La forza della semplicita’
Sono arrivata il 4 settembre e ripartita l’11, un giorno particolare che ha gia’ segnato la storia di un paese tanto opposto a Cuba.
So che questo non e’ proprio il periodo migliore per visitare l’area Caraibica, infatti gia’ fuori dall’aereoporto i segni del recente uragano sono tangibili…Qualche albero sradicato e rami spezzati qua e la’. Il trasferimento per Playa de l’Este dura circa 45 minuti e sinceramente durante il tragitto non c’e’ molto vedere, la strada e’ grande e ben percorribile, tutta a diritto, ogni tanto si incrociano strade sovrastate da semafori penzolanti, tipo quelli delle citta’ sonnacchiose nel deserto americano.
E’ sera quando arrivo in hotel, il Club Atlantico, chi si aspetta i villaggi di Varadero rimarra’ sicuramente deluso, e’ spartano, semplice e non tutto funziona alla perfezione! L’umidita’ e’ altissima anche per la recente pioggia. Sulle vetrate dell’hotel sta attaccata un’infinita’ di ranocchiette lucide.
Purtroppo anche il mio primo vero giorno qui promette pioggia..Il cielo si lamenta ed e’ tutto nero..Infatti il temporale non si fa attendere piu’ di tanto.
Ne approfitto per osservare nei dintorni, cerco un cambio moneta, che fortunatamente si trova a due passi dall’Atlantico e do uno sguardo agli altri hotel di Playa de l’Este, tutti allineati uno dopo l’altro e adatti a persone semplici e sicuramente di poche pretese.
Dopo pranzo torna un sole cocente e la voglia di rivedere l’Havana a distanza di un anno e mezzo (l’ultima volta che sono stata qui) mi spinge a rinunciare al mare e alla spiaggia per la citta’, cosi’ “busco” (dallo spagnolo prendere) un taxi e in meno di 15 minuti sono nella capitale.
Qui niente e’ cambiato…
Approvo pienamente che faccia parte del patrimonio dell’umanita’ dichiarato dall’Unesco…I cubani dovrebbero esserne fierissimi.
L’atmosfera e’ sempre la stessa, le macchine d’epoca sfilano una dopo l’altra nei loro colori sgargianti e nelle pennellate che dimostrano che sono dipinte a mano… scesa dal taxi subito un anziano signore con una lunga barba, il classico cappello da cow boy e il sigaro in bocca, mi viene incontro.
Faccio alcune foto con lui, tanto sorridente e gentile, non mi chiede nemmeno uno spicciolo in cambio, mi ringrazia per la cortesia!!! Incredibile, ovviamente gli do alcune monete e non la finisce piu’ di ringraziarmi e salutare.
Oggi percorro diversi chilometri a piedi che mi portano al famoso Campidoglio o Capitolio Nacional, che nel suo stile neoclassico svetta maestoso sulla citta’. E’ una copia di quello di Washington. Qui incontro un signore che avevo conosciuto la mia prima volta a Cuba, circa 10 anni fa…Incredibile, fa sempre il solito lavoro, le famose fotografie ad acqua in bianco e nero con le macchine fotografiche d’epoca. E poi anche un tipo bizzarro un po’ attempato con la bandana rossa e un lunghissimo sigaro in bocca che se ne sta sempre intorno alla scalinata.
La vista dal Campidoglio e’ bellissima, di fronte ci sono degli edifici zeppi di colonnati, uno in particolare di colore celeste, viene ridipinto ogni anno in tonalita’ sempre piu’ accesa.
La piazza della Cattedrale e’ quanto di piu’ tipico si puo’ trovare a l’Havana..Con il bar che fa musica dal vivo e tutti i tavoli e le sedie in ferro battuto arricciolato poste li’ davanti. D’intorno gli edifici hanno terrazzi finemente lavorati dipinti di azzurro. Le donne (avanere) con gli abiti tradizionali tipici bianchi o colorati e gonfi e il sigaro in bocca stanno a dare spettacolo in attesa di essere fotografate e guadagnare qualche spicciolo. La Catedral possiede una delle facciate barocche piu’ belle del continente americano.
Da una piccola traversa nella piazza si arriva alla mitica “Bodeguita del Medio”, famosa per aver spesso ospitato il gran bevitore Hemingway, che ha piu’ volte messo piede in terra cubana.
Le pareti sono zeppe delle firme dei vari visitatori, anche io cerco un angolino di muro dove lasciare il mio nome, ma niente, e’ troppo fitta la stesura di scarabocchi. E pensare che la Bodeguita e’ stata ridipinta piu’ di una volta. Fuori sono parcheggiati alcuni sidecar colorati.
Passo davanti il museo della Rivoluzione che ha trovato sede nell’ex palazzo presidenziale e alla caserma di polizia, che da l’idea di un castello medievale con intorno un bel giardino.
Proseguo verso la parte vecchia della citta’, quella meno turistica e piu’ ricca di scorci da fotografare. Le strade della capitale sono cosi’ fitte e intricate da perdersi. La gente se ne sta affacciata ai terrazzi degli edifici decadenti, sotto i porticati, dietro le grate dei portoni, oziosa nell’osservarsi intorno.
Tanti improvvisano banchetti ambulanti che vendono cibi e strane mercanzie, io entro in un piccolo mercatino coperto dove si vende un po’ tutto per la casa, ma specialmente fili per cucire, chiodi, e oreficeria.
Le persone mi osservano esclusivamente perche’ in mano ho la macchina fotografica, altrimenti mi mischio molto bene tra i locali, gia’ in hotel mi hanno detto che sembro cubana “parece cubana”.
Cerco di immagazzinare nella mia mente ogni spaccato di vita della capitale, alcuni ragazzi mi chiamano per vendermi sigari o altro e alcuni anziani mi fermano solo per un saluto o un abbraccio, che dolcezza nei loro volti! Mi dispiace molto che alcuni siano costretti ancora a improvvisare qualche lavoretto per pochi spiccioli..E quando do loro alcune monete la riconoscenza e’ grande. La maggior parte di loro vende quotidiani nazionali.
E una cosa che adoro di questa gente, e’ che non rifiutano mai una foto insieme..Per me che adoro fotografare volti e espressioni e’ una grande soddisfazione.
Mi osservo dintorno a bocca aperta perche’ veramente la citta’ ha un fascino intrinseco che non tutti possono carpire. Bisogna guardare oltre al caos, la decadenza e la sporcizia.
In particolar modo mi affascina l’architettura mista alle usanze sulla casa dei residenti, la maggior parte degli edifici hanno terrazzi di ferro battuto dai quali penzolano piante dai rami cadenti. Molti cubani tengono decine di vasi e piante sui terrazzi, sfoggiano i bauli dell’aria condizionata e grosse antenne paraboliche.
Molte case hanno fili elettrici tutti scoperti e non al riparo dalle intemperie, anche lungo le strade lampioni mezzi sbudellati fanno bella mostra di fili di sicuro pericolosi.
La vita scorre lenta e mai scandita dallo stress del tempo, la gente lungo le stradine di periferia fuma un sigaro e sta spaparanzata sulla soglia di casa semplicemente a guardare cosa succede intorno. Lungo le strade varie macchine d’epoca sono in panne e i pazienti cubani si improvvisano bravi meccanici e sanno sempre dove mettere le mani! Alla fine tra una sosta e l’altra mi spingo in un quartiere abbastanza malridotto e malfamato..Non mi sono neanche accorta che da un po’ di tempo ho una guardia che mi cammina sempre dietro senza mai perdermi di vista, poi alla fine vedendo che io non mi fermo ma proseguo imperterrita nella mia camminata a caccia di nuove foto, decide di fermarmi e darmi alcune informazioni.
Prima di tutto la mia macchina fotografica e’ in pericolo e devo farla sparire da sotto troppi sguardi, inoltre devo avviarmi verso la zona turistica e tornare in Piazza del Campidoglio perche’la’ ci sono piu’ guardie a lavoro mentre qui potrei essere derubata.
Mio malgrado do lui ascolto ringraziandolo per la sua gentilezza (mi aiuta anche ad attraversare la strada), chissa’ per quanto mi ha camminato dietro! Sono costretta ad abbandonare l’idea di trovare qualche vecchia casa dove si pratica la santeria, culto sancretistico e usanza molto diffusa qui a Cuba, attuata soprattutto dalle persone di colore originarie dell’Africa. E’ una sorta di rito vodoo che gli abitanti praticano nelle proprie case tramandandosi il tutto di generazione in generazione, ci sono anche cerimonie di iniziazione.
Faccio un giretto su un riscio’, mezzo molto usato qui a Cuba per i piccoli spostamenti.
E cosi’ arrivo fino al Malecon, che significa lungomare, ma a me questa parola fa venire in mente “malinconia”..E’ quello infatti che ti si propone davanti..9 km di strada (parte dalla Boca de la Correa nel Vedado e termina al Castillo de la Punta nell’Havana Vieja) che corre parallela al mare e tra la linea di edifici coloniali ormai scoloriti dei loro colori pastello dalla salsedine. Alcuni sono davvero antichi e troppo decadenti, squarciati in 2, ma dove la gente continua ostinatamente a vivere incurante del pericolo di crollo.Per alcuni il restauro e’ iniziato fortunatamente, ma chissa’ che non perdono un po’ del loro fascino.
I cubani se ne stanno affacciati ai terrazzi arrugginiti, appoggiati alle decine di colonne colorate che sorreggono i palazzi a guardare pigramente la strada sempre molto transitata.
Di fronte alla linea di edifici c’e’ il mare, che si infrange sulle rocce dove diversi pescatori sono concentrati nel loro lavoro. Qui c’e’ sempre un po’ di brezza che rende piacevole la passeggiata.
In fondo al Malecom c’e’ la Fortezza con le mura e il Morro, nella piazzetta circondata da vecchi cannoni c’e’ un gruppo di ragazzi e ragazze che sotto la musica della salsa improvvisa un balletto che sembra ripreso dalla tv locale.E’ quasi l’ora del tramonto e inizia a piovere. Dal mare arriva il profumo di salsedine e i colori delle case diventano piano piano sempre meno distinguibili. Gioco con alcuni cagnetti rinsecchiti mentre aspetto l’arrivo di un taxi per tornare in hotel.
La giornata seguente la dedico al mare, che secondo il mio parere e’ molto bello, caldo soprattutto. La spiaggia non e’ bianca come quella di Varadero ma a me piace di piu’ perche’ qui tutto e’piu’ naturale, non c’e’ l’interminabile fila di hotel ma qua e la’gruppetti di palme e solo vegetazione.
Sulla sabbia ci sono diversi pezzetti di corallo e gruppi di uccelli e granchi.
Il sole e’ davvero cocente e l’umidita’ gia’ molto alta nonostante siano appena le 9 di mattina. La musica cubana e’ ad ogni angolo, fuoriesce dai casottini lungo la spiaggia e dalle poche strutture alberghiere.
Il tempo scorre velocemente per me perche’ ne spendo troppo nell’osservare tutti i particolari possibili.
La notte qui e’ tutto molto tranquillo, i discotecari si recano nella vicina Guanabo o all’Havana, dove ci sono locali per tutti i gusti, io personalmente, faccio due passi nella strada antistante l’hotel, dove passa raramente qualche macchina e taxi.
Il periodo e’ molto tranquillo, alcune strutture alberghiere nelle vicinanze sono chiuse, le altre hanno pochi clienti. Ma io adoro questa pace, la strada e’ tutta buia e solo qualche lampione sparuto funziona.
Nell’aria sento tanti profumi, di erba e terra, di vegetazione e mare. Mercoledi’ mattina mi dedico ancora un po’ al mare e alle passeggiate..Nel tardo pomeriggio prendo un taxi che mi portera’ in meno di due ore a Cardenas, un paese che avevo visitato brevemente nella mia precedente vacanza e che mi aveva sempre lasciato il segno.
Durante il tragitto chiacchiero a lungo con il simpaticissimo tassista Alex, con il quale scambio diverse opinioni in fatto di politica. Sono circa le 21.30 quando arrivo a Cardenas, Alex mi porta direttamente nella casa particular nella quale alloggero’ per poco meno di 3 giorni.
E’ molto umido ma la mia casetta e’ molto accogliente, e ha anche l’aria condizionata.
Si accede da un cancello con il muro rosso, dentro c’e’ una specie di corte, con un giardinetto con le sedie a dondolo e poi le varie abitazioni.
La cucina e’ carinissima, utilizzata dalla famiglia cubana che mi da alloggio qui, il bagno e’ spartano ma pulitissimo e anche la camera.
La strada dove si trova e’ molto tranquilla ma non lontano dal centro. La stanchezza mi porta subito a letto ma il giorno seguente mi sveglio presto con all’esterno il canto di un gallo e l’abbaiare dei cani.
Fuori Cardenas risplende umida nelle prime ore del mattino …
Le casette qui sono basse e colorate, molte di legno e con le inferriate di ferro battuto.
Viene chiamata la citta’ delle carrozze perche’ qui questo e’ il mezzo piu’usato per gli spostamenti da un capo all’altro del paese. Sembra un paesaggio da cartolina, decine e decine di carrozze trainate da cavalli che si incrociano con le varie macchine d’epoca super colorate.
Il paese e’ gia’ molto attivo, la gente brulica per le strade di ritorno dal mercato e per sbrigare commissioni.
C’e’ un enorme crogiolo di razze qui, e io passo tranquillamente inosservata, nessuno immagina che io sia una turista (me lo dimostra anche il fatto che la gente si rivolge a me in spagnolo) e inoltre penso di essere proprio l’unica qui! Mi spingo a visitare il museo di Cardenas, grande e su diversi piani e diviso in differenti stanze.
L’edificio che lo ospita e’ in stile coloniale con grandi colonnati.
Qui dentro si puo’trovare di tutto, da antichi reperti archeologici, oggetti degli anni della rivoluzione, come divise militari, monete, piatti e posateria, carri funebri d’epoca, scheletri e conchiglie, animali ormai estinti.
C’e’ la testa di una donna con i capelli lunghi dentro un cubo di vetro che mi tiene impegnata per diverso tempo..Perfettamente conservata nei suoi lineamenti sembra ancora viva, l’unica stranezza e’ che e’ piccola come la mano di un bambino.Sembra facesse parte di una tribu’ del Peru o comunque dell’America Latina.
La sala delle farfalle e’ quanto di piu’ spettacolare si possa immaginare: miriade di colori e forme, una e’ custodita sotto ad una spessa lente di ingrandimento perche’ l’occhio nudo non potrebbe vederla.
Fuori dal museo c’e’ una piccola piazza dove non poco tempo fa Fidel ha tenuto un importante discorso. Alle spalle il bellissimo edificio color giallo e bianco del Cuartel de Bomberos dal 1872, i vigili del fuoco.
La fame si fa sentire e mi reco in un ristorantino locale, dove subito scoprono che sono turista ma per fortuna non ci fanno piu’ di tanto caso e gentilmente mi applicano i prezzi dei cubani.
Mangio una specie di bistecca schiacciata di maiale, grigliata e buonissima, con patatine e germogli di soia in una cupola di riso e dadini di prosciutto cotto.
Una specialita’ che non dimentichero’ facilmente.
L’acqua mi viene portata dal bizzarro cameriere ogni volta nella caraffa, mi versa un bicchiere e poi se ne torna via riportandola con se’.
Durante il pranzo va via la luce, qui e’ una cosa governativa, alcuni minuti per fare economia dell’elettricita’, tutte cose che sapevo, ero documentata.
Il mio tavolo e’ vicino alla vetrata che da sulla strada, fuori sotto il sole cocente passano le macchine e le carrozze, passano venditori di banane e di fronte c’e’ un piccolo garage dove si posteggiano le biciclette dietro pagamento di pochi centesimi.
Il conto che mi portano al ristorante e’ di meno di due euro convertibili, circa 1 euro e 50… Quanto adoro questo paese! Dopo pranzo girottolo ancora un po’ per il paese, a caccia di foto di angoli tipici e quanti ce ne sono! Ci sono dei piccoli bar un po’ decadenti con i ventilatori a pale che emettono musica cubana, altri vendono panini gommosi e altro.
Fa davvero molto caldo.
Sbircio in un cancello aperto mezzo arrugginito e scopro una casa da favola, una vecchia piscina senza acqua e sul bordo tante statue bianche.
Poi colonne sotto le quali sono poste 2 grandi sedie a dondolo, che qui a Cuba piacciono molto, e piante tropicali che si arrampicano su per i muri.
Arriva odore di muffa e umidita’.
Penso che dietro ogni cancello e muro si nascondano veramente dei tesori nascosti.
La sera mi reco in un ristorante un po’ piu’ turistico e un po’ piu caro dove ovviamente mangio peggio del mio ristorantino tipico del giorno, devo pero’ fare i complimenti per le buonissime banane fritte.
A qualsiasi ora della notte la gente se ne sta fuori per le strade, o sui porticati a parlare, o semplicemente per combattere il gran caldo, passeggiando intravedo la vita che si svolge all’interno delle case, i cubani non sono per niente riservati, lasciano porte e finestre spalancate con le luci accese. Molte delle loro case sono arredate nel solito identico stile, divani in pelle, mobiletti con sopra centrini e merletti e l’immancabile ventilatore portatile.
Stile vecchia Italia. Qui il tempo si e’ fermato. Alcune donne cuciono a macchina.
Il mio ultimo giorno a Cardenas si svolge molto velocemente, i minuti per me volano, faccio un giro in carrozza al modico prezzo di un peso convertibile, scatto altre foto e bevo un succo di mango frullato in una baracchetta grande quanto una porta lungo la strada dove la gente si accalca per avere un bicchiere di questa spremuta. I contenitori che contengono questi succhi sono davvero poco puliti per non parlare dei bicchieri, ma il succo e’ davvero eccezionale.
Quando prendo il taxi per ritornare a Playa de l’Este, mi viene una grande malinconia, e durante il tragitto scambio solo alcune parole col tassista che sembra malinconico anche lui.
Passo la zona turistica di Varadero, che mi aveva ospitato l’anno prima, e poi delle belle vallate ricche di vegetazione e palme nella provincia di Matanzas. Il bellissimo ponte del Mirador che sovrasta una vallata a strapiombo fitta di vegetazione tropicale e palme reali.
Lungo la strada ci sono diversi venditori di banane e altri con dei vassoi di cui a prima vista io non riesco a decifrare il contenuto.
Si tratta di grossi pezzi quadrati di formaggio mi spiega il tassista.
Durante il tragitto piove fortissimo e l’umidita’ cresce ancora di piu’.
Quando arrivo al mio hotel il tempo e’ migliorato, c’e’ ancora sole e per sentirmi un po’ piu’ allegra vado diretta sulla spiaggia.
Ne approfitto per parlare con alcuni cubani che si spingono fino a qui per parlare un po’ con i turisti sfidando le guardie che li controllano a vista e ogni tanto li portano in caserma dove vengono anche segnalati. Alcune volte e’ previsto anche l’arresto, la situazione dei controlli si intensifica di anno in anno, ovviamente per tenere sotto controllo la prostituzione, pero’ a volte e’ addirittura esagerata.
Con mia grande sorpresa scopro che i cubani bianchi, sono molto razzisti nei confronti della minoranza nera, che qui e’ comunque molto diffusa.
Il mio ultimo giorno qui lo passo con gli amici del villaggio e con alcuni di loro prima del tramonto torno all’Havana.
Ha appena fatto un temporale e le strade sono tutte piene di pozzanghere, nell’aria c’e’ un odore di asfalto che ribolle e di muffa.
Camminando ci spingiamo in una piazza dove si trova un bellissimo bar dove la birra viene fatta all’istante, infatti dentro ci sono gli impianti per la fabbricazione in rame, lucidi e pulitissimi.Fuori un cuoco arrostisce diverse pietanze sulla griglia e la musica cubana aleggia nell’aria.
Alcuni anziani passano a vendere le arachidi.
Da qui si arriva al Campidoglio, che sotto le luci del tramonto che filtrano dalle nuvole ha un fascino tutto suo, quasi irreale.
In un piccolo giardino, seduto sul marciapiede c’e’ un anziano che ci osserva con uno sguardo dolcissimo.Io ho un tuffo al cuore perche’ riconosco in lui la stessa persona con la quale 1 anno e mezzo prima avevo fatto una foto. Solito posto, solita gente e espressione, e’ cosi’ dolce che a stento trattengo le lacrime, anche perche’ mi sembra in uno stato un po’ sofferente.
Mi sento in dovere di lasciargli tutti gli spiccioli che ho in tasca e non solo io. La sua espressione non la dimentichero’ mai, il suo sorriso sdentato e le sue mani nodose che stringono i soldi. Costeggiando il Campidoglio sulla sinistra,si arriva diritti diritti al quartiere cinese, che prima ad ora non avevo mai visitato. E’ carinissimo, con l’entrata in stile tipico, le guglie a punta e tanti localini tutti ornati da una miriade di grosse lanterne rosse che riversano una luce quasi surreale ricca di ombre.
Ci sono tantissimi ristoranti e i menu mi sembrano alquanto succulenti.
Al ritorno, nonostante sia vietato, per rientrare in hotel scegliamo una macchina particular, si, quelle d’epoca che tanto adoro! E’ uno spettacolo, carrozzeria stinta dal blu al nero e volante rosso e enormi sedili di pelle dello stesso colore con il reggimano di corda.Puzzo di benzina incorporato. Non ci ero mai salita prima d’ora.
Ovviamente ci ferma la polizia e io e gli altri spariamo sotto i sedili per non farci vedere, mentre la guardia ci illumina da lontano con una pila.
La passiamo liscia, ma il tassista e’ talmente impaurito che all’arrivo all’hotel ci scende a distanza di 2 strade perche’ dice rischia troppo in questo modo.
Rientro in hotel cena veloce, riposino e la mia ultima notte vado a ballare a Guanabo, il paesino a pochi chilometri di distanza da Playa.
Sta diventando una zona molto amata dagli italiani che qui investono e acquistano case. Alcuni vi si sono anche stabiliti in modo permanente.
E’ un paese molto carino, tutto fatto da casette basse con il proprio giardinetto.
La discoteca e’ carina, si balla molto reggaeton e salsa.Anche musica commerciale.
Vado a letto felice ma gia’ in preda alla sindrome pre partenza.
Infatti c’e’ un’aria mesta tra tutti quelli che sono in partenza.
La mattina c’e’ un sole splendente e proprio mentre partiamo comincia a piovere.
Lungo la strada per l’aereoporto, mi concentro sui vari cartelloni pubblicitari che inneggiano al socialismo e alla rivoluzione, che portano il volto dipinto del “Che”, che parlano di liberta’, cosa che nessuno potra’ mai togliere alla loro patria.
Mi chiedo quando potro’ tornare ancora.
Questo paese mi manca gia’.Lo amo con tutto il mio cuore.
Nel suo insieme mi stordisce. La dignita’ della gente, i volti sempre sorridenti e la musica che accompagna ogni attimo del giorno.
I colori, lo stile coloniale, l’atmosfera sonnacchiosa e rilassante. La sua semplicita’.