La lluvia en Sevilla es una maravilla
Intorno a noi la vita quotidiana: coppie che si godono il bel tempo, cani a passeggio e pochi turisti, storditi da un clima decisamente primaverile (20° circa). Arriviamo così ai Reales Alcazares, le fortezzi reali: tutto un rigoglio di piante, fontane e palme con i giochi di ceramica che caratterizzano Siviglia. I passaggi intorno al giardino sono coperti da volte arabeggianti, archi e intagli in pietra. Le mura sono spezzate da finestroni che danno sul verde, con ai lati panche ricoperte di ceramiche dai disegni sublimi, con tutti i colori delle pietre preziose: verde, blu, giallo intenso. Negli antri padroneggiano fontane, con il loro gorgoglio d’acqua, al centro dello spazio, com’è nello stile arabo. La sera ceniamo in un ristorante tipico di Siviglia, Casa Robles. Ci accolgono i prosciutti iberici, agganciati sopra il bancone dove vengono servite le tapas: pesci freschissimi, ostriche e verdure coloratissime fanno bella mostra di sè sotto un filare di bottiglie di vino. Ma stasera è il mio compleanno, quindi niente tapas: ordiniamo una cena completa al secondo piano dello stabile. Il servizio è pessimo: camerieri frettolosi, senza cura delle nostre esigenze, non ci impediscono di godere di piatti prelibati, come le olive marinate alla maniera andalusa, il leggendario prosciutto iberico, il queso manchego, il filetto cotto nella salsa di vino rosso, la frittura di pesce mista e un dolce capolavoro: piccolo come un gioiello, decorato come un pacchetto dono, delizioso come deve essere un dolce ben fatto. Trattasi di bavarese al cioccolato bianco con zafferano, ripiena di fragole con miele di Zagara, secondo il menu: dolce celebrativo del matrimonio dell’infanta Elena. So solo che mangiandolo, mi sono sentita una vera regina: un buon compleanno davvero!
La mattina inzia con una colazione all’aperto, e una sosta alla casa de Pilatos: meravigliosa. Un cancello e si aprono le porte di ‘Mille e una notte’, si ritrovano qui tutti i topic dell’architettura andalusa, che, come si sarà intuito, risente, inevitabilemente, per ragioni storiche, dell’influenza araba in maniera più che sensibile, con importanti richiami all’arte antica e più in particolare italiana. Il secondo piano è un omaggio al rinascimento, non si può calpestare il pavimento, si passa sopra un tappeto e la visita può essere solo guidata, mentre al piano inferiore si ha la picevolissima sensazione di essere liberi, ci si siede dove si vuole, sulle maioliche, tra i vasi di piante nel giardino e si va via con l’idea di essere stati in un luogo proibito. A pranzo finalmente tapas, tapas vere. Il Patanchon è un piccolo locale all’angolo di una calle, proprio davanti al precendente tapas bar, ma completamente diverso per l’ottima qualità: tripudio di prosciutto rosso sangue, formaggio saporitissimo, coda di toro con patate, tortilla e birra fresca. Potremmo scegliere tapas ancora più tipiche, presenti nel menu e sicuramente gustosissime, come quanto da noi preso, ma il cameriere al momento dell’ordine ci consiglia di non superare 4 piatti, perchè sufficienti a saziarci: lo troviamo onesto e la franchezza del cameriere, sopratutto quando contraria al proprio interesse economico, è una delle prime conferme che ci si trova nel posto giusto. Non vorremmo alzarci più. Alla fine lo facciamo, per passeggiare attraverso l’Università cittadina fino al parco di Maria Luisa: immenso, con i classici calessi che vanno su e giù per le stradine polverose. E’ qui che prendiamo in affitto una barca a remi per soli 5€, grazie alla quale trascorriamo mezzora da Bridgette Jones (vedi scena da ‘Il diario di Bridgette Jones’, quella in cui lui, un super sexy Hugh Grant, si rovescia dalla barchetta e riemerge dalle acque con una sigaretta, bagnata, in bocca, davanti ad una lei divertitissima: per fortuna noi non ci ribaltiamo, ma ci manca poco, e il divertimento è assicurato, al solo ripensarci rido…ahahh!!). Perdiamo un po’ di tempo sotto una pioggia finissima, senza che alteri più di tanto la temperatura, che resta comunque piacevole, e prima di far ritorno all’albergo ci prendiamo una birra in un locale dove un boccale costa solo 1€, ed è possibile accompagnarlo con stuzzichi, altrimenti detti ‘bocadillo’, con il famoso chorizo (salame spagnolo), il tipico prosciutto, la tortilla e altro ancora.
Per l’ultima sera in città non ci facciamo mancare il flamenco. Prenotiamo in uno store del centro città lo spettacolo delle 21, per 17€, un prezzo più che onesto, considerando che lo spettacolo è stupendo. Arriviamo con un certo anticipo, cosa che giustifica una sosta alla Casa Robles, ristorante, tapas bar già sperimentato: una pinta di birra con olive e poi pronti a gustarci un’ora e mezza di flamenco, chitarra andalusa e canto spagnolo. Il locale è al piano terra, sembra ricavato da un negozio, un semplice palco, seplici sedie in paglia, una ragazza acqua e sapone a strappare i biglietti. All’inizio dell’esibizione ci avvertono che non è possibile filamare lo spettacolo, ma si possono fare solo delle foto durante i balletti finali. La ballerina è bravissima, crocchia nera, lucida, abiti gitani, corpetti variopinti, drappi, gonne ampie, le sue performance sono intervallate da esibizioni soliste del chitarrista, mentre quando lei balla, lui e il cantante l’accompagnano con la musica, gli acuti e il battito delle mani. A fine spettacolo tutto il pubblico rimane in piedi per omaggiarla con applausi fragorosi e grida ‘bravo, bravo’! Chiudiamo la nostra vacanza in un tipico ristorante nel quartiere di Santa Cruz, con sedie rosse, piante dapertutto, tovaglie di lino candido, tori alle pareti, e la classica strutturata andalusa: sala al centro, con fontana, colonne e il piano superiore tutto intorno al perimetro (è così anche il nostro albergo). Lasciamo la terra andalusa con la meraviglia nel cuore, consapevoli di aver scoperto un luogo incantato. La rana in Spagna gracida in campagna, in spagnolo: La lluvia en Sevilla es una maravilla (La pioggia a Siviglia è meravigliosa). Che dire: que viva Espana!