La mia piccola odissea tra Benguela e Luanda

Questo mio racconto di viaggio non vi da spunti pratici, idee o vi consiglia luoghi da visitare... Ha come intenzione quella di farvi vivere delle emozioni, le mie, di un viaggio organizzato al volo in un luogo impervio come e' l'Angola. Buona lettura. Dopo aver passato un bellissimo Natale con la “direttora”, le due mie compagne di viaggio e...
Scritto da: lostman
la mia piccola odissea tra benguela e luanda
Partenza il: 07/12/2003
Viaggiatori: da solo
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Questo mio racconto di viaggio non vi da spunti pratici, idee o vi consiglia luoghi da visitare… Ha come intenzione quella di farvi vivere delle emozioni, le mie, di un viaggio organizzato al volo in un luogo impervio come e’ l’Angola. Buona lettura.

Dopo aver passato un bellissimo Natale con la “direttora”, le due mie compagne di viaggio e qualche studente rimasto per le festivita’ all’EPF Benguela, ho cominciato ad avere un mal di denti insopportabile, infatti la notte tra il 25 ed il 26 sono riuscito a chiudere occhio per non piu’ di un paio d’ore e soltanto perche’ mi sono imbottito di antidolorifici. Ormai erano alcune settimane che soffrivo di questo mal di denti leggero, ma quella notte il dolore si e’ moltiplicato facendomi patere le pene dell’inferno.

La mattina del 26 sono andato dalla Nancy per dirgli che avevo bisogno di un dentista, ed in Africa, trovare un buon dentista, e’ come trovare un oasi in un deserto, ce ne sono, ma non dietro l’angolo. La prima idea fu di andare da un dentista Egiziano in Lobito, paesino a pochi chilometri da Benguela, perche’ senti che una sua amica tedesca ci ando’ qualche tempo prima, telefono’ alla Beatrice e capi’ che era meglio cambiare dentista, Beatrice disse cose disgustose su quel dentista. Praticamente l’unico posto dove si potava trovare un dentista degno di questo nome e con qualche idea di igiene stava in Luanda.

La Nancy e’ stata al telefono dalle 10 di mattina fino alle 4 di pomeriggio per arrangiare bene il tutto. Il piano era: lei mi avrebbe dato i soldi, io sarei andato in bicicletta a dormire in citta’, alle 9.30 della mattina successiva avrei preso l’aereo per Luanda, una macchina dell’ADPP mi sarebbe venuta a prendere all’aeroporto, mi avrebbe portato in clinica, una volta curato il dente, avrei ripreso il primo aereo per Benguela, e verso sera sarei tornato all’EPF… Suonava molto bene, ma di questo piano non e’ andato in porto neanche la meta’ della meta’ (regolare… Sono in Africa!).

Allora, dopo aver preso i soldi, circa 300 euro, ma in kwanza(!!!) (avevo queste 300-350 banconote da 100 kwanza sparse per tutto il corpo, nel portafoglio ne ho messe appena 50, le altre erano o in borsa, o in tasca, o in un angolo delle mutande, le avevo messe in tutti i posti possibili, mi sembrava di essere un miliardario, ma erano solo 300 euro), ho preso la mia bicicletta per andare in citta’; non faccio neanche 300 metri, che si rompe qualcosa nella ruota di dietro, pedalavo, pedalavo, ma la ruota non girava; erano ormai le 18 ed il “meccanico” di Asseque aveva chiuso, bisognava andare in citta’ con la macchina. Telefoniamo ad Edgard, il contadino amico della scuola, ma la sua macchina si era rotta proprio quel pomeriggio… Unica soluzione e’ la macchina del progetto “vestuario”, telefoniamo e, stranamente, Agenes, tipa un po’ particolare, era di buon umore, ed ha accettato di venirmi a prendere senza problema.

Alle 21 viene a prendermi ed alle 22 siamo in citta’. Tutto sembrava volgere al meglio, quando arriva una telefonata, era l’ADPP di Ramiro (Luanda) che diceva che per l’indomani mattina non c’erano auto disponibili per me prima delle 16, percio’ avrei dovuto prendere un taxi, andare in questa clinica (Clinica Mutamba dell’omonimo bairro), e poi da questa clinica telefonare a Karen, project leader dell’EPF di Ramiro in Luanda, e mettermi d’accordo con lei. Io dissi OK, non mi sembrava un gran problema. Faccio 2 chiacchiere con le persone presenti, vedo un po’ la TV, gioco con il piccolo David, mi rilasso… Quando, ad un tratto, mi viene in mente il passaporto… IL PASSAPORTO!!!!! NOOOOO…Il passaporto era rimasto tra le quattro lamiere della mia camera da letto in Covaco.

Agnes era gia’ a letto, e svegliarla per tornare all’EPF non era proprio una buona idea. Chiedo ad Ana se c’era una bicicletta, l’indomani molto presto, alle prime luci dell’alba, mi sarei recato all’EPF… la bicicletta c’era… Ma era ROTTA. Allora, la cosa piu’ ovvia era telefonare a Nancy, lei una soluzione l’avrebbe trovata di sicuro, anche fosse mandarmi a quel paese. Telefono, spiego il problema, lei pensa un attimo, poi mi dice che alle 7 di mattina sarebbe venuto alla residenza uno studente a portarmi il passaporto. Vado a letto ma non chiudo occhio, un po’ per il dolore al dente, un po’ per i pensieri che si accumulavano, il primo era che sono un deficiente, come sempre, la cosa piu’ importante la dimentico, poi… Il ragazzo sarebbe venuto in tempo? Se si, avrei preso l’aereo? Se si, mi sarei barcamenato bene in Luanda,?… Io che addirittura mi sono perso tra Porto Sant’Elpidio e la Svizzera (zona di questo paese), soltanto per dirne una. Se si, la clinica sarebbe stata veramente aperta Sabato 27 Dicembre? Se si, come sarei tornato? Mi sentivo come uno che ha appena beccato la moglie a letto con un’altro, confuso, incredulo, incazzato e senza piu’ certezze! Alle 6 di mattina mi alzo, e la prima cosa che faccio e’ accendere una sigaretta, quel giorno ne ho fumate veramente tante, sono state utili e buone compagne, che mi porteranno alla morte, ma amiche. Alle 6.30 dopo aver mangiato un trozzo di pane secco con un po di burro spalmato sopra, in quella casa non c’e’ mai un cazzo da mangiare, vado fuori ad aspettare questo studente; aspetto, fumo e vado dentro a dire ad Agnes che ancora non era arrivato (non vi dico la faccia che ha fatto quando gli ho detto che non avevo il passaporto!), fumo, aspetto e fumo ancora e mentre fumavo mi incazzavo ancora di piu’ con me stesso, non e’ possibile dimenticarsi del passaporto, pensavo.

In questo modo si fanno le 7.50, Agnes telefona alla Nancy per chiedere se veramente il ragazzo fosse partito e Nancy dice che questo ha lasciato EPF alle 6 di mattina… Forse ha capito male e ci sta aspettando all’aeroporto, questo era l’unico pensiero positivo che ci e’ venuto in mente, quindi prendiamo la macchina ed andiamo all’aeroporto, ma di questo studente e della bicicletta neanche l’ombra. Agnes mi dice di scendere, di fare il biglietto mentre lei sarebbe andata a vedere se questo studente si trovasse in qualche altro posto, come l’edificio che ospita il progetto “vestuario”, o la vecchia casa dei project leaders.

Fare il biglietto? e se non sarei partito? Buttare cosi’ 7.500 kwanza non e’ una bella cosa; ad un certo punto ho pensato di rinunciare, lasciare perdere tutto, tornare in Covaco, continuare a prendere antidolorifici e pensare a sto cazzo di dente dopo il 5 di gennaio… Ma poi, tra una sigaretta e un’altra, pensai, ne ho buttati via tanti di soldi in vita mia, non posso rischiare 85 Dollari? “Certo che posso!!!” Mi risposi. Andai dentro, convinto e deciso come uno che deve comperare per la prima volta il viagra, per acquistare sto biglietto, ma ovviamente la prima domanda fu “OK, il passaporto?”… E chi ce l’aveva!! Spiego la situazione, non li convinco, quindi torno fuori ad aspettare e fumare.

Intanto arriva un Aereo, mi informo sulla compagnia, era la GEMINI, e parte. Io dovevo prenderne uno della TAAG alle 9.30, erano le 8,50 ed ero in completa balia del dubbio.

Ad un certo punto, in lontananza, vedo la macchina della Agnes, e la mia mente si rasserena (forse rasserena e’ un termine un po’ forte) quando accanto a lei vedo lo studente che doveva portarmi il passaporto. Arrivano, mi danno il passaporto, mi dice che lo studente aspettava da un’altra parte, ma non sto ad investigare perche’ avevo un aereo da prendere, mi augurano un buon viaggio e vanno.

Allora entro, faccio il biglietto, vado al check in ed un tipo mi prende la valigia e la mette dietro, su di una bilancia che usano i contadini per pesare i maiali o le cipolle, una di quelle con i pesetti che era nella mia cantina circa 20 anni fa, me la rida’ e mi fa “puoi andare”. “Dove posso andare” faccio io. “All’aereoporto militare di Katumbela, i voli della TAAG partono di la”. “E come ci arrivo io ALL’AEREOPORTO MILITARE DI KATUMBELA??”. “Ci vai di ‘carro’(automobile), sono 20 minuti”, fa lui tranquillo (premetto che erano le 9.05 e l’aereo doveva partire alle 9.30). “E dove lo prendo sto ‘carro’” faccio io con una faccia che era sull’orlo della disperazione. “Você deve arrangia’ o carro”. “Do cazzo lo arrangio sto carro”, penso io ad alta voce ormai senza speranza e con le lacrime agli occhi per lo stress e l’incapacita’ di agire. Ero ormai scoraggiato ed affranto, con i gomiti appoggiati sul tavolo della biglietteria e la testa persa tra le mani sudate, quando sentii una voce flebile provenire dalla mia destra, alzai lo sguardo e vidi un signore da un signore distinto che stava pesando il suo bagaglio su quella “futuristica“ bilancia, mi disse che aveva ascoltato tutto il discorso tra me e il bigliettaio, che anche lui doveva prendere l’aereo all’aereoporto di Katumbela e quindi poteva andare li con lui. Stavo quasi per leccargli i piedi dalla gratitudine, ma vedendo l’orario, credevo poco che avrei preso quel fottutissimo aeroplano! Comunque, mi attacco a lui come una sanguisuga, finisce il check in, ed insieme saliamo su di un furgoncino…Il primo pensiero fu “con questo non arriviamo neanche alla prima curva fuori dell’aeroporto”, era tutto scassato, la porta non si chiudeva e non aveva il vetro d’avanti, mi disse poi che qualcuno glielo aveva rotto durante la notte. In quel furgoncino c’erano anche 3 bambini, una signora e il conducente. Erano ormai le 9,20, le mie speranza erano ridotte al lumicino, ma la cosa positiva era che stavo dirigendomi verso Katumbela. Lungo la strada si ferma davanti una casa e fa salire un’altro signore, si ferma con dei ragazzi a cambiare i dollari in kwanza, e dulcis in fundo, si ferma persino a comperare mangos!!! Erano le 9,50, non eravamo ancora all’aereoporto, e questo contrattava il prezzo di un piatto di mangos!!! Ormai avevo rinunciato, e sul volto avevo un sorriso stampato misto di rassegnazione e divertimento, come quello di uno che si fa una canna, e muovendo la testa a destra e sinistra, pensavo… “Andre’, ma do cazzo vai?!” Alle 10,05 entriamo in zona militare, mostriamo il biglietto a soldati armati ed entriamo, facciamo un altro chilometro e ci troviamo in pieno sulla pista di atterraggio; parcheggiamo il furgoncino insieme ad altre auto che sono ai bordi della pista, scendiamo i bagagli ed andiamo a sederci all’ombra di un albero… INCREDIBILE, erano le 10,15 e l’aereo ancora non era arrivato da Lubango!! Questa esperienza mi ha fatto capire perche’ qua in Africa il tempo e’ diverso e perche’ gli orari non si rispettano, o per meglio dire, non si rispettano secondo la nostra concezione, perche’ l’imprevisto e’ sempre dietro l’angolo e tutti devono avere il tempo per rimediare. Mi siedo su una ruota di camion buttata sotto quel bel maestoso “imbondeiro” (baobad), metto la mano in tasca, prendo il pacchetto di LS e mi fumo la mia prima sigaretta “tranquilla” di quella giornata interminabile pensando “A Luanda ci andiamo.” L’aereo arrivo’ alle 10,25, in perfetto orario africano, con soli 55 minuti di ritardo, prendo i miei bagagli, salgo, le hostes mi strappano il biglietto come se fossi salito su un autobus o stessi entrando in un cinema, mi seggo vicino al finestrino con le borse nei sedili liberi vicino a me, prendo il mio wolkman e per tutto il viaggio, circa un’ora, fui accompagnato dalla particolarissima voce ci Carmen Consoli e dalle sue dure ed aspre, ma nello stesso tempo sensibili ed affascinanti, parole. Avevo preso l’aereo, il meno era fatto, ora arrivava la parte piu’ difficile, l’aeroporto di Luanda, il Dentista e poi chi sa che altro.

Alle 11,30 arrivai all’aeroporto di Luanda, scali Nazionali, non era lo stesso di 2 mesi prima. Mi incammino verso l’uscita, adempio a tutti gli obblighi doganali, evito di dare “gassose” (piccole tangenti) in giro e mi dirigo verso l’ufficio dei taxy (MACOM TAXI), sono taxy molto costosi ed a seconda della zona in cui si andava, il prezzo variava dai 15 ai 30 dollari; sono di fronte alla porta, busso, nessuno risponde, tento di aprire la porte, era chiusa, leggo il cartello appeso davanti: “FECHADO (chiuso)”!! NOOO CAZZOOOO PERCHEEEEE’!?!?!? C’era un poliziotto vicino; disilluso, chiedo spiegazioni, mi fa notare 3 numeri di telefono scritti in un foglio appeso di fianco alla porta, mi presta la penna per scriverli in un pezzo di carta che tenevo in tasca e mi dice di andare a telefonare nella prima cabina sulla destra appena uscito dall’aeroporto, li avrei trovato un ragazzo che mi avrebbe venduto una carta telefonica… La cosa mi suonava strana, ma ringrazio, saluto e vado. Come uscii, decine di persone volevano aiutarmi, si presentavano albergatori, tassinari piu’ o meno veri, ragazzi con montagne di kwanza per cambiare i miei eventuali dollari ed anche qualche bellissima donna licenziosa che mi prometteva ore di divertimento a basso costo. Allora, con le valigie ben strette in mano e con una padronanza di linguaggio che non credevo mi appartenesse, incominciai: “Não preciso de ajuda!” (non ho bisogno di aiuto) “Não sou um turista!” (non sono un turista) “Tenho carro!” (ho la macchina) “Não tenho dinero!” (non ho soldi) e ripetei queste frasi piu’ volte fino a quando lo sciame di alligatori non svani’.

Arrivai a questa cabina, solo individui con facce losche attorno, vestiti anche abbastanza bene e tutti col cellulare, ma nessun ragazzo con schede telefoniche. Quando intuiscono che ero li per telefonare, ecco che si gettano verso di me come iene su una carcassa putrida di animale morto, e cominciarono ad allungare i loro telefonini. Io, un po’ disorientato, ne prendo uno e chiedo il prezzo di qualche telefonata, mi spara 500 kwanza… Contratto un po’ e ci mettiamo d’accordo a 200. Cominciai con il primo numero di taxy, lo feci squillare per circa un minuto, non rispose nessuno, provai anche gli altri 2, ma questi addirittura neanche squillarono!! Allora provai a telefonare a Karen, donna che avrebbe dovuto occuparsi di me, ma anche questa non rispondeva. Ero li, con questo cellulare in mano, con questo tipo che fremeva per avere i soldi, con il rumore del traffico altissimo, con un casino immenso che veniva dall’interno dell’aereoporto (qua se sei all’aeroporto, al mercato, ad un cinema, ad un teatro, in ospedale, poco importa) e con una fame che mi intorcinava le budella, ancora stavo con quel pezzo di pane secco e burro che mangiai la mattina nella “cluster house”.

Nel momento della piu’ totale disperazione, LA SVOLTA! Mentre pagavo il tipo per le telefonate che non avevo fatto, mi venne in mente che 2 mesi prima, nel volo che mi porto’ da Bruxelles a Luanda, conobbi un signore, italiano, sulla 55ina d’anni, un tipo deciso, convinto delle sue idee ed anche abbastanza simpatico, parlava con uno spiccato accento romano e mi disse che aveva aperto una in Angola ormai da qualche anno un’ impresa edile. Si chiama Aldo, e prima di lasciarmi mi mise in tasca un bigliettino da visita con il suo nome e il numero telefonico dicendomi queste parole: “Qua stiamo in Africa figlio, sei un bravo ragazzo e mi sei simpatico, se hai problemi, o di soldi, o di salute, o di qualsiasi altro tipo, non esitare a chiamarmi”. Dato che io non sono stupido, ed ho visto in quest’uomo una persona che la “sapeva lunga”, ho conservato il suo biglietto nel portafoglio, e qual momento era piu’ adatto nel tirarlo fuori se non quello? Mi riprendo il telefono, do altri 100 kwanza per questa ulteriore telefonata, faccio il numero con calma e il telefono comincia a squillare.

Dal primo “TUUUUUUU”del telefono alla risposta del signor Aldo saranno passati 10 secondi, ma sono stati 10 secondi luuuuuuunghi, 10 secondi di spasmodica attesa, 10 secondi di continui pensieri: rispondera’? Sara’ ancora in Luanda? Sara’ un tipo attendibile? Si ricordera’ di me? Vorra’ aiutarmi? Mentre penso a tutto questo, sento “Hallo”. “E’ il signor Aldo” faccio io? “Si, chi e’?” “Boungiorno signor Aldo, sono Andrea, ci siamo conosciuti 2 mesi fa in aereo, sono il volontario dell’ADPP. Si ricorda di me?” “Come no… ADPP, quel branco di sciacalli, ricordo benissimo, come stai?” Quando dialogammo in aereo, lui mi parlo’ abbastanza male dell’associazioni in cui sto lavorando, intrighi politici, disorganizzazione e via dicendo. “Adesso che sto parlando con lei, mi sento rinato!” Lui fa una fragorosa risata e chiede: “quale e’ il problema?” “Ho un appuntamento con il dentista alla clinica Mutamba, ora sto all’aeroporto, non ci sono taxi e l’associazione non ha automobili disponibili per venirmi a prendere”. “Sei fortunato, sono in ufficio ed e’ molto vicino all’aeroporto, 10 minuti e sono da te. Voli nazionali, vero?” “Si, voli nazionali”. “Allora penso che saro’ da te in 15 minuti, sai il traffico di Luanda e’ una cosa incredibile…” “Aldo, non si preoccupi, puo’ venire anche fra un’ora, l’importante e’ che ho una CERTEZZA!” Rifa’ un’altra fragorosa risata e mi saluta.

Mi sedetti in un posto tranquillo, cercando di allontanare il piu’ possibile il caos e finalmente fumai una sigaretta con un sapore completamente diverso dalle precedenti, sapeva di CERTEZZA, stavo aspettando qualcuno che SICURAMENTE sarebbe venuto, finalmente non ero in balia del dubbio. La costante di questo paese e’ l’incertezza: le famiglie non sanno se l’indomani avranno qualcosa da mangiare, i lavoratori non sanno se domani lavoreranno, non si sa l’inflazione che puo’ avere i kwanza sul dollaro da un giorno ad un altro, il colpo di stato e’ sempre alle porte, un acquazzone di 2 ore puo’ distruggere interi villaggi.

Dopo circa 10 minuti vidi una camionetta di colore bianco, nuova, a guidarla c’era un signore bianco, con gli occhiali ed un bel sorriso grasso (Aldo), al suo fianco 2 ragazze di colore (venni a sapere successivamente che erano cameriere), si ferma vicino a me, mi saluta, e mi domanda se mi sarebbe dispiaciuto accomodarmi fuori, tra qualche mattone e qualche pala. Ovviamente dico no (li stavo in prima classe extra lusso confrontato al taxi di Asseque), salgo e partiamo per casa sua. Praticamente qui fini’ la mia piccola odissea, da quel momento in poi con il suo aiuto trovai un buon dentista, un posto dove stare per qualche giorno ed addirittura il parmigiano a tavola durante i pranzi e le cene che abbiamo consumato insieme.



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