La Cina è viCina

La mia vacanza culturale alla scoperta di un Paese così lontano e così diverso capace di regalare scenari incredibili e una cultura così interessante. Socchiudete un po' i vostri grandi occhi "da occidentali" per avere una visione più autentica del ...
Scritto da: MingLu
la cina è vicina
Partenza il: 21/07/2012
Ritorno il: 04/08/2012
Viaggiatori: 17
Spesa: 2000 €
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IL MIO VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLA CINA

Di Cristina Parzani

Una passione, quella per la Cina, nata forse casualmente, leggendo e immaginando quei paesaggi incantati e quelle atmosfere magiche pennellate da Valerio Massimo Manfredi nel suo libro “L’Impero dei Draghi”. Il tempo trascorso tra il suddetto innamoramento platonico (sì, oserei proprio definirlo in questo modo) e il mio effettivo incontro con questo paese lontano lontano è stato lungo, d’accordo. Ma quando, quest’anno ho deciso di approcciarmi per la prima volta alla lingua cinese, quelle vecchie emozioni hanno ricominciato a bussare alla mia porta. E quell’idea martellante: “Quest’estate andrò in Cina”. E così, ce l’ho fatta! Due splendide settimane vissute all’avventura.

Un viaggio iniziato a Malpensa il 21 luglio 2012 e terminato 15 giorni dopo, il 5 agosto. Un viaggio che mi ha portata nelle città di Beijing (o Pechino, che dir si voglia), Shaoxing e, infine, Shanghai. Una terra piena di attrattiva, la Cina. Una terra piena di contraddizioni, povertà e ricchezza che si affacciano sulla stessa strada. Una terra che ancora risente della lunga storia cui è stata assoggettata. E i Cinesi? Un popolo davvero molto strano: gente che lavora dalla mattina a notte tarda, a piccoli gruppi che si danno il cambio; gente che si aggira vestita di stracci per le strade di una metropoli e che chiede l’elemosina, e gente che ama sfoggiare il cellulare di ultima generazione o il macchinone tanto cool; gente che vive in case di lamiera e si “lava” in mezzo alla strada utilizzando l’acqua inquinata del fiume. Gente che guarda noi occidentali con sguardo pieno di ammirazione e chiede di potersi fare una foto con te. Gente che invade i tuoi spazi vitali, ti tiene “in ostaggio” nella propria baracca fino a quando non compri la merce che cerca di vendere, naturalmente, come la migliore. Contrattare, questa è la parola chiave per chi viaggia in Cina: bisogna scendere ad accordi per tutto ciò che si vuole comprare. Ah, e scordatevi di farlo in Inglese: lì quasi praticamente nessuno lo parla. Il segreto sono i gesti, una calcolatrice e quelle due o tre espressioni in cinese, come “duo shao qian?” (quanto costa), “tai gui le” (è troppo caro) e “yi dianr pianyi” (un po’ meno), che vi faranno apparire, almeno, un po’ più cinesi di quanto non siate. Direte che non parlate cinese “wo bu shuo Hanyu” o che non avete capito “ting bu dong”, ma loro ripeteranno ciò che avevano precedentemente detto, solo con voce più alta e addirittura più velocemente.

Fiumane di persone che scorrono in mezzo alla città con il loro vociare concitato. Il canto assordante delle cicale che risuona per tutto il campus dell’università. Questa è la MIA Cina e, se la volete scoprire, partite per questo viaggio virtuale con me.

29 maggio 2012

Il compleanno della mia mamma, il giorno dell’esame di teologia, un’altra scossa di terremoto, l’acqua che scende come una cascata da un lato del Duomo di Milano e… la risposta tanto attesa: ho passato la selezione per prendere parte all’Experiencing Chinese Language and Culture, ovvero due settimane alla scoperta della Cina e della sua cultura, organizzate dall’Istituto Confucio dell’Università Cattolica di Milano. Bisogna fare tutto di fretta: visto, biglietti aerei, conversione della valuta, assicurazione… E tutto ciò durante la sessione estiva di esami. Ma l’eccitazione è tanta e la voglia di partire supera tutti gli ostacoli. Non tutti hanno l’opportunità di andare in un posto dall’altra parte del mondo, soprattutto a 23 anni. L’ultima settimana prima della partenza è veramente di fuoco: trasferta milanese la domenica pomeriggio per gli ultimi due esami, uno dei quali verrà poi posticipato al giovedì, due giorni prima della partenza. La certezza di non farcela a preparare tutto. Ma tornata a casa, dopo aver disfatta una valigia, ce n’è un’altra ad attendermi… Compito procrastinato fino a circa un’ora prima della partenza: “questo lo prendo, questo no…”. E fu così che quasi tutto l’armadio venne trasposto nel mio baule rosso fuoco. Naturalmente bisogna essere proiettati anche al futuro, ovvero al ritorno, e la mossa logica da fare è organizzare gli spazi in funzione degli eventuali acquisti (spazi che non esiteranno a venir creati, nel caso, con l’eliminazione fisica di prodotti da bagno –> fatto!). Lo zio che aspetta fuori, l’agitazione sale: cosa ne sarà di me laggiù? Ormai è fatta, però: si va!

Sabato 21 luglio 2012, Terminal 1 dell’Aereoporto di Malpensa.

Se il buon giorno si vede dal mattino… bene, siamo fregati! Volo ritardato dalle 21.00 alle 22.20, causa tempesta su Pechino. Non un semplice temporalone estivo, ma, come verremo a sapere non molto più tardi, un vero e proprio disastro, che ha mietuto le sue vittime. In aereoporto si fanno le prime conoscenze del gruppo. Giulietta, nome italianizzato di Zhunyuan, la nostra tutor cinese, i miei amici di corso Camilla, Cassandra e Carlo, insieme ad altri studenti formeranno il battaglione italiano alla scoperta della Cina: 16 persone (17 con Giulietta) in tutto, tutte eccitate per il viaggio.

Il volo in aereo, ovvero le dieci ore e mezza di traversata, sono volate (in tutti i sensi, ahah). Certo, un soggiorno in classe business sarebbe stato più che gradito, però Air China è stata la scelta più adatta.

Domenica 22 luglio 2012, arrivo a Beijing

Tutto è così grande ed ordinato. La prima cosa che faccio, dopo aver, nell’ordine, fatto i controlli, ritirato il bagaglio e fatto tappa bagno, è cambiare alcuni Euro in Yuan, la moneta nazionale. Mannaggia a me! Non fate mai queste operazioni in aereoporto: trattengono un sacco di soldi per il piffero di niente: ladri! Ah, altro consiglio, prima che me ne dimentichi: portate sempre con voi il cash; praticamente nessuno accetta carte di credito (i bancomat, poi, potrebbero crearvi problemi e non essere leggibili). Ed un’altra cosa: nessuno vi rilascerà lo scontrino fiscale (alla facciaccia dell’evasione)!

In ogni modo, tempo di riunirci e siamo pronti per il viaggio in bus verso il campus dell’università, che rappresenterà la nostra casa per tutta la settimana. Vera e Cage (o Cheng, come continuerò a chiamarlo io per tutto il tempo) saranno i nostri Chinese tutors.

La sera, cerimonia di benvenuto, tutti abbigliati con la polo bianca a fiori della Beijing Language and Culture University e primo (e unico) incontro con i nostri language-partners. Poi diretti in stanza (una doppia, che condividerò con la mia cara Camilla). Diciamo che da fuori l’edificio è apparentemente nuovo e ben tenuto, ma una volta dentro, muri da ritinteggiare, tende polverose, lenzuola a macchie (fatte cambiare dopo una discussione di dieci minuti con la cameriera) e bagno (beh, sorvoliamo questo punto) ci accolgono nella Cina che sta dietro la prima facciata. Mi butto sul letto: ahi! Il materasso (se così si può chiamare) sarà basso due centimetri, ma la stanchezza è tanta e, in quattro e quattr’otto, sono già nel regno dei sogni.

Lunedì 23 luglio 2012: per le vie della seta

Una sveglia turbolenta quella che ci coglie inaspettatamente. Sono le 7.30 e, dopo un colpetto alla porta, le cameriere entrano per “pulire” la stanza: passatina di mocio in terra (dove passa il papa, come si suol dire) e svuotamento cestini: noi dobbiamo attendere in corridoio, in pigiama e con i capelli in piedi. E veniamo pure riprese perché “la carta igienica, a Pechino, non si può gettare nei wc, ma deve trovare il proprio posto nei cestini”. Ma siamo impazziti?! Noi non rinunceremo però, alle nostre abitudini igieniche.

Corsa verso la scuola: ci attende un colloquio che deciderà la nostra assegnazione alle classi di lingua. Nel giro di pochi minuti, siamo già seduti ai banchetti a scrivere caratteri e a ripassare, per lo più, le cose già fatte, ma un po’ dimenticate. Nostri compagni d’avventura (sia a scuola che durante le escursioni) saranno gli studenti dell’Istituto Confucio della Romania, un gruppo molto più eterogeneo e di età in media molto più alta della nostra. In breve, tre ore volano.

Il pomeriggio viene trascorso al silk market, il mercato della seta. Sarà, ma io mi aspettavo un luogo aperto, il classico mercato, pieno di banchetti di sete, vestiti e foulard… E invece, altro non è che una specie di centro commerciale al chiuso su più piani, in cui si può trovare veramente di tutto: dagli scampoli agli abiti, dai giocattoli ai souvernir, e ancora, gioielli e patacche varie. La parola chiave, come già ho ricordato all’inizio, è contrattare: i commercianti partiranno da prezzi altissimi e vi inviteranno a fare la vostra offerta (sempre ricordandovi che la loro merce è la migliore e bla bla). Non bisogna certamente lasciarsi abbindolare, ma, al contempo, bisogna ricordare che questa, in fin dei conti, è povera gente, quindi si può lasciar loro qualcosa in più. Tirando le somme, al mio secondo giorno nel continente asiatico, già dovevo fare i conti con la bancarotta, considerando il fatto che mi sono comprata due vestiti in seta e vari souvenir. Ahah!

L’atmosfera cinese ha poi allietato la nostra serata: lezione di canto strimpellando le note di “moli hua” (fiore di gelsomino), un classicone della musica cinese, che ha accompagnato molte delle nostre giornate.

Martedì 24 luglio 2012: Santa Cristina, il mio onomastico

La mattinata trascorre a scuola a lezione. Il pomeriggio si decide di partire all’avventura: direzione Tempio del Cielo. Arrivarci dall’università è abbastanza faticoso: più di un’ora in metropolitana, 3 cambi di linea e gincane tra la gente annessi. Tuttavia il posto è davvero notevole. Noi, purtroppo, non abbiamo respirato la religiosità che, un tempo, doveva esser lì presente, ma che oggi, con le orde di turisti che affollano questi luoghi, sembra esser andata perduta. Qua e là, anziani che giocano a carte o che suonano strumenti tradizionali. Finalmente riusciamo a vedere un luogo veramente cinese, di quelli che mi aspettavo io, ma che fino a quel momento temevo esistessero solo nella mia immaginazione, forgiata da libri o film. La sera siamo diretti al Red Theater, dove assistiamo allo spettacolo “The Legend of Kongfu”: magnifico! Le riprese e gli scatti sono, ovviamente proibiti, ma alla fine dello show, si potrà essere immortalati (a pagamento, naturalmente) con gli attori. No, grazie.

Mercoledì 25 luglio 2012: attività ricreative

Solita lezione mattutina e corsi di calligrafia e paper-cutting al pomeriggio, ovvero, come essere umiliati da una bambina di cinque anni che sa ritagliare meglio di te. Dai, in fondo lei è la figlia della maestra: eh già, non è giusto! Subito dopo un’altra lezione: preparazione (solo quella, neh!) dei jiaozi, i ravioli che loro cucinano al vapore.

La sera il nostro spirito olimpico che c’è in noi: visitiamo lo stadio e la piscina delle scorse Olimpiadi del 2008, motivo di grande vanto per il paese e punto di svolta, a detta di molti, verso una modernità più moderna per la Cina. Tutto è molto grande e ben curato: la solita facciata che la Cina deve mostrare a tutti gli altri paesi.

Giovedì 26 luglio 2012: il vero motivo del mio viaggio –> la Muraglia Cinese

…Inoltre, è il compleanno di Margherita.

Sveglia relativamente presto: la grande muraglia ci aspetta. Che emozione, andremo in uno dei siti più noti e belli del mondo, nonché motivo di vanto per la Cina. Viaggio in bus tra sonnellino e ammirazione del paesaggio rurale appena fuori Beijing.

Beh, cosa dire per riuscire ad imprimere qui anche solo una minima parte della bellezza del paesaggio? Ci sono momenti, come questo, in cui il peso delle parole, nonostante apparentemente giusto, non riuscirà mai a suscitare in noi le stesse emozioni che possono provenire da un reale incontro con date realtà. L’unica nota dolente della giornata (che si è, invece, rivelata una carta in più, un tocco sublime all’atmosfera pittoresca) è stata la pioggia. La densa foschia che si alza tutt’intorno ci isola quasi dal resto, facendoci calare in un luogo senza tempo, un’atmosfera magica e surreale.

Bene, senza ulteriormente indugiare, carichi d’aspettativa e di adrenalina, ci imbacucchiamo nei nostri impermeabili plasticosi (un sacchetto dello sporco di color rosso, nel mio caso) e iniziamo l’ascesa. Interminabili scalini, ripide salite. La forza che va scemando, i muscoli delle gambe che risentono dell’immane sforzo. Non ce la farò mai! L’istinto è quello di buttarsi giù dalla collina, ma la voglia di salire su un pezzo di storia è tanta. Le mie continue soste rallentano il mio ritmo e, in un batter d’occhio, vengo staccata dal gruppo. Fortunatamente Giulietta è con me e mi sostiene. Una volta giunte in cima alla Muraglia, tutte le fatiche vengono ricompensate da questa totale esperienza dei sensi. Wow! Pochissimo tempo per riprendersi e giù con la discesa.

Viaggio di ritorno in bus e subito in metropolitana per dirigerci verso Piazza Tien’anmen. Il grigiore della giornata e la gran ressa non mi fanno godere per nulla questo posto, che mi ricorda un po’ la Russia (sebbene non ci sia mai stata). Meglio consolarsi con del sano shopping per le vie storiche, gli hutong, anche se qui si vede, dietro le facciate sontuose e ben curate dei negozi di the e di altre botteghe, il degrado dei vicoletti trasversali. È un’immagine a colpirmi nel profondo: un bambino di età di forse tre, quattro anni che gioca con un bastoncino di legno in mezzo alla strada, su di una lastra arrugginita, pensata e poggiata lì per evitare il formarsi di fango. Fogne a cielo aperto e cani randagi che si aggirano tutt’intorno: questa è la Cina più povera, quella che, nonostante sia nascosta dietro l’apparente glamour delle boutique, ci ricorda che esiste anche lei, anzi, che è lei la vera Cina.

La sera altra lezione di canto cinese, con canzone d’amour. Tutti insieme, poi intoniamo in Cinese “tanti auguri a te” per la nostra Margherita, che viene per l’occasione incoronata con una tiara di cartoncino ed omaggiata di torta.

Venerdì 27 luglio 2012: like Angelina and Brad Pitt

La Città Proibita, un tempo riservata solo agli imperatori e alla loro corte, accoglie oggi migliaia, milioni, miliardi di turisti, soprattutto autoctoni (neanche a dirlo). Certo, sarebbe bello se avesse aperto le proprie porte solo a noi, in un intima cerimonia privata, ma purtroppo una marea di Cinesi è già pronta a sgomitare per aggiudicarsi la migliore vista, per farsi immortalare nella posa più caratteristica e per rivendicare la propria appartenenza al popolo cinese. Noi occidentali, veramente pochini pochini se paragonati alla mezza Cina presente tra le mura della città, diventiamo ben presto fonte di grande attrattiva, come già era successo nei giorni precedenti, e come continuerà ad essere per tutta la durata del nostro soggiorno nell’impero del dragone. Così, mentre noi cerchiamo lo scorcio più suggestivo per il nostro album dei ricordi, diventiamo, a nostra volta, oggetto di scatti: chiamiamola “metafotografia”. Sì, questo dev’essere il termine più azzeccato. Se volete sentirvi dei divi di Hollywood, alla pari dei Brangelina o di Tom Cruise o altri, andate in Cina: la gente qui ama i tratti occidentali, i grandi occhi, i bei visi (il concetto di “bello” è molto relativo qui, dal momento che pare che il solo fatto di essere “diversi” costituisca beltà). Insomma genitori che spingono i figli a posare con gli “alieni”, adulti che si aggregano alle foto di gruppo esibendo le famosissime due dita che fanno il segno di vittoria. Ahah! Che strana sensazione essere sempre così ammirati!

La mattinata trascorre abbastanza in fretta ed è tempo di decidere la meta del meriggio: Palazzo d’Estate per quasi tutte le ragazze, mentre Camilla ed io ci concentriamo sul Museo Nazionale, alla scoperta della storia cinese. Un appunto d’obbligo, qui: la maggioranza dei luoghi da visitare in Cina chiude alle ore 17.00 (molto presto, direi), con ultimo ingresso alle16.00, se il posto è grande. Ebbene, al Museo Nazionale, alle ore 16.00 è iniziata l’operazione “butta fuori i visitatori”. Con grosso disappunto, dal momento che sarebbe stato bello vedere un po’ di più, ci affrettiamo lentamente (bella antitesi questa, brava!) cerco l’uscita. Ma non ci lamentiamo, dai. Prossima meta è la Cattedrale dell’Immacolata Concezione, dedicata a padre Matteo Ricci, un missionario italiano che arrivò a Pechino nei primissimi anni del 1600 e ricevette dall’imperatore il permesso di costruire la chiesa. L’edificio sarebbe già chiuso, ma il custode, indovinandoci Italiane, insistite per mostrarci orgoglioso la loro oasi di salvezza, un pezzo di Cristianesimo in mezzo alla Cina a maggioranza buddista. Megaschermi dentro e fuori dalla chiesa, ma la cosa che mi ha colpita di più è stata, senza dubbio, la statuetta di Cristo posta sopra una scritta a caratteri cinesi rossi. Incredibile!

Dal sacro al profano: trascorriamo la nostra ultima serata a Pechino su di una terrazza al settimo (o ottavo?) piano di un palazzo a nord-est della città. L’atmosfera è calma, rilassata e rilassante. Ma tutto questo non dura molto: la pioggia che si abbatte già da un po’ sulla città non vuole saperne di cessare e, a ciel sereno (mica tanto, dopotutto), una notizia sconvolgente: le metropolitane sono già chiuse ed i taxi, con la pioggia, non funzionano. Panico generale. Ed ora cosa si fa? Domani abbiamo il volo. Siamo stanchi. Vogliamo il nostro letto duro. Vogliamo vestiti caldi ed asciutti. Ci precipitiamo in strada, con la speranza che qualche vettura ignori lo stop del traffico imposto dalle autorità per scongiurare altri disastri, oltre a quelli già verificatisi negli ultimi giorni a causa del maltempo. Sarà stata la nostra tappa pomeridiana alla chiesa, sarà forse il nostro angelo custode che ha avuto pietà di noi… Fatto sta che un taxi si è materializzato davanti a noi e, esigendo 300 yuan di pagamento, ci ha caricati e ci ha portati a casina. Inutile dire che per farci abbassare il prezzo (in realtà molto basso per noi: circa 40€, che diviso cinque persone risulta essere 8€ a testa) abbiamo fatto di tutto: dalle preghiere alle canzoni cinesi. Inutile aggiungere, poi, che questi metodi poco ortodossi non hanno saputo dare i propri frutti. Ma ci è andata fin troppo bene, considerando il fatto che siamo rimasti congelati di fronte ad una strana domanda dell’autista: “vi piacciono le persone dalla pelle nera?”. Paralizzati da questa curiosità e trovandoci in difficoltà circa la risposta da offrire, abbiamo finto di non capire. Di trovarci in mezzo ad una strada, noi non ne volevamo proprio sapere!

Ma la serata non si conclude qui: ci attendono le nostre valigie! Per fortuna la mia è pressoché pronta: le ultime cose verranno infilate dentro la mattina seguente!

Sabato 28 luglio 2012: bey-bey Beijing, arriva Shaoxing

Volo alle 11.00 e in due ore siamo già a Shaoxing. Ehi, un attimo: ma non la chiamavano “la Venezia cinese”? Non mi sembra di riscontrare delle somiglianze tra le due città. Mah!

Il primo giorno se ne va in fretta. Nell’ordine abbiamo: arrivo al campus, disapprovazione nell’apprendere di essere situate al sesto piano senza ascensore, grande fatica nel trasportare pezzi di valigie su per le scale, disapprovazione nel non riuscire ad aprire la porta della camera, scontento nel trovare un letto ancora duro, nonostante l’apparenza di morbidezza. Infine, accoglienza cinese e giretto notturno… Al supermercato: che caos!

Domenica 29 luglio 2012: voglio morire!

Il programma di oggi viene completamente sconvolto. Effettivamente è domenica, quindi pareva un po’ strano che ci facessero fare lezione in università. Ecco che si decide di optare per una breve arrampicata su di una collinetta sulla cui cima si erge un tempietto. L’atmosfera mattutina è piuttosto rilassata e socievole: gruppi che ballano, praticano tai-chi o, semplicemente, si riposano all’ombra di un salice. Situazione idilliaca, quasi da villaggio vacanze. Peccato che io inizi a sentirmi male, molto male. Ma che cosa può essere? Nausea, mal di stomaco, dolori ai reni… Ecco, ci risiamo! Coliche! In Cina! Visita al museo del vino e ai giardini di una ex villa privata, accompagnata da questo terribile senso di malessere. Fortunatamente, i tutors decidono che il caldo è troppo per poter continuare le nostre escursioni e, così, ci riconducono al campus. Eviterò di parlare del panico da malata, le peripezie affrontate per trovare una tazza di tè caldo (non pervenuto), il razzismo delle signore che ci ridono in faccia alla richiesta di indicazioni o che ci cacciano palesemente via. Ad ogni modo, dopo un po’ di riposo, sono pronta per ripartire: in fondo, chi si ferma è perduto!

Visita pomeridiana alla casa di uno scrittore (ricordati di ricordarti chi egli era) e poi giretto in centro, dove finisce la nostra giornata.

Lunedì 30 luglio 2012: lezioni, lezioni, lezioni…

Lezione di calligrafia, ovvero, “come osservare il maestro che ci scrive caratteri cinesi”. E al pomeriggio, gita al college di calligrafia, dove ci fanno scoprire l’antico metodo di stampa dei manoscritti (secondo me, sarebbe stato più veloce ricopiare tutto a mano) e come incorniciare i lavori fatti. Inutile dire che preferisco uscire e vivere l’avventura. Giornata per nulla entusiasmante, direi.

Martedì 31 luglio 2012: sono solo tutte storielle

Dopo una mattinata di lezione (ancora!) sui nostri luoghi preferiti, il pomeriggio visitiamo casa e scuola di Lu Xun, scrittore dell’inizio del secolo scorso. Si va poi al giardino Shen, ovvero il giardino dell’ammore (bleah!), una specie di Ponte Milvio cinese: campanelle con attaccati messaggi degli innamorati percorrono tutto il porticato di quest’oasi in mezzo alla città. La mia vena anti-romantica esce in tutta la sua naturalezza: “la maggior parte di queste coppiette ora non stanno più insieme, ne sono certa”. Bum!

Camilla ed io andiamo ora alla ricerca della barchetta (simil gondola. Ecco, la Venezia cinese!) su cui fare un tour per i canaletti. Dopo l’ennesima strada sbagliata imboccata, siamo braccate da un guidatore di rickshaw che, per il prezzo di 180 yuan (circa 25€) ci promette un giretto molto piacevole, fatto da bicicletta, barca e bicicletta. Attese non deluse: passiamo in mezzo alla vera Shaoxing, capitanate da un vogatore che si serve dei piedi invece che delle mani per far avanzare la sua barchetta. Da un lato e dall’altro del fiumiciattolo si scorge la vita autentica: gente che lava i panni nel torrente (sporco) o che lava via le fatiche di una giornata di lavoro sempre con la stessa acqua, raccolta in un recipiente e versata sulla testa e sul corpo, direttamente in mezzo alla strada. Il tramonto cala mentre la nostra gita volge al termine: niente di più rilassante!

Mercoledì 1 agosto 2012: zaijian Shaoxing!

Lasciamo Shaoxing alla volta di Shanghai. Prima, però, tappa a Hangzhou, dove compiamo la traversata del lago a bordo di una barchetta e andiamo alla scoperta di un’isola troppo uguale a se stessa in tutti i suoi angoli. Dopo aver visto carpe giganti che si avventano nella direzione di visitatori che lanciano loro pop-corn (ma stiamo scherzando?! Ecco perché sembravano vitelli, invece che pesci!), siamo pronti a lasciare la natura per immergerci nella città. Il viaggio dura circa tre ore, al termine delle quali ci accoglie Shanghai, con la sua rete fittissima ed affascinante di strade, rampe che si snodano una sull’altra.

L’hotel in cui ci fermeremo non è male (eccezion fatta per il bagno a vetri semi-trasparenti, che fa sorgere, comunque, un certo disagio); finalmente dormiremo su materassi morbidi!

In veste di esploratori ormai provetti, ci avventuriamo nella giungla d’asfalto della maggiore città cinese, nonché una delle più grandi metropoli del globo: Nanjing Road, la Broadway sud-cinese, si fa godere anche grazie ai bagliori dei led luminosi, uno sfarzo tipico di città americane; un corso costellato di negozi raffinati e battuto da gente chic lascia però ben poco spazio allo spirito cinese che mi aspettavo di incontrare qui, ma comunque un grande fascino regna sovrano.

Per la serie “stranezze cinesi”, poi, chi ti capita di vedere nella notte? Una signora, chiaramente una disadattata, che passeggia spingendo un passeggino di quelli che andavano di moda negli anni Ottanta, al cui interno c’è… Un cane! Legato come fosse il suo bambino.

Nonostante le sue grandissime dimensioni, però, anche Shanghai va a dormire presto: tra le 22.00 e le 23.00 chiudono quasi tutte le linee della metropolitana, motivo, questo, per affrettarsi e tornare alla casa base, prima di rimanere a piedi e vedersi costretti a prendere un taxi.

Giovedì 2 agosto 2012: back to the Future

L’Expo di Shanghai 2010 non è quello che mi sarei aspettata: rimangono solo alcuni ricordi della grande esposizione mondiale, con il risultato di costituire un qualcosa di abbastanza triste e desolato. Fortunatamente, i programmi per il pomeriggio sembrano essere più interessanti: free time nella città vecchia, con shopping e poi visita al giardino Yuan. Tutto molto bello (peccato solo per la pioggia). Bella anche l’esperienza al tempio taoista, fra fedeli che bruciano incenso e pregano gli dei e visitatori (come noi) che si interrogano su riti un po’ fuori dal comune.

Alle 18.50 ci aspetta una lunga navigazione del fiume Giallo tra lo skyline del Bund. Le luci e l’atmosfera notturna riescono a conferire a quest’insieme un fascino addirittura maggiore e quasi magico, come se miliardi di lucciole si fossero posate sugli edifici e li illuminassero con il loro corpo. Peccato solo per la pioggia!

Venerdì 3 agosto 2012: ultimo giorno di esplorazione

La città antica (o meglio, la ricostruzione di essa) Zhujiajiao non mi ha colpita particolarmente: solo una trovata per prelevare un po’ di soldini dalle tasche di turisti che, come noi, si aspetterebbero di scoprire la vera città antica cinese. E invece no!

Dopo essere tornati in città, facciamo un bel giretto in quella che era la Concesisone Francese, ma che oggi di francese conserva solamente i negozi dai nomi altosonanti, tipo Cartier, Paris, Dior… Dopo una camminanata ininterrotta di quattro ore, indicazioni chieste ad ogni passante e scene di disperazione, giungiamo finalmente alla cattedrale cattolica che, per giunta, non è neppure illuminata. Che delusione! La via che ci deve riportare in hotel è lunga, meglio affrettarsi!

Sabato 4 agosto 2012: all good things come to an end

L’ultimo giorno, così pietosamente invocato all’inizio di questa intensa esperienza, è arrivato. La gioia di tornare a casa e riabbracciare i nostri cari si mescola con la tristezza di lasciare tutto ciò con cui siamo stati a contatto per due settimane: il gruppo, i luoghi, le sensazioni… la Cina! Insomma, credo che mi mancherà tutto, una volta tornata a casa.

Il Museo di Shanghai è veramente molto bello e ben curato; la parte che mi ha colpita in maggior modo è sicuramente quella relativa alla calligrafia e alla pittura, opere d’arte in grado di imprimere un’idea di leggerezza e grazia.

Archiviata la parentesi culturale, ci si dedica allo shopping nel centro commerciale Hong-Kong, negozi sotterranei che si snodano in cunicoli all’interno dei quali è praticamente ovvio perdersi. Qui trovo la Cina che mi aspettavo: negozi di cineserie, begli abiti, cover per iPhone, etc. L’orario di ritrovo per partire alla volta dell’aereoporto è fissata per le 20.30 e, con l’ultimo sforzo, riusciamo a seminare la folla di cinesi per le vie del centro e, in men che non si dica, siamo pronti per il check-in e per salutare la nostra Giulietta, che rimarrà nel suo paese natale. Nessuno ha particolarmente voglia di parlare; per quanto mi riguarda, la malinconia comincia già a farsi sentire, e se penso alle dodici ore e mezza di volo che ci separano dall’Italia, la situazione non migliora affatto.

Cosa porterò con me di questo viaggio? Ricordi di persone, luoghi, rumori e odori, ricordi di tutto ciò che ho vissuto, ho toccato con mano, le lunghe camminate, le arrampicate, le atmosfere magiche di luoghi sempre considerati tanto lontani, ma a cui mi sono fatta vicina, la storia e l’architettura… Insomma, porterò con me tutto quello che ho potuto vivere di persona e, ogni volta che avrò modo di raccontare questi pochi ma intensi giorni alla scoperta della Cina, ne parlerò come se avessi trovato una parte di me, la più lontana e recondita, la più strana ed interessante. Racconterò, allora, di un pezzetto del mio cuore.

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