La mia crociera
Personaggi ed interpreti (in ordine di apparizione): – la barca: Picante – il comandante, armatore e proprietario: il sottoscritto – il comandante in seconda, ufficiale di rotta e cambusiere: Paola (mia moglie) – il passeggero: Serena (mia figlia di quasi due anni) – il marinaio: Piero (un amico) – la cuoca e baby-sitter: Piera (amica di mia moglie e moglie di Piero) I fatti narrati sono reali tranne i nomi che, per motivi di privacy, sono inventati.
Prologo: Dopo l’esperienza vissuta l’anno scorso, anche quest’anno abbiamo messo in programma la crociera estiva: destinazione Isola d’Elba ed altre perle dell’Arcipelago Toscano; ne parliamo ormai da diversi mesi, altri amici si aggiungono al novero e la flotta sembra ingrandirsi sempre più.
Arriva l’estate e con essa le prime defezioni: “ho un motore che non va troppo bene …” , “la mia sciatica non mi fa dormire …” , “il gasolio è aumentato …” , “il capo non mi ha dato le ferie …” , ecc. Ecc.
Pazienza …, io intanto mi faccio firmare 2 settimane di ferie e poi si vedrà …
I preparativi: Mancano 4 giorni alla partenza, della “invincibile armada” di navigatori ci sono rimasto solo io .. “Fa lo stesso! Meglio soli che male accompagnati”, continuo a ripetermi; intanto concentriamoci sulle ultime verifiche, la lista della cambusa e delle varie attrezzature.
Attività degne di una traversata oceanica o di un giro in solitario intorno al mondo, ma che, in fin dei conti, ti fanno sentire un vero lupo di mare.
A due giorni dalla partenza, la tragedia! I nostri due previsti compagni di viaggio (forse per aver subodorato i loro “incarichi” a bordo) ci danno buca, adducendo scuse pretestuose. Ammutinamento! In altri tempi sarebbero stati puniti con un giro di chiglia e poi sbattuti ai ferri ! E ora che facciamo? “Io da sola non ci vengo!” … Le parole del Comandante in seconda mi gelano la schiena.
Urge una soluzione, a me un telefono e la mia rubrica … ; questo non c’è, quest’altro non può, “… Se mi avessi avvisato prima …”, “… Sai mia moglie soffre il mare ..” .., “PERCHE’ NO? QUANDO PARTIAMO ?” … Non credo alle mie orecchie! è fatta, l’equipaggio è al completo, si parte! Inizia la crociera: Partiamo lunedì, anzi no … Partiamo domenica … “hai sentito le previsioni ?” Mi attacco al PC e scarico mezzo chilo di carte isobariche e previsioni varie; domenica tempo splendido, lunedì peggioramento è l’opinione comune; va bene allora è deciso “si parte domenica mattina, quindi sabato sera tutti a bordo!”.
Vado a fare gasolio ed il benzinaio risponde con un sorriso a 374 denti alla mia richiesta “.. Faccia il pieno!”, nel prezzo a 7 cifre e’ inclusa una dose di Coramina per evitare che il cliente svenga prima di firmare la ricevuta della AMEX. Che botta!, ma, diamine, si va in vacanza … I conti li faremo dopo.
Il Comandante in seconda procede con l’assegnazione dei posti letto: Comandante in seconda e passeggero nella cabina armatoriale di prora, marinaio e consorte nella cabina con i letti a castello, il sottoscritto … Sul divano della dinette! “Tutti a nanna, che domani si parte alle 6!” Ovviamente alle 6 non si sveglia nessuno; alle 7.30 Paola mi butta giù dal letto, pardon … Dal divano, e prepara una frugale colazione.
Ancora con gli occhi assonnati controllo gli ultimi dettagli, tra cui l’ultimo bollettino meteo che mi conferma le previsioni del giorno precedente, stacco luce ed acqua dalla banchina e alzo la passerella.
“Posto di manovra!”. I due diesel partono con un rombo sordo, imposto sul GPS la rotta su Portoferraio, abbiamo davanti a noi 85 miglia di mare.
“Molla a poppa!”, “dentro i parabordi!” Mi accendo la prima sigaretta della giornata mentre il faro del porto scivola lentamente sulla mia destra, nel primo sole della giornata estiva il mare sembra anche lui addormentato, spingo le manette e la barca inizia a scivolare velocemente sull’acqua.
2400 giri, 20 nodi circa, temperatura OK, pressione okOK, imposto il pilota automatico mentre l’ultima delle isole mi passa accanto.
Dopo un paio d’ore siamo al traverso di Marina di Pisa, ci sono diverse barche che pescano a traina, “buttiamo giù un paio di lenze … Tanto abbiamo tempo”, riduco la velocità a 6 nodi, filiamo due canne e ci mettiamo in paziente attesa di uno strike.
Il rumore sommesso dei motori, il lento moto della barca e il caldo dei raggi mattutini del sole conciliano il sonno, lascio Piero alla guida mentre mi preparo una tazza di caffè che mi sorseggerò comodamente sdraiato sul divano del fly bridge. Mentre mi gusto la sigaretta post-caffè il gracchiare del VHF mi ricorda i miei doveri di Comandante … “securité securité securité … Gail warning over north tyrrenian sea … South easterly wind force six increasing”.
Ahi! Conviene sbrigarci .. E prepararci al peggio. Paola e Piero recuperano le lenze, Piera chiude tutti i boccaporti, io riporto la barca in rotta con i motori al massimo.
Nel giro di pochi minuti il cielo diventa plumbeo e le onde abbastanza fastidiose. Devo ridurre la velocità a meno di 15 nodi e gli spruzzi arrivano sul fly bruciandomi gli occhi.
Dopo mezz’ora sono ormai trasformato in una statua di sale, ho la maglietta zuppa e comincio ad avere freddo, intorno a noi il mare si è fatto completamente bianco, quello che non era stato fissato bene ora sta vagando disordinatamente all’interno della barca. Piero e Piera stanno cominciando ad assumere un colore verdognolo …
Al traverso di Livorno faccio un po’ di conti, ci rimangono ancora una quarantina di miglia che, a questa andatura, significano circa 3 ore, a bordo si fa fatica a muoversi ed il mare continua a peggiorare.
Fedele al motto “Indietro non si torna!”, decido che conviene riparare a Livorno in modo da non arrivare all’Elba “frullati”. Contatto via radio lo Yachting Club che mi conferma la disponibilità di un ormeggio e punto la prora sull’imboccatura del porto.
La tranquillità e’ li’, a poche miglia, ma tra noi e la terra ci sono le secche della Meloria che, con i loro bassi fondali, mi obbligano ad un tortuoso giro seguendo la mappa sul GPS e tenendo d’occhio i dati dell’ecoscandaglio. Dopo una mezz’ora di suspence e ondate, siamo finalmente all’interno del Porto Mediceo, dove attracchiamo ad un’alta e solida banchina.
Ha cominciato a piovere a scrosci, all’interno della barca meditiamo su questo bell’inizio di vacanza, qualcuno gioca a carte, la radio è accesa sul canale 68 dove viene ripetuto a ciclo continuo il bollettino meteo “… Burrasca forza 7 in aumento …Temporali in corso …”, penso che staremo qui per un po’.
Nel pomeriggio il vento aumenta ancora spazzando via la pioggia, decidiamo di fare un giro a piedi per la città; ovviamente ci siamo dimenticati qualcosa a casa: il passeggino di Serena, cosa da poco penserete voi, peccato che lo Yachting Club sia posizionato nella parte più remota del Porto Mediceo, distante circa un chilometro dalla più vicina fermata del bus.
Ho le spalle larghe, per cui tocca a me trasportarla per la quasi totalità del giro pomeridiano.
La sera arriva, il vento sibila tra il sartiame sempre più forte, dalla radio sento che sono in corso operazioni di soccorso per qualche barca in difficoltà.
La barca è saldamente ormeggiata e quindi, senza pensieri, la notte ci ripaga delle “fatiche” del giorno passato.
Il vento continua: Vengo svegliato da voci concitate e da rumori che provengono dall’esterno della barca; l’orologio di bordo segna le 4.30, fuori è ancora buio pesto, ma la pur flebile luce della banchina mi consente di vedere cosa sta accadendo.
Una motovedetta ha portato in porto una piccola barca a vela che sta per essere ormeggiata a fianco al Picante; a bordo ci sono quattro persone, due coppie, le cui condizioni mi fanno intuire che mare ci deve essere fuori. Esco e li aiuto ad ormeggiare, non prima di aver messo sul fuoco la caffettiera grande. Sono bagnati come pulcini e, con una tazza di caffè caldo in mano, mi raccontano che sono partiti all’imbrunire da La Spezia diretti all’Elba e poi in Sardegna dove dovranno riconsegnare la barca affittata per una settimana, all’altezza di Livorno hanno capito che non avrebbero potuto farcela e, con l’aiuto della motovedetta, sono riusciti a riparare in porto. La loro barca è pressoché allagata e dovranno faticare non poco per far asciugare i vestiti al sole che inizia piano piano a fare capolino tra le nubi che il vento spinge veloci.
Nel frattempo gli altri componenti del mio equipaggio si sono alzati, probabilmente nella speranza di un netto miglioramento delle condizioni meteorologiche; una rapida occhiata al barometro e l’ascolto di Livorno Radio ci fanno capire che anche per oggi conviene restare tranquilli.
Paola e Piera decidono che sarebbe bello andare a fare spesa al mercato in modo da rimpinguare la cambusa di bordo, il pensiero di un’ulteriore camminata con il passeggero in spalla mi terrorizza. Pensando qualche scusa possibile, mi viene in mente di aver visto il giorno precedente che il mercato è molto vicino ad uno dei canali dove i Livornesi ormeggiano le barche più piccole, ” … Se ci arrivano loro, possiamo arrivarci anche noi …”.
Con Piero prepariamo il tender, un gommone di 3 metri con un fuoribordo da 4 cavalli, ci imbarchiamo e cominciamo a risalire nel labirinto, per noi, di canali. Dopo qualche dietrofront riusciamo a raggiungere la nostra meta, vista dall’acqua la città sembra completamente diversa, il riferimento principale sono i ponti e qualche antico palazzo che si affaccia sulle alte sponde, ogni tanto ripide scale salgono verso strade e piazze. Mi trovo ad invidiare questi fortunati che possono permettersi di tenere la barca sotto casa, in un posto che non sembra risentire per nulla del brutto tempo e, probabilmente, pagando niente o quasi.
Non si può passare per Livorno senza mangiare il vero “cacciucco”, una zuppa di pesce particolarmente buona (anche se , da buon ligure, continuo a preferire un suo stretto parente, il “piatto del marinaio”); troviamo un ristorantino che ci ispira e la scelta si rivela quella giusta. Nel pomeriggio un giro dalle parti del Mercatino Americano. Questo mercato, nato nell’immediato dopoguerra come punto di smercio del surplus USA e prospero fino agli anni ’80 grazie alla vicinanza di una base militare statunitense, ha, purtroppo, ormai perso un bel po’ del suo fascino. Un tempo vi si trovava di tutto, assomigliava ad un mercato orientale con i suoi profumi, le sue cose stranissime, le merci di contrabbando ed i vestiti usati; ora lo riscopro più organizzato, più “regolare”, ma anche meno attraente.
Al nostro ritorno sul Picante, il bollettino promette miglioramento ad iniziare dalla notte, la perturbazione si sta spostando a nord-ovest ed il vento è quasi cessato.
Riempiamo i serbatoi dell’acqua dolce e ci prepariamo a partire l’indomani mattina.
L’isola, finalmente: Mi alzo di buon ora, anche se non riesco ad essere mattutino come il marinaio Piero che si alza sempre alle 6 a causa della sua abitudine di andare al lavoro a quell’ora; la giornata pare quella giusta, facciamo colazione, qualcuno con latte e brioches, qualcun’altro (Piera) con la Xamamina.
Molliamo gli ormeggi e, seguendo un grosso traghetto della Sardinia, usciamo dal porto.
Il mare è ancora mosso, ma l’assenza di vento rende le onde lunghe e lisce, i due motori spingono il Picante verso la meta.
La costa scorre a diverse miglia di distanza, preferisco non avvicinarmi troppo al fine di evitare le onde più fastidiose del sotto costa, Castiglioncello, Rosignano, Cecina …, il sole si fa sempre più forte mentre la foschia si dirada facendo intravedere all’orizzonte la sagoma scura dell’Isola.
Ormai il mare e’ quasi calmo, correggo l’assetto dei flaps, la barca abbassa la prora e plana velocemente, “Portoferraio: 8,35 mg.” recita il GPS, il Monte Capanne con i suoi mille metri di altezza sembra ormai a portata di mano.
Il Forte Falcone che sovrasta l’abitato di Portoferraio costituisce, per chi viene dal mare, un sicuro punto di riferimento, decidiamo di non ormeggiare in banchina, bensì di gettare l’ancora nella tranquilla cala davanti a S. Giovanni in quei giorni non ancora troppo affollata di barche.
Dopo un bagno ristoratore nelle acque della bellissima Spiaggia della Sorgente ed un pranzo luculliano preparato dalle donne di bordo (Serena esclusa, per ovvi motivi), con il gommone ormeggiamo nella darsena di Portoferraio, non senza aver dribblato qualche enorme traghetto che fa la spola da Piombino al capoluogo elbano.
La cittadina ci accoglie con la sua atmosfera pulita, poche auto, la vecchia architettura che mantiene il sopravvento, malgrado la struttura di alcuni orribili costruzioni moderne che si ergono non troppo lontane dal centro storico. Una prima fila di case separa la darsena dal centro e quelle che un tempo furono le porte della città consentono di allontanarsi dal mare inerpicandosi verso il Forte Stella.
La sera ci ritrova seduti al tavolo di un ottimo ristorantino, di cui purtroppo non ricordo il nome, subito dietro la cinta muraria.
A notte ormai inoltrata riprendiamo il tender per ritornare a bordo del Picante.
E’ opinione comune che, quando una vacanza sta andando bene, si perde il computo dei giorni, … Questa è una di quelle, non so più che giorno sia ” … Martedì o forse mercoledì’ … Vediamo siamo partiti domenica … “, ma che importa tanto di tempo ne abbiamo ancora … Siamo solo all’inizio.
Seduti in pozzetto abbozziamo un programma, anche se chi va per mare sa che troppi fattori possono condizionare la crociera. Con la carta nautica spiegata sul tavolo da buon Comandante propongo ” … Due notti a Portoferraio, una sosta a Procchio, un giorno a Marciana se troviamo posto, poi ci spostiamo nella costa sud, ci fermiamo una mezza giornata alla Fetovaia e poi ci fermiamo qualche giorno a Marina di Campo …” , rassicuro la ciurma circa lo stato del mare ottenendo l’approvazione del programma. L’aria si è fatta fresca, la barca è immobile sull’acqua, dal non lontano centro abitato la musica di un piano bar giunge ovattata spezzando il silenzio della notte.
Golfo di Procchio: I giorni passano in fretta, abbiamo lasciato il tranquillo rifugio di Portoferraio e, seguendo la costa settentrionale verso est, ci dirigiamo verso l’ampio golfo di Procchio; doppiamo Capo d’Enfola e buttiamo l’ancora davanti a Viticcio.
L’ecoscandaglio mi segnala un fondale di 12 metri, dall’alto del fly riesco a vedere chiaramente le pietre del fondo, l’acqua è calda e cristallina.
Nel pomeriggio facciamo un giro fino a Marciana, giusto per constatare che il porticciolo è al completo e che non è possibile ormeggiare nella minuscola rada. Ritorniamo indietro e ci fermiamo in una piccola insenatura nel Golfo di Biodola.
Mentre prepariamo la cena, un tramonto mozzafiato attira la nostra attenzione, in lontananza si scorge la sagoma della Capraia, le spiagge ormai deserte sono dorate dagli ultimi raggi di sole.
Piera ha cucinato un paio di discreti saraghi pescati nel pomeriggio ed il profumo del pesce al forno ci distoglie dalla contemplazione del panorama ricordandoci che è ora di cena.
In breve dei due pinnuti rimane solamente la lisca mentre l’equipaggio cerca, con facilità, di convincermi a fare un ulteriore giro sott’acqua in modo da bissare il menu il giorno successivo.
Alcuni gabbiani stazionano intorno alla barca ed uno si è addirittura accoccolato sopra il fuoribordo del gommone. Aspettano in silenzio.
Quando Piero lancia fuori bordo un avanzo della cena si scatena una furibonda e rumorosa rissa per l’accaparramento del cibo.
Gli uccelli rimangono ancora a lungo vicino alla barca, nell’oscurità si nota facilmente la loro livrea bianca, poi, in silenzio come erano venuti, spariscono all’unisono inghiottiti dalla notte.
Il giorno successivo la sveglia suona tardi, il sole è già alto, la barca non è più immobile come durante la notte, segno che il popolo dei navigatori diurni si è già messo in moto.
Mi affaccio e vedo che nella cala non siamo più soli, sono già arrivati un paio di motoscafi e alcune barchette hanno già scaricato nella minuscola spiaggetta una decina di persone intente a piantare gli ombrelloni, a distendere enormi asciugamani oppure a godersi i raggi di un sole ancora lontano dallo zenith.
L’equipaggio del Picante è pronto ed in perfetta forma, per cui il Comandante in seconda propone di muoverci subito per spostarci nella costa meridionale dell’Isola, io da parte mia cerco di obbiettare che non abbiamo ancora visto Marciana, con il suo museo, la sorgente napoleonica, la cabinovia che porta in vetta al Monte Capanne …, niente ! il resto dell’equipaggio è d’accordo con Paola per cui salpiamo l’ancora e, a velocità turistica, ci muoviamo con destinazione Marina di Campo.
Rotta a sud: Il percorso da Marciana e Marina di Campo non è brevissimo, soprattutto perché merita una lenta crociera e, possibilmente, numerose fermate. Piccole baie dove i rami dei pini sfiorano il mare, calette con l’acqua di color smeraldo, scogliere a picco, spiagge di ciottoli, di ghiaia, di sabbia bianchissima, minuscoli paesini come S.Andrea e Pomonte, mille ed un’occasione per rallentare la corsa fino a fermarsi, cogliendo l’occasione di un tuffo in quel meraviglioso blu.
Con una voglia matta di fare un bagno, riesco a convincere gli altri ed a fermare la barca nel Seno della Fetovaia, in lontananza si distingue chiaramente l’Isola di Pianosa mentre Montecristo è solo un’ombra nella calura estiva.
Nel pomeriggio arriviamo nel golfo di Campo e, dopo esserci riforniti di acqua e gasolio andiamo a buttare l’ancora in una caletta ben ridossata ad ovest del paese.
Io e mia moglie eravamo già stati qui nel ’95, quando con il nostro vecchio Calafuria 24 avevamo deciso di passare il ponte di Ferragosto da queste parti; quella volta la scelta della sistemazione fu obbligata dalla carenza di ormeggi nella rada di Marina, questa volta è stata per libera scelta essendo questa posizione più riparata e più tranquilla; alcune barche a vela hanno avuto la nostra stessa idea per cui non passeremo la notte da soli.
Il fondale non è molto profondo ed è interamente ricoperto da posidonia, un alga filamentosa che costituisce l’habitat ideale per molte specie di pesci. Un giro sott’acqua all’imbrunire non mi regala prede di taglia, solo una bella corvina che costituirà la cena per Serena. Nel frattempo Piero e Piera hanno tirato fuori canne e lenze, preparato un pastone con pane raffermo e formaggio, e stanno tirando a bordo una discreta frittura: boghe, sugarelli e, soprattutto, occhiate da un paio d’etti. Questo tipo di prede saranno il leitmotiv della nostra permanenza nella acque campesi, sono pesci voraci che si presentano insieme alla sera per poi scomparire a notte inoltrata.
In poco tempo un piatto enorme di filetti fritti riempie la tavola, mentre il paese poco lontano si accende di luci e musiche.
Marina di Campo: La spiaggia in fondo alla baia è sabbiosa e con un fondale così poco profondo da mettere a dura prova l’elica del gommone; Paola, Serena e Piera sono scese a terra e, mentre le osservo dalla barca, stanno godendosi il sole di agosto sulla fresca battigia.
A bordo comincia a scarseggiare la frutta e quindi occorre andare in paese per fare la spesa. Richiamo via radio le bagnanti e tutti insieme ci imbarchiamo nel gommone. A metà strada tra il Picante e Marina di Campo, l’elica del motore da segni di cedimento, grazie alla guida inesperta che il Comandante in Seconda ha effettuato nei bassi fondali della baia, malgrado Paola insinui che il motore (nuovo di zecca) ” … Era rotto da chissà quanto tempo, … Non sono mica così scema da non vedere gli scogli !”. Reprimo il desiderio di scaraventarla in acqua, in fin dei conti è un danno da poco, un guasto che posso riparare velocemente, ma non su di un piccolo gommone affollato, per cui bisogna ricorrere ai remi ed io e Piero, retrocessi al rango di vogatori, pagaiamo per qualche centinaio di metri fino a raggiungere il molo.
Marina di Campo, ci accoglie con la sua aria pulita ed ordinata, nella piazzetta subito dietro il piccolo porticciolo, una fontana zampillante attira l’attenzione di Serena che, amante dell’acqua, non vuole sentire ragione alcuna e si diverte a schizzare tutti i presenti. A forza me la carico sulle spalle e iniziamo il nostro giro di perlustrazione tra ristoranti e negozi; Piero si ferma davanti ad ogni ristorante commentando il listino prezzi, effettivamente rispetto a Portoferraio e soprattutto rispetto al “continente” i prezzi sono elevati, per cui, da buoni liguri, decidiamo di far una bella spesa al supermercato e di ritornarcene a bordo.
In breve il sottoscritto e Piero veniamo trasformati in “portatori” e, carichi come asini, ci troviamo a percorrere l’alberato lungomare.
Per stuzzicare l’orgoglio femminile delle consorti, che si godono la passeggiata chiacchierando, iniziamo a fare salati commenti sulle “bellezze al bagno” presenti in spiaggia, subito la conversazione delle signore si interrompe con ironiche frasi del tipo ” … Se continuate cosi’ il pranzo lo cucinate voi !”, “… A bordo poi facciamo i conti !”, “sentili i Dongiovanni …”.
Ridendo e scherzando ritorniamo a bordo dove, malgrado le precedenti minacce, il pranzo e’ degno di un ottimo (e dispendioso) ristorante.
Nel mezzo dell’abbiocco post-sbafata lo squillo del cellulare mi riporta per un attimo alla realtà quotidiana, è un mio amico che gestisce un diving center nel golfo di Lacona a poche miglia da Marina, ha saputo che siamo in zona e ci invita ad andarlo a trovare.
Lacona: La grande spiaggia grande di Lacona si trova nel golfo più profondo dell’Elba, guardandola dal mare ricorda un po’ le spiagge tropicali: una lunga striscia di sabbia bianca, alberi di eucalipto subito a ridosso della spiaggia, bungalows e basse costruzioni nascoste tra la vegetazione.
Situata tra il massiccio di Fonza a destra e la penisola di Capo Stella a sinistra, la spiaggia più grande del territorio capoliverese si estende con una distesa di sabbia bianca per oltre un chilometro.
A causa della vicinanza di alcuni tra i migliori fondali e di alcuni minuscoli isolotti come lo Scoglio della Triglia e l’Isola Corbella, è meta di numerosi subacquei che si immergono dai numerosi ed attrezzati barconi dei diving centers.
Su uno di questi incontriamo il mio amico, intento ad assistere ed a guidare una decina di sub attrezzati con i più recenti ritrovati in fatto di subacquea.
Vista la sua impossibilità a mollare gli ospiti e a venire con noi (ve lo immaginate dieci subacquei che riemergendo si ritrovano in mare aperto senza alcun mezzo per ritornare a terra se non le proprie pinne ?) decidiamo di avvicinarsi alla costa e di scendere a terra.
Visto dalla terraferma il luogo ci lascia un po’ delusi, bar, locali, negozi d’attrezzature, bungalows, il tutto mescolato in un susseguirsi senza una logica apparente.
Rientriamo quindi alla “nostra” cala di Marina di Campo giusto in tempo per un ultimo tuffo della giornata.
Mentre aspettiamo l’ora di cena ci mettiamo ad osservare il crescente numero di aerei e aeroplanini che atterrano nel vicino aeroporto subito ad est del paese; arrivano dal mare attraversando il golfo a quota sempre più bassa per poi sparire al di là della prima fila di alberi. Cessna e Piper (pochi), Executive e LearJet (tanti), qualcuno colorato con gli stessi colori di qualche megapanfilo che attende in rada.
Piero scherza dicendo “… Quello e’ sicuramente un metalmeccanico … Quell’altro sicuramente un impiegato comunale …” Il flusso di aeromobili in arrivo raggiunge il suo massimo nel tardo pomeriggio del venerdì quando i fortunati passeggeri chiudono l’ufficio e raggiungono in poche ore la loro barchetta o la villetta che li aspetta qui all’Elba. Ho conosciuto giusto un po’ di tempo fa uno di questi “pendolari”, è il proprietario di una linea aerea austriaca nonché di un bellissimo Swan d’epoca di una ventina di metri; pensate che il tapino deve mantenere una coppia di miei amici tutto l’anno sulla barca per poi raggiungerla con l’aereo nelle acque del Tirreno (in estate) o in quelle caraibiche (in inverno) tutti i fine settimana … “che noia che tedio che noia!” La vista di alcuni marinai in maglietta e pantaloncini bianchi che stanno servendo la cena ad una famigliola sul ponte di un megayacht a poca distanza dal Picante ci ricorda che è meglio cominciare a preparare qualcosa da mettere sotto i denti.
Quanti giorni siamo stati a Marina di Campo ? Sinceramente dovrei fare uno sforzo di memoria per contarli, infatti, come già accennato precedentemente, ho perso completamente la cognizione del tempo vivendo esclusivamente alla giornata.
Il Comandante in seconda Paola ci fa notare che oggi è sabato, che lunedì occorre riprendere il lavoro e che, quindi, domattina bisogna salpare per far rientro a casa.
Il pensiero di rimettermi fra pochi giorni pantaloni lunghi, camicia e, quando non ne posso fare a meno, giacca e cravatta mi da un senso di angoscia, per circa 10 giorni ho vissuto, anzi abbiamo, in costume da bagno e, saltuariamente, maglietta.
Domani mattina si parte, quindi; rituale ascolto del bollettino che preannuncia tempo splendido per diversi giorni, alla faccia nostra di condannati a vedere il sole attraverso la polverosa finestra dell’ufficio, e decisione di procedere nel periplo dell’isola per poi riprendere la rotta verso la Liguria.
Il rientro: Con malincuore accendo i motori, il verricello inizia a recuperare i 30 metri di catena che avevo filato qualche giorno fa, gli altri hanno già recuperato il tender e lo hanno stivato nel capace gavone di poppa. L’ancora sale a bordo, spingo le manette degli invertitori ed accelero lentamente. Sono le 9 di mattina, in breve Marina di Campo scompare alla nostra vista.
Golfo Stella, Mordone, Punta Calamita, Costa dei Gabbiani …
Lungo la costa, in questo tratto completamente brulla e rocciosa, si possono facilmente osservare i resti di quell’attività mineraria che costituì per secoli la principale fonte di vita dell’isola, prima che il turismo di massa prendesse il sopravvento.
Vecchi pozzi minerari, quello che resta degli impianti di sollevamento, lunghissimi binari sospesi che assomigliano a montagne russe abbandonate … Nell’uniforme colore dato dalla ruggine pare di vedere fantomatiche sagome di gente al lavoro in uno scenario degno di un libro di Cronin.
Nel canale di Piombino, il mare è un po’ più mosso, sia per la gran quantità di traghetti che fanno la spola tra le due rive, sia per l’effetto Venturi sia per la conformazione della costa provoca continuamente.
Portoazzurro, Rio Marina, Cavo … Un ultimo saluto all’Elba, anzi un arrivederci, mentre ci allontaniamo dalla costa dirigendoci sempre più in mare aperto.
Una nave da carico sta facendo una rotta parallela a circa mezzo miglio da noi, sarà il nostro punto di riferimento e la nostra unica compagnia per quasi tutto il viaggio.
Incrociamo molte barche che vanno a sud, viene da pensare “… Beati loro … Iniziano la vacanza, mentre noi l’abbiamo finita..”.
Be’, in fin dei conti è stata una crociera breve, ma divertente e, soprattutto, priva di quei problemi che si verificano quando su di una barca sale una compagnia male assortita.
Lascio il timone a Piero e scendo a rinfrescarmi un po’; Paola e Piera sono distese sulle sdraio nel pozzetto e chiacchierano fra di loro osservando Serena che sguazza nella sua piccola piscina gonfiabile.
Vogliamo goderci la vacanza fino in fondo, per questo rallentiamo l’andatura calcolando di arrivare in porto nel pomeriggio.
Il pranzo in navigazione è per me e Paola un’attività ormai consueta, anche se richiede un po’ d’attenzione soprattutto se si deve fare una pastasciutta per cinque persone.
In lontananza s’inizia a veder qualche nube bianca, segno che ci stiamo avvicinando alla costa ligure; a poco a poco il profilo delle montagne si fa sempre più netto fino a consentirci di mettere a fuoco i particolari.
Sotto costa il mare è agitato dal passaggio della miriade di barchette dei “marinai della domenica”, la scia bianca della nostra barca sembra una larga strada che c’invita a ritornare indietro ai giorni spensierati del dolce far niente.
Commuto il VHF, tenuto fino a quel momento prudenzialmente sul canale 16, sul 9 ed avviso l’ufficio porto del mio rientro; La ciurma ha già “messo a riva” i parabordi, l’ormeggiatore è già sul molo pronto a prendere le mie cime d’ormeggio.
Con la consueta manovra, infilo il Picante al suo posto e, mentre gli altri fissano le cime, spengo i motori e, non senza riluttanza stacco le chiavi dal quadro.
Una pulizia generale, il lavaggio della barca ed una buona doccia calda ci tengono occupati per un po’, per cui decidiamo di dar fondo alla cambusa cenando tutti insieme a bordo.
Ognuno ha un suo compito preciso per preparare la “cena di fine crociera”, la tavola è pronta e la barca quasi non si muove trattenuta dalle cime ben cazzate.
Seduti in pozzetto, nel fresco del Marina, facciamo il consuntivo di tutto il periodo, di quanto ci siamo divertiti, di quanto abbiamo speso, delle cose che abbiamo visto e di quelle che invece ci siamo persi.
Paola e Piera confabulano tra di loro per poi all’unisono dicono “… Allora l’anno prossimo si va all’Argentario … Vi va ?”