamati della città: la gente ha un aspetto poco affidabile, c’è chi litiga per strada e i marciapiedi sono sporchi.. Pensiamo che sia il caso di allungare il passo e non guardare troppo in giro. Per fortuna dopo tre minuti, svoltato l’angolo di una strada, arriviamo in una delle zone centrali di San Francisco. E qui ritorniamo nel brusio dello shopping, tra auto di lusso e boutique. La nebbia si è dissolta e splende un bel sole. Della città stupisce la quantità di negozi e ristoranti etnici. Camminiamo, camminiamo e scattiamo foto. Arriva così la sera che siamo talmente stanchi da andare direttamente a dormire.

Martedì 26 agosto – Oggi riproviamo con il Golden Gate! E’ una bella giornata e ci incamminiamo come ieri costeggiando la spiaggia, affollata di persone che corrono e vanno in bicicletta. Il ponte oggi si scorge rosso fuoco anche da lontano. Raggiungiamo una delle estremità e ci incamminiamo sul ponte che è lungo tre chilometri. Non lo percorriamo tutto, ma arrivati a metà scattiamo qualche foto panoramica e torniamo indietro. Ci dirigiamo verso il centro e andiamo in Union Square che dicono essere il cuore della città. Dopo aver camminato per le vie dello shopping e aver acquistato qualche souvenir, ci dirigiamo verso Chinatown, uno dei quartieri più suggestivi di San Francisco. Pare che la comunità cinese della città sia una delle più grandi al mondo. Da Chinatown ci muoviamo poi verso North Beach, il quartiere italiano e infine ci concediamo una sosta al Pier 39. Pranziamo da Bubba Gump, il ristorante ispirato completamente a Forrest Gump, e prendiamo gamberetti fritti in pastella con salsine varie e contorno di patatine: saranno pesanti ma sarebbe un peccato non provarli. Sono le due del pomeriggio e siamo già esausti dopo tutte le camminate della mattina. Non possiamo lasciare San Francisco senza fare un giro a bordo del cable car, il tram che rappresenta un altro simbolo della città. Per prenderne uno dobbiamo attendere in coda per circa mezz’ora. Il tragitto sul cable car è divertente: il tram è aperto e quando percorre le strade in forte discesa fa provare le brezza del luna park! Scendiamo in un altro dei punti nevralgici di San Francisco, che pullula di negozi alla moda. Uno di questi è Abercrombie&Fitch.. Mi ci tuffo pericolosamente a capofitto e a difficoltà riesco a uscirne, limitandomi all’acquisto di una felpa e due t-shirt anche se avrei desiderato prendere tutto! E’ una giornata pazzesca e non ci resta che coronarla con un ultimo sfizio goloso, una bella fetta di cheescake da “Cheescake factory”. E’ enorme e dopo averla mangiata mi sento terribilmente in colpa, ma abbiamo camminato tantissimo e ci aspetta ancora molta strada per tornare al motel, perciò tutto sommato niente di male. Prima di arrivare in camera ci fermiamo a prenotare una camera al Travelodge vicino per la prossima notte, dato che dove siamo è tutto esaurito.

Quasi per caso scopriamo una delle specialità di San Francisco, la clam chowder. Si tratta di una zuppa di molluschi all’interno di una grande pagnotta. Semplicemente squisita. La mangiamo la sera nella zona di Fisherman’s Warf, in un ristorante caratteristico. La mattina di successiva ripartiamo da San Francisco e percorriamo la costa verso sud, speriamo di trovare belle spiagge dove prendere un po’ di sole. L’aspettativa viene delusa, l’oceano è spettacolare e i panorami mozzafiato ma fa capolino la nebbia che in alcuni tratti è proprio fitta e rende gli scenari un po’ misteriosi. Niente mare quindi. Lungo la strada principale, anche da queste parti poco frequentata, intravediamo a un certo punto una fattoria che produce fragole biologiche e dolci fatti in casa. Sembra un posto d’altri tempi, decidiamo di entrare visto che non abbiamo fatto colazione e non abbiamo ancora pranzato. E’ un posto singolare: c’è un bancone all’ingresso con prelibatezze in esposizione e ci sono dei tavoli con le sedie dove ci si può sedere per mangiare qualcosa. Ma la cosa più particolare è che ci si serve e si paga da soli. Cioè si paga il dovuto e se è il caso si prende il resto e non c’è nessuno a controllare. Molto probabilmente in Italia una cosa del genere non funzionerebbe! Nel primo pomeriggio arriviamo a Monterey che ci delude un po’ per la verità, però ha una spiaggia molto bella di sabbia fine. Ci stendiamo al sole e trascorriamo così il pomeriggio anche se verso il tramonto fa quasi freddo. Nessuno fa il bagno perché l’acqua è gelida. Prima di tornare al motel ceniamo in uno dei vari ristorantini su un molo e poi andiamo a dormire, dato che non c’è molto da vedere.

Giovedì 28 agosto – Continua la nostra rotta verso sud. Oggi raggiungiamo San Luis Obispo, sulla costa centrale della California. Soggiorniamo in un motel confortevole della catena Ramada, c’è anche la piscina. Buona parte della giornata la trascorriamo in auto ma con delle soste interessanti. La più bella è in una località chiamata Piedras Blancas dove si possono vedere a breve distanza gli elefanti marini, pigramente stesi al sole. Uno spettacolo della natura. Nei pressi del parcheggio poi è pieno di scoiattoli in cerca di cibo. Lungo il tratto di strada siamo passati anche da Big Sur, ma solo per una veloce sosta. Dopo aver lasciato le nostre cose in albergo abbiamo esplorato i dintorni e scoperto l’immensa spiaggia di Pismo (Pismo Beach). Peccato che anche qui regni la nebbia nonostante a soli due chilometri di distanza ci sia un bel sole. Torniamo così al motel e ci stendiamo al sole in piscina, abbiamo fatto un tuffo, e dopo la doccia siamo usciti per visitare il Farmer Market. Che fortuna: proprio il giovedì a San Luis Obispo si tiene questa sagra in cui lungo una delle strade principale le persone passeggiano godendosi le folkloristiche bancarelle di carne, pannocchie, frutta, verdura e fiori. Si respira un’atmosfera di festa e convivialità che non ho mai trovato altrove prima d’ora. Abbiamo preso della carne e della limonata e abbiamo mangiato di gusto sporcandoci le mani di buon cibo. A seguire è andato in scena lo shopping ed io mi sono persa un’altra volta tra i negozi, concedendomi una sosta abbastanza lunga da Victora’s Secret. Le commesse poi sono bravissime, riescono a convincerti in un attimo con le super offerte che propongono e lo fanno in un modo a cui è quasi impossibile dire di no. Da Victora’s Secret una di loro mi ha braccata mollandomi una borsa per fare la “spesa” e dicendomi che se prendevo sei prodotti anziché i due che avevo in mano risparmiavo un tot per cento, come resistere? E così si è conclusa un’altra giornata on the road.

Purtroppo la nostra vacanza è agli sgoccioli. Ci godiamo le ultime giornate lungo la costa! Dopo la prima colazione ripartiamo da San Luis Obispo, per fermarci all’ora di pranzo a Santa Barbara. Restiamo solo un paio d’ore ma il tempo stringe. E’ sufficiente per fare una passeggiata lungo la spiaggia di questa soleggiata cittadina di vacanza californiana e mangiare un trancio di pizza. Alle 14 ci rimettiamo in auto alla volta di Los Angeles. La grande metropoli del cinema ci aspetta. Percorriamo il Sunset Boulevard e ci fermiamo a prenotare una camera in un motel Comfort Inn. Posiamo i nostri bagagli e usciamo per ammirare le splendide ville di Beverly Hills. In effetti per quello che si scorge tra i folti alberi sono di un lusso sfrenato. Sulla strada c’è addirittura un tizio che vende la mappa delle ville con i nomi delle celebrità che vi abitano. Dopo questo breve tour nella ricchezza cerchiamo un supermercato o qualcosa di simile per cenare in camera.. Ci dimentichiamo in fretta delle abitazioni di Beverly Hills e torniamo con i piedi per terra. In albergo gustiamo insalata e panini. Domani ci attende il fantastico mondo degli Studios di Holliwood, il sogno che Emanuele coltiva fin da piccolo.

Per un giorno ci sentiamo attori anche noi. E’ sabato mattina e come da programma si parte per gli Studios di Holliwood, l’immenso parco cinematografico ci attende. Entriamo solo dopo le fotografie di rito davanti all’insegna. C’è una lunga coda per entrare e il caldo si fa sentire. Prima di visitare gli studi cinematografici giriamo alla scoperta delle varie attrazioni del parco divertimenti. Decidiamo di entrare nel tunnel dell’orrore: è davvero terrificante, ma la prendiamo sul ridere. L’età minima per entrare è piuttosto alta, se non ricordo male 12 anni.. E già questo ci dà da pensare. Dentro ci ritroviamo a sorpresa davanti teschi, mostri che ci seguono, una sala degli specchi, forti rumori da brividi. Si sentono i pianti dei bambini che sono entrati. Usciamo soddisfatti per la carica di adrenalina! Ora ci vuole qualcosa di rilassante: entriamo per assistere allo spettacolo di Shrek in 3D e poi andiamo a vedere quello che ha per protagonisti gli animali utilizzati nei film. Ci accoglie Lessie all’ingresso. E’ ora di visitare gli Studios, in fondo è soprattutto per questo che siamo qui! Saliamo a bordo di una specie di trenino che ci porta lungo i set di film come Lo Squalo, Indiana Jones, Jurassic Park, Fast&Furious, ecc. Vediamo come vengono creati nei film effetti quali la pioggia, il fuoco, e attraversiamo anche i set dei film western o i quartieri con le case dai colri pastello con il giardino, tipiche dei film americani. Passiamo continuamente da un mondo all’altro e vedere questo spettacolo regala delle sensazioni indescrivibili. Cerchiamo di fotografare pezzettini di questa splendida esperienza ma nessuno di essi sarà in grado di trasmettere perfettamente quello che stiamo vivendo nell’insieme. Quando la visita agli Studios termina, scendiamo a malincuore dal trenino e andiamo a mangiare un hamburger. Poi vediamo lo spettacolo dedicato agli effetti speciali dei film. Qui le animatrici scelgono alcune persone tra il pubblico che possano aiutarle a ricreare gli effetti. A un certo punto una chiama Lele per doppiare la voce di King Kong. Ma lui intimidito dice no e resta a godersi lo spettacolo da seduto.. Successivamente andiamo a vedere come sono realizzate nei film le scene con il fuoco, è abbastanza impressionante. Si sente proprio il calore del fuoco che avvampa. Alle 17.30 lasciamo gli Studios, è stata una giornata molto intensa! Prima dell’uscita facciamo un giro nei negozi e acquisto un paio di souvenir. Sulla via del ritorno ci fermiamo in Holliwood Boulevard per vedere la celebre Walk of Fame. Sulla via è pieno di gente e anche nei negozi. E’ un tripudio di luci, colori, suoni; ci sono animatori mascherati da personaggi dei film. Mi fermo per fare una foto insieme a Dracula. Sul marciapiedi le stelle con i nomi degli attori. L’America è una tentazione unica: dietro l’angolo c’è sempre un posto che ti chiama per assaggiare, vedere, curiosare.. Ritorniamo in camera, è proprio l’ora di preparare i bagagli perché domani si torna a casa.

Domenica 31 agosto – Lasciamo la camera d’albergo con molta calma dato che il check-out può essere fatto entro mezzogiorno. La cosa più complicata di questa vacanza è stato chiudere le borse! Usciti dall’albergo andiamo a Venice Beach ma non è una grande idea perché tutti oggi hanno deciso di venire qui. C’è una immensa spiaggia di sabbia bianca. Dopo una passeggiata e un gelato, riprendiamo l’auto: non abbiamo molta voglia di camminare, ormai siamo con la testa all’aeroporto. Già penso a cosa racconterò al mio ritorno, ai piccoli pensierini che ho preso un po’ per tutti, al fatto che abbiamo vissuto un’esperienza meravigliosa e tutto sia andato liscio senza contrattempi. Cerchiamo la sede Alamo nella zona dell’aeroporto dove dobbiamo riconsegnare la nostra auto e la troviamo subito. Con i bagagli prendiamo poi un pullman che ci porta all’area check-in. Siamo in anticipo, sono le 18.30 e l’imbarco è alle 20. Andiamo da Starbucks a sorseggiare un caffè shakerato. Sono un po’ nervosa all’idea di fare ancora tutte quelle ore di volo, ma il pensiero di tornare a casa mi risolleva in fondo. Al duty-free abbiamo fatto ancora qualche acquisto, per non farci mancare nulla! Quando ci imbarchiamo scopriamo che ci hanno assegnato i posti peggiori. Non solo siamo nella fila centrale da quattro posti, ma anche nei due posti in mezzo. Così se ci vogliamo alzare dobbiamo chiedere sempre alla persona vicino a noi di spostarsi. A proposito, vicino a Emanuele è seduto un ragazzo sui 35 anni molto simpatico. E’ americano ma dice di avere origini italiane, i suoi nonni mi sembra. Parliamo per parecchio tempo del più e del meno, del nostro viaggio e di cosa abbiamo visto, del suo lavoro: sta andando a Dubai per un nuovo incarico, lavora nel campo immobiliare. Ci salutiamo a Londra dove noi aspettiamo il volo Alitalia che ci riporta a Milano. Quando atterriamo a Londra dopo circa undici ore di volo, a tratti con vuoti d’aria e perturbazioni, ho una forte nausea. La sensazione non è per niente piacevole. Poi in aeroporto mentre aspettiamo che arrivi l’ora del nostro imbarco conosciamo una coppia della nostra età e chiacchieriamo lungamente e molto piacevolmente con loro. L’anno scorso avevano fatto il nostro stesso viaggio, quest’anno tornano dalla costa est degli Stati Uniti dove dicono che le città sono più belle. Abbiamo due voli diversi, ci salutiamo e ci auguriamo buon rientro reciprocamente. Tra un paio d’ore saremo di nuovo a Milano. Quando atterriamo e usciamo in strada a Malpensa è come rimettere i piedi per terra e riaprire gli occhi dopo venti giorni d’avventura. Domani sarò in ufficio, con un bagaglio di emozioni che non scorderò mai.



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