La Namibia… come l’Eden
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Il 3 Giugno arriviamo a Johannesburg con il timore di non riuscire, a causa delle pratiche doganali, a prendere il volo per Windhoek. Ma, fortunatamente, tutto fila liscio ed alle 14.30 siamo in dogana a Windhoek dove al controllo dei documenti ci fotografano (speriamo che ci mandino la foto a casa). Ma una “solerte” impiegata doganale ci fa aprire la valigia rigida per un controllo. Dentro c’era del materiale didattico da donare (matite, penne, colori, gomme, zaini ecc.) per un asilo della Township di Swakopmund. Questa “solerte” impiegata voleva farci pagare una tassa per l’importazione di questi “doni”. Dopo diverse spiegazioni, ci ha lasciato andare. Quindi se qualcuno volesse portare delle cose come abbiamo fatto noi (ed in questi asili hanno bisogno di tutto), è meglio dividerle nei vari bagagli e non concentrarli su di uno solo. Proseguiamo per recuperare la nostra auto (Nissan X-Trail), lì abbiamo chiesto una gomma di scorta in più ma non avendola a disposizione si sono rifugiati nel “tanto non serve”. Ok si inizia, direzione Windhoek con tappa al “Camping Hire Namibia” al n°78 della Mosè Tjitendero Street per noleggiare frigo x auto, tanica benzina ecc.. Qui si trova tutto il necessario, ma attenzione il magazzino chiude presto. Ultimata tutta l’organizzazione si va a Klein Windhoek per sistemarsi all’Hotel Onganga e prendere possesso della camera per la notte. Cena (ovviamente) al Joe’s Pub, classico locale “turistico” ma dall’atmosfera tipicamente africana e poi visto che in Namibia viene notte presto si va a nanna.
04 Giugno
Colazione presto al mattino e partenza per Sesriem. Prendiamo la B1 e facciamo una sosta al National Monument Heroe’s, ma è troppo presto ed è chiuso. Proseguiamo sulla B1 sino a Rehoboth dove ci fermiamo per fare rifornimento di cibo e bevande. Ovviamente c’erano dei bimbi a chiedere qualcosa ai turisti di passaggio e prevedendo questo avevamo dei palloni (gonfiabili) che abbiamo lasciato loro ed alla loro felicità. Proseguiamo poi, dopo aver lasciato la B1, sulla MR 47 in direzione di Rietoog dove si inizia a guidare nelle Gravel Road (strade di ghiaia). La cosa va presa con calma anche se le strade sono messe abbastanza bene, ma alcuni tratti sono “forniti” da tantissimi piccoli dossi che mettono a prova la resistenza della carrozzeria con una molteplicità di vibrazioni. Qui abbiamo incrociato un’ambulanza a cui abbiamo chiesto informazioni mentre a loro serviva dell’acqua fresca per un piccolo bambino di pochi giorni. Il consiglio è stato quello di prendere la D 1206 e a Bullsport proseguire sulla D 854 per arrivare al Desert Camp. Arrivati e sbrigate le pratiche di check-in, vista l’ora avanzata, era impossibile andare alle Dune e quindi abbiamo optato per la visita del Sesriem Canyon. Di seguito abbiamo fatto subito i permessi che all’indomani ci avrebbero consentito di entrare presto nel Parco delle Dune. Rientrati al tramonto (splendido) c’era ad attenderci alle nostre tende/lodge uno splendido Oryx. Cena al vicino ristorante del Sossusvlei Lodge, il quale ci ha lasciati a bocca aperta sia per la location, sia per la qualità e diversità di pietanze a disposizione. Dato che fa buio “presto e pesto” si rientra e si va a nanna.
05 Giugno
Sveglia al mattino presto (è ancora buio) per andare al Sossusvlei Lodge a ritirare il cesto della colazione da portarsi dietro. Da qui arriviamo comunque tra i primi al cancello d’ingresso al Parco che apre alle 06.00 e con i permessi già pronti stiamo un’ attimo a sbrigare le procedure. Si parte, in fila indiana una carovana di Jeep si muove in direzione delle Dune, ma di qui a poco questa fila si sfalda a “causa” degli incantevoli panorami che il territorio e l’alba ci offrono. Chi prima chi poi è fermo al ciglio della strada per le foto o le riprese. Tra le tante soste si arriva alla Duna 45 e decidiamo subito di salire prima che faccia troppo caldo. Senza alcun allenamento e presa un po’ troppo di petto, la salita si presenta più tosta del previsto. Ma la nostra amica, con più anni di noi, ci da lezione di camminata, lei avanzerebbe sino in cima, ma per noi l’ultimo tratto di salita è proibitivo e decidiamo di goderci dalla 3/4 il meraviglioso paesaggio che ci circonda. Scesi ai piedi della Duna facciamo colazione ed aprendo il cestino che al Lodge ci avevano preparato, scopriamo che dentro c’è ogni ben di Dio. Dopo aver dedicato il tempo necessario a questa “incombenza” ripartiamo alla volta del Deadvlei e dopo una decina di Km parcheggiamo l’auto per prendere una navetta che fa da spola tra il parcheggio ed il punto in cui possono arrivare le auto, poi si va a piedi. Volendo si può andare anche con la propria auto, ma a rischio e pericolo di rimanere insabbiati lungo questo tragitto. Arrivati a destinazione si prosegue per circa 20 minuti a piedi, camminando nella sabbia, ma caldo, fatica e quant’altro si dissolvono alla vista di questo posto magnifico e spettrale assieme. In mezzo alle grandi dune color arancio vivo si spiana questo grande “lago morto” color bianco con in mezzo tronchi d’albero secchi che da lontano sembrano mani che escono dalla terra in cerca di qualcosa. Grazie alla tecnologia, gli scatti fotografici sono innumerevoli. Rientriamo alla base e sapendo che nel cestino della colazione è rimasto abbastanza cibo da poter far anche il pranzo, così facciamo. Di nuovo in auto con destinazione Solitaire. Lasciata Sesriem prendiamo la C19 e dopo 1 ora di strada arriviamo in questo villaggio (oramai) turistico dove ad una decina di km si trova il nostro resort, il Solitaire Guest Farm. Posto bellissimo, il giardino di piante grasse (ovviamente), il resort tipicamente africano e la Sig.a che ci accoglie di una impagabile gentilezza. Cena alle 19.00, ci dispiace per l’Oryx ma la sua carne è molto buona ed anche il resto denota una grande cura nel preparazione dei piatti, poi a nanna con il silenzio che viene rotto dal solo fruscio del vento e le chiome degli alberi danzanti al suo passaggio.
06 Giugno
Anche oggi sveglia di buon mattino, ma niente colazione in quanto il cuoco che doveva essere per le 06.00 era in ritardo e noi si doveva partire. Prendiamo, ovviamente, la C14 in direzione nord-ovest con destinazione Swakopmund. Prima sosta al cartello che indica il Tropico del Capricorno e visto che il panorama è “desertico” decidiamo di far colazione con ciò che avevamo nel frigo. Ristorati si riparte. Come primo scenario il Gaub Pass e prima di inoltrarsi nel Deserto vero e proprio attraversiamo anche il Kuiseb Pass. Da qui in poi ci sarà solo un’immensa distesa desertica di ghiaia, sassi e null’altro. Dopo un centinaio di Km iniziamo a vedere un po’ di sabbia ed arriviamo alla Duna 7. La vicina strada, la ferrovia, l’area verde mal tenuta ed il vicino noleggiatore di Quad, purtroppo immergono questo paradiso “nella civiltà”. Da qui proseguiamo per Walvis Bay e la sua Laguna, dove centinaia di Fenicotteri approfittano della bassa marea per fare il pranzo. Ma il tempo stringe e dobbiamo arrivare a Swakopmund perchè al pomeriggio dobbiamo incontrarci con Sammy. Sammy è una dolce ragazza di colore che fa volontariato in un asilo della Township. Questo contatto ci è stato indicato da chi opera in Italia come volontario per aiutare, con dei progetti mirati, quei bambini in difficoltà; la Onlus Mammadu Italia (www.mammaduitalia.it). Sammy ci accompagnerà in questo asilo, per consegnare un po’ di materiale didattico che avevamo portato. Entrando nella Township il nostro umore cambia, la miseria che accompagna questa gente ci fa pensare a quanto siamo fortunati a nascere e vivere in un altro Paese. Arrivati all’asilo la maestra distribuisce le cose che avevamo portato e quello che più ci colpisce è la compostezza dei bambini nel ricevere questi doni. I “nostri” avrebbero sgomitato e storto il naso per accaparrarsi l’oggetto di loro piacere. No, questi bimbi apprezzano qualsiasi cosa vien loro data. Poi vedendo che questi bambini erano seduti “sul cemento”, abbiamo fatto una colletta (90 euro, lo stipendio mensile di un operaio) per far sì che comprino un tappeto e rendano un po’ più decoroso il posto dove sedere i bimbi. La vita continua, con Sammy facciamo ancora un giro nella Township e ci porta (orgogliosa) a casa sua facendoci conoscere la mamma ed i suoi figli. Lì l’acqua non c’è… Proseguiamo per il centro della città e le cose sono l’opposto delle precedenti, bei negozi, ristoranti, bar, luci, giardini, acqua… Dopo aver parlato con Sammy della loro vita, abitudini e costumi della Namibia, viene l’ora di rientrare in Hotel. Cena e a letto con vista sull’Oceano Atlantico.
7 Giugno
Com’è abitudine ci si alza presto, si fa colazione e si parte. Si parte in mezzo ad una tempesta di sabbia, ovviamente favorita dal forte vento che incontrando le grandi dune in riva al mare ci “bombarda” di sabbia ove a tratti anche la visibilità non è delle migliori. Prendiamo, dopo Swakopmund, la C28 per proseguire poi sulla D1991 che ci porta alla Welwitschia Planis ad ammirare questo luogo suggestivo. Il deserto con all’orizzonte un cielo cupo di un grosso temporale in arrivo e queste piante (grasse) che vivono solo qui, ci lascia a bocca aperta. Ritorniamo indietro per andare a prendere la B2 passando per Moon Landscape, qui abbiamo trovato un fortissimo vento ma ciò non ci ha impedito di ammirare il paesaggio “lunare” e di scattare diverse foto. Finalmente facciamo un pezzo di strada asfaltata sino ad incrociare la D1918 e prendere poco dopo la D3176. Da qui si arriva allo Spitzkoppe, un po’ la montagna simbolo della Namibia. Arrivati, i ranger che sono all’ingresso, ci sconsigliano di girovagare “liberi” per la montagna ed i dintorni in quanto ci sono molti serpenti velenosi. Facciamo, allora, un piccolo giretto sui sentieri segnalati e ripartiamo. Non siamo scalatori ed il nostro giro finisce lì. Nel tardi pomeriggio arriviamo ad Uis e prendiamo alloggio alla Petra’s Gaestehaus, dove una gentilissima signora di origini tedesche ci accoglie con squisita gentilezza. Alle 19.00 si cena nel vicino ristorante dove per la prima volta le zanzare si nutrono di me…
8 Giugno
Al mattino l’ottima colazione è preparata in modo molto originale su una cesta di mongolfiera, e la signora ci spiega il perché; il marito ha un’attività di noleggio mongolfiere. Si parte e prendiamo la C35 e poco dopo tagliamo per la D2319. Rientriamo sulla C35 per girare, definitivamente, sulla D2612 con direzione Palmwag. Il panorama è sempre suggestivo, facciamo sosta a Twyfelfontain per andare a visitare le Organ Pipes, un formazione rocciosa di Dolerite formatasi circa 120 milioni di anni fa. Proseguiamo nella valle nota per gli oltre 2000 dipinti rupestri e graffiti dell’età della pietra presenti sulle rocce di arenaria. Si pensa che i disegni più antichi possano avere più di mille anni.
Da qui proseguiamo sempre in direzione di Palmwag e ci fermiamo ad un villaggio della popolazione Damara (molto turistico) dove ci fanno vedere i loro usi e costumi dandoci anche spiegazioni su come vivono e si curano. A conclusione di questo piccolo tour, ci fanno ascoltare alcuni canti e balli tipici del loro folklore. La cosa che più ci ha affascinato è stato il modo che hanno di parlare; durante la pronuncia di parole usano far “schioccare” la lingua per dare alla stessa parola un significato diverso a seconda del suono o schiocco emesso. Ripartiamo su queste strade sterrate che non sono mal tenute, ma che comunque a tratti il fondo è talmente sconnesso che le vibrazioni della macchina fanno pensare al peggio. Per evitare, in questi tratti, le molteplici vibrazioni, mi tengo molto sul bordo della carreggiata cercando di evitare le insidie nascoste; i grossi sassi appuntiti. Purtroppo uno non l’ho visto e la gomma è scoppiata, quindi Pit Stop per cambio gomma. Un’auto sopraggiunta subito dopo si ferma e mi chiede se ho dei problemi, era una coppia di Namibiani un po’ avanti con l’età (60/70 anni??). Ho spiegato loro che ho preso un sasso e che devo cambiare la gomma, questi parcheggiano l’auto e scendono a darmi una mano mettendosi subito a svitare bulloni. La gentilezza e la disponibilità di queste due persone mi ha lasciato di “sasso”. Salutati e (ovviamente) lasciato loro una mancia per l’aiuto ricevuto, raggiungiamo il Palmwag Wilderness Lodge. Qui cerchiamo di poter riparare la ruota, ma ad un primo impatto ci dicono che non hanno un copertone con quelle misure e ci mettono decisamente in crisi. La nostra vacanza potrebbe subire un brutto stop, in quanto non riteniamo opportuno proseguire senza ruota di scorta per 3/4 del tour e per di più su strade sterrate. Ma nel frattempo di prendere una “non piacevole” decisione, il responsabile meccanico del resort ci dice che un copertone con misure leggermente diverse ma che può essere montato comunque ci sarebbe a disposizione. In meno di 20 minuti tutto è tornato a posto, felicità e soddisfazione sono tornate in mezzo a noi. Dall’Italia avevo portato alcune paia di guanti, in previsione di affrontare questi problemi, che senza pensare due volte li ho regalati ai meccanici che hanno sistemato la ruota. Felici di questo dono, non li hanno usati subito, ma li hanno messi in tasca per “non rovinarli”. D’uopo, una bella birra fresca con questi meccanici ci sta tutta. Durante la cena, ottima, il capo meccanico è venuto al nostro tavolo per sincerarsi che il nostro umore fosse ritornato sereno e che fossimo contenti del lavoro svolto dai sui meccanici.
9 Giugno
Oggi si parte decisamente presto, la strada (C43) da fare è molto lunga (400 km) e per arrivare alle Epupa Falls ci vogliono almeno 6/7 ore. I panorami cambiano spesso, ma la strada sterrata ed i molteplici dossi dei ruscelli “effimeri” che non permettono ritmi sostenuti ti fanno sembrare la strada ancora più lunga. Dopo quasi 4 ore siamo ad Opuwo, centro vivacissimo e pieno di gente. Qui i locali sanno che i turisti si fermano per fare rifornimenti o per sgranchirsi un po’ e come mosche ti assalgono per venderti souvenir e quant’altro, unico posto di tutto il tour che non mi è piaciuto. Sì, è l’ultimo baluardo di “civiltà”. La vita è quasi frenetica, un miscuglio di popolazioni, quasi tutti ti chiedono soldi per farsi fotografare, è veramente un formicaio di gente che va e viene. Fatte le nostre cose ripartiamo subito. Altre tre ore di macchina ed iniziamo a vedere il traguardo, il panorama è decisamente diverso, qui si può dire; siamo in Africa. I colori pastello, le montagne e le pianure con i tipici alberi, l’erba di un giallo d’orato, locali al pascolo con le greggi, gli Himba che si spostano da un villaggio all’altro (?), il colore della terra e delle rocce; sì, è l’Africa nera.
Iniziamo a intravvedere un’oasi di palme e saliti su una collina vediamo le Epupa Falls. Il traguardo è raggiunto. Dalla cima della collina dove ha sede il Kapika Waterfall Lodge la vista è paradisiaca. A riceverci con un gran sorriso, una signora, anch’essa di origini tedesche. All’ingresso il benvenuto scritto anche su una lavagna, incontriamo la nostra guida che ci porterà a visitare un villaggio Himba. Sosta al villaggio sottostante ad acquistare generi di prima necessità da portare come doni agli Himba. Arrivati, la nostra guida scende dalla Jeep e va a parlare con “la” capo villaggio per farci permettere la visita, scendiamo anche noi e portiamo gli omaggi acquistati poco prima ( riso-farina ed olio). Qui ci fanno vedere come vivono e quali sono le loro abitudini. Il primo impatto, confermato in seguito, è l’importanza della famiglia e delle tradizioni di questo popolo. Pur vivendo nella Savana, c’è ordine, pulizia e serenità. Questo popolo vuol vivere così com’è, non manda i figli a scuola e non usa nulla che non sia il necessario per la vita quotidiana. Popolo fiero. Gli uomini al villaggio non ci sono, sono al pascolo con gli armenti ed i bambini giocano o ascoltano i racconti della nonna. Ecco, i bambini; per loro avevamo dei palloni gonfiabili di gomma morbida, in modo che nei sassi appuntiti non si buchino facilmente, e nessuna cosa ha reso loro più felici che una palla. Scalzi nei sassi si son messi a correre dietro a questa palla, sia i grandicelli che i piccolissimi, leggendo nei loro occhi tanta felicità. Non meno ci ha favorevolmente colpito la bellezza delle donne Himba, sì colorate di ocra rossa ma con un fisico diritto e non curvo come la maggior parte della popolazione di colore. La pelle vellutata, le più anziane segnate dal tempo e dal sole, ma con lineamenti decisamente belli. Apprezzato piacevolmente la visita, goduto della felicità dei bimbi, prima di ripartire abbiamo acquistato alcuni oggetti artigianali. Questi erano “veramente” artigianali. Di seguito, la nostra guida, ci porta a vedere le Epupa Falls. Girando, ho avuto la fortuna di vedere diverse cascate ma queste pur non essendo grandissime hanno un fascino unico. Vuoi cupo, in quanto chi vi casca dentro (accade) non viene mai più ritrovato, vuoi colorato con l’arcobaleno che al tramonto si accende al vapore dell’acqua, vuoi che dall’altro lato c’è l’Angola, le Epupa sono “uniche”. Rientriamo al Lodge e con stupore vediamo la nostra auto tutta luccicante, l’avevano lavata da tutta la polvere accumulata in questi giorni. Sbalorditivo. Superfluo aggiungere che la cena era all’altezza dei migliori ristoranti. Stanchi ma appagati, si va a letto.
10 Giugno
Ottima colazione al mattino, saluti e ringraziamenti alla signora del resort e si riprende in senso contrario la C43 che ci riporta ad Opuwo. Qui prendiamo la D3709 che dopo un bel tratto si collega alla strada asfaltata C35. Dopo cinque ore e 370 Km siamo all’ingresso della Galton Gate dell’Etosha National Park. Qui ci si ferma e si sbrigano (?) con “italica burocrazia” le pratiche d’ingresso ed i permessi per poi dirigerci al Dolomite Camp. Ci sono due strade che portano al Dolomite e noi abbiamo preso quella a Sx, strada pessima che ci rallenta terribilmente e l’attenzione alla guida non ci permette di poter scrutare se ci sono animali in giro per la savana. Ma ad un tratto il primo colpo di fortuna, un Tasso del Miele era a bordo strada ma la sua rapidità nel dileguarsi nella boscaglia non ci ha permesso di scattare nemmeno una foto. Ma la gioia di aver visto questo schivo animaletto non mitiga l’ansia per la strada. Via via che ci si avvicina al Dolomite, una cinquantina di km, incrociamo Giraffe, Zebre, Oryx e Springbok. Arrivati ai piedi d’una collina vediamo il nostro resort e parcheggiamo l’auto, anche perché le auto non possono salire e girare. Di lì a poco ci raggiunge un mezzo che porta noi alla reception e le nostre valige ai lodge.
Decidiamo subito di fare un safari con una guida del resort ed assieme a tre americani iniziamo la nostra avventura nell’Etosha. Alla prima “pozza” si vedono diversi animali a bere (quelli elencati sopra) ma ciò che desideriamo tutti i componenti del safari lo vediamo alla seconda. Lì, oltre che Giraffe e Springbok, c’è “LUI” sua Maestà il Leone. Un gran bel maschio di Leone, a cui gli animali circostanti tengono debita distanza ed attenzione, appena giunti si alza e con incedere lento ma sontuoso va ad abbeverarsi. Guardando verso l’orizzonte ci accorgiamo che poco lontano c’è anche un Rinoceronte, tenutosi a distanza in quanto zoppicava dalla zampa posteriore. Grande, grosso, possente, ma allo stesso tempo fragile dato il suo handicap. Dopo una lunga bevuta il Re si incammina verso la boscaglia e così pure noi decidiamo di rientrare, per oggi siamo appagati. Giunti al resort, l’hostess ci da le indicazioni di come funziona il tutto. Cena alle 19.00 e poi rientro ai rispettivi lodge, in quanto è proibito circolare di notte. Gli chiediamo come mai non si possa uscire e lei ci dice che il resort non è recintato e che di notte potrebbero avvicinarsi animali feroci. In effetti vicino al nostro lodge si sentivano dei rumori e dei suoni, ma quasi certamente si trattava di Oryx od altri erbivori.
11 Giugno
La colazione la facciamo assieme a molti uccellini che vengono a vedere se qualcuno gli allunga qualche briciola. Partiamo alla volta di Okaukuejo Camp e per nostra fortuna la strada non è come c’è l’avevano descritta, ma molto meglio. Iniziamo a visitare alcune pozze ed incontriamo diversi animali sino ad una in cui vediamo che gli animali si allontanano. Come mai? Poco distante si stava avvicinando un branco di 5 Leonesse ed un giovane Leone. Spiegato l’arcano. Questo branco si mette a bere e come il primo avvistamento rimaniamo un po’ perplessi per la quantità di acqua che questi animali bevono. Finita l’abbeverata si allontanano giocando fra loro e divertendosi con un ramo raccolto che serviva da stimolo per i loro giochi. Come inizio di giornata, niente male. Altra pozza, e qui i nostri occhi si sono sgranati per la grandissima quantità di animali che vi erano ad abbeverarsi. Sono un appassionato dei documentari di National Geographic ma neppure in questi non ho mai visto tanti animali assieme. Oryx, Springbok, Kudu, Zebre, Giraffe, Alcefali, Gnu, Himpala, un’infinità d’uccelli d’ogni tipo ed infine un grande Elefante che si fa strada (senza problemi) in mezzo a questo marasma di animali. Una cosa mai vista. Beh, macchina fotografica, telecamera e cellulare hanno dato il massimo per immortalare questo momento. Peccato non poterci fermare a lungo, ma dobbiamo procedere e strada facendo ad un certo punto incontriamo un grande branco di Elefanti e poco lontano un Rinoceronte. La giornata è meglio di qualsiasi rosea previsione. Arriviamo nel tardo pomeriggio a Okaukuejo, ci gustiamo una birra fresca e commentiamo quanto visto in precedenza per uscire poi dal parco e recarsi al nostro resort. Raggiungiamo l’Etosha Village dove trascorreremo 2 notti. Il tutto è immerso nel Bush, l’aria che si respira è come vivere “nell’Africa” e con la sensazione che dal Bush possa sbucare un qualsiasi animale. Anche questo resort è completo di ogni comfort ed il banco del self service offre una grande scelta.
12 Giugno
Oggi decidiamo di affidarci alle guide locali e con la loro Jeep partiamo per le escursioni. Passa il tempo e questa scelta, riteniamo che non sia stata la migliore in quanto il tutto si rivela poca cosa. Ma nemmeno il tempo di concludere il nostro pensiero che alla pozza successiva, c’era un branco di Leonesse ad abbeverarsi. Da qui inizia una giornata fantastica. Le foto, i filmati, i commenti si sprecano e la soddisfazione raggiunge ottimi livelli. Ripartiamo da questa pozza e la guida inizia a correre per la pista come se fossimo ad un rally. Come mai? La guida ci dice che non molto lontano è stato visto un Leopardo e quindi chi prima arriva becca i migliori posti di osservazione. Arrivati sul posto già ci sono alcune Jeep e presa posizione iniziamo a scrutare il Bush per vedere dove si nasconde il Leopardo. Qualcuno fa segno che lo vede, altri compreso me non riesce a vedere nulla che sembri un Leopardo. Ad un certo punto sbuca dal nulla e si immerge ancor di più nel Bush, allora tanto vale andarsene. Stiamo per partire e con la coda dell’occhio scorgo un qualcosa che cammina nel Bush e faccio cenno alla guida di fermarsi ed indietreggiare, di andare avanti ancora un po’ e poi di fermarsi. Il Leopardo sta venendo verso di noi, è giovane ma l’emozione è alle stelle e per darci il colpo di grazia Leo si stende a bordo pista ed inizia a rotolarsi “come i gatti” facendo la “primadonna”. Ulteriori commenti sono superflui. Dopo aver fatto di tutto per attirare la nostra attenzione ed averci estasiato della sua presenza, decide di allontanarsi. La guida ci dice che in 7 anni di attività era riuscito a vederlo “solo” 4 volte. La radio della guida torna a suonare, stavolta c’è un branco di Elefanti alla pozza precedente. Altro giro, altra corsa e davanti a noi si para un gruppo di una decina di Elefanti intenti a bere. Speriamo che la macchina fotografica per l’eccessivo lavoro non si inceppi. Prima di finire il nostro tour e rientrare al resort decidiamo di fare ancora un salto per vedere se il Leopardo fosse ancora là. Sì, c’è ancora. Fa ancora un po’ di moine e poi definitivamente sparisce nel Bush. Rientrati al resort entusiasti, felici, appagati e vai di aggettivi, che con una fresca birra in mano ci spaparanziamo a bordo piscina in attesa della cena.
13 Giugno
Direzione Namutoni ed ovviamente self safari. Una delle prime soste la facciamo al bordo del Pan, una depressione salina di 5000 km² lunga circa 130 km e larga 50. Durante la stagione delle piogge il Pan viene talvolta alluvionato ma durante la stagione secca, torna ad assumere le caratteristiche di un deserto. Lì c’era una carcassa di Giraffa completamente vuota, c’erano solo le ossa e la pelle che teneva il tutto unito. Ovviamente gli Avvoltoi erano lì vicino. Proseguendo per le altre pozze incontriamo diversi animali ed ad un certo punto intravvediamo un gruppo di Leonesse. Queste si sono incamminate verso il Bush passando vicino alla nostra auto. Sublime. Altra pozza, non ci sono animali in quanto con un Leone maschio ed una Leonessa nei paraggi il rischio è troppo alto. Ma questi due “innamorati” avevano altre cose per la testa e di li a poco hanno deciso (di nuovo) di ripopolare la savana. Una scena indescrivibile che ci ha bloccati letteralmente, ed in effetti non abbiamo nemmeno una registrazione dell’accaduto, ma solo una serie di foto. L’attenzione ed il “non disturbo” ci ha immobilizzati. Che questo tour sia fortunato ne avevamo avuto la netta sensazione già dall’ingresso all’Etosha Nat. Park, ma così non l’avremmo mai immaginato e tantomeno sperato. Verso mezzogiorno arriviamo all’Halali Rest Camp e qui decidiamo che uno spuntino accompagnato dalla birra sia il toccasana.
Espletate queste necessità ci rechiamo nella vicina pozza del resort dove un bel branco di Elefanti è intento ad abbeverarsi. In un attimo un’Elefantessa col suo cucciolo (?) iniziano ad agitarsi ed a caricare a suon di barriti un solitario Himpala che voleva anch’esso dissetarsi. La pozza era la loro e nessuno doveva avvicinarsi. Una scena goliardica quanto arrogante. Proseguiamo nel controllare le pozze che ci separano da qui a Namutoni, ed in una di queste una Jeep si ferma e ci dice che poco distante c’è un possente maschio di Leone che dorme all’ombra di un albero. Quando si vede qualcosa c’è una solidarietà comunicativa molto particolare e suggestiva. Arriviamo sul posto ma questo “possente” (!!) maschio non ne vuol saper d’alzarsi e fare il suo defilè. Dopo quasi un’ora di inutile attesa riprendiamo a malincuore la nostra rotta. Se la fortuna aiuta gli audaci, allora noi siamo dei “temerari”. Non facciamo molta strada che a bordo pista cosa vediamo ?? Un altro Leopardo. Allora è proprio c…. Questo si fa ammirare in tutta la sua bellezza, ed è anche un po’ più grande di quello di ieri, ci fa vedere con si sale sugli alberi per controllare i dintorni e poi ritiene che la nostra grande fortuna abbia un limite dirigendosi dentro al Bush. Qualcuno leggendo questo diario penserà che tutto ciò sia frutto di fantasia, ma è tutto documentabile. Davvero la nostra fortuna è stata sfacciata. Beh, arrivati all’uscita del Parco pensando a tutto ciò che in tre giorni abbiamo avuto la fortuna di vedere, ci siamo detti che il nostro tour sarebbe potuto finire lì. Arriviamo al nostro resort, l’Emanya @ Etosha, accolti da un indescrivibile tramonto. Questa struttura è molto diversa dalle precedenti pur essendo molto “moderna” riesce a conservare lo stile africano. Inutile dire che anche questa struttura non ha nulla da invidiare ai nostri migliori hotel.
14 Giugno
Da Namutoni prendiamo la D3003 sino a raggiungere la B1 e di lì a poco siamo all’Otijkoto Lake, questo è un “clago inghiottito” che è stato creato dal collasso di una grotta carsica. Ha un diametro di 100 mt. cir a ed una profondità indefinita. Procediamo, poi, per un’altra particolarità, ma una sosta a Tsumeb è necessaria per imbucare una bella quantità di cartoline. Appena passata Grootfontain sulla B1 giriamo a dx sulla D2905 e sempre a dx sulla D2859 per raggiungere la Hoba Meteorite. Hoba Meteorite è la più pesante e la più grande presente sul suolo terrestre, si ritiene che sia caduta più di 80.000 anni fa. Facciamo il percorso inverso e giriamo a dx sulla D2860 sino all’incrocio con la B8 e proseguiamo diritti sulla D2804. Lasciamo la D2804 per continuare diritti sulla D2512, la strada anche se sterrata è agevole ed anche piacevole in quanto i panorami che via via si susseguono sono proprio “africani”. Sulla nostra dx, per l’ultimo tratto di strada, abbiamo il Waterberg Plateau, un lungo altopiano destinato a Parco Nazionale. La strada ci porta al nostro resort, il Waterberg Wilderness Lodge, ed ad accoglierci una sorridente e gentile ragazza di colore; Helaria. Come arriviamo e prendiamo possesso delle camere, subito dopo Helaria ci propone una safari guidato alla ricerca del Rinoceronte. Accettato immediatamente. Si parte, siamo in pochi, noi tre ed una coppia australiana. Ci inoltriamo nella savana dove incontriamo vari animali, compresa l’antilope Damara Dik Dik ed ad un certo punto la guida si ferma, incontra un “ranger” e ci aiuta a scendere dalla Jeep. Si va a piedi !! Siamo sicuri ?? Sì, nessun problema. Non molto distante c’è un possente Rinoceronte intento a brucare l’erba. Ci avviciniamo e la macchina fotografica ricomincia il suo lavoro, ci avviciniamo a tal punto che non era più di 5/6 metri distante da me.
Era IMMENSO, alto almeno mt. 1,60 per una lunghezza di mt. 2,50 circa con il suo lungo e grosso corno (70 cm.) che metteva apprensione. Ad un certo punto ha dato segni di insofferenza alla nostra presenza, ma prontamente il ranger con un battito di mani lo ha rasserenato. La peggior cosa è fuggire. Continuiamo la nostra perlustrazione nella savana sino a trovare, stavolta, una coppia di Rinoceronte. Anche questi erano grandissimi. Altre foto e rientro. Una breve sosta per una bevuta in compagnia, dove le guide ci danno tutte le notizie che noi via via chiediamo. Una delle guide (il ranger) aveva dei grossi problemi agli occhi per via della luce accecante che c’è in Namibia ed informandoci su come fa a convivere con questo problema, ci dice che le cure sono poche ed anche costose. Rientrati al resort, gli abbiamo regalato un paio d’occhiali da sole e delle gocce che avevamo portato dall’Italia e che a noi non sarebbero servite, tanto oramai eravamo quasi alla fine del nostro tour. Ah, Helaria, questa giovane ragazza ci ha favorevolmente stupito per la sua curiosità e volontà di imparare alcune parole in Italiano. Tanto che prima di andare a cena gli abbiamo fatto un po’ di lezione sulle parole più semplici e più necessarie per il suo lavoro di accoglienza dei turisti.
15 Giugno
Oggi non abbiamo tantissima strada da fare, dobbiamo andare al di là del Plateau dove c’è un centro per i Ghepardi; il Cheetah Conservation Found. Non c’è tanta strada, ma ci vogliono due ore per arrivarci. Le nostre aspettative (soprattutto le mie) erano molto sentite. Arrivati sul posto visitiamo il piccolo negozio di souvenir e prenotiamo il tour anziché l’allenamento alla corsa per questi stupendi animali. Per prima cosa ci fanno vedere un filmato di cosa (scientificamente) fa la struttura e poi ci portano a vedere alcuni recinti dove ci sono alcuni vecchi esemplari. Beh, la cosa non è stata molto piacevole; al primo recinto un Ghepardo viene verso la rete e ci sbatte letteralmente contro, è talmente vecchio (a) che non vede più ed alcuni volontari la devono alimentare con la flebo. Nell’altro ci sono altri due esemplari non più giovani nemmeno loro. Si parte con la Jeep all’interno di un recinto dove ci sono 5 esemplari di Ghepardo. Bellissimi, con quella linea tutta loro e con quel muso così accattivante che ti vien voglia di scendere ed abbracciarli. L’unica cosa intollerabile (a mio avviso) è il recinto troppo piccolo, siamo abituati a vedere questi splendidi animali a correre in spazi enormi. Al rientro ci fanno vedere un allevamento di cani, e qui la cosa è molto interessante, questi servono alla popolazione locale per tenere lontani i Ghepardi “liberi” nella savana, dai loro armenti. Questa è l’unica specie di cane che tiene a bada e lontano i Ghepardi. Alla fine del giro la nostra aspettativa di vedere cuccioli di Ghepardo e/o l’allevamento dei medesimi è venuta meno ed invece si è fatta strada la convinzione che questo centro non sia tanto una “Conservazione” (anche se gli studi medici sono altamente qualificati) ma sia un “ricovero” per vecchi Ghepardi rimbambiti. Decisamente il gioco non vale la candela, almeno per noi. Rientriamo al resort e continuiamo le lezioni di Italiano con Helaria.
16 Giugno
Dopo i doverosi saluti a tutto lo staffo del Waterberg riprendiamo la D2512 e facciamo l’ultimo tratto di strada sterrata sino ad incrociare e girare a dx sulla C22 ed incrociando la B1 giriamo a sx in direzione di Windhoek. Arriviamo nella capitale ed andiamo subito a restituire il frigo e la tanica di riserva per dedicarsi poi alla visita del centro e dedicarci allo shopping per gli ultimi acquisti.
Lungo la via centrale bisogna portare sempre attenzione anche se c’è tanta polizia, in quanto come in tutta le città c’è chi cerca di vivere di espedienti più o meno leciti. Attenzione a chi vende o offre giornali, i quali proponendo la rivista nascondono ciò che tentano di fare al di sotto di queste. Cercano di sfilarvi cosa possono. Con me hanno provato, ma non essendo sprovveduto il tipo non è riuscito a sfilarmi gli occhiali. Come si è accorto che lo stavo bloccando nel suo intento se l’è data a gambe. Pranzo in un hotel vicino al Joe’s Pub ma poi prima di andare al nostro ultimo resort non poteva mancare, di nuovo, una sosta al Pub per una birra.
17 Giugno
Purtroppo stiamo giungendo al termine e prendiamo il volo di rientro a Johannesburg, ad attenderci in Sudafrica c’è Shane un amico. Andiamo a prendere possesso delle camere in hotel e poi via di corsa a casa sua dove ci aspetta, sua moglie, Flavia con la mia madrina Alma (una vecchina di quasi 90 anni). Cena al, non nuovo per noi, Mojo Restaurant in centro a Johannesburg. Qui gli avventori, prima di iniziare la cena, vengono dipinti sul volto con segni tribali. Ottimo ristorante. Saluti, baci, abbracci ed a nanna.
18/19 Giugno
Si va in aeroporto per il volo di rientro via Doha in Qatar. Anche in questo volo ci si può distendere dove si vuole, posti liberi c’è n’erano parecchi. La cosa più snervate è stata la lunga attesa del volo che da Doha ci riporta a Venezia. Ma questo tour per la fortuna che ci ha accompagnato e per quanto abbiamo potuto vivere emozioni indimenticabili sarà difficilmente dimenticato e forse sarà in cima a tutti i tours che si qui abbiamo fatto.
Componenti; Laura, Sandra e Renato
Giorni; 18
Notti in Africa; 15
Costo; 3.000 All Inclusive