La mia Barcellona di e dintorni
Passo sotto il granchio gigante e arrivo fino alla Vila Olìmpica. Sopra il tetto c’è la silhouette di una balena dorata, è visibile anche da molto lontano. Nel lungomare: punti d’acqua, fontanelle da bere, bagni e docce in spiaggia libera. Ora poca gente in riva al mare, ma è sera. Mangio in un banchetto delle empanada molto molto buone. Ritorno per la stessa strada e arrivo fino a una colonna corinzia molto alta. È il grande tributo al nostro navigatore genovese Cristofaro Colombo. Sopra hanno posto una statua alta sette metri che lo raffigura. Una curiosità, la statua non punta realmente verso l’America, in realtà per poterlo fare, avrebbe dovuto puntare verso las Ramblas, per indicare correttamente il nuovo continente, però si pensò che la gente non lo avrebbe capito e allora…. Tramonto rosso fuoco, rimango estasiata da come mi ha accolto questa prima giornata. Vado verso “casa”, prendo las Ramblas, ancora piena di vita, sono le 21,30 e le bancarelle stanno chiudendo, vedo dov’è il museo delle cere ed Il pub Bosque de Las Fades. Rientro soddisfatta e un po’ cotta.
Esco presto dopo aver fatto colazione in ostello. Trentacinque minuti a passo veloce per arrivare a Estacion Espanya. Mi godo anche una bella alba. è un buon inizio! Alla stazione chiedo info per andare a Montserrat. Quando si acquista il biglietto bisogna specificare e scegliere subito con quale modo si vuol salire al Monastero: teleferica o funicolare. Io scelgo la prima. A/R € 20,20. Tutti gentili e disponibili. Alle 8,15 prendo il treno e dopo un’ora arrivo in uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti della Spagna. Treno comodo, segnala che fuori ci sono 17°. Scendo alla stazione Aeri e mi dirigo verso la piccola stazioncina della teleferica gialla. C’è un bel venticello e fa fresco. Davanti a me il grande monte seghettato e levigato dal vento, fa parte di una catena montuosa che si erge quasi all’improvviso dalla pianura, incastrato c’è il monastero benedettino, importante simbolo religioso. Sembra di tornare indietro nel tempo nella piccola sala d’attesa con panchine in legno, alle 9.30 aprono la biglietteria e dopo dieci minuti parte il primo gruppo. La Aeri è stata costruita nel 1930 ed è il modo più veloce per giungere il monastero. Ci impiega cinque minuti e parte ogni venti. Scesa, vado al punto d’informazione, recupero la mappa con le varie escursioni che si possono fare a piedi, ci sono percorsi che vanno da 2,7km a 7,5km. Prendo una cartina e salgo verso la Basilica. In una via laterale che porta al Mirador dels Apòstols ci sono banchetti che vendono prodotti locali. Acquisto un’ottima torta di fichi e faccio qualche assaggio di formaggio. Torno indietro, prendo il sentiero in discesa che attraverso tredici stazioni della via Crucis, mi porta alla Santa Cova. Un gran paesaggio mi circonda ed un gran cielo azzurro: splendido. Guardo l’ora, debbo tornare perché voglio andare a sentire il coro gregoriano delle voci bianche. È il più antico al mondo. Tutti i giorni alle tredici delizia i presenti, peccato che dura solo una decina di minuti, ma si può scegliere tra oltre più di cento cd per continuare ad assaporare il loro canto. Esco, mi metto in coda. Circa un’ora per andare ad ammirare la scultura romanica in legno del XII secolo della Virgen Moreneta; la Madonna Nera protettrice della Catalogna, in mano ha una sfera che simboleggia l’universo. Faccio ancora coda per prendere la funicular de Sant Joan. Biglietto di solo andata €6,80, in sette minuti mi porta in cima a mille metri. Qui ci sono diversi percorsi da fare alla ricerca di vari eremi sparsi in mezzo alla natura. Torno a piedi al Monastero, attraverso un facile sentiero in discesa, da qui riprendo la teleferica, poi il treno per tornare al caos di Barcellona. Nella stazione prendo la metro fino alla parata Drassanes (Colombo) e ceno con una buona paella mista in uno dei tanti locali sulla Rambla vicino all’ostello. Oggi le previsioni non sono il massimo, ma nel mio programma c’è: Colonia Guell e Sitges. Esco dall’ostello e giro a destra verso la statua di Colon, qui prendo la M verde per Piazza de Espanya. Una signora molto gentile mi aiuta a fare il biglietto nelle macchinette per andare a vedere una delle opere incomplete di Antoni Gaudi. Con € 15: treno, cripta più audioguida. Salgo su quello delle 9,40 e in venticinque minuti arrivo a destinazione. La Colonia si trova su una piccola collina. Con me scendono solo due turiste asiatiche. Fuori dalla piccola stazione si gira a sinistra, per terra impronte azzurre mi portano direttamente al punto d’Info dove mi consegnano l’audioguida. Stanno sbaraccando, hanno offerto l’aperitivo di benvenuto ai primi turisti, all’interno del punto c’è anche uno shop e un piccolo museo. Con le cuffie giro il piccolo paese poco frequentato dai turisti che visitano Barcellona, nonostante sia una delle più importanti opere del maestro, dal 2005 dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Me lo godo il paesino, ma soprattutto mi gusto la cripta in solitaria. Uno spettacolo, che meraviglia.
Rientro a Plaza de Espanya e a piedi vado fino a Plaza St Sants. Lungo la strada prendo un ottimo panino al volo vicino all’ultima opera di grandi dimensioni di Joan Mirò: Dona i Ocell. € 8,20 A/R per Sitges e in quaranta minuti arrivo in questo splendido villaggio tra il mar Mediterraneo e le montagne del Garraf. Scelgo la spiaggia, è affollata soprattutto da nudisti. Poco sole per me per rimanerci, faccio un bel giro sul lungomare e giro il paese. La parte più vecchia è indubbiamente più interessante – conosciuta come la Vila Vella – si estende su un promontorio roccioso che si specchia sul mare. A una delle estremità s’innalza la chiesa parrocchiale, l’immagine più tipica del paese, raffigurata da molti pittori nei loro quadri. Vedo la porta della chiesa aperta, sono quasi le sei, devo fare circa duecento metri, arrivo giusto in tempo per dare una sbirciatina dentro. Un signore la chiude. Maschi che suonano e quattro ragazze in costume a turno portano su una barella la statua di Santa Tecla. Chi sapeva che oggi era giorno della patrona?! La portano in processione fino alla casa natale suonando. Partecipo anche al piccolo buffet offerto a tutti e poi io mi godo un altro bel tramonto in spiaggia. Oggi inizio la giornata con la visita alla Cattedral de la Santa Creu e Santa Eulalia patrona di Barcellona. Aperta poche ore al giorno, eretta tra il XIII e XV secolo, fu progettata sui resti di altre due chiese che si trovavano nello stesso luogo. Merita una visita il chiostro e suscita interesse la curiosa presenza di tredici oche nel giardino centrale, attorniato da magnolie e palme. Tutti si chiedono cosa è dovuta la presenza di quelle bestiole?! Ci sono due spiegazioni. La prima: le oche bianche sono simbolo di purezza, ed il numero tredici come gli anni che ha vissuto Santa Eulalia protettrice di Barcellona, morta vergine e martire. La seconda: questi pennuti hanno il sonno leggero e la grande capacità di fare rumore, il loro starnazzare in passato impedì il furto di materiale per la costruzione e fecero da guardia alle cappelle arredate con preziose opere. Durante il Corpus Domini, sopra il getto della fontana di San Giorgio rivestita di fiori colorati, si celebra una delle tradizioni più curiose della città “ou com balla (l’uovo che balla)”. Comincio a orientarmi. Esco, giro a destra, duecentocinquanta metri c’è il mercato di Santa Caterina. Stabile riconoscibile dal tetto ondulato e super colorato: 67 diverse sfumature di colore, 200.000 esagoni di ceramica da 15 centimetri realizzato dall’artista Toni Comella, un paradiso per i golosi. Proseguo la mia scoperta di Barcellona passando sotto l’Arco di Trionfo, questa costruzione alta trenta metri, in stile mudejar è stata costruita in occasione dell’Esposizione Universale del 1888 per fungere da porta d’acceso al sito espositivo. Oggi tutt’attorno stanno montando degli stand, domani ci sarà un’esposizione di vino. Arrivo a Plaza de Toros Monumental. Rimango incantata dall’arena: miscuglio di mudéjar e di bizantino, il bianco e l’azzurro della facciata principale. All’interno il museo Taurino di Barcellona: esposti abiti famosi di toreri, teste di tori celebri, documenti ed oggetti relativi al mondo della tauromachia. Quest’ arena non è più attiva dal 25 settembre 2011, ora fanno concerti ed in passato nel 1965, si sono esibiti i Beatles, poi i Rolling Stones, Bob Marley, Tina Turner. Tiene 25mila persone. Io non sono entrata, non avevo tempo, dicono che dall’alto c’è una bella vista. Giro a destra per la Sagrada Familia… che dire?! Un’interminabile bellezza! C’è il mondo con il naso all’insù in attesa per entrare. Ho preso il biglietto su internet: ingresso con audioguida, per apprendere appieno il pensiero dell’architetto Gaudi, più ascensore alla Torre della Passione, il tutto per € 32… non è poco per ammirare il monumento più visitato della Spagna. Solo un genio come Gaudì, venne nominato anche l’architetto di Dio, poteva pensare ad una meraviglia del genere. Il tempio della Sagrada Familia è come un libro aperto che racconta la storia di una fede. Le sue pietre, le sue sculture, il suo grandioso e colorato interno sono così densi di spiritualità che riescono a farci sentire tutta la fede che quest’opera porta con se. Mi lascia senza fiato. Ha progettato una chiesa con diciotto torri: dodici simboleggiano gli apostoli, quattro gli evangelisti e le ultime due la devozione per Maria e Gesù. Saranno tutte di diverse altezze in base alla gerarchia che simbolicamente rappresentano. L’artista iniziò i lavori delle quattro torri della facciata Natività, ma ne riuscì a vedere compiuta solo una. Alle otto torri attuali, quattro per facciata, se ne aggiungeranno altre dieci, di cui la più alta dedicata a Gesù, sarà di 172 metri. Gaudì ha previsto di realizzare tre facciate dedicate rispettivamente: Natività, Passione e alla Gloria di Gesù risorto. Le prime due si possono dire concluse. I lavori di costruzione proseguono unicamente grazie ai proventi dei biglietti visitanti. Teoricamente sarà ultimata nel 2026, non oso neanche immaginare come potrà essere a lavori ultimati. Una curiosità, sulla facciata della Passione c’è un quadro composto da una tabella numerica, la somma dei numeri di ciascuna riga, colonna e diagonale sommati, sempre riportano 33, ci sono varie teorie, ma nessuna è stata comprovata, la più probabile l’età di Gesù Cristo quando fu crocefisso. Vicino alla Sagrada Familia, in Carrer de Sant Quinti 89 c’è l’affascinante Hospital de San Pau e Santa Creu ed i 10 € per il biglietto d’ingresso li vale tutti, peccato che non è tutto visitabile questo capolavoro di arte e impegno modernista. Nel 1997 è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. Chiedo info per giungere al Parc del Guinardò. Ho qualche difficoltà a trovare questo posto ricco di storia. Prima di prendere la salita mangio qualcosa in un ristorantino brasiliano. La parte bassa del parco, poco curato, è allestita con giochi per bimbi, pian piano salgo in mezzo ad alti alberi e giungo in cima alla collina Rovira. Diverse coppiette si godono una vista a 360° sulla città. Dal 2005 spicca, con i suoi 144 metri l’inconfondibile torre di Agbar, questo edificio si presenta come un geyser che si innalza al cielo, è il terzo più alto della città. Progettata per la compagnia delle acque di Barcellona, è rivestita da un complesso sistema di lamine di alluminio, placche di vetro e 4000 led che, sia di notte sia di giorno, le cambiano la “pelle” dotandola di un camaleontico effetto luminoso. La torre non è visitabile all’interno.
Arrivo a piedi al fiabesco Parc Guell. Anche questo è opera di Gaudì. Costruito fra il 1910 e 1914, inaugurato nel 1926, dal 1984 Patrimonio dell’Umanità. Apre alle 8 e chiude alle 20,30, ultimo ingresso 19,30. Consiglio come ho fatto io di andare al tramonto. Prenotato sempre da casa €8,96, alla prenotazione bisogna indicare giorno ed ora della visita… sono molto fiscali. Guardo l’ora e sono un po’ in anticipo e ovviamente non mi fanno entrare nella zona monumentale, quella a pagamento. Giro attorno, passo sotto al tempio dorico, la foresta di ben 88 colonne in pietra, persone che perdono la pazienza davanti alla lucertola mosaico più famosa del mondo, …. per farsi una foto. Controllo l’ora, mancano quindici minuti. Cerco il “mio” ombrello bianco per mettermi in fila. Puntuali ti fanno entrare un po’ per volta. Per preservare la zona fanno entrare al massimo 400 persone ogni trenta minuti. Nella zona monumentale c’è moltissima gente e nessuno si vuole spostare appena riesce a sedersi nella Banc de Tracadis, la lunga panchina rivestita di ceramica, da lì ti puoi gustare la città. Trencadis, la famosa tecnica di mosaico, sono l’emblema di questo parco. Una vera bellezza. Soddisfatta del giro esco dalla zona monumentale (quando si esce non si può più rientrare), salgo al Turò de les Tres creus (collina delle tre croci), un chilometro circa, è il punto più alto del parco. Esco dal Parc Guell, circa quindici minuti a piedi e trovo la M, la prendo per poi scendere a Drassanes, vicino al monumento di Colombo dove ceno sulla Rambla in uno dei diversi locali a buffet.
Stanotte ho dormito poco, merito di una mia compagna di stanza, ha sempre tossito. Meno male che è rientrata tardi. Parto presto e sulla Rambla, nel mosaico rotondo di Mirò, cerco la mattonella firmata da lui. Decine e decine di migliaia di persone mettono piedi sopra ogni giorno non curanti dell’opera. A due passi il più famoso mercato di Spagna, il più grande della Catalogna: La Bouqueria. Tripudio di colori, profumi e sapori: da non perdere! Il suo vero nome è Mercat de Sant Josep, come cita il cartello posto all’entrata, deriva dall’antico convento di carmelitani scalzi, ha origini molto antiche. Inaugurato il 19 marzo del 1836. Persone in fermento, è ancora presto e stanno preparando i propri banchetti colorati, sono più di 300. Un mix di alimenti freschi e cucinati, prodotti locali ed importati da ogni parte del mondo. È un tripudio di colori, provengono soprattutto dai banchi di frutta esotica e frullati sapientemente accostati nei colori con una attenzione maniacale, da vedere e fotografare… e che profumo! Il tutto accompagnato da un gran vociare chiassoso e costante. Faccio un giro veloce, prendo un bel bicchiere di frutta mista e delle empanada per il pranzo. Esco e vado in Placa Catalunia a prendere la M verde. Scendo a Palau Reial, attraverso Jardin del Palau de Pedralbes e faccio una bella passeggiata a piedi per giungere al Reial Monestir de Santa Mara de Pedralbes (€5,60 con audioguida). Una delle tante gioie nascoste di Barcellona.
Uscita dal monastero prendo il bus H4 fino a Plaza Kennedy, da lì con lo stesso biglietto, salgo assieme a un gruppo di turisti per giungere alla funicolare. Scelgo di fare il biglietto solo della funicolare, A/R € 7,70 senza le due attrazioni. Monte Tibidabo, tre in uno: il punto più alto della città, ben 512 metri, la Basilica con la statua del Cristo gigante ed un parco per i più piccoli. Pago altri € 3,5o per salire sulla statua, un pezzo si fa con ascensore e l’ultima parte la si fa a piedi. Dall’alto ho la panoramica più bella di Barcellona, sotto il luna park più vintage del mondo, è un posto d’altri tempi. Nuvoloso, gran vento, ma quando esce il sole si sta proprio bene e si vede la città ai propri piedi. Riprendo la funicolare per scendere. All’uscita giro a destra e dopo circa quindici minuti a piedi giungo alla Torre Bellesguard. Peccato, l’ho trovata chiusa l’opera meno conosciuta di Gaudì, da fuori è incredibilmente bella. Sempre a piedi fino al Ferrocaril che mi riporta in città. Cambio, e con lo stesso biglietto prendo la M verde e scendo a Mundet per farmi una passeggiata nel più vecchio parco: Par de Laberint tra giardini incantevoli, angoli romantici, qualcuno è stato scelto anche per il film “Profumo”. Ovviamente il labirinto. Riprendo la M verde per tornare all’ostello e scendo alla fermata Liceu la più vicina a “casa”. Una bella doccia e alle diciannove sono già fuori per assistere alla processione con i giganti sulla Rambla. Siamo nel pieno della festa patronale della Mercè, (la Vergine della Misericordia). È dal 1687 la patrona della città, dal 1871 che durante la festa de la Mercè, Il 24 settembre di ogni anno, si celebra anche la “Fiesta Mayor”, la festa principale di Barcellona, sicuramente tra tutte questa è la più importante. Gli eventi sono disseminati per tutta la città, quest’anno, Parigi è la città ospite. Inizia la processione dalla Rambla di queste statue altissime, giganti in cartapesta: regine e re, nobili e santi. I flautisti marciano, suonano la tipica gralla (flauto catalano) e tamburi, arriva fino a Piazza Jaume. Ormai è buio, sul palco ballano la sardana (tradizionale danza della catalogna), sulla facciata dell’Ajuntament, ripetuto più volte lo spettacolo di videomapping, proiezione in 3D di giochi di luce. Quella appena trascorsa è stata un’altra giornata bella piena. Parto dall’ostello e vado verso la statua di Colombo. Prendo la funicolare per Montjuic. Questo promontorio che con i suoi 173 metri sovrasta la città, è il “polmone verde” di Barcellona. Montjuic in catalano significa monte degli Ebrei. Da qui si può godere alcune delle panoramiche più belle della città. Esco dalla stazione, con lo stesso biglietto prendo al volo il bus 150 e scendo al castello. Giro attorno al colle, faccio il Cami del Mar, sosta foto al Mirador de Migdia, bellissima vista dall’alto: il porto e gli stadi delle olimpiadi del 1992, entro nel boschetto e scendo verso la collina del Cementiri de Montjuic. Incredibile, mai visto un cimitero con fermate bus all’interno, dove c’è la strada, più strade ed i famigliari arrivano ai propri cari in macchina. Ho letto che all’origine era diviso in quattro sezioni: cattolici, protestanti, non cristiani ed i feti abortiti, ci sono molte tombe appartenenti anche alla comunità zingara. Scendo la collina e all’ingresso recupero la mappa del cimitero. Due tra i molti nomi illustri che riposano: Josef Battlo e Joan Mirò. In zona c’è il Giardino Botanico con collezione di piante originarie di tutti i continenti. Pago € 3,50 per visitarlo. La cosa più bella per me è stata la vista che si ha sulla città, la parte dei bonsai oggi è chiusa. Peccato! Mi dirigo verso lo stadio Olimpico. Entro, faccio foto di rito. Fuori “impronte” di diversi atleti-campioni di vari sport. Sto calpestando quelle di Alberto Tomba. La fondazione Mirò è in zona e con €12 + €5 audioguida, entro per ammirare più di 10.000 opere tra dipinti e sculture del pittore catalano. Mi riposo un po’ al Jardi Botanic Històric, l’entrata è libera. Riparto. Passo di fianco al MNAC, Museo National d’Art de Catalunya. Entro al Poble Espaniol, € 11 perché ho la riduzione data dalla Fondazione Mirò. Una mini città. 117 sono gli edifici ricostruiti in scala reali nei vari stili architettonici presenti nelle quindici comunità spagnole. In pochi minuti si passa dall’Andalusia ai Paesi Baschi. Questo complesso è stato costruito in occasione dell’esposizione universale del 1929 e come accadde per la torre Eiffel, non fu demolita alla fine della manifestazione. Questa Spagna visitata da milioni di turisti da tutto il mondo, non mi è proprio piaciuta. Lungo la strada prendo un ottimo panino, torno a piedi all’ostello per alleggerire lo zaino ed esco di nuovo. Prendo la M e vado a Plaza de Espania, ad ammirare lo straordinario spettacolo della fontana. Dal giovedì alla domenica, tutte le sere dalle 21 alle 23,30 ricreano i festeggiamenti della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi con giochi d’ acqua, musica e luci ai piedi dell’imponente Museo Nazionale dell’Arte della Catalunya “Palazzo National”. Piove. Rimaniamo tutti bloccati all’uscita della M. Fuori un diluvio universale, nessuno ha il coraggio di uscire. Mi metto la mantellina, apro l’ombrello, giro i pantaloni, esco. Con i piedi completamente nell’acqua cerco di raggiungere la fontana. Alle 21 precise inizia lo spettacolo di luci e colori senza musica. Io rimango quarantacinque minuti sotto l’acqua. Chiedo info per sapere quanto dura, un signore che vende ombrelli mi dice due ore. Sono bagnata, ho paura per la macchina fotografica e con la metro rientro in ostello. Sistemo la valigia prima di andare a letto.
Alzata prima del solito per cercare di vedere tutte le rappresentazioni della festa. Alle otto in Plaza de la Mercè iniziano a suonare. C’è un omaggio floreale (tipo ghirlanda) alla Virgen, lo si porta in chiesa e viene data la benedizione. Quando usciamo uomini e donne in costume con fucili si mettono in cerchio e partono degli spari. Ripetano più volte. Oggi si dovrebbe entrare gratuitamente in tutti i musei e siti della città essendo festa. Voglio riprovare ad entrare al museo Picasso. Passo davanti: cattedrale, mercato Santa Caterina, chiesa Santa Maria del Pi, quest’ultima circondata da stradine, piazzette ed edifici. Un enorme rosone corona la facciata principale, dieci metri di diametro, il più grande della Catalogna, il campanile a fianco alto 55 metri, ha sei campane. È chiusa. Destinazione museo Picasso. Con mia grande sorpresa è già aperto (9,15), entro ed oggi risparmio € 14 del biglietto, la guida invece è a pagamento € 5. Oltre 3.500 sono le opere esposte del maestro spagnolo. Finita la visita prendo per Plaza de Jaume. Sento degli spari, è il gruppo di prima. Incrocio i giganti e i capgrossos (testoni) in sfilata. Entro ad un caffè, salgo in una sala sopra, dalla finestra c’è una bella vista sulla piazza. Ho trovato il mio posticino per dopo, senza essere in mezzo alla ressa. Torno giù e mi dirigo verso la Rambla, riprendo le migliaia di persone che passano sopra al mosaico di Mirò, entro alla pasticceria Escriba, una delle più rinomate, si trova sempre lungo la Rambla, compero il dolce tipico di oggi, me lo faccio mettere da parte, ripasso dopo a prenderlo. Ritorno al secondo piano del caffè, sono le undici, mi siedo davanti ad una finestra. Vetro sporco, lo pulisco. Tutte le finestre del caffè sono bloccate. Finalmente mi riposo in attesa della gara dei castells. Sono castelli umani di svariati metri di altezza composti da decine di persone che si allenano tutto l’anno per queste esibizioni. Realizzare la torre umana richiede una lunga preparazione ed un grande lavoro di squadra. I più robusti stanno alla base e reggono tutta la struttura, un bimba/o di pochi anni poi sale fino in cima e deve stare diritto con una mano alzata per qualche secondo così la torre è conclusa. Questi castelli simboleggiano “l’unione fa la forza” e sono veramente impressionanti da vedere, ti coinvolgono e ti lasciano senza fiato. Non mollo la finestra. Rimango più di un’ora. Le varie contrade fanno le torri, ma non tutte riescono a stare in piedi e fare i castelli come sono stati dichiarati il 16 novembre 2010 Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Entro al Palau de la Generalitat de Catalunya, oggi per la Festa della Mercè è aperto in via eccezionale e si può visitare. Ritorno alla panetteria e ritiro il mio pan dolce, ne mangio una parte su una panchina della Rambla e in mezzo a migliaia di persone che passeggiano. Ottimo. Rientro in ostello, svuoto un po’ lo zaino, esco per mettermi in coda. Ben cinquanta metri a prendere il biglietto per entrare al Palau Guell. Oggi gratis. Risparmio altri €12. Trovo posto per le 17,30. Ho quasi due ore buche. A piedi mi dirigo verso il Parco la Ciutadella, passo davanti stazione de Francia, all’interno un mercatino vintage, non molto interessante, ma io voglio vedere il parco; proseguo. Arrivo. All’interno molti spettacoli, clown intrattengono i più piccoli. In mezzo a fontane, laghetti e palme gruppi che suonano e cantano, la gente cerca un po’ d’ombra camminando nel verde e si riposa sotto le piante soprattutto i più grandi, i bimbi giocano. Fa caldo. Faccio un giro, torno verso Palau Guell, sono in ritardo con gli ingressi. Mi dirigo verso il quartiere Raval, e mi torna in mente L’ombra del vento di Carlos Ruiz Zafon… da un po’ di tempo ha trovato posto anche il Gato nero di Botero, vado a salutarlo. Ritorno e devo aspettare ancora un po’ per entrare. La direzione, assieme all’ingresso, mette a disposizione di tutti i visitatori gratuitamente anche la guida. Sobria la parte bassa dell’edificio, in contrasto con i colori e la maestosità della parte alta in cui si trovano venti caminetti-sculture. È una delle prime opere di Gaudì, anch’esso dichiarato dall’Unesco nel 1984 Patrimonio dell’Umanità.
Ritorno da Escribà per mangiarmi una crema catalana deliziosa. Sulla Rambla sfilano ancora i giganti, accompagnati da musica a tutto volume, ci sono anche gruppi di stranieri in sfilata, sono in costume e con strumenti, la musica è assordante. Rientro in ostello, recupero un po’ di forze per poi uscire più tardi per andare a vedere i fuochi alla Barceloneta. C’è moltissima gente in spiaggia, qualcuno fa il bagno anche se fa fresco. Iniziano alle ventidue puntuali, durano solo quindici minuti e lo spettacolo è una delusione. Rientro distrutta.
Mi alzo con calma, faccio colazione. Vado verso la bella, per me tra le più belle piazze della città, Placa Reial, alla domenica mattina c’è un mercatino d’antiquariato. Di forma quadrata questa romantica piccola oasi di palme e portici, in mezzo ha una bellissima fontana, i bar sono affollati. Faccio un giro tra le bancarelle e poi mi dirigo a Plaza Jaume. Trovo ancora i ragazzi con i bastoni che suonano. Per vedere altre piramidi umane è presto, dovrei aspettare due ore, sono un po’ indecisa se aspettare o andare al mare. Vado al mare. A piedi è un po’ lunga, ci impiego più di trenta minuti, per ora c’è il sole ed è meglio che ne approfitti, ci sono alte probabilità d’acqua. Platia Somorrostro è la prima che incontro vicino alle due torri, dove c’è l’enorme pesce . Spiaggia libera con bagni puliti e poca gente. Rimango un paio d’ore. Quando esce, il sole picchia. Prendo via Laietana per arrivare a Plaza Jame dove anche oggi ci sono i castelli umani. Mi trattengo circa due ore fino alla fine della manifestazione. Una torre umana crolla. Bighellono un po’. Entro e visitato il Palacio de Capitania, il Museu Maritim che illustra la cultura marittima catalana attraverso dipinti marinari, documenti, imbarcazioni di tutti i tempi, come la Galera Real. Rientro in ostello, sistemo la valigia ed esco di nuovo per tornare sulla via Laietana per assistere ai Correfoc. Corteo di draghi sputafuoco, accompagnati da diavoli ed altri mostri che spaventano la gente con fuochi d’artificio e petardi. Inizia a piovere. Mi fermo a mangiare qualcosa in un locale sperando che smetta al più presto. Mi gusto la cena e la crema catalana, quella di Ecribà è molto più buona. Non piove quasi più, prendo direzione Plaza de Espanya. In via Maria Cristina ci sarà lo spettacolo finale con fuochi d’artificio. È con essi infatti che viene celebrata la chiusura della festa del la Mercè. La fontana diventa magica illuminandosi di meravigliosi giochi di colori abbinati a ritmo di musica. Tutto questo crea un’atmosfera difficile da dimenticarsi. C’è il mondo che attende l’evento finale tutto bagnato ed infreddolito con il naso all’insù, appuntamento irrinunciabile per i locali e turisti. Iniziano puntuali e lo spettacolo dura trenta minuti. Rientro a piedi in quarantacinque minuti. Subito dopo colazione preparo la valigia e la lascio alla reception. Prendo per Calle de Les Ramellers, mi fermo al n° 17, al tornio degli orfani. Il foro circolare ora è chiuso, qui venivano lasciati dalle mamme i bimbi che per vari motivi non potevano farli crescere, vicino c’è un’ottima pasticceria. Prendo il Passeig de Gracia, a destra e a sinistra negozi delle marche più prestigiose, passo davanti a casa Battlo che visiterò più tardi, proseguo circa trecento metri e chiedo per casa Milà, ma qui nessuno la conosce. La conoscono solo come la Pedrera per via della facciata esteriore che sembra una cava a cielo aperto. Biglietto preso su internet per evitare lunghe code a € 20,50 con audioguida. Sinuosa in pietra naturale, i balconi in ferro battuto, il tetto in ceramica bianca, i camini con forme ondulate che si ispirano a quelle della natura.. .Gaudì era intollerante alle linee rette. Visita: bella, bella, bella. Ora vado a Casa Batllò. Biglietto preso sempre su internet a data fissa, convertito alla cassa prima di entrare, €22,50 con audioguida. Quest’edificio è stato progettato da Gaudì per Josep Batllò, un ricco aristocratico, come casa di lusso. È inconfondibile con i suoi colori pastello, la facciata dalle forme sinuose, il tetto fiabesco a forma di coda di dragone sembra essere composta di teschi e ossa. I teschi sono in realtà i balconi e le ossa i pilastri di sostegno. Gli interni e le stanze sono concepiti e costruite in modo curvilineo e rotondeggianti, in contrasto con i canoni architettonici dell’epoca, molto rettilinee e spigolosi. La facciata che da su Passeig de Gracia è caratterizzata da piastrelle in ceramica azzurre e blu che ricordano le squame di un rettile, è uno degli edifici più bizzarri al mondo, che assieme alle vicine Casa Amatller e Casa Lleò Morera compongono la Manzana de la discordia, il meglio dell’ecletticismo modernista a cura di tre famosi architetti: Gaudì, Montaner e Cadafalchi, il tutto in un unico isolato. Rientro a piedi attraverso le botteghe più trendy del Passeo de Gracia. All’inizio della Rambla c’è la fontana di Canaletes, bevo e riempio la mia bottiglietta, secondo la tradizione… chi beve da questa fontana farà sicuramente ritorno a Barcellona. In una via laterale, mi faccio un panino integrale di quaranta centimetri con salmone, avocado, insalata e pomodoro. Ottimo. Il destino mi fa entrare alla Boqueria per qualche scatto. C’è moltissima gente, non c’è un posto libero per mangiare, gente in coda che attende con pazienza che qualcuno se ne vada per sedersi, è l’ora di punta. I piatti sono vari e hanno un bell’aspetto, sono invitanti, sembrano anche buoni a vedere la gente da come li gusta. Vado verso Colombo, mi siedo su una panchina e respiro l’aria di mare che sale. È ora di tornare, ritorno in ostello, recupero la valigia e vado in Plaza Catalunya a prendere l’Aerobus che in trenta minuti mi porta al terminal per rientrare a casa. Torno piena di emozioni e ricordi.