La mia magica Islanda
Viaggio attraverso l’Islanda. Km percorsi: 3832
Mentre io mi appresto a completare le pagine del mio diario di viaggio, il paese di cui scrivo si trova a dover attraversare una grave crisi economica, non che al resto del mondo vada molto meglio, ma per un paese che non è solito occupare le prime pagine della cronaca mondiale questo non è...
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Viaggio attraverso l’Islanda. Km percorsi: 3832 Mentre io mi appresto a completare le pagine del mio diario di viaggio, il paese di cui scrivo si trova a dover attraversare una grave crisi economica, non che al resto del mondo vada molto meglio, ma per un paese che non è solito occupare le prime pagine della cronaca mondiale questo non è certamente quello che la gente del posto si sarebbe augurata per far parlare un po’ di se e del proprio paese. Come tutti i paesi che ho visitato anche l’Islanda ha trovato il suo piccolo posto nel mio cuore e forse perché ci sono stata, perché ho viaggiato per le sue strade, camminato sui suoi sentieri, incontrato la sua gente, o perché sono stata per qualche tempo parte di questo mondo una volta rientrata non posso fare a meno di interessarmi di quello che gli succede. E visto che siamo in tema di economia affrontiamo subito questo argomento… Sarà che i prezzi in Italia sono saliti a dismisura ma a me sembra che fare la spesa in Islanda non costi di più che in Italia, e nemmeno la benzina… Certo se parliamo di alberghi e ristoranti i prezzi sono un po’ salati ma sono così anche in Italia, non illudiamoci che da noi costi poi molto meno, ormai tutti i prezzi sono lievitati come la pasta per la pizza: raddoppiando in poco il loro valore! L’Islanda non fa ancora parte dell’Unione Europea e la sua valuta corrente è la corona islandese. Con la crisi di quest’anno e per effetto dell’inflazioni e svalutazioni varie, non ci capisco molto di alta finanza quindi mi attengo ai fatti, dicevo si è svalutata parecchio soprattutto nei confronti dell’euro negli ultimi due anni ed è proprio per questo che i prezzi a noi non sono sembrati così esagerati come invece lo erano anni fa. Attualmente il governo sta pensando seriamente di unirsi all’Unione Europea per passare così all’Euro. Sicuramente qualcuno potrà obiettare che per noi l’Islanda non è stata cara perché abbiamo soggiornato in campeggio e ci siamo portati il fornellino da casa. Obiezione più che lecita… ma posso rispondere che niente come la nostra tenda ci ha concesso la libertà di decidere ogni giorno dove andare, cosa fare e soprattutto ci ha permesso di stare a stretto contatto con questa straordinaria natura. Oddio.. Quando le pernici bianche iniziavano il loro concertino verso le quattro del mattino le avremmo volentieri zittite ma era comunque così bello sentirle cantare a pochi passi da noi. Il tempo in Islanda non è certo un alleato dei campeggiatori. A dispetto di tutte le previsioni più pessimistiche di amici e parenti non abbiamo preso tutta la pioggia che ci avevano previsto. Pioveva quando siamo arrivati e pioveva quando ce ne siamo andati ma durante la nostra permanenza non abbiamo dovuto fare i conti con la pioggia. Abbiamo però dovuto fare i conti con il forte vento e le basse temperature. La nostra tenda ha comunque assolto al meglio il suo compito e anche se certe volte il montaggio e lo smontaggio è stato reso molto difficile dalle forti raffiche di vento tutto sommato ce la siamo cavata egregiamente e ci sentiamo di consigliare questa soluzione a tutti quelli che non hanno problemi ad adattarsi al clima e ad affrontare qualche piccola difficoltà. Eh si.. Non è proprio come fare campeggio in Riviera! Il clima Islandese è comunque temperato, fa freddo certo siamo a nord, ma la corrente del Golfo contribuisce a mantenere questo clima temperato. La corrente del Golfo, per chi non lo sapesse, è una corrente calda che contribuisce a contrastare, a queste latitudini, le correnti fredde che arrivano dalla Groenlandia e dall’Artico. Tornando al campeggio… il fornellino è stata un’altra scelta azzeccata! Anche perché i campeggi tante volte sono nel nulla più assoluto quindi senza un ‘servizio cucina’ al seguito si rischia di rimanere senza cene e senza colazione! Per le bombole del gas, in commercio ci sono i tipi e le marche più conosciute compresa quella che serviva a noi. Si possono acquistare dai distributori di benzina della Oz. Se siete fortunati nel campeggio di Keflavìk o di Garður o magari quello di Reykjavìk trovate quelle avanzate dai viaggiatori in partenza che vengono lasciate in appositi spazi per essere utilizzate da chi ne ha bisogno. Insomma nulla va sprecato! In quanto a servizi si passa dai campeggi essenziali con bagni e lavandini a quelli più riforniti con docce, lavatrici e alcuni anche con la cucina. In genere, a parte qualche eccezione, hanno tutti anche l’acqua calda ed il riscaldamento acceso! In alcuni casi la doccia è compresa nel costo del campeggio, in altri funziona a monetine, in altri ancora si paga al custode. Il più delle volte non c’è il custode a presidiare, uno arriva si sceglie un bel pezzo di prato e si sistema. Bisogna dirlo i prati sono perfetti per piantare una tenda, sono tutti bellissimi parti all’inglese. Di solito verso sera il custode fa il suo giro e viene a reclamare il pagamento della tariffa e benché possa sembrare strano o fuori luogo se ne arriva con un bel pos con un collegamento wireless che accetta la carta di credito. E dire che io vivo in un paese di settemila abitanti e la carta di credito riesco ad usarla solo al supermercato! Le strade, non le piste, sono molto belle, sia quelle asfaltate che non asfaltate. Si possono tranquillamente percorrere con un’auto normale senza nessun tipo di difficoltà. Le piste sono leggermente più dissestate e non ci sono i ponti per attraversare i fiumi per cui è necessario un mezzo molto robusto e alto da terra. Per questa volta abbiamo noleggiato un’auto, era nostra intenzione cominciare a conoscere questo paese dall’inizio, per le piste interne ci sarà tempo la prossima volta, anche se…. Qualcosa abbiamo già assaporato questa volta! Che dire degli islandesi? Mmmmhhhhhh…. Non li ho trovati particolarmente socievoli, sarà l’isolamento, la diversa cultura, chissà… ma in compenso li ho trovati alquanto rumorosi. In campeggio basta mettere insieme qualche famigliola e il baccano è garantito! Va comunque detto che parlano quasi tutti un buon inglese per cui comunicare non è difficile, ma questo credo che rispecchi esattamente quello che ho letto che in Islanda vi è un alto livello culturale e non esiste l’analfabetismo. 28 luglio 2008 Ma perché in Italia spostarsi con i mezzi pubblici è sempre una tragedia? Non avevamo voglia di lasciare l’auto all’aeroporto per tutto questo tempo e non volevamo nemmeno che mio papà ci accompagnasse visto che Malpensa, rispetto a casa nostra, non è proprio quello che si dice ‘dietro l’angolo’. Controllando bene tutti gli orari degli autobus vedo che con una combinazioni di bus riusciamo ad arrivare a Malpensa con un largo, anzi larghissimo anticipo sulla partenza del volo, così decidiamo di provare. Abbiamo un amico che è particolarmente fissato con l’utilizzo dei mezzi pubblici per una volta aderiremo ai suoi principi. Devo anche ammettere che per me che faccio il pendolare tutto l’anno passare il primo giorno di vacanza ad aspettare bus, timbrare biglietti, controllare orari non è proprio un bel modo di staccare dal tran tran quotidiano! Comunque a parte l’ironia ce l’abbiamo fatta ad arrivare all’aeroporto! E’ stato lungo ma ce l’abbiamo fatta! Ironia della sorte il volo per Reykjavìk previsto per le 23.30 e stato tardato! 29 luglio 2008 Atterriamo a Reykjavìk piuttosto assonnati, c’era qualcuno che sull’aereo ha pensato bene di fare conversazione per tutto il tempo, e stare un po’ zitti vista l’ora???? Ritirati i nostri bagagli ci rechiamo a ritirare la nostra auto che avevamo prenotato dall’Italia. Beh… la nostra esperienza con i mezzi di trasporto pubblico si limitava all’Italia! Qui vogliamo essere indipendenti e soprattutto girare come ci pare e piace senza vincoli di tempo e orario! Comunque va detto che in Islanda non esiste una rete ferroviaria quindi gli unici trasporti pubblici sono i bus che collegano le principiali località del paese. Usciamo dall’aeroporto che sono le quattro del mattino (ora locale), è buio e piove, che facciamo? Andare a cercare un campeggio e montare la tenda è fuori discussione, andare a cercare un albergo? Ma chi ha voglia a quest’ora di mettersi a cercare oltre tutto per dormire un paio di ore! Sistemiamo i nostri bagagli in macchina, ci sistemiamo per benino sui sedili e buona notte.. Ci rivediamo quando farà giorno. Verso le sette veniamo svegliati dalla ripresa dell’attività dell’aeroporto, un aereo è decollato! Il tempo è piuttosto incerto e subito mi dico… “miiii bello sto cielo d’Islanda con tutte queste nuvole, chissà se sarà così per tutto il viaggio!” L’aeroporto si trova a Keflavìk, nella penisola di Reykjanes da dove decidiamo di iniziare la nostra visita. Una volta riforniti di un po’ di cibo, praticamente ovunque si trovano dei supermercati, e della preziosa bombola del gas ci dirigiamo subito verso Garðskagi. Si tratta di un bel promontorio battuto da forti venti considerato un paradiso per il birdwatching. Ci sono due fari ed un campeggio gratuito. E’ un posto tranquillo, silenzioso, ricco di fascino paesaggistico. Il vento forte che scompiglia i capelli, il freddo che ti entra nelle ossa, il profumo del mare avvolgono questo posto di un fascino particolare di una poesia unica ed indescrivibile, non ha caso ho deciso di venire a trascorrere qui la nostra ultima notte in Islanda. Riprendiamo il nostro viaggio lungo questa penisola abituandoci lentamente a questi paesaggi desolati e solitari. Anche il traffico è pressoché inesistente. Ci fermiamo in più punti, ad osservare qualche uccello posato su qualche roccia, a scrutare l’orizzonte infinito di questi campi di lava che risalgono al XIII secolo chiedendoci com’è possibile una desolazione così sconfinata, così infinita. Ci fermiamo nella zona di Valahnùkur, dove ci sono le rovine del faro più antico d’Islanda e sulle vicine scogliere si possono osservare tanti uccelli. Passeggiamo sul ponte fra i due continenti, e si è il punto in cui la placca tettonica del continente Americano si incontra con quella del continente Europeo, esiste anche un luogo dove le due placche invece si stanno allontanando, ma questo è un altro posto, un’altra storia. Passiamo anche nella zona della laguna blu ma ci fermiamo solo ad osservare li contrasto dell’acqua azzurra che scorre in mezzo ai campi di lava neri. Un contrasto particolare, unico. La laguna blu è una delle maggiori attrazioni del paese, un luogo dove tutti vengono a trascorrervi qualche ora; è una sorgente termale alimentata da sorgenti di acqua calda che fuoriescono a 38°. L’effetto di un bagno in queste acque sulla pelle è come quello di un scrub mentre per i capelli non è proprio una gran cosa! Nonostante il pessimo inizio di giornata il tempo si è ripreso. I cielo grigio ha lasciato spazio ad un bel cielo azzurro. Impareremo che il Islanda il tempo è molto variabile e in niente di passa dal bel tempo al brutto tempo e viceversa. Il vento è invece una costante quasi sempre presente. Un detto Islandese dice che se non ti piace il tempo basta aspettare un attimo e il tempo sarà ancora peggiore. Insomma una ventata di ottimismo meteorologico! Nel pomeriggio visitiamo le sorgenti termali di Seltùn, ci sono una serie di passerelle che permettono di passeggiare in mezzo a fumarole per niente profumate, a pozze di fango ribollente e a solfatare. Sono impressionanti i colori di questi terreni, le sfumature che gli strati di minerali regalano ai nostro occhi. Lo stesso piacere non lo proviamo con l’olfatto! Che puzza di uova marce! Per la notte ci fermiamo nel campeggio di Hveragerði, una tranquilla cittadina. Ma devo dire che in Islanda sono tutte tranquille le cittadine ed i villaggi talvolta mi sono parsi deserti, immobili, solitari. Sarà per le avverse condizioni meteorologiche ma le strade dei villaggi le ho sempre trovate prive di vita o per lo meno quello che per noi è vita, non una persona per strada, non un bambino che giocava per strada, un coppia di anziani che chiacchiera seduta davanti all’uscio di una casa. Niente.. Nemmeno cani e gatti che riposano in giardino. Porte e finestre sempre chiuse e la sensazione che gli abitanti di questi luoghi vivano la loro vita prevalentemente all’interno. Come dargli torto? Se questo è il clima d’estate figuriamoci d’inverno! La zona intorno a Hveragerði è ricca di sorgenti e pozze termali, perfino il vicino campo da golf qua e la gode di qualche uscita di vapore dal terreno. Devo ammettere che dopo le piscine i campi da golf sono la seconda attività preferita degli Islandesi. Non ne ho mai visti così tanti, certamente i prati verdi di cui dispongono non hanno reso difficile la costruzione ed il mantenimento di questi luoghi. Sulle piscine, posso aprire una bella parentesi. Beati loro!! Eh già.. Noi qui abbiamo una piscina ogni, non oso nemmeno pensarlo, abitanti mentre loro ne hanno una ogni paese e il più delle volte hanno la piscina coperta e quella scoperta per l’estate e che piscine!!! Poco fuori da Hveragerði c’è una bella valle geotermale con un fiume caldo in cui è possibile fare il bagno. Montiamo la tenda in un angolo del campeggio, ci sono tanti altri campeggiatori ma nonostante questo è un posto abbastanza tranquillo. Il cielo è sereno e il sole splende in cielo fino a tardi, tramonta poco dopo le 22 e le temperature sono piacevoli tant’è che gustiamo la nostra prima cena seduti sul prato davanti alla nostra tenda! Voi direte e che sarà mai.. Sarà che di cene all’aperto ne abbiamo fatte proprio poche! Il canto degli uccelli accompagna la nostra prima serata in questo incantevole paese e la luce che sembra non volersene andare più ci offre la sensazione di avere a disposizione dei giorni lunghissimi! 30 luglio 2008 Ci svegliamo molto presto, non ci siamo ancora abituati alle molte ore di luce a nostra disposizione. Oggi percorreremo un pezzo di quello che è definito il Circolo d’Oro: Gullfoss, Geyser e þingvellir. Sono tre tra i luoghi che attirano il maggior numero di turisti, si tratta di una strepitosa cascata, del Geyser per antonomasia e del sito storico più importante del paese nonché luogo dove particolari spaccature testimoniano l’allontanamento delle placche dei due continenti, quello Europeo e quello Americano, che qui si incontrano. Noi visiteremo i primi due lasciando la storia da parte, ma solo per il momento. Ci dirigiamo subito verso Geyser e Gullfoss senza prima però fermarsi sulle rive del lago Laugarvatn, pare si traduca ‘lago dalle sorgenti calde’. Non è difficile immaginare perché questo lago porti questo nome! Le sue acque sono alimentate non solo dai ruscelli che scendono dalla montagna ma anche dalla sorgente di acqua calda di Vigðalaug conosciuta fin dal Medioevo. Inutile dire che il profumo che l’aria trasporta dalle acque del lago non è per niente piacevole! Arriviamo a Geyser prima delle orde di turisti, questo è uno dei vantaggi ad essere mattinieri. Con tutta calma passeggiamo in mezzo a diverse piccole sergenti colorate e a varie pozze ribollenti. In mezzo a tutto questo il geyser Strokkur, che erutta ogni 6 minuti emettendo uno zampillo alto dai 15 ai 30 metri, e il Geyser che per antonomasia ha dato il nome al fenomeno. Geyser purtroppo erutta una volta sola al giorno e non si sa quando. In passato i turisti per stuzzicarlo avevano la pessima abitudine di gettarci dentro dei sassi con il risultato che butta un sasso oggi e buttane un alto domani e Geyser si è otturato. Tutto questo è avvenuto all’incirca intorno agli anni cinquanta, prima di allora emetteva degli spruzzi d’acqua che arrivavano fino a 80 metri. Nel 2000 un terremoto ha, per così dire, smosso un po’ le cose e oggi si dice che Geyser erutti qualche volta al giorno. Noi non siamo stati fortunati e Geysir lo abbiamo sempre visto con il suo tipico atteggiamento dormiente, mentre Strokkur ci ha regalato dei bellissimi ricordi. Lasciata Geysir, dove vi è, oltre ad un negozio di souvenir, ad un piccolo museo, un hotel, un ristorante, anche un distributore (l’ultimo se vi dirigete verso nord per la pista F35) e un negozio di souvenir. Beh.. C’è anche il campeggio in cui non mancheremo di soggiornarvi, ma questa è un’altra storia. Lasciato Geysir ci dirigiamo a Gullfoss. Foss è la parola che in islandese significa cascata, non abbiamo imparato molto di questa lingua ma qualcosa alla fine lo abbiamo assimilato anche noi. E’ veramente una lingua ostica, sentirla parlare è incomprensibile e anche le scritte, tante volte sono impronunciabili. Nel loro alfabeto sono presenti molte lettere particolari che derivano dall’alfabeto runico, che non si trovano sulla tastiera del mio PC e per inserirle ogni volta ho dovuto usare le funzioni di word! Che lavoraccio! Gli Islandesi comunque vanno fieri della loro lingua che, a differenza di altre lingue di origine germanica appartenenti al ceppo scandinavo, non è cambiata nel tempo, mantenendo suoni e lettere antiche consentendo così agli islandesi di oggi di leggere tranquillamente le saghe scritte secoli e secoli fa poiché la lingua è rimasta pressoché immutata. Una cosa che mi ha incuriosito è stato leggere come nascono i cognomi. Non è come da noi che il cognome del padre che si tramanda dal genitore al figlio ma in Islanda il cognome di una persona è il nome del padre a cui viene aggiunto il suffisso son se il neonato è maschio o dòttir se la neonata è femmina. Insomma come a dire figlio di tizio, figlia di tizio… Questo modo di attribuire i cognomi appartiene alla cultura del paese e spiega anche perché i cognomi in Islanda hanno poca importanza e gli islandesi hanno l’abitudine chiamarsi direttamente per nome! Oh bene… io ho sempre detestato chiamare le persone con il cognome e farmi chiamare con esso, mi sembra così impersonale! Questo aspetto curioso della cultura islandese mi ha affascinato ed incuriosita e mi sono divertita a leggere nomi e cognomi su opuscoli e giornali stabilendo quindi il sesso della persona che portava il nome. Ma torniamo al nostro viaggio… Gullfoss è la cascata più alta d’Islanda e anche una delle più visitate dai turisti. È molto suggestiva perché l’impetuosità dell’acqua si getta con due doppi salti molto spettacolari di circa 32 metri, tutto questo all’interno di un canyon. Le sue acque sono scure, il colore delle acque che provengono dai ghiacciai e questo perde un po’ di poesia. Studiamo attentamente la cartina perché la pista F35 ci stuzzica. Non disponiamo di un mezzo 4×4 ma a parte il fondo sterrato la strada non presenta particolari difficoltà. Non ci sono fiumi da guadare o cose del genere. Durante l’estate è perfino utilizzata dagli autobus che si recano verso nord, una sorta di scorciatoia. Comunque dopo un po’ di ripensamenti decidiamo di mantenere l’itinerario che ci eravamo prefissati e quindi di proseguire verso est costeggiando la costa. Gironzoliamo un po’ per le strade di questa zona del paese con il proposito di scovare un punto in cui si possa ammirare il vulcano Hekla in tutta la sua magnificenza. Intanto che giriamo ci imbattiamo in un’altra piccola cascata, incastrata in un salto di rocce. Molto suggestiva, non sappiamo se ha un nome o se è una delle tante cascate che arricchiscono questo paese. I prati dell’Islanda sono per la maggior parte adibiti al pascolo delle pecore e dei cavalli. Il cavallo islandese è caratterizzato da una bassa statura, con un carattere molto docile e paziente ed è conosciuto proprio per la sua grande forza e resistenza fisica. D’altra parte non vive certo in una terra semplice. Venne introdotto in Islanda dai primi coloni nordici più di mille anni fa. Per le rigide condizioni climatiche dell’isola l’agricoltura è fiorente solo in alcune aree dove il coltivato avviene in serre riscaldate. Il resto dei campi viene falciato per produrre fieno per foraggiare gli animali durante la stagione fredda. Immagini di sterminati campi verdi disseminati dal bianco candore delle pecore al pascolo o dalle enormi balle di fieno incellofanate nel nylon bianco, e magari un’isolata fattoria con la chiesa e un piccolo cimitero sparse in tutta questa immensità sono un’icona, una caratteristica di questo paesaggio che mi piace ricordare e che mi piaceva rimanere ad osservare. A settembre gli allevatori raduneranno tutte le pecore sparse per il paese prima dell’arrivo dell’inverno. Questo particolare evento è arricchito con il folclore locale, canti e divertimenti che animeranno la raccolta delle bestie fino ai recinti dove verranno raggruppate. Un momento di aggregazione delle comunità che segna il passaggio dall’estate all’inverno. Tornando al vulcano Hekla, è forse il più famoso d’Islanda ed è tutt’oggi attivo anche se la sua vetta spesso rimane coperta dalle nevi per tutto l’anno. E’ alto 1491 metri ed è possibile raggiungere la sommità a piedi. I sentieri che portano all’Hekla partono da una pista non adatta ai mezzi normali. Anche se abbiamo iniziato a girovagare presto questa mattina il tempo è passato e la sera si avvicina. Decidiamo di fermarci in uno dei campeggi, lasciatemelo dire, più suggestivi d’Islanda: Hamragarðar. Il campeggio si trova proprio accanto a due spettacolari cascate, una addirittura è proprio alle spalle del campeggio. Montiamo la tenda in uno spiazzo dove alle nostre spalle possiamo vedere nascosta tra le pareti rocciose la Gljùfuràrfoss, una suggestiva cascata che precipita in un canyon nascosto. Per vederla in tutta la sua unicità bisogna togliersi le scarpe e attraversale il torrente che esce dalla gola in cui cade la cascata. Mentre poco lontano si più ammirare la Seljalandsofoss le cui acque cadono da una ripida scarpata rocciosa in un laghetto molto profondo. Un sentiero, ovviamente bagnato, consente di passare dietro alla cascata ed osservare così l’acqua cadere impetuosa. Tutto molto romantico! Il campeggio è tranquillo, ci sono anche le docce che funzionano a monetine e una cucina. Il terreno è di proprietà della vicina fattoria e verso l’ora di cena il custode fa il suo giro di tenda in tenda a riscuotere il costo del pernottamento. Se volgiamo lo sguardo alle nostre spalle vediamo e sentiamo l’impeto delle cascate scorrere, se volgiamo il nostro guardo avanti vediamo la vastità e l’immensità di questa terra solitaria, di queste lande quasi deserte. Non ci sono le luci di qualche città in lontananza, i rumori della civiltà in movimento, c’è solo il silenzio di questa vastità e di questa terra austera e selvaggia. In mezzo a tutto questo il fattore se ne arriva con il suo pos con un collegamento wireless per il pagamento anche con carta di credito! Quasi un contrasto, un estremo simbolo di modernizzazione in mezzo al nulla! 31 luglio 2008 Se fino ad ora, due giorni, il tempo è stato dalla nostra parte, concedendoci giornate serene e poco ventilate per un po’ di giorni ci farà conoscere l’altro volto dell’Islanda, quello dei venti forti ed incessanti, dall’aria fredda e pungente che ti entra nelle ossa e dai cieli grigi e cupi che ricordano le tristi giornate di pioggia autunnali. Insomma tiriamo fuori guanti e berretto perché serviranno! Rimandiamo tutte le nostre velleità in termini di camminate e trekking quando il vento si sarà calmato. Le giornate nebulose e il vento freddo non ci aiutano di certo a mettere lo zaino in spalla e ad incamminarci verso mete sconosciute. Ripresa la strada numero uno verso est ci fermiamo ad ammirare la cascata di Skògafoss. Si tratta di una bella cascata con un salto di circa 62 metri da un pendio roccioso. Parecchie pecore sparse qua e la sulle pendici della montagna da cui cade la cascata rendono il paesaggio molto particolare. Un breve sentiero si arrampica fin sopra alla cascata consentendo di ammirare il salto dell’acqua dall’alto. Si racconta che un certo þrasi abbia nascosto, proprio dietro la cascata, uno scrigno d’oro e qualcuno dice che ogni tanto si riesce a scorgere lo scintillio dell’oro dietro all’acqua che cade. Mah…. La nostra tappa successiva e nei pressi di uno dei ghiacciai più facilmente accessibili d’Islanda: il Sòlheimajökull che si espande dal Myrdalsjökull. Lasciata la strada principale per una pista di circa 5 km si raggiunge un piccolo parcheggio e con una microscopica passeggiatina si arriva davanti al ghiacciaio. La morena del ghiacciaio non ha nulla di spettacolare o idilliaco, mescola ghiaccio, terra e sabbia e bisogna fare attenzione a dove si cammina per non rischiare di scivolare. In ogni caso una bella passeggiatina sulla morena al fianco del ghiacciaio ce la concediamo pure noi. La nostra prossima tappa è nei pressi di Dyrhòlaey, si tratta di un maestoso arco in pietra. L’area intorno all’arco è una riserva naturale e ci sono parecchie pulcinella di mare che vanno e vengono dal mare fino ai loro nidi. Questi adorabili volatili dallo sguardo un po’ triste nidificano infatti sulla terra ferma all’interno di buchi scavati nella terra. Arrivano volando, atterrano e poi con il becco pieno di pesci si guardano intorno prima di intrufolarsi nella loro tana. Questa è comunque un’area di grande fascino, ci sono queste spiagge e queste scogliere nere con pareti verticali dove nidificano gli uccelli, questo strana pianura, che non è una pianura e poi i ghiacciai, tutto molto particolare e suggestivo. Attraversiamo poi una vasta zona, praticamente deserta, Skeiðaràrasandur, tale terreno trae origine dai detriti dei ghiacciai che vengono trasportati fino a valle dai fiumi. In questa terra arida e desertica, creata solo da questi detriti sabbiosi ed argillosi vivono tantissimi uccelli. Caratteristiche sono le spiagge di sabbia nere. Questo particolare ambiente nella lingua islandese è chiamato Sandur, ma tale termine è ormai entrato a far parte del vocabolario internazionale per indicare queste particolari aree, questi particolari terreni. Tra gli uccelli che abbiamo potuto ammirare c’è anche lo stercoraro maggiore. Descritto dalla guida come un uccello tutt’altro che simpatico e anche un tantino aggressivo. Mah.. Noi ci siamo fermati lungo una pista per pranzare, abbiamo fatto due passi e abbiamo visto due esemplari di stercorari, e a parte il loro sguardo un po’ severo e aggressivo non sono stati per niente pericolosi o fastidiosi. C’è anche da dire che non ne avevano motivo! La nostra prossima tappa è il parco nazionale di Skaftafell. Si tratta del parco nazionale più grosso, per estensione, dell’Europa. All’interno dei suoi confini ci sono spettacolari vette e ghiacciai tra cui una porzione della calotta glaciale più estesa al mondo: lo Vatnajökull. Da questo enorme ghiacciaio partono molte lingue di ghiacciati tra cui quello compreso nei confini del parco. Questo immenso ghiacciaio e questo straordinario parco hanno anche il primato di ospitare tra i propri confini, il monte più alto d’Islanda l’Hvannadalshnùkur, alta ben 2119 metri. È possibile accedere alla sua sommittà con un escursione organizzata dalle guide che oltre ad accompagnare i clienti sulla vetta forniscono anche tutta l’attrezzatura necessaria per l’ascesa alla vetta. L’Hvannadalshnùkur è comunque parte di un immenso cratere ampio circa 5 km. Si tratta dell’Oræfajökull, il più grande vulcano attivo dopo l’Etna., qualche primato ce l’abbiamo anche noi! Come preannunciavano guide ed opuscoli questo parco è una meta molto visitata durante l’estate, il suo centro visitatori è gremito di gente e nel parcheggio antistante i turisti che vanno e vengono sono proprio tanti. Il parco nasce nel 1967 ed originariamente il suoi confini erano molto più ristretti, attualmente è in corso di discussione la possibilità di allargare ulteriormente i suoi confini fino a formare un unico ed enorme parco nazionale, insieme al parco nazionale di Jökulsàrgljùfur. Se osservati su una cartina i due parchi non sono poi così vicini, e questo nuovo parco che si verrebbe a fondare coprirebbe il 40% del territorio dell’Islanda, insomma un enorme parco nazionale. L’origine del nome invece è più curiosa, pare sia il nome di una vecchia fattoria situata ai piedi delle alture. Per effetto degli spostamenti delle sabbie del ghiacciaio i campi furono invasi di sabbie glaciali e la fattoria fu spostata al di sopra del sandur in un luogo più appropriato chiamato per l’appunto Hèrað Milli Sandur ossi terra fra le sabbie. Ma non era destino e con l’eruzione dl 1362 tutte le fattorie andarono distrutte e la zona fu ribattezzata Oræfi che significa ‘terra desolata’. La nostra fattoria, quella che diede per l’appunto il nome al parco, fu quindi nuovamente costruita nel suo sito originario. Ci sono alcuni sentieri nel parco da percorrere che permettono di fare delle belle escursioni per conoscere il parco e il suo splendido ecosistema. Sistemiamo la tenda in uno dei tanti prati del campeggio. Ci sono tantissime tende, singole, gruppi, grosse comitive, insomma c’è veramente tanta gente. Il campeggio non è male, forse un po’ troppo affollato. Di spazi per le tende ce ne sono molti e non c’è il rischio di rimanere tutti appiccicati o striminziti come sardine ma unica nota dolente è il numero insufficiente di servizi… non solo code chilometriche per fare la doccia, per fare i propri bisogni o lavarsi anche solo i denti ma anche per lavare i piatti. Insomma qualche servizio in più non guastava affatto. In questo luogo affascinante ci prepariamo delle belle uova strapazzate con i pomodori. Insomma il nostro forellino si difende bene e possiamo tranquillamente sbizzarrirci senza fare indigestione di paste e risotti pronti. A titolo di cronaca devo ammettere che il mio maritino si è letteralmente innamorato di un tipo di spaghetti alla bolognese in busta che abbiamo trovato nei supermercati Islandesi. Secondo lui sono migliori di tutte le paste pronte che vendono da noi. Ha quasi dell’incredibile ma prima di partire ha fatto una bella provvista di questi spaghetti per i suoi futuri bivaccamenti in montagna! 1 agosto 2008 Abbiamo pagato una sola notte in questo campeggio perché volevamo un po’ vedere come si evolveva il tempo e decidere di conseguenza se fermarci qualche giorno oppure proseguire il nostro viaggio. Questa mattina il cielo è coperto e c’è anche un bel vento forte. Ci imbacucchiamo per benino e zaino in spalla ci incamminiamo lungo uno dei tanti sentieri di questo parco. La nostra intenzione è di fare un bell’anello che passando tutto in cresta consente di vedere la valle del Morsàndalur e la lingua del ghiacciaio Skaftafellsjökull, con una piccola deviazione si può salire sulla vetta del monte Kristìnartindar (m. 1126). La prima parte del sentiero è la stessa che porta alla cascata Svartifoss una cascata incorniciata tra colonne di basalto nere, sono rocce vulcaniche che solidificandosi hanno assunto la forma di lunghe colonne esagonali. Svartifoss significa infatti cascata nera. E’ ancora presto e le orde di turisti devono ancora arrivare così possiamo godere di questa cascata in santa pace. Ha un aspetto un po’ cupo, particolare. Il sentiero dal campeggio per la cascata, tra andata e ritorno conta circa un’ora e mezza, ma noi proseguiamo, attraversiamo il fiumiciattolo che esce dalla cascata e risaliamo il sentiero in direzione di Sjònarsker, una piastra di orientamento che come sempre Marco studia attentamente. Il vento è forte, proviamo a proseguire ancora un po’ oltre la piastra lungo il sentiero che ci siamo prefissati di percorrere ma un po’ per il vento molto forte, per le nubi grigie e le nebbie basse ci chiediamo che senso ha proseguire oltre. Consultiamo la cartina e decidiamo di ripiegare su un altro sentiero che risale, apparentemente in una zona meno esposta ai venti, una lingua del ghiacciaio Skaftafellsjökull. Il vento non era poco anche su questo sentiero ma questa volta non abbandoniamo il proposito e compiamo tutto il nostro giro. La vista dall’alto del ghiacciaio è molto particolare, le nebbie basse gli conferiscono un aria un po’ cupa, tetra, peccato con il sole sarebbe stata tutta un’altra musica. Oltre ai paesaggi merita una visita anche la fattoria dal tetto in torba di Sel. Ritornati al campeggio riprendiamo il nostro viaggio in direzione est verso Höfn. I paesaggi che si possono ammirare lungo il viaggio sono molto belli e suggestivi e forse un po’ per la giornata cupa o per le nubi grigie ma questo clima fornisce un non so che di malinconico che rende molto suggestivi i paesaggi che i nostri occhi vedono scorrere intorno a noi. Un altro luogo suggestivo dove si concentrano molti turisti è la laguna di Jökulsàrlòn dove azzurri iceberg galleggiano nelle acque della laguna fino a raggiungere il mare. Gli iceberg si staccano da una delle tante lingue del Vatnajökull e lentamente raggiungono il mare, alcuni iceberg impiegano anche degli anni ad uscire da questa laguna di circa 17 chilometri quadrati. Tra gli iceberg che galleggiano si possono osservare le foche che nuotano tranquille in queste acque e quando c’è il sole le si può osservare coricate sugli iceberg a godersi i raggi del sole. Questa seconda opzione a causa del cielo molto nuvoloso non è stata parte della nostra visita! Questa laguna, va detto, esiste soltanto da 75 anni e pare che stia crescendo in maniera vertiginosa.. Ahi ahi ahi… Per chi vuole addentrarsi nella laguna è possibile farlo aggregandosi ad una delle escursioni organizzate con mezzi anfibi, dedicarsi al nuoto, come fanno le foche, è un tantino sconsigliabile, l’acqua potrebbe essere giusto un tantino fresca! Mentre passeggiamo lungo la laguna possiamo osservare moltissime sterne dalla coda bianca dette anche rondini di mare. Questi piccoli uccelli sono molto belli e molto eleganti, volteggiano nel cielo con un’innata grazia, ma allo stesso tempo sono molto scassa XXXX. Oltre agli adulti ci sono anche molti piccoli che si sono già involati (hanno lasciato il nido), gli adulti gli portano anche da mangiare e se avvertono del pericolo per i loro piccoli iniziano la propria guerra per allontanare il povero turista mal capitato. Iniziano a volarti intorno sulla testa facendo delle picchiate emettendo un verso stridulo. Non resta che andarsene perché tanto loro non mollano! Abbiamo pensato di fermarci a Höfn per la notte. Si tratta di un tranquillo villaggio, direi una delle tante cittadine Islandesi assonnate che abbiamo visto. Ha una posizione splendida lungo la baia, noi passeggiamo un po’ per le sue strade fino a raggiungere un promontorio con una bella vista. Il campeggio è molto carino ma il vento è veramente forte così decidiamo di proseguire nella speranza di trovare un campeggio un po’ meno esposto ai freddi venti Islandesi. Ci fermiamo così a Stafafell nel campeggio di una solitaria fattoria insieme a pochi altri viaggiatori. Questa è anche l’Islanda, il silenzio assoluto, il feroce sibilare del vento, il nulla tutto intorno ed il silenzio con cui la notte lentamente segue il giorno. 2 agosto 2008 Il vento questa mattina è ancora più forte e smontare la tenda non è proprio stata una passeggiata ma anche per oggi è andata. Oddio senza accorgercene il telo che mettiamo sotto la tenda ha preso il volo, ma fortunatamente due bambini francesi se ne sono accorti e sono andati subito a recuperarlo. Se non era per loro andava perso! Prima di lasciare definitivamente il campeggio di Stafafell ci fermiamo alla vicina fattoria per pagare il nostro pernottamento. Pensavamo che il fattore, come le sere predente, venisse a riscuotere il pernottamento ma visto che non si è visto facciamo un salto noi da lui prima di incamminarci. A dover di cronaca preciso che i bagni, anche se un po’ spartani sono forniti di tutto quanto serve, c’è perfino la doccia (compresa nel prezzo), una lavatrice ed un’asciugatrice. Il cane del fattore ci accoglie abbaiando ma come tutti i cani di piccola taglia fanno tanto rumore per nulla, suoniamo il campanello ed il fattore, o chi per lui, viene ad aprirci. E’ un omone, sicuramente discendente dei vichinghi, con i capelli arruffati e un fare un tantino burbero, come si addice ad un fattore di un area così isolata. Lasciata la fattoria riprendiamo la strada verso est, attraversiamo la zona di Lòn, che letteralmente significa laguna, fermandoci più volte ad osservare e fotografare questa immensa distesa di cigni. Già in questa laguna nidifica una grossa colonia di cigni, devo dire di non aver mai visto così tanti cigni tutti in una volta. E’ uno spettacolo unico. La laguna è immensa e guardando l’orizzonte si vedono tutti questi puntini bianchi che sguazzano tranquilli nella laguna. Impressionante! Proseguiamo quindi la nostra strada diretti verso i fiordi orientali. Benché la giornata sia cupa e grigia i paesaggi che attraversiamo sono ricchi di fascino. Man mano che ci avviciniamo a questa zona le larghe pianure e lagune lasciato spazio ad aspre montagne che cadono a picco sul mare, a scogliere severe e fa impressione vedere la strada scorrere, a mezza costa a picco sul mare dove le onde si scagliano contro le rocce. Arriviamo così a Djùpivogur, un piccolo villaggio dei fiordi orientali con le sue caratteristiche case in legno colorate. Il porto di questo villaggio è il più antico porto di tutta la zona dei fiordi e da qui partono i battelli per l’isola di Papey, o anche isola dei frati, perché un tempo prima dell’arrivo di coloni scandinavi era abitata da un gruppo di frati eremiti. Oggi quest’isola è abitata solo da uccelli marini e da foche. Se il tempo fosse stato bello, il cielo sereno e il mare calmo avremo sicuramente fatto una scappatine su quest’isola ma il vento forte, il cielo grigio e soprattutto il mare molto mosso non ci danno nessuna possibilità. Percorriamo così quest’unica strada che attraversa i fiordi e si immerge in questa zona quasi con prepotenza. La strada numero uno va detto, è anche l’unica strada che corre su tutto il perimetro dell’isola, è i prevalenza asfaltata. Per pranzo ci addentriamo lungo una strada che risale una valle che si affaccia lungo il Berufjörður, un paesaggio alpino a due passi dal mare, sono impressionanti le pareti rocciose che caratterizzano questi fiordi queste valli. Percorriamo qualche chilometro di questa strada, che si addentra nella valle per poterne godere del paesaggio e per poter ammirare della vista del fiordo dall’alto di questa strada. Una volta pranzato riprendiamo la strada principale, la uno in direzione di Breiðdalsvìk. Ma a questo punto devo dire che benché io volessi continuare a percorrere la strada che costeggia i fiordi Marco insiste per cambiare un po’ il paesaggio e mi convince a lasciare la strada che costeggia i fiordi orientali per addentrarci nella Breiðdalur una splendida valle alpina che conduce ad un passo da cui si ridiscende verso Egilstaðir. La strada in parte è sterrata e a parte qualche pecora che pascola non incontriamo altre auto od altri viaggiatori. Di fatto è una di quelle tipiche strade alpina a tornanti che consente di salire velocemente di quota e soprattutto di beneficiare di un panorama sulla valle molto bello. In punta al colle un piccolo laghetto e un bivacco. Scendiamo così a Egilsstaðir costeggiano il lago Lagarfjot che si dice essere la dimora di un mostro come quello di Lokness. Ma visto che le giornate sono sempre lunghe decidiamo di proseguire e di raggiungere Borgafjörður Eystri, il villaggio più a nord dei fiordi orientali. La strada da Egilsstaðir è lunga (circa 70 chilometri) in gran parte sterrata. Attraversiamo ampie praterie per addentrarsi sui monti fino ad un passo da cui si ridiscende la valle fino al fiordo costeggiando severamente la costa. Queste strade della serie, meglio non uscire di strada se non si vuole finire a mollo, sono impressionanti! Il villaggio di Borgafjörður Eystri si trova in una posizione incantevole, nella zona ci sono molte escursioni da fare sulle vicine montagne di Dyrfjöll ma è veramente lontano dal resto del mondo. Nella zona vivono stabilmente meno di 150 persone. Dyrfjöll è una delle catene montuose più suggestive dell’Islanda ricca di laghetti glaciali e paesaggi molto belli. Il campeggio è in centro al paese, i servizi sono molto belli e curati, c’è perfino la cucina. Ci sono parecchie tende ma non si può certo dire che è affollato. Dopo cena facciamo due passi per il paesino, sarà per le nebbie basse per il clima da fine novembre ma mette una malinconia… L’Islanda è una terra bellissima ma alle volte mi chiedo come sarebbe vivere in uno di questi paesini, noi abituati al calore del sole, alla luce dei cieli azzurri, chissà.. Gli islandesi festeggiano il 24 aprile il primo giorno dell’estate. La fine dell’inverno, della lunga notte artica, è accompagnata con festeggiamenti, canti, e spettacoli per le strade, è una vera e propria festa nazionale! E visto che siamo in tema di feste il 17 giugno si festeggia l’indipendenza avvenuta nel 1944 (durante la seconda guerra mondiale furono occupati dagli inglesi) per chi ha l’occasione di assistervi ci sono grandi festeggiamenti, cerimonie, cortei e balli. L’Islanda dal 1994 è diventata una Repubblica Costituzionale. Ha un sistema di governo parlamentare dove il capo del governo ed i ministri formano il governo, più o meno come avviene da noi, e questi restano in carica se sono sostenuti dalla maggioranza dei membri del Parlamento chiamato Althing. Anche l’Islanda ha un presidente della Repubblica che però rimane in carica per quattro anni. E cosa molto importante una certa Vigdís Finnbogadóttir è stata la prima donna presidente dell’Islanda e stata eletta per ben tre volte. Altro che ministero delle pari opportunità!!! Un’altra cosa curiosa dell’Islanda è che non dispone di un esercito, almeno non spendono i soldi pubblici in inutili armamenti vari. L’Islanda infatti è uno dei pochissimi paesi al mondo a non avere un esercito, certo esiste la polizia, la guardia costiera ma non ci sono i militari! In ogni caso l’Islanda fa parte della NATO. Ma torniamo a di Borgafjörður Estri… In centro al paese è possibile ammirare la casa più pelosa d’Islanda, già una casetta rossa ricoperta di torba. Per godere della vista dall’alto del piccolo paese saliamo sulla collina di Alfaborg (30 metri) raggiungibile con un breve sentiero segnato. Questa collina è anche la casa della regina degli elfi che ci siamo guardati bene dal disturbare, si sa mai che questi reali non gradiscano le visite a sorpresa. 3 agosto 2008 La mattina seguente, una volta smontata la tenda, andiamo a visitare la vicina isoletta di Hafnarhòlmi collegata alla terra ferma da una strada rialzata. Su quest’isola nidificano circa 10.000 esemplari di pulcinella di mare! Un vero e proprio paradiso per questo adorabile uccello. L’accesso all’area è gratuito e un sistema di passerelle e scalette permette di osservare questi uccelli. Ci sono tantissimo esemplari di pulcinella che vanno e vengono dal mare ai loro nidi con il becco pieno di pesce. Si posano sull’erba, si guardano intorno e poi veloci si intrufolano dentro il loro nido. Rimarrei qua tutto il giorno, questi simpatici uccelletti mi piacciono da impazzire, ma il tempo vola e dobbiamo riprendere la nostra strada… good bye puffins!!!!! Ritornati a Egilsstaðir decidiamo di percorrere un’altra panoramicissima strada, quella che porta a Seyðisfjörður un altro pittoresco villaggio dei fiordi orientali. Ci fermiamo ad osservare le Gufufoss prima di arrivare al villaggio, la vallata del Seyðisfjörður è molto ripida e questo, durante l’inverno rappresenta un problema per le valanghe che possono verificarsi, tra le più brutte si ricorda quella del 1996 che però non produsse vittime e quella del 1885 che invece travolse 24 persone. A titolo di cronaca all’epoca di questa tragica valanga il paese esisteva da poco più di quarant’anni (1848). Durante la seconda guerra mondiale questo villaggio fu utilizzato come base militare, insomma di storia da raccontare questo paese ne ha parecchia! Oggi vivono stabilmente nella zona 750 persone e l’economia locale è principalmente basta sull’industria del pesce, ma anche il turismo fa la sua parte, approdano infatti nel porto di Seyðisfjörður i traghetti provenienti dall’Europa per chi decide di spostarsi via mare. Di ritorno dal villaggio quasi in cima al colle incontriamo un gruppo di renne che pascolano tranquille, o almeno così sembrava visto che non appena si accorgono della nostra presenza si incamminano velocemente. Sembrano dei burattini con il loro procedere quasi ciondolante. Per la notte ci fermiamo nel poco frequentato campeggio di þurshofðavìk sulle rive del lago Lagarfljòt, speriamo che il famoso mostro non decida di fare uno spuntino con noi due proprio questa sera. I primi avvistamenti di Lagarfjòtsormurinn, anche il nome è tutto un programma ma significa semplicemente serpente del Lagarfljòt, risalgono all’epoca vichinga. L’avvistamento più recente risale al 1987, mah…. In ogni caso questo mostriciattolo non deve patire il freddo visto che le acque di questo lago hanno origine da un ghiacciaio. Il campeggio è bello, c’è tantissimo spazio e i servizi sono molto ben tenuti e curati. Sulla sponda orientale del lago c’è una fitta boscaglia di abeti e betulle: Hallormsstaðaskògur la foresta più ampia d’Islanda! Chi, prima di partire mi aveva detto ‘In Islanda non esistono alberi’ non era ben informato! Non hanno di certo i nostri boschi, visto il loro clima è pressoché artico, ma anche gli uccellini islandesi hanno qualche albero su cui posarsi per riposare o per farsi una bella cantatina! 4 agosto 2008 Abbiamo passato una notte tranquilla, gli unici rumori sono stati il vento e l’acqua del lago mossa dal vento, il mostro fortunatamente non si è fatto vivo. La recente dibattuta costruzione della diga sul fiume Jökulsà à Dal che ha dato origine al bacino artificiale di Hàlslòn ha di fatto modificato la natura di questo fiume riducendone, ovviamente la sua portata, ma ha permesso a noi di visitare il vasto altopiano del Jökulsà à Dal poiché la strada è stata tutta asfaltata. Non approfittare di questa strada (la 910) per dare una sbirciatina a questa zona sarebbe stata un’eresia ma a quanto pare quest’idea è venuta solo a noi visto che incontriamo pochissime auto. Il paesaggio dell’altopiano è unico, tundra che si perde a vista d’occhio e sullo sfondo il ghiacciaio del monte Snæfell con i suoi 1830 metri di altezza, una delle vette più alte d’Islanda. Percorriamo un pezzo della pista che dalla 910 si dirama verso il rifugio montano di Snæfell ma dobbiamo fermarci in prossimità di un guado che non ci fidiamo ad oltrepassare. In alternativa decidiamo di salire su una vicina montagna per godere della vista dall’alto. Zaino in spalla ci incamminiamo verso la vetta di questo monte da dove possiamo ammirare di una vista strepitosa su tutto l’altopiano. Ma il tempo è tiranno e dopo la nostra gita sulla vetta di una sconosciuta montagna dobbiamo rimetterci in macchina. La prossima tappa è la Hengifoss, la terza cascata d’Islanda per altezza. L’acqua cade da un altezza di 120 metri in una gola profonda di un canyon. Non è proprio, quel che si dice, a portata di turista comodo perché per raggiungerla ed ammirarla occorre fare una piccola camminatina di circa un’oretta (solo andata) in salita. A metà strada si può già ammirare la Lìtlanesfoss, una suggestiva cascata circondata da spettacolari colonne di basalto. Risaliti in auto lungo la strada incontriamo due renne che pascolano nei prati. Il nostro percorso prevede ora di prendere la strada numero uno da Egilsstaðir a Myvatn dove attraversiamo una delle zone più selvagge e suggestive del paese che ci hanno permesso di avere un assaggio di quello che è l’interno di questo straordinario luogo. Il tempo di certo ha fatto la sua parte per rendere molto suggestivo il paesaggio, oltre al cielo cupo e a qualche avvisaglia di pioggia ci fanno compagnia delle fitti nebbie invernali. Attraversiamo aridi campi di lava che testimoniano la durezza di questi elementi di come la forza della natura possa imporre la sua presenza, la sua volontà. Incontriamo qualche ciclista che non invidiamo affatto, il freddo, il vento e la probabile pioggia non sono di certo elementi che rendono piacevole pedalare in questa zona. Ma man mano che ci avviciniamo a Myvtan ci lasciamo alle spalle questo triste tempo che abbiamo incontrato lungo questa strada. Già che ci siamo e visto che è giorno fino a tardi decidiamo di approfittare di tutta questa luce e di fermaci a visitare la zona intorno al vulcano Krafla. Quando si dice Krafla si vuole indica tutta questa particolare area, ma ad essere precisi si tratta di un vulcano di circa 818 m. È una zona interessantissima, si possono osservare i crateri fumanti del vulcano, le pozze dai colori vivaci e le acque turchesi del piccolo lago del cratere di Stòra-Viti è possibile costeggiare quest’ultimo percorrendo un sentiero che costeggia l’orlo del cratere. Per visitare i crateri fumanti è consigliato attenersi ai sentieri segnati. Ci sono varie alternative, si può fare un giro completo o limitarsi sono ad alcuni tratti. Noi decidiamo ovviamente per il giro più lungo. E in mezzo a questa dimostrazione di potenza da parte della natura l’uomo ha pensato bene di approfittare di questi elementi e di utilizzare tutta questa energia geotermica per genere energia elettrica. I lavori della centrale di Krafla, e si poco originali nella scelta del nome, terminarono nel 1978. Da questo punto di vista l’Islanda si può dire fortunata. Tutti questi fenomeni geotermici non solo alimentano il turismo ma evitano al paese di comperare energia elettrica a destra e sinistra come invece capita in Italia. Lasciamo questi siti insieme a pochi altri viaggiatori ritardatari; questa sera ci siamo proprio attardati ma tanto il sole non tramonterà prima di due ore. Raggiungiamo il lago di Myvatn, il quarto lago più grande d’Islanda, e il piccolo abitato di Reykjahlið. Ci sono due campeggi uno sulle rive del lago l’altro sulla collina da cui si può ammirare il lago e i vasti campi di lava. Scegliamo quest’ultimo perché ci sembra anche meno affollato. Ci siamo chiesti più volte cosa e come determinano i prezzi dei campeggi, abbiamo trovato luoghi bellissimi a costi piccolissimi e campeggi i cui servizi non era certamente dei migliori a prezzi più alti… mah… Questo fa parte di questa seconda categoria! 5 agosto 2008 Il bello di viaggiare da soli con la tenda è anche quello di cambiare itinerario ogni volta che ne viene voglia. Abbiamo un unico appuntamento, quello con il volo di ritorno, a cui purtroppo non possiamo mancare, per il resto possiamo girare a piacimento, andare a est o andare ad ovest, tornare verso sud o magari verso nord. Il bello di non avere prenotazioni o itinerari statici è proprio questo. Ieri sera siamo andati a dormire pensando che dopo la visita al parco nazionale di Jökulsàrgljùfur avremo ripreso la strada verso il lago Myvatn e da qui verso Hùsavìk mentre una volta nel parco decidiamo di proseguire in questo parco verso nord, senza tornare indietro. Questo è proprio ciò che mi piace dei nostri viaggi… la possibilità di cambiare idea e decidere in ogni momento dove andare e cosa fare. Ma procediamo con ordine. Una strada circolare di 36 km abbraccia tutto il lago Myvatn e permette di farci il giro intorno. Nel lago Myvatn si contano circa 50 tra isole e isolotti. Ci sono un sacco di possibilità per fare trekking, passeggiate e quant’altro. E’ un ambiente strano, particolare. Si possono vedere fenditure piene d’acqua, grotte e archi naturali. Vi è anche un’importante area di nidificazione protetta, sulle sponde nord-occidentali del lago. È una zona acquitrinosa, con paludi, tundra e laghetti. Ci facciamo un giretto per vedere se avvistiamo qualcosa di interessante. Su un paletto un girifalco si guarda intorno, forse il cerca della colazione. Non abbiamo di certo la pazienza di un appassionato di birdwatching per cui dopo un po’ abbandoniamo quest’attività e proseguiamo la nostra visita della zona. Abbiamo anche visto su un paletto lungo la strada uno smeriglio, un piccolo falco che muove la testa come se stesse ascoltando la musica ‘tunzi tunzi’ con le cuffiette! È proprio buffo! Ci sono anche dei bagni termali che si sono la riposta del nord, alla Laguna Blu della penisola di Reykjaness. La nostra prossima sosta è presso Bjarnarflag, ad est di Reykahlið un’area geotermale ancora attiva. Ma basta guardarsi intorno per capire che tutta la valle, tutta l’area che ci circonda è ancora attiva, si vedono vapori spuntare un po’ ovunque. Per fare un po’ di moto decidiamo di salire fino al passo di Nàmaskarð, dove possiamo vedere tutta la zona dall’alto. Scendiamo poi da un altro sentiero che ci porta direttamente nel campo geotermale di Hverir. Il sentiero è un tantino ripido e scivoloso in alcuni tratti, ma niente di che, di certo non è da scegliersi come via di discesa dopo una pioggia intensa. Passeggiamo come tanti altri turisti tra bocche fumanti, pozze di fango ribollenti e piacevoli profumi di uova marce, per poi ritornare alla nostra auto e dirigersi verso il parco nazionale di Jökulsàrgljùfur passando sul ponte di Grimsstadir che di particolare non ha nulla se non che si narra che nella casetta vicino al ponte c’è ancora lo spirito dell’ultimo traghettatore morto. Non sarà mica morto perché hanno costruito il ponte e lui ha perso il lavoro di traghettatore, no? Fatto sta che noi transitiamo di nuovo su questo ponte, ci eravamo passati ieri, ma del fantasma nemmeno l’ombra. Il parco di Jökulsàrgljùfur proteggere una stretta gola lunga circa 25 chilometri scavata dal fiume che vi scorre. Il canyon in alcuni punto largo fino a 500 m e profondo un centinaio si è formato a causa di inondazioni causate da eruzioni vulcaniche avvenute sotto la calotta glaciale, insomma ghiaccio, acqua e fuoco hanno creato tutto questo! L’Islanda è forse il migliore esempio di come questi elementi possano plasmare terra e rocce per creare così tante meraviglie della natura. Basta guardarsi intorno in questo affascinante paese per capire cosa questi elementi sono in grado di creare, di plasmare. Tanto per curiosità in islandese canyon si dice gljùfu, mentre Jökulsàr è il nome del fiume che scorre nel canyon, dalla fusione di queste due parole nasce il nome del parco. Il parco è attraversato da nord a sud da due strade: la 864, non asfaltata, ma tranquillamente percorribile con un auto normale e la pista F862 percorribile invece solo con mezzi 4wd. Le due strade corrono ai due lati del canyon. Le attrazioni principali di questo parco sono le cascate Dettifoss e Hafranilsfoss. Dettifoss è senza ombra di dubbio l’attrazione per eccellenza del parco e non si sbaglia se la si definisce una delle cascate più spettacolari dell’intero paese. L’acqua, una quantità incredibile di acqua cade solo da un’altezza di 44 metri ma la potenza di tutta quest’acqua impressionano tutti i presenti. Un po’ più a monte c’è Selfoss una cascata molto ampia e pittoresca le cui acque però precipitano solo da un altezza di 11 metri. Lasciate queste due cascate proseguiamo sulla 864 in direzione nord, senza però trascurare una visita alla cascata di Hafragilsfoss. Questa cascata è molto particolare perché esce dal canale vulcanico che l’ha generate. È molto suggestiva e merita senz’altro la visita. Anche l’estremo nord del parco non è povero di attrazioni. Ad Asbyrgi il canyon assume la forma di un ferro di cavallo e si estende per la bellezza di 3,5 chilometri. Percorriamo poi la strada 85 pensando di doverci sorbire una purga di strada sterrata invece con nostro grande piacere la strada è tutta asfaltata, per cui il viaggio verso Hùsavìk è da questo punto di vista molto piacevole. I panorami che vediamo, aspre scogliere a picco sul mare sono veramente affascinante e nuovamente ci fanno apprezzare ancora di più la nostra scelta di variare il percorso e passare anche da queste parti. Ottima scelta anche questa volta! Arriviamo ad Hùsavìk, la capitale del whale-watching, verso l’ora di cena. Ci sistemiamo nel campeggio dove ci viene anche consegnato un buono omaggio per l’ingresso nella piscina del paese. E pensare che a Hùsavìk ci vivono circa 2.400 persone! Hùsavìk è una cittadina carina, con delle belle case colorate che si affacciano sulla via e un bel porto. Fu qui che nel 870 morì l’esploratore svedese Garðar Svavarsson che non so assolutamente chi sia ma è interessante leggere che questi morì 4 anni prima che il primo abitante ufficiale dell’Islanda, un certo Ingòlfur Arnarson, si insediasse in quella che oggi è conosciuta come la capitale della nazione. 6 agosto 2008 All’alba le pernici bianche hanno fatto sentire il loro canto. Non è la prima volta che le sentiamo con il loro caratteristico ‘krik krrrr’ (più o meno) e Marco è sempre rimasto impressionato di poter ascoltare questo canto a due passi dal mare. Beh.. Le pernici bianche che vivono sulle Alpi (queste sono però pernici bianche artiche) si trovano a quote molto elevate. Ma qui è tutta un’altra cosa. Dal porto di Hùsavìk ci sono due compagnie che effettuano crociere in mare per avvistare le balene, la nostra scelta ricade su quella che ha l’orario più consono alle nostre esigenze, non vi è molta differenza tra le due compagnie ne in termini di costi che di imbarcazioni. Comperati i biglietti ci abbigliamo per l’occasione, non è la prima volta che facciamo queste escursioni e sappiamo bene che a queste latitudini la gita in mare richiede un bell’abbigliamento anti freddo. Così ci abbigliamo per benino e ci mettiamo anche dei pantaloni anti pioggia… si sa mai, qui il tempo è imprevedibile. La gita è stata carina, l’avvistamento delle balene, che come sempre non è per niente facile, la vista sulla baia sono comunque momenti piacevoli. La guida, un ragazzo molto giovane con un bel paio di scarponi da alta montagna della Sportiva, spiegava in un ottimo inglese tutto quello che succedeva e quello che c’era da vedere. Ho anche dovuto aiutarlo a portare i vassoi con la cioccolata calda e un dolcetto tipico Islandese niente male ma cosa molto importante non ho versato nemmeno una cioccolata! Da non credere visto che passeggiare sulla nave non era proprio quello che si dice il massimo in fatto di stabilità! L’unica nota dolente di quest’escursione è imputabile ad un gruppo di connazionali che facevano parte di un noto tour operator, che tale non si definisce, di viaggi per così dire avventurosi. Non ho nulla contro i viaggi in comitiva, basta che non li devo fare io, ma mi danno un po’ fastidio le comitive, tutto dove passano, che tendono ad impadronirsi di tutto come se ci fossero solo loro. In questo caso che si sono allargati e sistemati sul battello come se fossero gli unici, come se fosse a loro esclusivo uso e consumo. Mi da fastidio quest’invadenza, questo non rispettare anche gli altri. L’escursione termina in tarda mattinata così riprendiamo la strada 85 in direzione sud-ovest per immetterci nuovamente sulla strada 1, la strada che corre lungo tutto il perimetro dell’isola. Attraversiamo anche un altro sandur, questo particolare territorio, ma tutto è particolare in questa terra, in questi luoghi. La prima tappa del pomeriggio è presso la cascata Goðafoss, o anche detta la Cascata degli Dei. Non è sicuramente tra le più imponenti, sia per altezza che per quantità di acqua trasportata, ma è sicuramente molto bella forse anche per la sua forma leggermente a ferro di cavallo. La cascata ha comunque un suo significato storico molto importante per il popolo islandese, infatti nell’anno 1000 l’oratore delle leggi dovette prendere una decisione difficile, ossia quale religione doveva adottare la nazione Islandese. Ci pensò per circa 24 ore e poi giunse alla conclusione che doveva essere una nazione cristiana, così tornando a casa sua passo davanti a questa cascata e vi buttò dentro tutti gli oggetti delle divinità pagane norvegesi, da qui il nome della cascata. Riprendiamo quindi la strada verso ovest attraversando dei paesaggi silenziosi ed incantevoli. Montagne e spazi aperti a non finire. Superba è la vista dell’Eyjafjörður, questo è anche il fiordo più lungo di tutta l’Islanda. In punta al fiordo c’è Akureyri, la seconda città più grande d’Islanda che conta circa 16.000 abitanti. Il fiordo, la città, il paesaggio è molto bello. Ci sono vette perennemente imbiancate, suggestivi prati verdi e il mare. La cittadina di per se è carina, ci fermiamo a dare un’occhiata e andiamo anche a vedere all’ufficio informazioni se c’è qualche opuscolo interessante sui sentieri della zona. Non troviamo quello che cerchiamo ma incontriamo un gruppo di Italiani in disperata ricerca di una sistemazione alberghiera. Purtroppo l’ufficio informazioni non può fare altro che consigliare loro di raggiungere Hùsavìk (fin la?) perché nella zona è tutto tutto pieno. Ancora una volta ci troviamo a pensare “Fortuna che noi abbiamo la nostra bella tenda”! Prima di lasciare la città facciamo una scappatine al supermercato che si trova dentro ad un centro commerciale, è forse il primo centro commerciale che incontriamo ed è anche la prima volta che notiamo come le bambine, chiamarle ragazzine è eccessivo, se ne vadano in giro da sole per il centro commerciale atteggiandosi da ragazzine. Non lontano dalla città c’è quella che viene definita la foresta più visitata d’Islanda, ossia il bosco di Kjarnaskògur. Si fa in fretta ad essere la foresta più frequentata d’Islanda, non è che ce ne sono molte tra cui scegliere! Tanto per la cronaca non consigliano di pernottare ad Hùsavìk durante il fine settimana, perché pare che gli Islandesi festeggino il sabato sera fino al mattino in maniera per niente silenziosa, anzi… Ma avremo modo di provare anche noi l’euforia del sabato sera estivo degli Islandesi! Proseguiamo la nostra strada verso Dalvìk, vogliamo infatti visitare questa zona chiamata Arskògsströnd. È una bella regione agricola che si estende per tutta la lunghezza del fiordo e regala stupendi paesaggi. Dalvìk è un tranquillo villaggio che si affaccia sul fiordo contornato da splendide montagne e valli ma… questo fine settimana c’è un non so bene che festival relativo al pesce ed il villaggio è decisamente preso d’assalto dai turisti, per la maggior parte Islandesi. Il piccolo campeggio cittadino ha rotto i suoi perimetri e tutto il villaggio ed i prati intorno sono stati trasformati in campeggio. Mai visti così tanti campeggiatori, alcuni hanno avuto l’ardire di sistemare camper o tende nei prati delle case. Forse in queste occasioni si usa così! Dalvìk è anche il luogo da cui partono i traghetti per Grìmsey, l’isola dell’Islanda che attraversa il circolo polare artico. Bah… molti ci vanno solo per questo, noi il diplomino per aver attraversato il circolo polare artico lo abbiamo già rimediato in occasione di un viaggio in Norvegia. In ogni caso Grìmsey è visitata anche per le sue spettacolari scogliere e vedute. Intanto che meditiamo se fermarci pure noi a Dalvìk o scegliere un villaggio un tantino meno affollato percorriamo una strada sterrata che si addentra in una delle valle laterali del fiordo. Percorriamo così questa strada che si addentra nella valle del Dalur e ci permette di ammirare splendidi paesaggi montani e ghiacciai. Alla fine decidiamo di andare a dare un occhiata a Olafsfjörður, un piccolo villaggio che si raggiunge passando attraverso un tunnel di tre chilometri, a senso unico. Si trova incastrato fra le montagne ed è particolarmente suggestivo. Il campeggio ha dei servizi nuovi e molto belli, il pernottamento si paga direttamente alla vicina piscina. Ci sono altri campeggiatori ma poca roba. Verso sera calano le nebbie e il freddo si fa più pungente, decidiamo lo stesso di fare due passi per il villaggio. Non incontriamo nessuno, pare quasi deserto eppure le case ci sono, le auto fuori dalle case anche, ma come sempre questi luoghi ci danno una sensazione di solitudine. Perfino i paperotti del laghetto vicino al campeggio sono già andati a letto. Non ci resta altro da fare anche per noi! 7 agosto 2008 Bene bene… anche oggi non è una giornata per così dire di afa estiva!!! E pensare che a casa nostra si sta morendo di caldo!!! Hrìsey è la seconda isola, per dimensioni, ed è dove vogliamo andare noi oggi. Abbiamo scelto quest’isola perché è il terreno di riproduzione nonché area protetta delle pernici bianche nordiche, si dice che ce ne sia una grande colonia. Oltre alle pernici sull’isola si possono vedere anche gli edredoni e le simpaticissime sterne codalunga un po’ troppo polemiche e aggressive! Per raggiungere l’isola, escludendo l’ipotesi di farla a nuoto visto che le acque del fiordo potrebbero essere un tantino gelide, si può prendere il traghetto Sævar che parte da Arskògssandur, un microscopico centro lungo il fiordo. Da qui in circa 15 minuti si raggiunge l’isola. Il costo del traghetto è di 900kr A/R e il biglietto si fa direttamente sul traghetto. C’è più o meno un traghetto ogni due ore. Gli uffici turistici distribuiscono un opuscolo con gli orari dei traghetti e con delle utili informazioni sull’isola e i suoi sentieri per meglio pianificare la propria escursione. Il traghetto sull’isola approda nel minuscolo porto del piccolo ma suggestivo villaggio di Hrìsey dove vivono stabilmente circa duecento persone. Sull’isola sono stati tracciati alcuni sentieri per meglio visitare il luogo e avvistare gli uccelli, una parte dell’isola è una riserva integrale il cui accesso è regolamentato con un permesso. Ci incamminiamo subito ad ovest del villaggio con l’intenzione di percorrere uno di questi sentieri. Iniziamo a camminare in questa tundra artica un po’ dubbiosi sul fatto di vedere o meno tutti questi uccelli che gli opuscoli promettono. Poco lontano sulla strada principale vediamo un trattore che traina una carro con i turisti seduti sopra, lo avevamo visto anche al porto. Un po’ di originalità e fantasia per portare a spasso per l’isola i turisti. L’isola è veramente il paradiso delle pernici bianche artiche. Camminando tra la tundra abbiamo iniziato a spostare gli animali fermi a terra. Abbiamo visto adulti, voli di genitori e piccoli, insomma.. Abbiamo visto tante tante tante pernici bianche, qualche ededrone e le immancabili sterne che come sempre se la sono presa con me fino ad esasperarmi. Ma possibile che ce l’hanno sempre con me!!!! Lasciamo l’isola nel pomeriggio senza però prima gironzolare per le graziose vie del villaggio. Ripresa l’auto riprendiamo anche il nostro viaggio. Eh si abbiamo parlato della tenda, la nostra fedele compagnia di viaggio ma anche la macchina che abbiamo noleggiato è stata una preziosa amica. Ironia della sorte è lo stesso modello e lo stesso colore dell’auto di mia sorella, quando ce l’hanno consegnata ci hanno fatto notare che la macchina era nuova, immatricolata meno di un mese prima, quasi a dirci… ‘mi raccomando! Riportatecela sana e salva!!’ Eh eh eh!!! Abbiamo da poco comperato anche noi un auto nuova quindi Marco è in quella fase che attraversano ogni tanto gli uomini dove sono ossessionati da consumi, cavalli, cilindri e che ne so io, eh eh eh.. Attraversiamo l’Oxnadalsheiði, una bellissima zona che regala panorami alpini particolari per arrivare a Varmahlìð, un piccolo centro con tanti servizi e un centro informazioni con relativo uso di internet gratuito per una decina di minuti. Ci sono due campeggi e noi scegliamo quello più appartato nella macchia del bosco, è anche più suggestiva la posizione. Si tratta di un campeggio molto tranquillo e molto ben tenuto e soprattutto pulito ma notiamo che il custode è un tantino maniaco delle pulizie, sempre li che gira con il suo straccetto a raccogliere gocce di acqua o a togliere macchie! C’è anche una bella doccia, il cui costo è escluso dal pernottamento. Dopo cena raggiungiamo la cima del Reykjahòll ben 110 metri, da cui si gode di una bella vista su tutta la zona intorno. Nella campagna sono disseminate ovunque le balle di fieno avvolte nel cellophan bianco. Paiono tanti pallini sparsi nei campi. Il sentiero parte direttamente dal campeggio ed è una passeggiatina veramente piacevole. 8 agosto 2008 La prima tappa di questa mattina è la visita della fattoria con il tetto di torba di Glaumbær. Si tratta di un gruppetto di case con il tetto in torba, sono comunque un museo. Oltre a queste casette con il tetto in torba vi sono anche due edifici in legno del XIX secolo e la chiesa la cui costruzione risale al 1926. Visto che oggi la giornata è proprio bella anche se non calda decidiamo che è ora di dedicarci ad un’escursione come si deve. Consultando la cartina e la guida abbiamo scelto la vetta del Tindastòll, ben 989 metri di altezza! Ohh… Lasciamo l’auto nei pressi di una stazione sciistica e ci incamminiamo verso quella che ci sembra la vetta. Ovviamente spuntano le nebbie e in niente non si vede più nulla. Arriviamo sulla punta di questo panettone dove c’è una specie di segnale che ne indica la sommità, camminiamo ancora un po’ intanto che le nebbie si diradano e che scopriamo? Che forse abbiamo sbagliato montagna. Che fare… ridiscendiamo nei pressi di un colle e risaliamo dall’altra parte questa volta nella direzione giusta. Veramente la guida parlava di un sentiero ma noi non ne abbiamo nemmeno visto l’ombra. Sulla vetta ci sono delle pernici che il nostro passaggio fa scappare. Il panorama sul fiordo Skagafjörður è superbo. Ridiscesi alla nostra auto, senza incontrare altri escursionisti, riprendiamo la strada verso est, siamo diretti a Blönduos dove pernotteremo nel piacevole campeggio del paese. A Blönduos c’è anche un centro espositivo sul ghiaccio marino e sui primi abitanti dell’Islanda. Ho letto che gli islandesi sono fieri di essere i discendenti dei vichinghi norvegesi ma in realtà non è proprio così per tutti. Si certo i primi a raggiungere questa terra lontana furono i vichinghi ma pare che i primi norvegesi che furono invitati a trasferirsi in questa terra non furono proprio il meglio dei norvegesi, ma anzi… tutti coloro che per un motivo o un altro il restante dei norvegesi era fiera di imbarcare su un traghetto e spedire lontano! Il primo cittadino ufficiale dell’Islanda fu un certo Ongòlfur Arnarson, un norvegese fuggito dalla madrepatria.. Quindi non uno stinco di santo.. Direi… e questo pare avvenne nel 871. 9 agosto 2008 Oggi c’è un bel vento freddo, tanto per cambiare! Il vento è stata una componente presente quasi ogni giorno nel nostro viaggio, di tutte le cose di cui avremo nostalgia di sicuro il vento non sarà tra queste. Riprendiamo il nostro viaggio sulla famosa strada 1, ma per poco. Vogliamo infatti fare una bella deviazione nella penisola di Vatnsnes. Sarà per il forte vento, il cielo grigio o chissà perché ma questa penisola ci pare aspra, severa, austera e solitaria e proprio per questo ricca di fascino e di poesia. Lasciata l’asfaltata strada 1 per la sterrata 770 ci fermiamo per visitare un luogo non proprio storico ma quasi: Borgarvirki. Si tratta delle rovine di una fortezza del decimo, undicesimo secolo. La cosa curiosa è che nessun testo storico cita tale luogo mentre le saghe e le leggende lo nominano più volte. Già le saghe medioevali islandesi sono una parte importante della cultura di questa nazione. Sono forse il primo esempio di romanzo scritto ma a parte l’aspetto letterario della cosa che vede narrare sempre storie di epiche battaglie, sanguinari eventi o amori sfortunati che videro come protagonisti personaggi dell’epoca della colonizzazione dell’isola questo luogo è o non è un luogo storico? Chissà… Più o meno in punta alla penisola c’è un luogo dove nidificano uccelli e dove si possono osservare le foche, ma oggi la zona Hindisvìk è una riserva naturale non accessibile. La zona è proprio desolata, pochissime fattorie e pochissime auto. Per vedere le foche ci si può fermare a Illugastaðor. C’è un piccolo sentiero che costeggia la costa e le scogliere dove le foche riposano al sole poco lontane. C’è un piccolo campeggio con dei servizi niente male, di recente costruzione e una piccola caffetteria. Non ci sono campeggiatori o altre persone in giro e il vento che soffia rende tutto più sinistro e suggestivo. Peccato che è ancora presto altrimenti avremmo potuto fermarci in questo posto per la notte. La strada che costeggia la parte ovest della penisola ci permette di dare una sbirciatina da lontano ai fiordi occidentali. Ieri sera in tenda abbiamo studiato la cartina con molta attenzione valutando quale direzione prendere sulla base del tempo ancora a nostra disposizione. Purtroppo i fiordi occidentali ci avrebbero portato via un bel po’ di tempo, e anche se a malincuore decidiamo di lasciarli per un altro viaggio, se non altro abbiamo una scusa per tornare! Lasciata quindi questa penisola prendiamo la direzione di un’altra penisola Snaæfellsnes dove ci aspettano meravigliosi fiordi, scogliere spettacolari, vette vulcaniche e bellissime spiagge! Insomma affrettiamoci ad arrivare!!! Percorrendo la strada numero 57 in direzione ovest il Breiðafjörður si presenta subito in tutta sua bellezza e i paesaggi non mancano di incantare e stupire. Ci sono tantissime isolette paradisi per l’avifauna locale. Poco prima di arrivare a Stykkishòlmur, tra l’altro affollatissima di turisti, ci fermiamo per fare una passeggiatina fino sulla sommità della montagna sacra venerata dai cultori del Dio Þòr: Helgafell. Decidiamo di raggiungere questa cima, ben 73 metri non tanto per questioni storico culturali ma perché dalla sua sommità si vede proprio un bel panorama di tutta la zona. Per la notte decidiamo di fermarci a Grundarfjörður. Un tranquillo villaggio posto in una posizione molto spettacolare, vette spettacolari, cascate e il mare, qualcosa di molto suggestivo e bello. Scegliamo un tranquillo campeggio di una fattoria prima di arrivare in città non lontano dalla zona in cui vogliamo fare un po’ di trekking domani: Setberg. Il posto è idilliaco, la serata è piacevole, ceniamo davanti alla nostra tenda godendoci la splendida vista sul mare. Da un punto di vista paesaggistico è senz’altro uno dei migliori campeggi, stendersi sull’erba appena tagliata e osservare il cielo azzurro nella pace di questi luoghi è straordinario. Il monte Kirkjufell con la sua forma a gianduiotto contribuisce al fascino di questo angolo di Islanda. Dicono che scalare questa montagna da questa particolare forma sia tutt’altro che cosa semplice. Il campeggio non è affollato, ci sono alcune coppie di turisti e due gruppi di tre famigliole islandesi. Il tramonto sul mare davanti a noi è stato qualcosa di unico, il rosso infuocato che lentamente scendeva e si perdeva nell’orizzonte lontano del mare, è stata pura poesia, bellissimo. Peccato che a rompere l’idilliaco incanto di questo tramonto fantastico in questo paesaggio così bello c’era la musica a tutto volume di uno stereo di uno dei due gruppi di famigliole presenti in campeggio. Eh si…. Anche noi abbiamo avuto modo di domandarci il senso di tutto questo festeggiare il sabato sera. Bah… Fatto sta che tra musica, canti, giochi e bere (questo ahimè è proprio una piaga) sono andati avanti fino a notte fonda. Purtroppo il buio tarda ad arrivare e le attività all’aperto vanno avanti a lungo. È perfino passato un furgoncino, con tanto di campanella, che portava i gelati. Avvolta nel mio pile avrei preferito una buona cioccolata calda invece di un bel gelato freddo! Ma i gusti sono gusti.. I bambini si sino subito precitati a scegliere il loro gelato e dopo poco erano felici e contenti a scorazzare per i prati leccando il loro gelato. 10 agosto 2008 Mi aspettavo che dopo il casino di ieri sera questa mattina avrebbero dormito fino a tardi e invece… qualcuno è già sveglio e sta già armeggiando per smontare l’accampamento. Fatta colazione e smontata la nostra tenda ci incamminiamo verso quello che dovrebbe essere il punto di partenza del sentiero che vogliamo percorrere. Stanno facendo dei lavori per cui la strada è piuttosto sconnessa ma riusciamo comunque a trovare l’imbocco del sentiero, subito dopo il campo da golf, per raggiungere la vetta del Setberg, se così si chiama visto che la cartina e le indicazioni sono piuttosto approssimative. Il sentiero è ben tracciato, si sale costeggiando un piccolo ruscello e si arriva in un bel pianoro circondato dalle montagne. Ci sono dei laghi e infatti incontriamo una coppia di uomini armata di canne da pesca, pare che in questi laghi ci siano anche dei pesci. Il sentiero piega sulla destra. Inizialmente sale dolcemente per poi salire in maniera più ripida verso un ulteriore altopiano dove ci sono alcune pecore che pascolano tranquille. Arrivati su questo altopiano la vetta di questa montagna modello panettone, è davanti a noi ma i picchetti rossi che segnano il sentiero vanno in un’altra direzione. Marco decide di raggiungere la vetta mentre io voglio vedere dove portano i paletti. I paletti portano ad un piccolo laghetto incastonato tra le rocce, si vede solo quando gli si arriva a ridosso. Ma poiché da qui non si vede un fico secco di vista decido di salire su un cucuzzolino poco sopra il laghetto e da qui mi godo una bella vista sul fiordo. Anche Marco dalla vetta ha potuto godere di una bella vista. Ripresa l’auto riprendiamo il nostro viaggio verso il parco nazionale di Snaæfellsjökull. Si tratta dell’ultimo parco nazionale, è stato infatti istituito nel 2001 per proteggere la punta di questa strepitosa penisola e la calotta glaciale del vulcano Snaæfell. Jules Verne ambientò in questo particolare luogo uno dei suoi romanzi più famosi Viaggio al centro della terra, dove i protagonisti intrapresero un viaggio all’intero del cratere di questo vulcano. L’ambiente intorno al vulcano è eccezionale, c’è il ghiaccio, la lava, è un ambiente dove l’acqua, il freddo, il fuoco si sono mescolati dando luogo ancora una volta a paesaggi unici. Ci fermiamo più volte perché i maestosi paesaggi che abbiamo sotto gli occhi lo richiedono, ci sono le nuvole che vanno e vengono e ogni tanto la vetta dello Snaæfell è completamente sgombra da nubi e si erge dinnanzi a noi in tutta la sua maestosità. Di questa penisola, oltre alla nostra guida in italiano, disponiamo di una mini guida, in inglese, presa in un ufficio informazioni strada facendo. È un libricino ben dettagliato di tutto quello che incontreremo lungo questa strada, veramente un opuscolo ben fatto e di grande utilità. Nei pressi di Hellissandur-rif ci fermiamo a vedere la chiesa di Ingjajdshòll. È la prima ad essere stata costruita in cemento e risale al 1903, ma purtroppo la porta è chiusa quindi dobbiamo accontentarci di osservare solo l’esterno. Da qui decidiamo di percorrere la strada 574 che è completamente asfaltata e ci permette di visitare tutta la punta della penisola e di godere di paesaggi straordinari ed unici. Oggi è tutto un sali e scendi dalla macchina ma da vedere c’è proprio tanto. Ci fermiamo ad osservare un antico pozzo irlandese, si si irlandese. I primi coloni dell’Islanda furono infatti dei monaci irlandesi che volevano vivere da eremiti, quando poi giunsero i primi vichinghi si trasferirono altrove verso la Groenlandia. Comunque in questa zona sono visitabili i resti di quello che fu un pozzo irlandese Irskibrunnur sovrastato da un pezzo del cranio di una balena. Nell’immensità di tutti questi campi di lava visitiamo anche le rovine di tanti fiskbyrgi, si tratta dei ruderi delle capanne costruite dai vichinghi per essiccare il pesce nel Medioevo. Verso la punta della penisola lasciamo la strada asfaltata per prendere una strada sterrata che conduce prima ad una delle spiagge più idilliache della zona, sabbia dorata bagnata dalle azzurre acque del mare, un paesaggio da cartolina che, se non fosse per il freddo, sarebbe gremita di turisti in costume. È molto suggestiva e quasi fuori luogo in questo contesto, ma eccezionale proprio per questo. Proseguendo su questa strada passeggiamo poi lungo la costa dove le onde del mare si infrangono sulle aspre scogliere di lava; è un ambiente strano, severo, fantastico. C’è anche un faro che si erge in tutta la sua maestosità su queste ripide scogliere dove nidificano gli uccelli e dove per i piccoli più maldestri o sfortunati che cadono dal nido c’è soltanto la crudeltà di queste scogliere. Resto infatti impressionata dal numero di giovani uccelli morti che si possono osservare. E in mezzo a tutte queste scogliere dove spostarsi non è sempre agevole il nostro sguardo viene rapito da un visone che veloce si sposta tra i massi di lava neri. Ripresa la strada principale, la 574 ci fermiamo quasi subito per andare a dare una sbirciatina nel cratere di Beredalur. Un ripido sentiero porta fino in cima. Il tempo passa veloce e noi abbiamo ancora un sacco di cose da fare prima di questa sera. Come tutti non possiamo non andare a visitare le spiagge di sabbia nera di Dritvìk e Djùpalònssandur. Un sentiero collega le due spiagge ed è possibile ammirarle dall’alto oppure scendere fino in riva al mare per una passeggiata romantica. Propongo questa opzione con annessa sosta seduti in riva al mare ma lo scarso romanticismo del mio maritino non apprezza questa variante da film d’amore e preferisce andare a ‘giocare’ con le pietre da sollevamento che sono presenti sulla spiaggia. Si tratta di una serie di massi di peso diverso che in passato servivano per valutare la forza dei marinai da imbarcare sulla nave. Il mio maritino riesce giusto a sollevare la più piccola, in un’epoca lontana mi sa che gli avrebbero fatto fare giusto le pulizie sul ponte della nave! Comunque su entrambe le spiagge sono visibili i rottami dei pescherecci che nel XVI e XIX secolo attraccavano su queste spiagge. Tra l’altro pare che in questo tratto di costa vi siano molti relitti di navi. Arriviamo al campeggio in prossimità di Armastapi. Il campeggio è grosso e ci sono molti viaggiatori e come sempre i servizi sono, come numero, sotto stimati e nonostante il costo del campeggio sia uno dei più alti la qualità dei servizi è una delle più scarse. 11 agosto 2008 Come quasi tutte le mattine ci si sveglia con le nebbia. Prendiamo la nostra auto e ci dirigiamo verso la 570 che attraversa la penisola da sud a nord (da Armastrapi a Olafsvìk) portantoci a due passi dai ghiacciai dello Snaæfellsjökull. Raggiungere la vetta non è un’impresa difficile, ovviamente con l’attrezzatura giusta. Percorriamo delle piste e dei sentieri che ci portano a pestare i ghiacciai. In alcuni punti la morena è formata da sabbia e pietre in alti tra ghiaccio ricoperto da sabbia. Sarà per la nebbia mattutina, per l’austero e severo paesaggio che ci circonda ma questi luoghi sono davvero strani, suggestivi. Forse è per questo che Verne ambientò in questi luoghi la sua singolare storia. Lungo questa strada ci fermiamo anche a vedere una serie di grotte laviche ricche di graffiti che risalgono al XVIII secolo. La più grande di queste grotte è detta Sönghellir ed oltre ad essere piena di graffiti (serve una pila per vederli perché è buio) ha un’acustica particolarissima. Un signore che accompagna un gruppo intona infatti un canto per mostrare alle persone che accompagna la particolare acustica del luogo. Riprendiamo la strada 574 che avevamo lasciato perché il tempo passa e il nostro viaggio prosegue. Ci fermiamo a pranzare nei pressi del parcheggio da cui parte un breve sentiero che porta all’interno di una stretta fenditura Rauðfeldargjà dove scorre il torrente. Ripresa la nostra strada possiamo vedere da lontano la sagoma del vulcano Eldbord. Un bel sentiero parte nei pressi di una fattoria con annesso campeggio e raggiunge la sommità del vulcano. È una bella passeggiata, non breve perché ci sono ben 4 chilometri da percorrere. Lungo il cammino incontriamo un bel gatto bianco e nero molto socievole. Ci viene incontro sul sentiero e si lascia coccolare come se fossimo di casa. L’ultimo tratta di sentiero è attrezzato con delle catene per rendere più agevole la salita visto che il terreno è un tantino scivoloso. Come succede in tutti i viaggi esiste il giorno no per la ricerca del pernottamento. Sarà perché ci attardiamo anche a vedere le colonne di basalto di Gerðuberg, ma quando decidiamo che è ora di trovare un posto per pernottare di nostro gradimento succede che non lo troviamo! E pensare che lungo la strada ne abbiamo incontrati parecchi!!! Comunque finiamo in un tranquillo campeggio sperso nel nulla dalle parti di Varmaland. Ci sono altri campeggiatori ma sono proprio pochi. I servizi sono puliti e ben tenuti mentre la campagna introno al campeggio, con i campi dall’erba alta mossi dolcemente da vento e i tralicci dei pali con il cielo colorato dai colori del tramonto è semplicemente suggestiva. 12 agosto 2008 Una volta in macchina consultiamo la cartina per scegliere il percorso di oggi, scegliamo così di percorrere la strada sterrata numero 523 disseminata qua e la di tranquille fattorie, lasciamo poi questa strada per la pista F550 che percorriamo fino al bivio che porta ad un rifugio nei pressi di una lingua del ghiacciaio Langjökull. Il rifugio è chiuso, lasciamo la nostra auto nel piccolo piazzale e ci incamminiamo verso la lingua di ghiaccio. È impressionante questo ambiente, questa vastità di terra aspra e questi enormi ghiacciai che prepotentemente si fanno spazio in questi paesaggi severi. Facciamo due passi sul ghiaccio che ha poca pendenza. Intanto arrivano altri turisti, tra cui due persone accompagnati da una guida. Ho letto che organizzano delle escursioni sul ghiacciaio, prima caricano i turisti su un enorme camion che percorre un pezzo del ghiacciaio e poi sulle motoslitte. Insomma la solita cosa da turisti a cui non riesco proprio a dare un senso. Non vedo il senso di farsi scorazzare su un ghiacciaio per il solo gusto di dire ‘ci sono stato’. Mah…. Lasciato questo paesaggio arido e ripresa la strada principale ci fermiamo ad ammirare due cascate carine: la Hraunfossar e la Barnafoss. Sono particolari per il paesaggio in cui si trovano. Le Barnafoss sono anche dette cascate dei bambini perché una volta esisteva un arco naturale di roccia, alcuni bambini vi si arrampicarono sopra e caddero tragicamente nella cascata. Da allora la cascata è stata intitolata in onore di questi bambini morti e l’arco di pietra è stato fatto saltare per evitare altri incidenti di questo tipo. Ripresa la strada passiamo anche per Reykholt, dove c’è la sorgente di acqua calda più grande d’Europa. Nella zona sono anche visibili le serre dove coltivano riscaldando le medesime con l’acqua calda di queste sorgenti. In questa zona il sottosuolo regala, agli islandesi, 180 litri di acqua tutti i giorni. Nel pomeriggi ci troviamo a percorrere l’Havalfjörður, uno spettacolare fiordo dove si dice che d’estate si possono anche avvistare le balene.. Mah… Lo percorriamo non solo per ammirare questi paesaggi ma perché vogliamo andare a vedere la cascata più alta d’Islanda la cui strada sterrata che conduce a questa cascata parte dal fondo del fiordo. Se vi aspettate segnaletiche o altro beh, evitate di cercarle, perché non ci sono. Lasciamo la nostra auto in un piccolo parcheggio dove un cartello, solo in islandese, cita questa cascata. Poiché non possiamo comprendere le indicazioni del cartello e la nostra guida non è sufficientemente dettagliata ci affidiamo all’istinto ed iniziamo a seguire il sentiero tracciato con dei bolli gialli che si addentra nella valle. La cascata Glymur, così si chiama non è infatti visibile da lontano, scorre severa in uno stretto canyon dalle gole vertiginose. Per poterla ammirare occorre camminare almeno un’ora e bisogna seguire il sentiero che sale alla sinistra orografica del fiume che esce dalla cascata. Il sentiero si addentra nella valle per poi scendere, passando per una formazione rocciosa che pare una caverna, alla base del fiume. Lo si attraversa su un ponte costituito da un tronco di legno e si risale la scarpata su terreno sdrucciolevole. A questo punto si può scegliere un sentiero che costeggia il bordo del canyon (dall’alto) o uno leggermente più alto che offre altrettante vedute della zona. Dopo circa un’ora di cammino si arriva ai primi punti di osservazione della cascata! E’ veramente impressionante, non si riesce a vedere dove l’acqua cade, tanto è profonda e tanto è stretta la gola. È veramente suggestiva non solo per la sua portata d’acqua ma per tutto il contesto e questo strettissimo canyon. Proseguiamo a salire per oltrepassare la cascata ed entrare nell’ambio vallone dove scorre il fiume che da origine alla cascata. Proseguendo si raggiungono dei laghi ma non abbiamo il tempo di andare così lontano. Pensavamo che una volta giunti nel vallone fosse semplice attraversare il fiume da cui nasce la cascata, veramente confidavamo in un guado o in un ponte. Niente di tutto questo, ci tocca toglierci gli scarponi ed attraversare il fiume. Ridiscendiamo poi dall’altro lato, constatando di persona che da quel lato la cascata non è infatti visibile. Arriviamo alla nostra auto che è già sera, non ci resta che andare a cercare il campeggio di Akranes e sistemarci per la notte. Il campeggio è carino, ci sono i servizi ben curati con le docce comprese nel prezzo e anche un locale con le lavatrici. Il campeggio si trova nella periferia della città lungo il mare, così possiamo goderci l’ennesimo tramonto romantico sul mare. Anche in questo campeggio il custode non c’è ma più tardi compare un addetto del comune a pretendere il pagamento del pernottamento e a regalare una cartina di Akranes ai turisti. 13 agosto 2008 Akranes, secondo alcuni testi storici islandesi, fu fondata intorno all’880 da un gruppo di eremiti irlandesi. Oggi è un centro molto vivace con parecchie industrie. Visto che la giornata è molto bella non possiamo non andare sulla vetta del Akrafjall, la montagna di 572 metri che sovrasta la città. Trovare dove inizia il sentiero non è stato facile, le indicazioni non erano precise e non ci sono segnaletiche particolari. Lasciamo l’auto nei pressi di un piccolo parcheggio dove c’è una sorta di vasca per la raccolta dell’acqua. Da qui seguiamo dei paletti che pensiamo essere il sentiero invece ci portano solamente nell’ampio piano della valle di Berjadalur che divide questo altopiano. Attraversiamo così il piccolo fiume su un ponte e prendiamo la direzione della cresta dove abbiamo visto due persone scendere. Ci sono un po’ di pecore al pascolo, queste ovviamente non mancano mai… Raggiunta la cresta troviamo anche il sentiero che costeggia tutta la cresta della montagna per arrivare fino in cima dove troviamo anche una scatola con il libro di vetta. Lo sfogliamo, senza capirci una parola e lasciamo anche il segno del nostro passaggio. La vista dalla vetta è molto bella. Questa gita è stata molto piacevole ed è stata una scelta più che azzeccata. Ripresa l’auto proseguiamo il nostro viaggio verso il parco di Þingvellir. Un tunnel, da Akranes, permette di raggiungere velocemente Monfellsbæer senza dovere percorrere la tortuosa strada che si snoda nel fiordo di Hvalfjörður che regala certo dei bei panorami ma noi ci siamo già stati ieri quindi.. Oggi proviamo l’emozione di passare in questo tunnel sotto l’acqua. Il parco di Þingvellir è stato il primo (1930) parco nazionale nato in questo paese e nel 2004 è stato dichiarato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità. Questo parco si trova in una zona paesaggisticamente molto bella, si affaccia sulle acque del lago Þingvallavatn, il lago naturale più grosso d’Islanda, le cui acque provenienti dal ghiacciaio Langjökull strada facendo si mescolano con le acque calde delle sorgenti termali di Vellankatla. Insomma le acque di questo lago ancora una volta mescolano l’essenza degli elementi principe di questo paese: il ghiaccio e il fuoco. Sul lago è possibile fare delle crociere con dei battelli, è veramente immenso. Il parco oltre a proteggere il territorio è un luogo di grande interesse storico infatti, secoli e secoli addietro, in questa pianura tra queste particolari fenditure e anfiteatri naturali si riunivano per legiferare. Þingvellir significa infatti ‘pianura dell’assemblee’. Il potere legislativo attribuito a quest’assemblea (Þing) venne definitivamente perso con lo scioglimento dell’assemblea nel 1798. Ma a parte tutta questa storia il luogo è straordinariamente interessante perché non c’è solo da vedere la Lögerg, ossia la roccia della legge, dove si riuniva l’assemblea, ma anche le fenditure e cascate di questa pianura. Le orde di turisti annunciati li abbiamo trovati tutti qua, ma questo luogo fa infatti parte di quello che turisticamente parlando è chiamato il Circolo d’Oro, quindi…. Ci sono vari sentieri e percorsi che si snodano attraverso queste spaccature conducendo i turisti nei luoghi più caratteristici. In mezzo alle spaccature scorre anche il fiume che forma più cascate, una tra questa fa la sua figura. Da un punto di vista geologico che cosa sono queste spaccature? Non sono altro che il punto in cui le zolle tettoniche del continente americano si incontrano con quelle del continente europeo. Lentamente i due continenti si stanno allontanando, si dice al ritmo di 2 mm all’anno e queste spaccature sono la testimonianza di questo lento allontanarsi. Per la notte ci fermiamo in uno di campeggi nel parco. C’è il vento forte e questa sera fa anche parecchio freddo. Comincio a sentire un po’ la nostalgia del caldo estivo di casa mia. Devo ammettere che l’Islanda è una terra bellissima, affascinante, strepitosa ma…. Ma non so se prenderei in considerazione l’ipotesi di trasferirmi da queste parti… 14 agosto 2008 Questa mattina completiamo la visita del parco e poi visto che ci avanza un giorno decidiamo che è giunto il momento di andare a mettere il naso sulla famosa pista F35. Eh si.. Sono giorni che quest’idea ci perseguita…. Prendiamo quindi la direzione di Geysir senza prima fermarci a comperare qualcosa per il pranzo e per la cena. In certi posti i negozi chiudono presto per cui abbiamo imparato che la spesa è meglio farla quando se ne ha l’occasione, tanto fa talmente freddo che il nostro baule è più fresco del nostro frigorifero di casa! Abbiamo deciso di percorrere la F35 fino a Hveravellir, una zona che a detta di un opuscolo è molto suggestiva. E’ un area con sorgenti di acqua calda e dai colori più svariati. MMMhhhhh… le sorgenti le abbiamo viste ma non le ho trovate così spettacolari come le immagini riportate sull’opuscolo. C’è un piccolo campeggio e un rifugio e fa un freddo che non vi dico. La giornata per giunta è pure nuvolosa e sembra voglia piovere da un momento all’altro. Percorrere questa pista, andata e ritorno, è stato allo stesso tempo emozionante e noioso. Se da un lato la vastità di queste terre deserte, lo sconfinare dell’orizzonte fatto di nulla, di deserto e ghiaccio e un unico serpente di terra battuta che gli scorre in mezzo ci ha fatto provare sensazioni di immensità, ci ha permesso di godere di questi ampi paesaggi, di assaggiare cos’è l’interno di questo paese, dall’altra lo scorrere lento di un paesaggio sempre uguale, sempre solitario e austero ci ha fatto sembrare il tempo trascorso in auto interminabile. È stata una bella esperienza; ed è stato un altro pezzo del nostro modesto viaggio alla conoscenza di questo paese. Poiché abbiamo passato tutto il giorno su questa strada polverosa (la strada asfaltata inizia una decina di chilometri, o forse meno, prima della cascata di Gullfoss) ci concediamo un bel bagno rilassante nelle piscine termali dell’hotel di Geysir. Per la notte ci fermiamo infatti nel campeggio essenziale (non ci sono le docce e non c’è l’acqua calda) di Geysir di proprietà del vicino hotel. Nel costo del campeggio è previsto l’ingresso nella piscina dell’hotel e questa volta ne approfittiamo. Un po’ di relax non fa male, ci fanno compagnia tre signore islandesi. Ho letto sulla guida che in Islanda è consuetudine fare la doccia, nel vero senso della parola e non darsi una bagnatina come succede da noi, prima di entrare nella piscina, e poi ovviamente anche dopo. Si irritano un tantino se si infrange questa semplice regola e così mi attengo alle regole, come si dice.. Paese che vai usanza che trovi. E non sarebbe nemmeno male ci fosse anche da noi! 15 agosto 2008 Ahi ahi ahi… il nostro tempo sta proprio per finire! Oggi lo dedichiamo alla visita della capitale. Raggiungiamo la città e lasciamo l’auto nei pressi di un parcheggio per poi spostarci a piedi. Reykjavìk è la capitale dell’Islanda. Il 17 giugno 1944 con il proclamare la Repubblica d’Islanda a Þingvellir si stabilisce che Reykjavík ne è la capitale nonché sede del primo ministro. Mentre, cosa curiosa, la sede del presidente della repubblica si trova a Bessastaðir uno dei sobborgo di Reykjavík. Ometto di narrare tutta la storia di questa città da quanto Ongòlfur Arnarson, il primo, o presunto tale, abitante dell’Islanda, battezzo questa zona con questo nome il cui significato, ‘baia fumosa’, trae origine dal vapore che le bocce fumanti delle vicine aree geotermiche sprigionavano nel cielo. Per arrivare fino agli anni 50 dove la città vide una crescita vertiginosa. Oggi è una città molto vivace di circa 190.000 abitanti, nulla se paragonata alle maggiori città italiane. Nella capitale vive più o meno il 38% degli islandesi. L’Islanda va comunque detto è una delle nazioni meno popolate d’Europa. Reykjavík è la capitale più settentrionale del mondo e così, con oggi, possiamo dire di essere stati nella capitale più settentrionale e in quella più meridionale. Quella più meridionale è infatti Wellington in Nuova Zelanda, dove ci siamo stati tanti anni fa. Al centro della città si trova un piccolo lago, il Tjörnin che non mancheremo di visitare. Sulle sue acque nuotano tranquilli tanti paperotti e si affacciano splendide dimore. Una cosa curiosa, che riguarda Ongòlfur Arnarson, sempre lui, è la modalità con cui scelse Reykjavík come sua residenza. Secondo un rituale vichingo chi voleva stabilirsi in Islanda gettava i pali portanti della sua precedente residenza in mare e quindi, andandosi ad arenare da qualche parte questi avrebbero stabilito dove la nuova dimora sarebbe nata. Non era più semplice scegliersi direttamente un bel posticino? Per le strade di Reykjavík ci sono già stata nelle pagine dei libri di Indridason Arnaldur, un autore islandese contemporaneo di gialli che apprezzo in modo particolare e non perché ho visitato il suo paese ma perché mi piace il suo stile e il suo modo di raccontare. Di certo il maggior scrittore islandese, di cui però non ho mai letto nulla, è un certo Halldór Laxness che ha anche vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1955. Mi sa che dovrò provvedere a questa mancanza! Visto che siamo in tema di arte, la musicista più famosa islandese è Björk. L’icona della città è la cattedrale Hallgrìmskirkja che si vede da lontano. Peccato che è in ristrutturazione e quindi è completamente impacchettata. Si vede certo da lontano ma non è la stessa cosa! Sigh! Passeggiamo un po’ per il centro, dove guardiamo le vetrine dei negozi, gli edifici, le vie nemmeno troppo affollate. È una città tranquilla, con un traffico certamente non hai livelli di altre capitali europee. Appare forse per il via vai di persone più una cittadina di provincia che una capitale di nazione. Ma il suo fascino è anche questo! Andiamo anche a ficcanasare sulla terrazza panoramica esagonale, nell’edificio dove c’è anche il museo delle Saghe, dove si narra l’antica storia del paese. La vista della città, nonostante il cielo grigio che preannuncia la pioggia, è molto bella, spazia proprio a 360 gradi! All’interno oltre ad un ristorante ed al museo sopra citato c’è anche una mostra di un artista islandese, Teddy, che lavora il legno. Ci sono opere molto belle e altre che non si capisce bene cosa vogliono rappresentare. Proprio mentre stiamo commentando l’alto costo, sono tutte in vendita, di una di cui non si capisce bene il senso alle nostre spalle spunta Teddy, così abbiamo anche avuto modo di conoscerlo. Visitiamo anche i dintorni di Reykjavík ed in particolare la zona di Seltjarnarnes, c’è una bella passeggiata lungo la costa e la promessa di poter vedere tanta avifauna ma purtroppo il vento è troppo forte, ne percorriamo dei tratti ma poi desistiamo dal nostro proposito, fa troppo freddo ed il vento è troppo forte. E così gira di qui, gira di là la nostra giornata volge al termine e alla fine non resta che prendere le nostre cose e andare a montare la nostra tenda per l’ultima volta in questa terra. Beh di certo non avremo nostalgia di tutte le volte che abbiamo montato e smontato la nostra tenda lottando con il vento. Per la nostra ultima notte ho scelto il campeggio gratuito del bellissimo promontorio di Garðskagi. Il vento è forte e la pioggia non tarda ad arrivare ma questo posto è talmente suggestivo e ricco di fascino che è il luogo da cui vogliamo salutare questo paese. E come sempre la frenesia della partenza ha la meglio, così passiamo la serata riordinando le idee, raccogliendo le cose sparse nell’auto e cercando di fare mente locale su tutto quello che ancora dobbiamo fare prima di ripartire. 16 agosto 2008 Questa mattina non abbiamo molto tempo prima di lasciare questo paese, giusto il tempo di fare colazione, piegare la tenda e preparare i nostri bagagli. Il vento e le pioggia ci hanno fatto compagnia per tutta la notte e anche mentre prepariamo le nostre cose a tratti la pioggia si unisce al forte vento. Questo promontorio, freddo e severo, con questo tempo pare, ai nostri occhi, ancora più austero. La sensazione di essere piccoli in questo mondo è ancora più forte. Salutiamo questo angolo di Islanda che ha un non so che di poetico e di romantico per dirigersi verso l’aeroporto di Keflavik. La strada verso casa ci attende ed le nostre vite in un mondo affollato e caotico ci impongono di tornare. Qualcuno sostiene che Dante abbia viaggiato fino in Islanda e che in alcuni passi della Divina Commedia descriva appunto i paesaggi lavici che aveva visto in questo paese. Che sia vero o sia solo leggenda non ci è dato di saperlo, la discussione è ancora in corso! Chi sostiene sulla veridicità storica di questa teoria non solo dice di trovare riscontro nei passi dell’Inferno ma vede in Dante il viaggiatore arrivato da lontano descritto in non so bene che testo storico Islandese. Mah.. Per quanto riguarda me… non c’è ombra di dubbio! Ci sono stata! Non vorrei affidarmi ai soliti luoghi comuni per finire questo diario ma non vedo come fare diversamente. L’Islanda è un paese strepitoso, i suoi paesaggi sono unici, selvaggi, aridi, talvolta così crudeli e severi, altre volte dolci e ricchi di poesia. C’è da chiedersi che cosa aveva in mente il Buon Dio quando ha creato l’Islanda, che cosa voleva fare… ha messo insieme così tanti elementi, così tante forze della natura, come l’acqua, il fuoco e come su una tavolozza di un pittore ha combinato qua e là quantità diverse di questi elementi creando tutti questi paesaggi straordinariamente unici! Grazie magica Islanda, grazie per quello che ci hai dato e per i bei ricordi che ci porteremo nel cuore per il resto del nostro cammino. Bibliografia Islanda – 5° Edizione 2007 – Edt/Lonely Planet Around Iceland – 2008 – Heimur