La mia Africa 4

Una vacanza, un viaggio, una scoperta nel cuore dell'Africa nera.
Scritto da: ginevrina
la mia africa 4
Partenza il: 21/02/2011
Ritorno il: 01/03/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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L’ oggetto di questo mio diario di viaggio è il Kenya, visitato alla fine di febbraio 2011.

Partecipanti al viaggio Io e mio marito. Inizio il mio racconto con una premessa, dovuta ad un viaggio stupendo come questo; perché proprio di un viaggio si è trattato, e non di una vacanza. L’ Africa, quella nera, come si può trovare in Kenya, è una scoperta, una rivelazione, un mondo a parte che inizialmente non è facile capire e metabolizzare, ma che ti lascia nella mente e nel cuore delle sensazioni difficili da raccontare e da descrivere a chi non le ha provate. Non so se posso chiamarlo “mal d’Africa”, ma senza dubbio posso dire che più passa il tempo dal momento del mio rientro più sento riaffiorare i colori, i panorami, gli odori, la pienezza della vita che affiora in ogni angolo, così in contrasto con l’immobilità, con la sensazione che mai niente cambierà, che in Kenya, nei suoi abitanti, il domani sarà sempre uguale a ieri.

Vedendo le persone che dormono all’ombra degli alberi, le donne che con passo lento vanno a prendere l’acqua, i bambini scalzi con le loro divise sgargianti che salutano le jeep ai lati della strada pensi che il tempo là scorra davvero diversamente dal nostro, e che in Africa il futuro sia pensare ad arrivare in fondo alla giornata, alla successiva ci si penserà la mattina dopo. E un’ultima cosa: seppur in Kenya non manchino le strutture per turisti, con ogni confort del caso, la sensazione che ti pervade è che tu stia scoprendo un mondo selvaggio, e che appena svolti l’angolo dalla “colonizzazione turistica” tutto torni alle origini.

I° Giorno

Arriviamo a Mombasa dopo 8 ore di volo, è mattino e la città è nel pieno del fermento. Mombasa è il primo forte impatto: come ci dice a nostra guida a Mombasa sai quando entri ma non puoi mai sapere quando uscirai. Niente di più vero, perché il caos regna sovrano. Clacson, pulmini stracarichi di persone, carretti a mano o tirati da asini, pedoni che sbucano da ogni parte: un caos ingestibile e quasi assurdo. La cosa buffa è che in Africa i tempi sono lunghi, dilatati e incalcolabili, gli orologi un optional, ma una volta alla guida hanno tutti fretta. Si comincia da Mombasa ad avere coscienza di dove siamo, grazie ai colori sgargianti dei parei indossati dalle donne, ai veli neri portati da altre, alle variopinte divise dei bambini e all’ amata abitudine di riposare all’ombra degli alberi, anche in mezzo alla città. Noi per lasciare alle spalle questo colorato, chiassoso e piuttosto puzzolente formicaio di tinte ci abbiamo messo un paio d’ore, ma qua siamo in Africa, il tempo non si può quantificare!

Per arrivare a Watamu ci sono volute un altro paio d’ore. Avevo prenotato al Barracuda Resort perché si tratta di una struttura piccola, informale, senza grande animazione (che personalmente evito per principio). Durante i miei viaggi la parte di alloggio ricopre un ruolo marginale, comunque, per chi ha poche esigenze, il Barracuda è tranquillo, soft, perfetto e si mangia anche bene, frutta e verdura sono spettacolari (anche perché forse siamo talmente abituati a prodotti freschi maturati in celle frigo che assaggiare cose saporite sembra un sogno).

Una volta giunti al resort si ha il primo impatto col mare Keniota, i suoi ritmi cadenzati dalle maree e i suoi colori. Non è il mare ricco e colorato dell’ Egitto, e non è nemmeno trasparente come quello Maldiviano, ma ha un fascino tutto suo che si impara ad apprezzare. Ogni ora del giorno il panorama verso il mare assume sfumature diverse, affiorano tratti di fondale, ne spariscono altri, l’eterna inquietudine del mare qua trova la sua massima espressione. La barriera corallina si intravede a largo, per l’implacabile frangersi delle onde, ma pare che non sia facilmente balenabile. La spiaggia di Watamu è lunghissima, ampia, candida e fine. I resort che vi si affacciano non possono occupare il tratto di spiaggia antistante con ombrelloni o lettini fissi in quanto si tratta di parco, e ciò è meraviglioso perché la spiaggia è libera.

A parte le bancarelle dei venditori, e qualche turista in giro, la spiaggia è goduta dagli abitanti di Watamu, siano essi Masai, bambini che giocano a calcio, beachboys, cani o donne a passeggio. Parentesi beach boys e venditori. Asfissianti, noiosi, opprimenti…sono tutto questo ma anche molto di più. Sono persone che vivono grazie a noi turisti, che a modo loro, nella prospettiva africana, sanno fare bene il loro lavoro. Siamo noi a casa loro, possiamo solo ringraziarli di poter godere della loro meravigliosa terra. E comunque noi siamo in ferie, possiamo adeguarci ai tempi africani e cosa ci costa perdere qualche minuto a guardare parei e cianfrusaglie?

II ° GIORNO

Alle 6 partenza per Tsavo Est. Io ho prenotato il safari di due giorni dall’Italia, ma presso un’agenzia locale a Watamu. Il mio tramite era Luigi, che consiglio vivamente a tutti per serietà e professionalità. Per arrivare al parco si intraprendono 120 km di pista sterrata, tra l’altro piuttosto malmessa in alcuni punti. A mio parere in Jeep si gusta il sapore del vero safari, comunque circolano soprattutto pulmini. La pista è di terra rossa, intorno spazi sconfinati e arbusti, ogni tanto qualche capanna di fango, qualche donna a piedi lungo la strada con un recipiente d’acqua sulla testa; gruppetti di bambini che camminano verso la scuola, spesso distante km. Non riuscivo a immaginare quale fosse fisicamente l’inizio di un parco come quello di Tsavo, cosa potesse esserci prima o dopo, in realtà non c’è nessuna differenza, solo natura selvaggia e esseri umani che la subiscono, piuttosto che piegarla. Materialmente è un grosso arco sulla pista che avverte dell’inizio dell’area protetta, e lì avviene il primo significativo avvistamento, l’unico a piedi: quello dei coccodrilli, creature primitive e affascinanti che con la loro presenza ci ricordano quanto siamo giovani su questa Terra. Da lì in poi è un susseguirsi di animali che per anni abbiamo visto su National Geographic ma che non è possibile immaginare se non dal vero. Il mimetismo, l’impressione di essere solo comparse nel loro territorio, in cui ovviamente sono padroni, fanno dell’ osservazione di ogni animale un dono pregiato. La savana è un ecosistema incredibile, come avviene in natura niente è per caso, solo che qua è molto facile assistere alle meraviglie del mondo selvaggio. I game della giornata sono stati due, quello al tramonto ci ha regalato dei panorami mozzafiato, pianure infinite di un verde tenue su cui svettavano rari enormi baobab e sagome di animali, chiazze di terra rossa e piccole pozze d’acqua… un occhio sul mondo che è difficile dimenticare. Indimenticabili le figure in lontananza di due elefanti la cui pelle era carica di terra rossa: due montagne di carne color ruggine in un mare verde. Per la notte eravamo alloggiati al VOI wild life, lo consiglio vivamente per l’ubicazione e la bellezza della struttura.

III° GIORNO

All’alba abbiamo effettuato l’ultimo game del nostro piccolo safari, e come avviene per il mare, anche la savana cambia aspetto, profumi e colori nelle varie parti della giornata. La mattina è fantastico l’odore dell’erba, della terra umida per la rugiada, e ancora più rossa se possibile. I leoni nella notte avevano cacciato, e dunque era ben visibile un bufalo , o quel che ne restava, e nelle vicinanze il gruppetto di giovani maschi, sazi e tranquilli, all’ombra di un grosso albero. Il ciclo della vita a Tsavo è duro, crudele forse, ma dettato da naturale istinto primordiale.

Nel pomeriggio, con nostro grande rammarico, siamo tornati alla base, giusto in tempo per prendere un po’ di sole e comprare un grosso batik carico di animali naif. Il prezzo ovviamente va trattato, ma noi non ce la siamo sentita di insistere più di tanto, in fondo non siamo mica in vacanza per fare affari commerciali. Arrivando ad un prezzo che ci pareva equo ci siamo fermati. Altro consiglio: attenti alle scimmie che rubano gli oggetti che lasciate sul terrazzo. Le tipette si buttano a capofitto su costumi, Parei e non esiteranno a inseguirvi per gli occhiali che luccicano!

IV° GIORNO

Visto che di Watamu avevamo visto poco il giorno è stato dedicato alla scoperta dei dintorni. Ingaggiando sul momento due beach boys, Giulio e Arachide, tra l’altro disponibili, simpaticissimi e che consiglio vivamente, siamo andati a piedi all’isola dell’amore. Essendoci la bassa marea, ci siamo arrivati a piedi. E’ molto bella, la sabbia riflette la luce tanto è bianca, e questo isolotto verde raggiungibile a piedi ha un fascino tutto suo. Unica nota dolente è che, essendo un bel luogo, è piuttosto affollato e turistico: contrariamente alla restante spiaggia di Watamu qua i turisti la fanno da padroni, a dispetto dei locali. Comunque da vedere, il panorama è bellissimo, e se qualcuno fosse intenzionato a usufruire della comodità di lettini, ombrelloni e ristoranti “all’occidentale” questo è il posto giusto. Per rientrare in albergo le nostre simpatiche guide ci hanno fatto passare dal villaggio islamico, e davvero è incredibile pensare che a pochi metri sorgano resort da sogno. Questa è l’Africa…basta fare pochi metri e sei proiettato in un altro mondo. Dalle case si possono intravedere scene di vita vera, che poco ha a che fare coi turisti, o i ristoranti: gli animali da cortile vivono in casa, i bambini girano scalzi e si cerca di essere il più possibile autosufficienti. Una curiosità: in più case c’erano donne intente a lavori di sartoria, e utilizzavano le vecchie macchine a pedale, quelle che conoscevano bene le nostre nonne. E poi la via delle botteghe, coi suoi odori buoni e cattivi, primo tra tutti quello della frutta, dolce e intenso. Ultimo step la bottega di Mamma Lucy, unico market pseudo occidentale, dove ci siamo lanciati all’acquisto di spezie varie e tè.

V° GIORNO

Altra giornata alla scoperta di Watamu e dintorni. Stavolta la passeggiata è andata in direzione opposta all’isola dell’amore. La spiaggia è realmente infinita e, modestamente, noi ce la siamo fatta tutta o quasi. Tra l’altro, davanti al Garoda resort, uno degli ultimi villaggi, con la bassa marea, affiorano delle lingue di sabbia a cui si arriva a nuoto, davvero impressionanti. Bisogna camminare ore per percorrere la spiaggia da un estremo all’altro ma secondo me ne vale veramente la pena, perché il paesaggio non è mai uguale, la sabbia è stupenda, e scricchiola sotto i piedi mentre si cammina, una sensazione bellissima. E poi ci sono i granchi, bianchi, di tutte le dimensioni, che corrono da una parte all’altra per evitare i nostri piedi; per non parlare delle scimmie, numerose in alcuni tratti di verde che si affacciano sulla spiaggia. Strada facendo vale la pena fermarsi a guardare le varie bancarelle, solo per i colori delle tele, dei parei, dei monili; gli stessi sgargianti colori dell’ Africa.

VI° GIORNO

Una gita in barca era doverosa, anche perché il mare, seppur panoramicamente affascinante, non ti permette di goderlo a pieno per la balneazione. Quindi, sempre con Luigi, abbiamo contrattato per una giornata di “mare vero”. La mattina ritrovo e per primo step siamo andati in una zona di soglio, proprio fuori dalla costa, una pseudo barriera corallina a dimostrazione che il mare del Kenya, nei punti giusti, non ha niente da invidiare a reef “più facili”. Colori anche sott’acqua finalmente! Un bel giro di snorkeling e dunque ci siamo avviati verso una zona detta Sardegna 2. Strada facendo i delfini ci hanno fatto compagnia, con la loro allegria e come sempre provocano una gioia nel cuore difficile da raccontare.

Sardegna 2 sarebbe un atollo di sabbia in mezzo al mare che compare solo con la bassa marea, al nostro arrivo c’era ancora un mezzo metro d’acqua che si è pian piano ritirato, l’acqua è calda e cristallina; la sola consapevolezza di starsene su un atollo in mezzo ad una distesa blu è mozzafiato, e bellissimo è il pranzo a bordo, tra aragoste, riso al cocco, frutta fresca e perfino il caffè, portato da terra in un termos da un avventuriero keniota in canoa di legno….a proposito di canoe di legno, ad una certa ora sono arrivati a remi vari venditori di parei e monili, e l’immagine di queste donne che nell’acqua bassa presentano parei colorati svolazzanti alle loro spalle era quasi surreale. Purtroppo è arrivata l’ora del rientro, e con la pelle colorata dal sole e l’umore al massimo per una giornata bellissima volata via, abbiamo iniziato la navigazione verso casa, accompagnata dall’allegria dei nostri “traghettatori” che si sono lanciati in canti e percussioni di forchette e coltelli sui vassoi. Alla fine ci siamo ritrovati tutti a cantare scimmiottando lo swahili…probabilmente era il caldo, ma l’allegria è davvero contagiosa da quelle parti!

VII° GIORNO

Giornata di puro relax in spiaggia, che ci voleva. Nel pomeriggio abbiamo ingaggiato i nostri accompagnatori Giulio e Arachide per un’ultima passeggiata perlustrativi. Il giro si è così articolato: il “vero” villaggio di Watamu, come dicono loro, che si trova dopo 20 minuti a piedi di sentiero, verso l’interno, tra capanne, capre e spazzatura, ma anche questa è Africa; un giro nella zona del “mercato” e dulcis in fundo il villaggio dei pescatori. Il Kenya ci ha salutato con questa meravigliosa ultima immagine delle barche di legno che rientravano nella baia dove si trovano le case dei pescatori, con le vele al vento, incolonnandosi l’una dietro l’altra fino all’ormeggio. Sono immagini che solo un viaggio come questo ti può regalare, e sono la ragione che mi spinge a desiderare di scoprire ancora, di vedere ancora, perché ogni viaggio è un’esperienza che non avrà pari.



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