La mia Real America

Giunta al mio settimo On the Road su suolo americano, posso ritenermi ben soddisfatta di aver visitato quella parte degli Stati Uniti che, per colpa o per fortuna della loro posizione, di solito è fuori dai classici itinerari del west americano.
Scritto da: valentinaM
la mia real america
Partenza il: 12/09/2019
Ritorno il: 24/09/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Dopo tre anni consecutivi e dopo i classici otr degli USA, questa volta ho deciso, data un po’ di esperienza acquisita, di spingermi più verso il centro.. di uscire un po’ dai canoni e di visitare quella zona che sin da piccola davanti la tv, mi affascinava: le praterie, i cowboy, i ranch, i cavalli. Posso orgogliosamente dire di essere riuscita a costruire il mio itinerario dopo mesi di studi, secondo le mie aspettative ed i miei interessi. Siamo Partiti da Roma, verso Londra, per poi ripartire il giorno dopo verso Denver. All’arrivo non abbiamo avuto modo di visitare la città, sia per l’orario sia per l’immensa stanchezza. Così ci buttiamo subito in albergo, a ricaricare le pile in vista del giorno dopo.

PRIMO GIORNO

Il primo giorno è dedicato al vero e proprio on the road.. Da Denver (Colorado) a Pinedale (Wyoming). Tratta abbastanza lunga (circa 7 ore) , così decidiamo di fare tappa intermedia per spezzare un po’ e decidiamo di fermarci a Laramie , ed essendo io amante dei cavalli e sognando sin da piccola di vivere in un ranch, prevedo una visita al Ranch “Deerwood Ranch wild horse EcoSanctuary” che, ahimè, lì sul posto scopro essere accessibile solo dietro prenotazione. Ma comunque i bellissimi cavalli all’ingresso si sono fatti coccolare e ammirare. Dopo varie soste passate ad ammirare le interminabili praterie e vallate del Wyoming che alternavano colori dal giallo al verde, al marrone dei cavalli.. al grigio delle strade e della polvere alzata dalla nostra macchina ogniqualvolta decidevamo di deviare in qualche strada secondaria alla ricerca di cavalli selvatici, percorsi quasi 753km di sole praterie e lande desolate, arriviamo stremati e felici a Pinedale, bella cittadina molto western a Sud del Grand Teton e a circa 140km da JacksonHole.

SECONDO GIORNO

La mattina seguente, colpa o merito del fuso orario, usciamo di buon ora e ci dirigiamo verso nord.. i programmi prevedono tappa a Jackson Hole, ingresso al Grand Teton e poi finalmente verso Yellowstone. Jackson Hole è un paesello caratteristico, bel viale centrale con passerelle in legno e tanti, troppi negozi di gioielli.. ma altrettanti, per mia immensa gioia, di vestiario da cowboy. Non resisto e compro finalmente un bel cappello!! Foto di rito sotto gli archi con le corna dei Wapiti e via verso Grand Teton. Dalle praterie, alla valle fino alla montagna.. lo scenario cambia rapidamente! Un meraviglioso cielo celeste ed una temperatura quasi estiva ci accompagna fino alla Mormon Row historic District dove i mormoni nel ‘800 costruirono fattorie, case, sistemi di irrigazione e tutto quanto il necessario per rendere abitabile quest’area rurale. E qui facciamo il vero primo incontro con i Bisonti! Tanti , tantissimi Bisonti!!! Belli! Appollaiati al sole.. colpo di fulmine per me! Attraversiamo quindi il Grand Teton ed arriviamo nel primo pomeriggio a Yellowstone. Primo incontro con questo meraviglioso parco che mi ha letteralmente rubato il cuore. Incontriamo per primo il West Thumb Geyser Basin, forse la parte un po’ più trascurata, infatti è l’unico luogo del parco dove incontriamo pochissimi turisti ed in un’ora facciamo il giro completo del trail. Sorgenti di acqua calda e fumarole che insieme gettano acqua nello Yellowstone Lake. Il panorama è molto scenografico… fumi e colori magnifici, dal celeste al verde, con sfondo il lago! Dopo decidiamo di andare ad Old Faithful dove alla sua eruzione mi è scesa una lacrimuccia di emozione… finalmente sono riuscita a vederlo dal vivo. Per oggi è abbastanza ed andiamo in hotel a West Yellowstone, zona davvero molto comoda per alloggiare, a 2 minuti dall’ingresso ovest del parco.

TERZO GIORNO

Il primo vero giorno intero a Yellowstone decidiamo di dedicarlo alla zona più frequentata: Grand Prismatic, upper geyser basin, lower Geyser basin con black Sand basin, biscuit basin, firehole lake drive… Prima di arrivare a Grand Prismatic, ci fermiamo diverse volte lungo il tragitto ad ammirare diversi cervi lungo le sponde del fiume. Subito dopo arriviamo presso Grand Prismatic e la ammiriamo nel suo splendore sia dalle passerelle che la costeggiano, sia salendo sulla terrazza per vederla dall’alto. Ho deciso di fermarmi subito qui perché monitorando le previsioni avevo visto che dal primo pomeriggio ci sarebbe stato brutto tempo e non volevo assolutamente perdere i colori di questo paradiso. Ed ho fatto bene perché l’ho vista al suo massimo splendore.. ovviamente il meglio di se lo da vedendola dall’alto. La passerella si raggiunge dopo un trail accessibile dal parcheggio subito dopo quello del Grand Prismatic, facendo una passeggiata di circa 20/30 minuti con un piccolo dislivello . Bellissima da togliere il fiato.. se dal basso si rimane affascinati, passando tra i fumi dei Geyser e che a volte ,favoriti dai venti, ti tolgono completamente la visuale.. dall’alto ti lascia estasiata con le sfumature dei colori arancione, verde, blu, celeste.. la cosa più difficile di Yellowstone è far passare attraverso le parole o le foto le emozioni che lascia. I colori accecano la vista.. ma per me la vera emozione è stata passare tra i Geyser.. lasciarmi trasportare dal vento e dalla direzione delle fumarole. Respirare quel forte odore di zolfo sapendolo arrivare dalle viscere della terra. Lasciarmi inondare dall’umidità sui capelli e chiudere gli occhi per poi riaprirli e godere finalmente dell’esplosione dei colori. Questo per me è stato vivere il trail dell’upper Geyser basin fino alla Morning Glory Pool. Purtroppo fatto un po’ di corsa nell’ultimo pezzo (dal Castle Geyser in poi, verso la morning glory) in quanto stavano arrivando i primi tuoni minacciosi. In ogni caso sono riuscita a farlo tutto e vedere l’eruzione del Riverside Geyser, comunque molto emozionante! Dopo una pausa di circa un’ora, causa diluvio, riprendiamo il giro con i restanti bacini: black sand, biscuit e lower.. qui il cielo era pervaso dalle nuvole cariche di pioggia: nere e grigie si mescolavano ai fumi dei Geyser. Sembrava di essere su un pianeta abbandonato dove la vita era inesistente: alberi ormai morti dove arrivava l’acqua dei Geyser. Una scena surreale..!! Percorriamo infine Firehole lake drive accompagnati dal primo vero freddo… e torniamo verso West Yellowstone, a fatica accompagnati dai primi veri avvistamenti di bisonti lungo la strada! Anche questa notte dormiremo comodamente a West Yellowstone..

QUARTO GIORNO

Il giorno successivo il meteo non è stato per niente favorevole! Yellowstone ci ha fatto penare: pioggia, freddo, vento, nevischio, uno spiraglio di sole… ma poi, si è fatto perdonare e non ha deluso le aspettative! Nonostante le condizioni avverse abbiamo visto Artist Paint pot, non al massimo dei suoi colori ma molto suggestivo il trail in mezzo al bosco, fino alla salita per ammirare dall’alto questo bacino dal colore rosato circondato dal verde e dai fumi dei Geyser, che anche qui si mescolavano bene al cielo minaccioso e carico di pioggia! Dopodiché saliamo ancora verso nord, verso Mammoth Hot spring, una serie di terrazze pietrificate dai colori e dalle forme sorprendenti, delle cascate pietrificate.. riusciamo anche qui a seguire tutto il trail, tra passerelle di legno, scale e strada non pavimentata tra queste meraviglie scolpite da madre natura.. il maltempo non ci ferma!! Piccola sosta pranzo tra i piccoli cerbiatti che passeggiano nei prati adiacenti al Visitor Center e poi di nuovo in macchina al calduccio, scendendo di nuovo verso sud e verso Norrys Geyser Basin: ho amato questo bacino, non sono sicuramente bastati 2 occhi per ammiralo… mi ha lasciato a bocca aperta da ogni angolo io l’abbia osservato! Peccato lo Steambot Geyser abbia eruttato pochi giorni prima e quindi c’era una scarsissima possibilità di vederlo di nuovo… in ogni caso borbottava come se fosse davvero arrabbiato! La cosa meravigliosa di Yellowstone è che ti affascina non solo con gli occhi.. ma anche con i suoi innumerevoli rumori: lo sbuffo dei Geyser, il borbottio, il bollore dell’acqua.. dei fanghi e delle loro bolle esplosive.. sembra di essere catapultati nelle viscere della terra e di sentir poi affiorare ciò che liggiù si scatena. La giornata si è rivelata proficua nonostante il tempaccio e, infreddoliti ma contenti, usciamo dal Parco, questa volta verso est e dormiamo Wapiti.. precisamente al Black Water creek Ranch. Lungo la strada incontriamo mamma orsa e due cucciolotti intenti a rovistare i pendii della montagna.. perché qui, in questo angolo di Yellowstone il panorama è totalmente diverso. Una volta superato Lake Yellowstone, aumentano sempre di più le montagne.. infatti arriviamo a toccare quasi 3000mt di quota ed a notare che nelle vette più alte intorno a noi, la pioggia del giorno si è tramutata in neve! Nei pressi dell’uscita est , costeggiamo la montagna quasi inghiottiti da lei.. costeggiamo lo Shoshone River e finalmente giungiamo al Ranch! Che dire.. casette in legno, tra due costoni di montagna, affiancati dal fiume, immerse totalmente nel bosco. Tutta la struttura è in legno.. la “hall” è un immenso salone in legno con teste di cervi, cerbiatti ed orsi appese al muro. Pelli e pellicce di animali. E qui facciamo la sorprendente scoperta del leggendario animale statunitense, il jackalope! Quante risate… un piccola testa di lepre con piccole corna ha attirato la nostra attenzione, su tutti gli altri animali decisamente più grandi, sparsi per il muro del ranch. L’atmosfera era rilassata, distaccata da tutto ciò che poteva essere fuori.. un vero angolo di paradiso. Col buio , i proprietari accendono un piccolo falò al centro del boschetto dove passare del tempo a chiacchierare e noi ne approfittiamo, nonostante il nostro scarsissimo inglese per scambiare due parole con i proprietari. Siamo circondati dalle Cabin (bungalow) del ranch: ogni ospite ha la sua cabin, rigorosamente in legno, con parcheggio privato. Questa era l’esperienza che cercavo! Stanchi stanchissimi ci rechiamo nella nostra umile dimora. La mattina successiva subito mi reco a trovare i cavalli del ranch, che si trovavano subito dietro la nostra cabin: una decina di cavalli meravigliosi, di ogni colore e stazza! La degna conclusione di un posto stupendo!

QUINTO GIORNO

Dopo la colazione torniamo a Yellowstone per l’ultimo giorno (ahimè). Oggi è il turno del Canyon di Yellowstone, Hayden Valley, Lamar Valley e della Bearthooth Highway che ci porterà a Cody. Il Canyon è una vera e proprio tavolozza di colori.. un quadro dipinto alla perfezione. La lower Falls è una Cascata da lasciare senza fiato .. si getta con la sua magnificenza nel fiume Yellowstone, creando e dando vita al suo Canyon. La passeggiata per arrivare alla terrazza che si affaccia sulla lower falls ha un bel dislivello, e la salita è abbastanza faticosa! Ma ne vale davvero la pena! Tutti i view points del Canyon Drive meritano la sosta e soprattutto la tappa al South Rim è assolutamente consigliata, nel piccolo trail di Artist Point, dove troverete sicuramente dei pittori ad immortalare questa visuale da lasciare a bocca aperta. Lasciamo il Canyon, verso nord.. passando per Lamar Valley: scavata dalla glaciazione di migliaia di anni fa. Spesso viene definita Serengeti del Nord America poiché sostiene una della più vaste e diverse comunità di animali allo stato brado in Nord America. È un oasi felice per la fauna locale.. immense distese di verde , che si perdono a vista d’occhio. Se girovagando per Yellowstone abbiamo incontrato diversi bisonti, qui abbiamo visto mandrie di bisonti! Qualche cervo, forse un’aquila.. purtroppo niente lupi. Giunti quasi al tramonto, proseguiamo verso nord, lasciamo purtroppo Yellowstone (è un arrivederci!) e prendiamo la famosa Bearthooth Highway.. una bella deviazione per giungere a Cody ma, anche qui ne vale la pena: attraversa gli stati di Montana e Wyoming, copre un dislivello di oltre 1000 metri fino a raggiungere la quota di 2700 metri al Beartooth Pass. In alcuni punti, anche a velocità pressoché uguale allo zero, ti potrebbe venire da dire “rallenta!”. Dopo varie soste, di cui una lunghissima al Bearthooth pass dove c’è una bella visuale sulle varie curve molto pronunciate e dove tanti minuscoli scoiattoli verranno ad elemosinare del cibo, arriviamo in serata a Cody. La cena è rigorosamente all’Irma hotel, il cui nome è dovuto alla figlia del fondatore della città, “Buffalo Bill” , voluto da lui stesso. Il suo interno è un vero e proprio saloon del west.. un bellissimo enorme bancone in legno attira subito l’attenzione nella sala del ristorante. L’atmosfera è pura western, odore di legno, odore di carne, odore di America! Sono rimasta totalmente estasiata da questo posto.. al tutto ha contribuito un piccolo concerto di musica country subito fuori il ristorante. Cody è una cittadina che a dispetto di altre, non è artificiale.. sebbene anche qui ci sia ovviamente molto turismo, è genuina. Come se avesse mantenuto quella che è la sua origine e il suo essere intrisa di America più selvaggia. Avessi avuto più tempo, le avrei dedicato una giornata intera. Invece la salutiamo in tarda mattinata e proseguiamo verso est, verso la Devils Tower.

SESTO GIORNO

Circa 490 km ci separano dalla Devils Tower. Anche qui la tratta è lunga. Arriviamo per le 15 circa.. già da lontano il monolite si erge sul panorama circostante, svettando sulle praterie. La montagna, è in realtà il cuore di un antico vulcano, in cui la roccia circostante è stata via via erosa rivelando così una massa centrale di magma raffreddato che si presenta oggi come un monolite di roccia pieno di fenditure, come fosse stato graffiato lungo tutta la sua superficie. Questa è una delle ipotesi avanzate dagli studiosi, sulle sue origini. Devils Tower ha origini lontanissime, circa 65 milioni di anni fa, che rendono difficile decifrare la sua vera origine! Il monolite, inoltre, è un luogo sacro per i popoli nativi: formatosi grazie al dono di un grande spirito che lo eresse per salvare alcune giovani indiane in fuga da un orso gigante (il quale graffiò ripetutamente il monte conferendogli così l’aspetto che tutti oggi possiamo vedere). Nei suoi pressi infatti ci sono diversi lembi di stoffa, legati ai rami degli alberi, che vengono lasciati nei momenti di preghiera come dono e devozione al luogo. Regna il silenzio, il rispetto, la pace.. la natura nel suo più profondo essere. Nella prateria vicina, potete fare incontri sorprendenti con cerbiatti e cani della prateria! La sera siamo ospiti di Deadwood, cittadina vicina ma in Sud Dakhota. Qui lo scenario cambia e si passa dalle gialle praterie alle verdi colline.. Deadwood è stata Inizialmente insediamento degli Indiani d’America, divenne poi nel 1874 “grazie” alla corsa all’oro, la cittadina senza vita . Rapidamente crebbe di popolazione dove prostituzione e gioco d’azzardo ebbero la meglio. La città raggiunse un ulteriore notorietà per l’omicidio del pistolero Wild Bill Hickock il 2 agosto 1876. Negli anni ‘60 poi, un grande incendio distrusse quasi interamente la città che venne poi ricostruita, dando nuova linfa vitale, grazie anche alla legalizzazione del gioco d’azzardo nel 1989. Oggi Deadwood è una mini Las Vegas western , alloggiata tra le montagne delle black hills. La mainstreet sembra la ricostruzione di un set di un film western dove da un momento all’altro potrebbe inscenarsi una sparatoria! Molti saloon e casino sono ad attendervi in questa cittadina surreale! Dopo una mega pizza Americana , andiamo a nanna. Domani ci aspettano i presidenti!

SETTIMO GIORNO

Temevo di rimanere delusa dal monte Rushmore.. un po’ per via dei lavori di ristrutturazione, un po’ perché dalle foto non mi ha mai entusiasmata. Invece.. una bella scoperta! Merito anche dei Trail che ti avvicinano alla maestosità dei presidenti scolpiti nella roccia: George Washington, Thomas Jefferson, Theodore Roosvelt & Abraham Lincoln! Essere ai piedi di queste sculture mastodontiche ti lascia un po’ di adrenalina.. e ti fa capire quanto sia patriottico questo meraviglioso paese! Dopo ci rechiamo a Keystone, la cittadina subito sotto la montagna: molto carina anche se adibita a negozi, alberghi e qualche mercatino artigiano con bellissime sculture in legno fatte al momento. La sera alloggiamo a Rapid City che non mi ha entusiasmato, se non per le statue in bronzo dei presidenti Americani e per il bellissimo negozio Praire Edge, di artigianato indiano dove ho perso davvero molto tempo a scegliere diversi regali.

OTTAVO GIORNO

La mattina seguente ci svegliamo di buon ora: ci attendono le Badlands! gli Stati Uniti riservano sempre qualche sorpresa, soprattutto quando pensi che non starai per visitare uno dei maggiori e più famosi parchi nazionali, avendo il timore di veder deluse le aspettative.. ed invece no, anche qui non delude mai. Alcuni scenari sembrano quasi provenire da un altro pianeta da quanto sono peculiari rispetto all’ambiente circostante, è il caso di Badlands. Noi siamo entrati dalla entrata Nord ed abbiamo fatto due trail: uno molto semplice (door trail) che dopo una piccola camminata si affaccia su queste meraviglie rocciose di colore bianco/rosa . Quello successivo, vicino al primo, è stato più faticoso: Notch trail, impegnativo e sconsigliato a chi soffre di vertigini visto che, dopo aver costeggiato un canyon, attraverso una scalinata in legno si raggiungerà una cresta dalla quale dominerete tutta la White River Valley. La “passeggiata “ è suggestiva e divertente in quanto sarete circondati da rocce altissime di ogni tipo , vi sentirete dentro un Canyon. E la visuale finale sulla valle è WOW!! Credo di essere rimasta a contemplare il panorama per circa 20 minuti.. assaporando ogni colore E cercando di fare mio ogni angolo.. Riprendiamo la macchina e percorriamo tutta la Baldlans Loop Road e fermandoci ad ogni point view. Fino al tramonto, dove le formazioni calanchive danno il meglio di se esplodendo di colori mai visti prima su delle rocce: rosa, giallo, bianco, rosso, arancione… rigorosamente a strati. Salutiamo così Badlands. Ci aspetta il penultimo pernottamento a Interior, a 20 minuti dal parco. Luogo pressoché disabitato con campeggi e motel. Due ristoranti: noi abbiamo cenato al Wagon Wheel Bar&Grill, molto americano, molto cowboyano, molto molto FIGO!

NONO GIORNO

L’ultima tappa è Denver, cittadina ai piedi delle Rocky Mountains. La sua Downtown è molto carina ed ha ancora qualche derivazione western che prova a mantenere nonostante sia ormai anch’essa una metropoli americana. Ahimè, devo salutare di nuovo questo pezzo di cuore, in questo meraviglioso viaggio che anche quest’anno non ha deluso le aspettative. Credo di aver trovato quello che ho sempre sognato da piccola, vedendo film, telefilm… la vera America: selvaggia, genuina, rara.

See you soon USA.



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