La California e i parchi dell’ovest
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Volo: partenza sabato 1 settembre 2012 Milano Malpensa – San Francisco partenza ore 9.50 arrivo nello stesso giorno ore 18.27 con scalo ad Atlanta, compagnia Delta Air Lines (con il senno di poi, non è stata una grande idea fare scalo ad Atlanta perché poi ci sono volute altre 5 ore per raggiungere San Francisco, avendo già fatte 10).
Ritorno domenica 16 agosto 2012 Los Angeles – Milano Linate. Partenza ore 13.45 arrivo del giorno seguente ore 12.15 a Milano Linate con scalo ad Amsterdam compagnia Klm
(ottima tratta 10 ore + 1 e mezza).
Costo totale per due eur 1448,52.
I passaggi successivi sono stati:
Fare l’Esta ( il costo è di 14 $ x 2) dura due anni.
Noleggio auto: noi andiamo molto a fiducia, ci siamo sempre trovati bene sia come prezzi sia come gestione, con il sito www.enoleggioauto.it, (paghiamo euro 290 x 16 gg). Questa volta, però, al ritiro della macchina a SF, abbiamo avuto un interlocutore parecchio fastidioso. Al momento della consegna macchina ti propongono sempre un’auto di categoria superiore e soprattutto ti spingono a fare altre assicurazioni. Noi dopo 18 ore di volo e un’ora di coda per ritirare le chiavi dell’auto, eravamo stravolti (e loro lo sanno) ed è stato un martello pneumatico, a tutti costi voleva proporci di fare un‘assicurazione aggiuntiva, quindi alla fine un po’ per stanchezza un po’ per esasperazione abbiamo firmato poco consapevoli del tipo di assicurazione proposta. Il costo aggiuntivo è stato di 4$ al giorno. (costo per il carro attrezzi). Facendo i preventivi abbiamo scoperto che è più conveniente noleggiare l’auto all’aeroporto e non in città quindi nel nostro caso abbiamo preferito prendere la macchina appena atterrati (evitando cosi il viaggio fino all’hotel con i mezzi pubblici o il viaggio di circa 40$ in taxi). E’ anche vero che per puro caso abbiamo scelto un hotel che aveva un parcheggio gratuito.
Assicurazione sanitaria: ne ho trovate parecchie ma alla fine abbiamo seguito il consiglio dello zio di Robi che va sempre negli Stati Uniti ed utilizza la Mondial. Noi abbiamo speso per 17 giorni per due persone euro 290 (solo assistenza sanitaria).
Prenotare gli hotel dall’Italia ne abbiamo prenotati solo alcuni. In alcuni casi si è rivelato molto saggio prenotare i motel strada facendo perché se ne trovano tantissimi, ma assolutamente da non fare di arrivare a San Diego o a Los Angeles senza prenotazione. Non è che non si può ma è davvero scomodo muoversi in una grande città con traffico, semafori e contemporaneamente guardare in giro, scendere, chiedere se c’è posto e via dicendo, si rischia che per risparmiare ci si ritrova come unica soluzione la suite all’ Holiday INN.
Hotel prenotati da casa:
SAN FRANCISCO: tramite www.booking.it $285 tasse incluse per due notti. Attenzione su booking si prenota con prezzi escluse le tasse. Se arrivi e prenoti sul posto le tasse sono solo del 8% invece con booking e altri motori di ricerca sono di 13 % + 5 %. Abbiamo soggiornato a SF (sabato 1 e domenica 2) con colazione compresa all’hotel Pacific Heights Inn. L’hotel è in zona LOMBARD STREET, è molto carino, stile motel americano, con la macchina parcheggiata davanti la porta della tua camera. L’hotel è semplice, pulito, con frigorifero, posizione comoda per visitare la città. Forse l’unica nota dolente è la colazione molto semplice.
LAS VEGAS: prenotato tramite www.booking.it $124 tax incluse per due notti (mercoledì 5 e giovedì 6) all’hotel Luxor a Las Vegas. Gli hotel della Strip son tutti belli, una vale l’altro, la cosa saggia è sceglierne uno in base all’offerta trovata. Il parcheggio è gratuito.
ATTENZIONE A LAS VEGAS pernottare in settimana perché durante il fine settimana ha una differenza di prezzo di 4 volte tanto.
BRYCE NATIONAL PARK: prenotato tramite www.booking.it $ 124 tax incluse per una notte (venerdì 7) all’hotel Bryce View Lodge a Bryce Canyon City considero il prezzo buono solo perché è alla porta del parco perché altrimenti è da considerare un motel come un altro e di certo non cosi caro.
GRAND CANYON NATIONAL PARK: prenotato tramite www.expedia.it $168 per una notte (mercoledì 12) all’hotel Red Feather Lodge al Grand Canyon a Tusayan (7 miglia dal parco). Trovare una sistemazione al Grand Canyon è stata davvero un’impresa ardua. Gli hotel nel parco sono veramente pochi con attese di mesi e mesi. Dopo lunghe ricerche questo è stato l’unico trovato. Altre sistemazioni più economiche sono a circa un’ora di distanza ma noi volevamo vedere il parco sia al tramonto sia all’alba e poi ci piaceva l’idea di dormire vicino al parco.
Guide e cartine: quest’anno acquistiamo solo il minimo indispensabile, stampiamo tutto da internet, compriamo solo una cartina dei parchi e poi diversamente da tutte le altre nostre avventure, quest’anno abbiamo il navigatore. Abbiamo installato sul nostro la mappa degli Stati Uniti, con solo 40 euro. Le altre idee erano di prenotarlo con l’autonoleggio a 10 $ al giorno, oppure un nostro amico l’anno scorso l’ha comprato a 70$ al primo centro commerciale.
Totale chilometri effettuati = 3070 miglia = 4940 km totale costo della vacanza per due euro 4200
1° giorno: sabato 1 settembre
Partiamo puntualissimi da Malpensa terminal 1, al check-in non c’è nessuno, scopriamo solo a malincuore che ad Atlanta dovremmo recuperare il bagaglio. Il viaggio dura 10 ore, dormiamo e mangiamo spesso, peccato che i film non siano interessanti altrimenti avremmo potuto gustarci delle belle anteprime. In aereo due hostess molto gentili c’illustrano come muoverci all’aereoporto di Atlanta, io sono parecchio preoccupata perchè abbiamo poco tempo tra una connessione e l’altra e l’aereoporto è gigantesco. Scendiamo veloci dall’aereo, facciamo il controllo passaporti con le solite domande di rito, recuperiamo il bagaglio, facciamo il controllo valigie con tanto di scarpe in mano. Tutto è iper organizzato, non puoi perderti, ci sono molti assistenti che ti indicano la strada da seguire anche per chi come noi deve connettersi con un altro volo. Rimango un po’ basita quando dobbiamo rilasciare il bagaglio per San Francisco: lo lasci li, abbandonato a se stesso e qualcuno ci dice solo “it’s ok”… mah arriverà? Cerchiamo sui mega schermi il nostro volo e scopriamo essere in ritardo di 30 minuti. Grazie alle istruzioni dell’hostess sappiamo cosa fare: prendiamo il treno (ne arriva uno ogni 90 secondi) scendiamo alla fermata del nostro gate e voila siamo arrivati perfetti e puntuali. Tutto semplicissimo. Diamo alla hostess di terra la nostra carta d’imbarco provvisoria e tutto è pronto. Salendo sull’aereo scopriamo di avere i posti nella confort class, televisore privato e molto piu’ spazio per le gambe, ma peccato ci separano. Robi è contento cosi si rilassa un po’ e non lo stresso…. Ma vi sembro una che stressa? Il viaggio è lungo dura altre 5 ore, che mi rendono insofferente, non vedo l’ora di arrivare, mentre Roberto nel suo posto è tranquillo e beato che ascolta l’ipod e dorme….grgrgrrrr. Un consiglio per soffrire meno il fuso orario, ogni volta che salite sull’aereo… impostate sull’orologio gia il nuovo fuso, aiuta tantissimo. Dall’aereo vedere la baia di San Francisco è davvero sorprendente, l’acqua dell’oceano è marrone ma è un’emozione: siamo arrivati! Anche qui recuperare i bagagli oramai è diventata una missione troppo semplice, non passiamo neanche dal controllo passaporti avendo fatto un volo interno. Recuperare l’auto è facilissimo, andare al level 5 con l’ascensore, prendere il trenino, arrivare al capolinea e quando si aprono le porte vi trovate davanti tutte le agenzie di noleggio. Alamo ha una coda di un po’ di persone, anche se stanchi e affamati ci tocca aspettare. Chi ci riceve è poco disponibile, ci vuole proporre di tutto, una macchina piu’ grossa, il gps, e varie assicurazioni. Alla fine non sappiamo neanche noi come, ma anche dopo mille NO, scopriamo che ci ha affibiato un’assicurazione che si chiama ROADPLUS costo di $75 Sinceramente siamo troppo stanchi per discutere. Il nostro navigatore funziona benissimo e in 20 minuti arriviamo all’hotel prenotato. E’ tutto carino e chi ci riceve è davvero molto disponibile e ci consiglia la zona dove cenare. Siamo stanchi, percorriamo quindi velocemente la Polk Street ed evitiamo i ristoranti Thailandesi, Cinesi e Giapponesi. Per caso finiamo in STREET che si trova all’angolo con Vallejo Street, è un pub dove in vetrina Robi nota un piatto molto invitante. La cameriera è gentile e disponibile, secondo me ci vede cosi stravolti che ci chiede di proposito le cose due volte e nel modo piu’ semplice possibile. Mangiamo bene, Robi è parecchio entusiasta (tipica cena america con humburger, patatine, salsine e un cartoccio al tonno squisito). Notiamo che l’acqua naturale te la portano come da coperto, pero’ se la ordini hanno solo quella gasata. Mahhh… Spendiamo 40$ con la mancia, ma la cameriera se l’è proprio meritata. Rientriamo in hotel, fa un freddo pazzesco.
2° giorno: domenica 2 settembre
Sveglia ore 7, sistemiamo il casino che abbiamo fatto ieri sera arrivando in camera e scendiamo a far colazione. Niente di che, succo, latte, the e caffe americano, e hanno dei muffin giganti e buonissimi. Il cielo è grigio, strano perche il meteo diceva SOLE. C’incamminiamo a piedi fino a Market street, capolinea del Cable Car (tram tipico, solo per turisti, 6$ a tratta). Ha 3 linee con 3 percorsi diversi, noi scegliamo quello che porta giu’ fino al Fishermans’ Wharf. C’è una coda pazzesca, Robi inizia a dire che alla fine è solo un tram, noi che abitiamo a Milano ne prendiamo uno quando vogliamo… grggg che rabbia, inizia. Alla fine lo convinco di prenderlo due fermate dopo. Purtroppo è davvero pieno e la soddisfazione è davvero minima, ma oggi c’è in giro davvero tantissima gente è il loro LABOR DAY esattamente il nostro 1° maggio. Dal tram non noti molto dove sei, è solo divertente essere appeso fuori e fare queste colline in salita e discesa davvero incredibili. Arriviamo al F’W e iniziamo a piedi tutto il tour della baia. Il mio molo preferito è il Pier 39, pieno di negozi, bar, ristoranti, bancarelle, e poi ci sono i leoni marini…. alle bancarelle ci facciamo spennare un po’ per 4 fragole e una pesca gigante, ma fa niente, l’atmosfera che ti cattura è emozionante. C’e anche il Bubba Gump, il ristorante di gamberi di Forrest Gump… ! Notiamo tantissime persone mangiare ovunque una grande michetta con dentro molluschi e polpa di granchio ma a noi non sembra per niente invitante. Passeggiando ci facciamo tutti i moli, fa veramente caldo, è uscito il sole e la giornata è bellissima, peccato che il golden gate bridge non si riesce ancora a vedere è sempre coperto da una coltre di nebbia. Arriviamo fino al Market e fino alla Torre dell’orologio che e’ ancora fermo alle ore 5.17, momento del grande terremoto del secolo scorso. Il Market non è altro che un mercato al coperto, usciamo e ammiriamo da vicino il Bay Bridge. Attraversiamo la strada e entriamo nella zona Financial District, passiamo sotto palazzi enormi, sappiamo che uno di questi è quello di Facebook ma non sappiamo esattamente cosa e dove cercare. Da sotto alziamo lo sguardo e siamo sotto la Transamerica Pyramid: imponente e molto caratteristica. Inizio ad avere fame, se non fosse per me, Roberto salterebbe sempre il pranzo. Mangiamo Fish & Chips, ma vi diro’ niente di che, c’era anche un’insalata piena di maionese….bleah, una cosa salutare la rovinano cosi..! E’ vero, in America, ti prendi il tuo bicchiere e te lo riempi quante volte vuoi. Di ordinare l’acqua neanche se ne parla, alla fine abbiamo trovato un buon compromesso: limonata, disseta ma soprattutto non e’ gassata. Entriamo in Chinatown: ma è pazzesco, hanno le case con i tetti a pagoda, hanno i lampioni caratteristici e anche le lampade appese ai fili della luce, sembra di essere catapultati in un altro luogo. Si sono proprio ben integrati, loro li ci vivono, ci lavorano, e passano il loro tempo libero, chissà se hanno anche delle scuole! di certo hanno le loro banche… da non credere. Chissà se arriveremo anche noi a Milano a un livello simile. Usciamo dalla porta di entrata, è bellissimo il portone (gate come lo chiamano loro) e poi a distanza di un passo, inizia Down town con i suoi negozi di Prada e Armani. Siamo in Down Town, passeggiamo, entriamo in qualche negozio ma in realtà io non sono un’amante dello shopping e subito dopo mi scoccio. Do’ un’occhiata rapida al NordStrum (7 piani di negozi) ma dove aver assaggiato tutti i gelati allo yougurt, usciamo. E’ ora di andare al Golden Gate Bridge, peccato che siamo dalla parte opposta della città. Tanti ci affiancano e ci danno il loro aiuto incondizionato, solo perchè ci vedono con una cartina in mano (son proprio tutti carini e gentili). Alla fine troviamo la giusta via. Attraveriamo Japan town e prendiamo il bus 1, cambiamo all’incrocio con il 28, l’unico bus che ti porta proprio sotto il ponte e che ti collega con gli altri mezzi per Sausalito. E’ impressionante, quando saliamo sul bus siamo in magliettina e accaldati ma in soli 15 minuti, arrivati sotto il ponte, ci ritroviamo avvolti nella nebbia. Fa’ un freddo cane, ci siamo rimessi addosso tutto quello che avevamo per poter passeggiare un po’ sul ponte, Robi dice che non serve a niente, è assurdo la vista è completamente nulla, siamo completamente avvolti dalla nebbia! Vediamo gente che rientra da Sausalito in bicicletta in pantaloncini e abbronzati, è davvero incredibile. Facciamo alla fine due foto e torniamo a prendere il 28, c’e un traffico pazzesco e sembra non arrivare mai. Scendiamo alla fermata piu’ vicina possibile al nostro hotel e facciamo la parte restante a piedi. Arriviamo in camera alle 19.30, siamo stravolti e infreddoliti, ci mettiamo sotto le coperte per riscaldarci un po’ con tanto di riscaldamento accesso e ci addormentiamo. Ci sveglieremo alle due del mattina, affamati. Purtroppo ci dobbiamo consolare con una tazza di the e dei biscotti.
3° giorno: lunedi 3 settembre = 260 miglia
Questa mattina ci si sveglia all’alba, lunghissima doccia calda, fuori fa un freddo pazzesco e alle 7 siamo gia pronti per far colazione e per le 7,30 siamo già in cammino per la Lombard Street. Lo scopo è di vederla senza che decine di macchine l’attraversino, perde tutto il suo fascino. Che case bellissime, ecco se proprio dovessi vivere qui, sceglierei questa collina! Torniamo al motel, recuperiamo auto e bagagli e ci dirigiamo verso Alamo Square per vedere dalla collina tutta la città e le famose casette!! Dalla collina vedi tutta la città, fin giu’ alla Transamerica Pyramid e le casette in stile vittoriano sono magnifiche. Ci dirigiamo verso Haight-Ashbury: ma anch’io cosa pretendevo di vedere alle 10 del mattino. Questo è il quartiere gay per antonomasia, il piu’ famoso nel mondo. Castro Street si estende da Market Street alla 19th Street. Per godersi il quartiere appieno, non fate come noi, è meglio prendere un taxi e andarci la notte, quando le strade si riempiono insieme ai locali. Stop al super market e ci dirigiamo verso OAKHURST. Vorremmo arrivare per il primo pomeriggio per trovare con calma una location per la notte. La strada è lunga e soprattutto è da non credere, a solo un’ora di macchina da SF inizia il caldo, impressionante. Sono un po’ desolata di lasciare la città, sarei restata qui un’altro giorno: avrei noleggiato la bici, avrei percorso il Golden Gate Park, attraversato il Golden Gate Bridge fino alla ridente cittadina di Sausalito, ma purtroppo abbiamo un programma da seguire. Ci fermiamo per strada a mangiare sotto un albero i panini comprati al super market e fa davvero molto caldo. Arriviamo al OAKHURST, carino e per quelli che vedremo poi, un paesello abbastanza pieno di vita. Proviamo in un po’ di motel ma sembrano che si siano messi d’accordo, hanno tutti lo stesso costo. Scegliamo alla fine il Comfort Inn per 110$ tasse e colazione inclusa. Il motel è nuovo, carino e pulito, ha il frigo, il forno a microonde e anche il ferro da stiro. Lasciamo i bagagli in camera e ci dirigiamo allo Yosemite National Park. All’entrata del parco i ranger ci consigliano la tessera annuale per visitare tutti i parchi, è nominativa e costa 80$. Entriamo dalla zona di Wawona, si trova nella parte sud del parco e l’attrazione principale è il favoloso bosco di sequoie giganti, il Mariposa Grove. Facciamo il nostro primo incontro con scoiattoli e cerbiatti. Niente orsi, ma forse è meglio, all’entrata i rangers ci hanno informato che ben 17 auto sono state colpite da orsi. E’ io cosa dico all’Alamo se la loro macchina viene presa di mira da un GRIZZLY? Facciamo un giro, un percorso facile, una passeggiata che dura un paio di ore. Abbiamo trovato sequoie enormi, belle e maestoste e mestamente dopo un po’ rientriamo. Decidiamo di cenare con cosce e ali di pollo, le compriamo alla rosticceria del super market e sono davvero buonissime con la speciale salsina barbecue, uhmmm proprio da leccarsi i baffi.
4° giorno: martedi 4 settembre = 185 miglia
Colazione abbondante con tante di pancake e uova strappazzate. Oggi facciamo il vero e proprio Yosemite, ritorniamo indietro sulla strada di ieri (il motel è a soli 15 miglia dal parco). Il parco è davvero enorme e noi abbiamo dovuto scegliere cosa vedere. Le aree turistiche sono 5: Yosemite Valley, Glacier Point, Hetch Hetchy, Wawona e la zona lungo il Tioga Road. Quest’ultima l’abbiamo solo percorsa con la macchna mentre uscivamo dal parco, e mi è dispiaciuto parecchio. Iniziamo il nostro giro dal Glacier Point. È una zona molto affollata ma onestamente, non esiste un miglior viewpoint sulla Valley che quello che si puo’ trovare qui. Da qui siamo riusciti ad ammirare le Yosemite Falls (che purtroppo erano prive di acqua, ma non dimentichiamoci che siamo a settembre, immagino il magnifico spettacolo di maggio / giugno) e l’Half Dome. Ci sono parecchie escursioni che si possono fare, ma noi ci siamo dovuti accontentare di un giretto veloce e di fare tante foto. Riprendiamo la strada e raggiungiamo il parcheggio della Valley e da li ci muoviamo con lo shuttle gratuito a disposizione dei turisti. I rangers ci hanno dato tutta la documentazione per il parco e scegliamo il trail delle Cascate di Vernal e Nevada. Noi non arriveremo fino a quelle del Nevada, la previsione era di 5-6 ore di cammino, ci siamo fermati a quelle di Vernal (3 ore abbastanza impegnative). Questo è il primo hike che facciamo. È piuttosto faticoso (soprattutto l’ultima parte) ma vale tutto lo sforzo che richiede. Si parte da Happy Isles e si sale dolcemente fino ad arrivare alla vista delle Vernall Falls. Il tratto seguente, è veramente fantastico. Nel nostro caso non essendoci molta acqua non abbiamo assistito a nubi di acqua, ma siamo riusciti a immortale arcobaleni creati dalla scie d’acqua. Noi ci siamo fermati qui, il pezzo che proseguiva era davvero troppo complesso e poi bisogna sempre considerare il tempo di discesa. Mangiamo qualcosa in cima alla cascata prima di fare il percorso al contrario. Ridiscesi ci facciamo prendere dalla gola e ci pappiamo un enorme gelato, prima di iniziare la discesa fino a Mammoth Lake. La strada è lunga ma il paesaggio è bellissimo e riposa la vista. Arriviamo a Mammoth Lake quando è già buio (ore19,30) e cerchiamo un motel. Quello più economico di tutti, è davvero bruttino, alla fine scegliamo il TRAVEL LODGE ($82,5 tasse e prima colazione incluso). Su booking questo motel era dato a $82 + 13% + 5 % di tasse, dimostrazione che conviene non prenotare. Molto datato, pulito nell’essenziale (lenzuola e letto pulito ma non guardate le finestre erano orrende). Forse con il senno di poi avrei scelto il motel 6 che pareva più recente a 77$ tax incluse ma senza colazione. Il frigo è rotto, proprio domani che dobbiamo attraversare la valle della morte e ci serve più ghiaccio possibile, meno male che hanno sempre l’ICE MACHINE. Ceniamo a Pizza Works, la pizza è davvero molto buona ma 18$ a pizza è davvero parecchio!
5° giorno: mercoledi 5 settembre = 366 miglia
La colazione è triste e i pochi dolcetti che c’erano erano immangiabili, troppo dolci. Lasciamo il motel con molta calma, vogliamo arrivare alla Death Valley nel tardo pomeriggio, tutti ci hanno sconsigliato un arrivo nelle ore più calde. Ci dirigiamo a Bishop e ci rendiamo conto che avremmo fatto meglio a tirare fin qui la sera prima, tanta scelta di motel, ristoranti e super market. Passiamo la mattinata a gironzolare, compriamo un po’ di cose al super e pranziamo in un parco, la giornata è velata quindi si sta più che bene. Della gente del posto ci chiede di dove siamo e dove siamo diretti, ci sconsigliano tutti di andare alla Death Valley ci dicono proprio queste parole “ deadly heat” calore mortale… esagerati! Il viaggio è lungo, lento e noioso, scrivo un po’ ma il tempo sembra non passare mai, soprattutto perché il paesaggio è sempre uguale e non c’è anima viva! Per fortuna il cielo è coperto e il sole, al momento, neanche si sente. All’entrata del parco, scendiamo a fare le foto, non ci sono i ranger come in tutti i parchi, l’ingresso è gratuito. Scendiamo a fare la foto di rito e tira un vento pazzesco, poco dopo, risaliti in macchina ci colpisce una tempesta di sabbia. Ora la strada non è più piana, iniziamo a salire e alla prima tappa, ore 16,30 alle Sand Dunes, c’ è un vento caldo, sembra di avere puntato addosso un phon alla massima potenza, ho dovuto tener su gli occhiali da sole, perché continuavo ad avere la sensazione che il vento mi asciugasse gli occhi. Abbiamo passeggiato su questa sabbia stupenda, fine e incredibile. Super consigliata la borsa frigo, beviamo litri d’acqua ad ogni sosta, ti senti prosciugare. Niente afa, niente umidità, un bel caldo secco da deserto. É vero, do’ conferma a tutto quello che ho sempre letto sulla Death Valley, viene immancabilmente associata al caldo (molto caldo) ed è una realtà, si rischia di rimanere incastrati in questo forno naturale con il radiatore della macchina in fumo e il più vicino centro abitato a centinaia di miglia di distanza. Visto che si e’ cosi lontani dalla civiltà, bisogna sempre avere il serbatoio della benzina pieno. A me è piaciuta da morire. Certo, è il tipo di ambiente che non bisogna assolutamente sottovalutare, ma le dovute precauzioni dovrebbero mettere al riparo da molti dei rischi e quindi godersi il parco assolutamente nel suo genere senza troppe preoccupazioni. Un’altra cosa di cui mi sono amaramente pentita, è il non aver pernottato qui. Le location son poche e costose, a ragion veduta! Lo Stovepipe Wells, il più economico, ma non è nel centro nevralgico. I migliori sono senz’ombra di dubbio il Furnace Creek Ranch e Inn. Oltre ad essere costosi e magnifici sono praticamente imprendibili se non con mesi e mesi di anticipo. 2° tappa, il Badwater a 25 miglia dalla deviazione. Questo luogo è famoso per essere quello alla più bassa altitudine nel Nord America (85,5 metri sotto il livello del mare), praticamente una distesa di terra salata che crea un effettuo surreale. Noi ci siamo inoltrati per circa mezzo miglio ed è sorprendente la situazione in cui ti trovi, sembra di essere al centro della terra. Le sensazioni che si provano sono indescrivibili, sono le 5 passate e il caldo non molla la sua presa, i finestrini dell’auto sono bollenti. Ci sono varie deviazioni, ma per molte bisogna percorrere sterrati e noi le abbiamo intelligentemente evitate. Abbiamo sentito di costi di 2000 $ per chiamare il carro attrezzi. Quindi ci siamo accontentati di lasciare la macchina al parcheggio del Golden Canyon e di farlo a piedi. Lo si trova sulla strada del rientro. Ci s’immerge in questo canyon solo voltando l’angolo e con la macchina a un metro, non s’immaginano i colori che si ha la fortuna di vedere, nessuna fotografia potrà mai fare giustizia: rocce rosse, gialle e verdi, cerchiamo d’immaginare come possa essere con il sole al tramonto. Il sole cala rapidamente e ci mancano ancora due cose importanti da vedere: il Dante’s View e il Zabriskie Point. Ci fermiamo in quest’ultimo, il panorama parla da solo, credo che sia impossibile descrivere a parole quello che vedi e provi. Rimani cosi incantato che neanche ti accorgi che il tempo passa, sono le 19,30 e noi oramai al Dante’s view non riusciamo ad andarci. Il passaggio dal tramonto, al crepuscolo al buio totale è cosi rapido che neanche hai la facoltà di rendertene conto e ci ritroviamo in mezzo al deserto in una notte coperta, senza stelle e luna. Fare il view point che ci manca, è improponibile, ci sono 15 miglia che ci separano e poi è da tutt’altra parte della strada che dobbiamo percorrere.
Lasciare questo posto mi fa veramente male, non abbiamo visto praticamente niente di tutto quello che può offrire. Capisco che il caldo sarebbe stato insopportabile ma non avendo la possibilità di pernottare, sarei arrivata prima, anche se il mio Robi era estremamente contrario (soffre moltissimo il caldo).
Iniziamo cosi a macinare miglia e miglia fino a Las Vegas. Arrivarci di sera è sorprendente, hai una montagna davanti ai tuoi occhi e dietro una luce pulsante continua, ma non pensi che sia lei, non può essere cosi potente perché le miglia che ci separano sono ancora moltissime…è incredibile l’effetto che fa. La città è enorme, noi per fortuna arriviamo dalla parte giusta e non ci tocca attraversare tutta la città, ma soprattutto tutta la Strip.
Per fortuna riconoscere il Luxor è facilissimo, vedi spuntare da lontano il raggio di luce che parte dalla punta. L’hotel come tutti gli altri del resto, è un gran caos, nel vero senso della parola! Arrivi e dovresti lasciare la macchina al valletto di turno ma noi siamo entrati dalla parte sbagliata e abbiamo fatto parecchio “rumore” . Quindi abbiamo abbandonato la macchina non so bene dove, siamo scesi a fare il check-in poi abbiamo ripreso l’auto (tra un po’ l’FBI ci chiudeva dentro al parcheggio e buttava le chiavi), l’abbiamo sistemata al parking e da li cercato di capire quale dei tanti ascensori portava alla nostra camera. Abbiamo girato mezz’ora nella hall senza capire esattamente dove andare e dove eravamo. Tutti gli hotel sono enormi e perdersi è facilissimo soprattutto perché tutto il piano terra e’ invaso da slot machine e non capisci niente, ti giri e ti ritrovi sempre nello stesso punto. La camera è bella, la doccia enorme, vasca idro, l’hotel è un po’ datato, ma tenuto bene,credo che si stato uno dei primi ad essere costruito. Sicuramente è da scegliere, perché tra tutti, è insieme allo Exalibur, a costare meno. Comunque su booking si trovano parecchie offerte interessanti.
Ci facciamo una doccia velocissima e facciamo un giro sulla mitica Strip, ma è mezzanotte e siamo stanchissimi, ci buttiamo dentro il primo Mc Donald (alla fine prima o poi ci sarebbe toccato in questa vacanza) e mangio solo un humberger a soli 89 centesimi di dollaro (tra un po’ mi pagavano loro per prenderlo) e rientriamo in camera.
6° giorno: giovedi 6 settembre
Ci alziamo tardi, facciamo colazione da STARBUCKS e gironzoliamo un po’ nella hall. E’ straziante stare chiusi al buio con fuori una giornata magnifica, l’aria condizionata ti porta ad una temperatura di meno dieci, decisamente non è il mio ambiente naturale (io amo il sole e il caldo). Andiamo a metterci il costume e passiamo tutta la giornata in piscina sulla sdraio al riparo di una palma. La piscina, carina ma un po’ piccola per tutti gli ospiti che a causa dei 40° gradi stanno a mollo contemporaneamente, noi compresi. Ceniamo presto al buffet del Luxor (22 $ cad.), ogni hotel ne ha uno, abbiamo sentito dire che il migliore è quello del Paris, ma non l’abbiamo provato. Il cibo non è male, molto vario e poi finalmente un po’ di riso, verdure, insomma qualcosa di diverso dalla solita carne. Usciamo dal buffet congelati, è praticamente assurda la temperatura bassa che tengono nei locali. Fuori il caldo è ovviamente esagerato anche se sono le 8 di sera. Percorriamo la Strip fuori e dentro dagli hotel, non riesco a decidere quale mi piace di più, di sicuro il Bellagio ha di certo un gran valore e lo spettacolo delle fontane è impressionante da rimanere incantati. Fuori dagli hotel ci sono un sacco di personaggi che interpretano celebrità… che forte, ho trovato anche quelli di una Notte da Leoni. Cerco l’acqua nei bar ma è impossibile, il te freddo non e’ zuccherato, dissetarsi senza alcool sembra impossibile. Il caldo mi dà cosi fastidio che mi sembra di svenire, vorrei strapparmi di dosso il mio vestitino di seta, dovevo uscire con qualcosa di molto più leggero!
Rientriamo dopo aver visitato il mitico negozio di M&M’S e aver assaggiato gusti nuovi. Al bar dell’Exalibur prendiamo due drink con le consumazione free offerte dal Luxor e giochiamo qualche dollaro allo slot, tanto per passare il tempo.
Rientriamo in camera facendo delle considerazioni su questa città. Delle persone che abbiamo conosciuto in questo viaggio, ci sono sembrate tutte orientate in due direzioni: o c’è chi la ama o chi la odia! Io e Robi siamo in una fase di “ok l’ho vista una volta e mi è bastata”! La chiamo fase di “accettazione”. Las Vegas è una città, a mio avviso, troppo particolare e speciale, bisogna capirla cosa che io non sono assolutamente capace di fare. È di sicuro la capitale del business in termini di divertimento; sotto il profilo del gioco, l’esperienza Las Vegas, è qualcosa di veramente unico. A chi, come me, non è abituato a giocare d’azzardo, Las Vegas, lascerà modo di sperimentare qualcosa di radicalmente nuovo. Parlo di sensazione. Puntualizzo subito che a Las Vegas, in due sere, avrò giocato e vinto 5$. Ma anche cimentandosi su sfide da 25 centesimi alla volta, si può assaporare ciò che Las Vegas offre al giocatore che è in tutti noi.
7° giorno: venerdi 7 settembre = 250 miglia
Partiamo tardissimo, considerando che dobbiamo spostare l’ora in avanti, sono già le 11. Al Luxor puoi fare il check-out via internet e lasciare le chiavi negli appositi box, idea geniale, in pochi secondi abbiamo risolto il problema. Oramai muoverci nell’hotel è diventato facile. Pranziamo al Jack in the Box, fanno un pollo alla piastra davvero buono, ci stava bene un’insalatina, ma figurati, qui solo patatine fritte! Decidiamo di fare la strada più bella per arrivare al Bryce Canyon, che è però anche la più lunga: la UT-12, una delle Scenic Byways. Si attraversa lo Zion N.P.: non era prevista una visita accurata del parco ma abbiamo comunque deciso di dedicargli qualche ora. Lasciamo la macchina al parcking (questo parco si può visitare solo con gli shuttle). Scrivere di Zion non è facile, leggi dei suoi trail meravigliosi, delle vedute mozzafiato e degli incredibili colori e ci provi a metterle su carta, ma difficilmente chi non ci e’ stato può immaginarsi la quantità e la diversità di queste vedute. E che dire dei colori? Il rosso scuro mischiato al nero delle pareti rocciose, il verde brillante della vegetazione ed il blu intenso del cielo. Credetemi, stare ai piedi di una parete di roccia delle dimensioni di un edificio, ammirando questi colori fa un’impressione decisamente differente che guardare la stessa cosa in cartolina. Zion mi ha lasciato questa sensazione. Sembra un cofanetto di piccole dimensioni all’interno del quale ci sono molti più gioielli di quelli che potresti aspettarti. Noi abbiamo fatto solo due trail: il Weeping Rock Trail (breve ma ripido) e il Riverside Walk Il W.R.T. È una passeggiata corta, poco impegnativa e ombreggiata. Si tratta sostanzialmente di una parete rocciosa dall’interno della quale esce e poi cade dell’acqua formando un effetto pioggerellina. Il tutto offre certamente uno spettacolo inconsueto ed interessante Il R.Walk è una passeggiata piacevole e rilassante. Noi siamo arrivati al fiume, nel punto dove o l’attraversi a piedi o torni indietro. Sarebbe stato divertente guadarlo, ma l’ora si e’ fatta tardi e abbiamo preferito tornare indietro, chiacchierando allegramente con una coppia di Torremolinos in un italo-spagnolo molto simpatico. Usciti dal parco, attraversiamo la Dixie N. Forest che è gia’ un anticipo di quello che vedremo al Bryce Canyon. Il Lodge scelto è in posizione strategica ma in realta’ non vale i tanti soldi spesi, ma cosa che stiamo imparando da questo viaggio, è che la location putroppo conta moltissimo. Siamo arrivati cosi tardi, che consegnata la camera, siamo usciti di corsa e abbiamo preso qualcosa da mangiare al General Store. I prezzi sono parecchio alti, ovviamente era prevedibile!
8° giorno: sabato 8 settembre = 270 miglia
Il bello di dormire fuori o dentro al parco, è che ti svegli e sei già arrivato. Incominci cosi la giornata prestissimo e ti godi in santa pace e tranquillità la parte più bella. Appena arrivi al Bryce si viene subito colpiti, storditi e affascinati dagli incredibili colori. L’arancione degli hoodoos che si innalzano verso il blu del cielo dello Utah è una cosa che non dimenticherò mai. La vista ai vari view point è fenomenale e subito la voglia di prendere il primo trail ti viene naturale, come a noi che ci siamo incamminati senza zaino e acqua. Eravamo scesi solo per vedere il Sunrise Point e ci siamo ritornati dopo 4 ore. Noi abbiamo incominciato il nostro giro scendendo verso il Quenn Victoria ma poi l’abbiamo abbandonato per il Thors Hammer ( l’hoodoo simbolo di Bryce) e il Navajo Loop ed infine il Wall Street (il pezzo più bello, secondo me, dove si passa attraverso delle alte pareti contornate da hoodoo). A mezzogiorno decidiamo di andar via, il caldo è opprimente e mi schiaccia le tempie, ho fame, la colazione è oramai un ricordo lontano, e la passeggiata della mattina è stata parecchio impegnativa. Per chi non vuole usare l’auto, come in quasi tutti i parchi ci sono gli shuttle, noi in verità oggi abbiamo usato i piedi…..Ci siamo fatti tre view point da dentro/sotto il canyon! A Tropic ci fermiamo per mangiare, sto letteralmente morendo di fame! Credo che sia l’unico ristorante del paese, hanno menu fissi a base di humburger, ovviamente, e ne mangiamo due veramente buoni a 25 $. Il costo non è altissimo, ma scopriamo che ci sono menu per il pranzo e menu per la cena. Oggi dobbiamo fare più strada possibile per arrivare vicino a Moab. Attraversiamo la UT-12 e poi la UT-24, mai visto una strada cosi bella. Si passa da Escalante, Boulder, fino ad arrivare a Torrey. Qui ci immergiamo nella Ut-24 e si attraversa Capitol Reef. Arriviamo fino a Green River, preferiamo dormire qui, è tardi e non abbiamo prenotato niente a Moab e rischiamo, essendo una cittadina molto turistica, di non trovare niente o di trovare motel troppo cari. Il paesino è veramente molto triste e deprimente, proviamo qualche motel e alla fine scegliamo quello che piu’ fa al nostro caso: il Knights inn a 56$ tax e colazione inclusa. Sistemanzione semplice che vale il prezzo pagato. Niente frigo e macchina del ghiaccio rotta. Ceniamo nel ristorante di fronte, sopprannominato da me e Robi “dei camionisti”. Finalmente zuppa e insalata per me e roastbeef con il pure per Robi. La cucina non è il massimo, ma cerchiamo di non pensare a quello che ci aspetta a casa. Non c’è niente da fare, l’ Italia per quanto riquarda la cucina non la batte nessuno!
9° giorno: domenica 9 settembre = 135 miglia
La colazione è data sempre al ristorante di ieri sera. Ci fanno aspettare mezz’ora per due toast imburrati, siamo nervosi e arrabbiati, ci siamo svegliati alle 6,30 per arrivare a Moab il prima possibile e non di certo per passare il tempo al ristorante “dei camionisti”. Ingoiamo il tutto in un nano secondo, la macchina è già carica e partiamo. In un’ora siamo a Moab. I motel hanno prezzi alti, quelli più abbordabili sono tutti prenotati. Arriviamo in un motel e il padrone ci indirizza da un amico che ha ancora qualche camera libera. Ci ritroviamo cosi all’Adventure Inn, posto carino, semplice, con aria condizionata nuova e silenziosa (vi capiteranno dei pezzi d’antiquariato obsoleti e tanto tanto tanto rumorosi). Anche qui la colazione è compresa, $ 89 compreso di tax. La colazione, come da nostri presupposti, si rivela, una tristezza, ma oramai l’abbiamo preso in considerazione e poi sinceramente non c’e’ la faccio più a mangiare sempre e solo muffin! Spesa al super, al Arches N.P. non si trovano bar o ristoranti quindi ci organizziamo e prendiamo panini, affettato, cetrioli (l’unica verdura che riusciamo a mangiare da queste parti) e banane (l’unico frutto che riusciamo a mangiare da queste parti). A tutti, l’Arches, fa un effetto strabiliante, a tutti rimane nel cuore, io nel cuore, ad oggi posso dire di avere senza dubbio, la Death Valley e il Bryce, poi i gusti son gusti. La cosa di certo interessante di Arches è che gran parte dei trail sono sostanzialmente piani, a poche centinaia di metri dai vari parcheggi e richiedono uno sforzo veramente minimo, sempre caldo permettendo. Noi arriviamo alle 10, riusciamo a fare, prima del mio crollo, psico-fisico, Il Broken Arch e il Sand Dune Arch (entrambi sentieri facili). Il Sand Dune Arches mi ha lasciata davvero a bocca aperta, la sorpresa che ti arriverà agli occhi è totale. Tutto è nascosto da un’oasi e il percorso è molto banale e non preannuncia nulla di quello che è nascoto a poche centinaia di metri dalla strada. Poi si passa per un punto piuttosto stretto tra le rocce e ci si ritrova in una meravigliosa oasi di sabbia finissima, verde vegetazione, pareti di roccia legivatissima e un silenziao irreale. Vorresti toglierti le scarpe e affondare i piedi nella sabbia. Dopo uno slargo si prosegue per un altro stretto passaggio che conduce ad un secondo slargo dove vi trova il Sand Dune Arch. Non è di certo il piu’ maestono ma il constesto in cui e’ insertio è qualcosa di favoloso. L’arco è incastonato tra le rocce che lo circondano… io ho provato a salirci in cima ma l’impresa mi è risultata impossibile, anche se qualcuno si e’ arrampicato facilmente. Noi abbiamo allungato un bel po’, arrivando quasi fino al Campgroung. Con il senno di poi, avrei lasciato questi trail per ultimi o comunque per le ore più calde. Proseguiamo per il Devils Garden, e il Pine Tree Arch e il Tunnel Arch (passeggiate veramente brevissime). Qui avremmo dovuto proseguire fino al Landscape Arch, ma sono le ore 13.30 ed io, anche con una grande scorta d’acqua, imploro un po’ di relax lontano dal sole. Mi pentiro’ moltissimo di averlo saltato, ma mi era davvero impossibile proseguire. Ci mettiamo in macchina, riusciamo a trovare una zona di sosta pic nic all’ombra (crediamo di aver trovato, con una fortuna immensa l’unica piazzola con una parvenza d’ombra). Mangiamo e mi sento meglio. Decidiamo quindi di avventurarci per il Double Arch, Turret Arch e il North e il South Windows. Ma ad un certo punto mi sento completamente esaurita, sono le 15. 30 e decidiamo di tornare in hotel per rilassarci un po. Vediamo che già tutti gli hotel hanno piazzato fuori il loro no vacancy, meno male, noi per sta sera possiamo stare sereni. Ritorniamo al parco verso le ore 17, per poter salire fino al Delicate Arch e goderci da lì il tramonto. Il trail che porta fin lassù ha tratti più o meno ripidi. La parte più interessante comincia quando si lascia il sentiero sterrato e si comincia a salire inerpicandosi su una superficie rocciosa ripida ma levigata. La strada da seguire è data da piccole colonne di sassi. Nell’ultimissimo tratto si percorre un sentiero che costeggia una parete di roccia e, arrivati in cima, si ammira finalmente il Delicate Arch. Questo si trova all’interno di un anfiteatro naturale ed è pieno di numerosi visitatori tutti con treppiede e macchina fotografica alla mano per immortalare l’arco simbolo dello Utah. Per quante volte si possa aver visto il Delicate Arch, in foto, vederlo dal vivo soprenderà comunque. Le dimensioni sono veramente maestoste. Io sono scesa, sono arrivata ai piedi dell’arco per ammirarlo meglio in tutta la sua magnificenza. Al momento del tramonto eravamo in tantissimi, il sole che cala rende le rocce di Arches di un colore infuocato e lo spettacolo è indimenticabile. Siamo scesi al crepuscolo per non fare tutta la strada del ritorno completamente al buio.
Doccia veloce in camera (alle 21 tutti i ristoranti chiudono) e mangiamo da Pizza Joy’s, una pasta buonissima che loro accompagnano con una baguette al burro e aglio spettacolare, avrei potuto cenare anche solo con quella (35 $). Gaffe tremenda al ristorante perchè Robi scambia due coppie di canadesi per italiani, io mi butto, chiedo com’e’ la pasta perché come si sa noi italiani su queste cose siamo precisi (tutto in italiano) e loro mi guardano perplessi, mi dicono che se non parlo inglese loro sanno il francese! Evviva, finalmente posso fare un discorso sensato e frasi composte da più di 5 parole. Mi parlano benissimo della zona del Quebec, che non ha niente da invidiare agli States (ci faremo un pensierino). Passeggiata veloce per il centro, acquisto la calamita per il brother e ci infiliamo sotto le coperte, la giornata è stata massacrante.
10° giorno: lunedi 10 settembre = 209 miglia
Colazione very easy, ricordo quelle mitiche irlandesi, di qualche estate fa! Stop dal benzinaio, stop al super, perchè anche il parco di oggi è sprovvisto di tutto e partiamo. Facciamo scorta di ghiaccio perchè la camera non ha il frigo. Il nostro zainetto frigo si sta rivelando un’ottima soluzione per tutto. Prima di lasciare Moab, proviamo a sentire quanto costa il tour in Hammer, a Robi sarebbe piaciuto moltissimo, ma il costo è davvero esagerato (90$ per due ore a testa). Partiamo in direzione Canyonlands N.P. Mentre lo raggiungiamo delle scritte ci avvertono che è meglio fare rifornimento di acqua, all’interno del parco non ci sono fontanelle se non quella al visitor center. Questo è uno dei parchi che a Robi è piaciuto di più, probabilmente grazie ai suoi ampi spazi e alle sue immense vedute. Noi abbiamo fatto solo una delle 3 parti del parlo: l’island in the sky, le altre due: il Needles (dicono che è il piu’ bello) e il Maze distano parecchi chilometri uno dall’altra. Ci siamo fermati come sembre al visitor center a prendere la guida e le mappe e procediamo per l’Upheaval Dome, dove si riesce a vedere il cratere formato dalla caduta di un meteorite. La passeggiata è piacevole, il tempo è sereno, ma non fa caldissimo, il cielo e’ leggermente velato cosi soffriamo meno il caldo. La veduta dall’island in the sky è da non perdere tanto la vista è immensa, faccio delle foto sul precipizio e Robi tra un po’ muore di paura (che fifone), le mie foto saranno spettacolari anche se non renderanno l’idea di cosa in realtà avevamo davvero davanti agli occhi. Decidiamo di fare anche il Mesa Arch, passeggiata semplice, dove finalmente vedo qualche cactus ma anche qui la gente è poca, credo che questo parco sia poco battuto ed infine facciamo sosta al Grand Vieuw Point dove decidiamo di pranzare con i nostri panini al sacco. Troviamo una zona picnic ombreggiata e ci appostiamo. Alle 14,30 andiamo via, dubbiosi se scendere fino a Monticello e rientrare al parco dalla zona nominata Needles. Passiamo davanti al Hole in the Rock, solo in America esistono cose del genere! Il bello è che questo posto, tra il kitsch e il cattivo gusto, è anche discretamente famoso. Ci fermiamo in una cittadina pazzesca, si chiama Bluff, e che dire, è veramente una città fantasma. Ci sono 3 motel, uno è pieno, uno è troppo caro e uno è troppo completamente assurdo. Io sarei andata avanti ma Robi è preoccupato per la macchina: ha dato il messaggio Manut. Request (ma credo che sia solo la manutenzione ordinaria) ma lui giustamente vuole controllare acqua e olio. Ovviamente finiamo in questo da film horror, meno male che non siamo appassionati del genere, altrimenti saremmo scappati. Vorremmo fare un giretto prima di cena, ma sta arrivando una tormenta, e qui quando si alza la sabbia è davvero parecchio fastidiosa. Per tranquillità voglio controllare su internet se siano in zona tornadi, ma scopro tristemente che non hanno il wi-fi. Allora c’e’ da dire che la proprietaria del motel faceva davvero paura, capelli arruffatti tutti per aria, piu’ grigi che neri, un braccio morto e l’altra con mezza mano, insomma parecchio inquietante. Abbiamo pagato 59 $ tax incluse ma io non lo consiglio a nessuno a meno che non volete vivere una serata alternativa. Non ricordo il nome, ma l’aveva? Figurati manco la ricevuta mi ha fatto la vecchia pazza, cmq non potete sbagliare, sono le casette marroni, di fianco alla steak house. La sera ceniamo proprio li’, l’unico posto. Abbiamo mangiato bene e tanto: antipasto d’insalata mista, patate al forno, fagioli e per me un pollo intero alla griglia e per Robi una mega costata. Ma chi se lo mangia sto pollo intero!!!?? Abbiamo speso 50 $ e siamo davvero soddisfatti.
11° giorno: martedi 11 settembre = 252 miglia
La notte la passiamo svegli, la nostra casetta è in condivisione che due motociclisti delle dimensioni enormi che hanno tenuto accesso il rumorosissimo condizionatore per tutta la notte… e chi aveva il coraggio di andargli a dire che il rumore era assordante? Alle 7 di mattina siamo fuggiti, mi spaventatava tutto in quel posto, ogni minimo rumore e ogni ombra. Ci fermiamo a far colazione a Mexican Hut. Qui avremmo dovuto dormire, paesino tranquillo, qualche motel, tutta un’altra cosa! Al benzinaio facciamo colazione con i loro mitici cappuccini e vediamo arrivare 30… no forse 40 Harley Davidson. Sì sì, di sicuro era un tour organizzato, ma che scena… volevo fare la foto ma mi prendeva troppo male! Dobbiamo aspettare che fanno benzina e ripartono perche’ ci hanno incastrati dentro al parcheggio. Si parte, dobbiamo muoverci, il sole c’e’ ancora ma si vedono da lontano nuvole minacciose. Osservo quello che ho attorno, la terra è rossa con il sole e neanche li vedi i cespugli verdi tanto sei acceccata dal colore della terra eppure appena il sole viene oscurato diventa tutto di un verde intenso. Già in lontananza un tuffo al cuore: ci siamo, è vero, la stiamo vedendo dal vivo. Bisogna fermarsi a fare la classica foto con in sfondo la Monument Valley e davanti la strada solitaria prima dritta e che poi fa una curva inaspettata. Quante foto stupide e in posa mi ha fatto fare Robi, voleva catturare lo sguardo dei mitici film di Sergio Leone. Prima di arrivare alla Monument, ci sarebbe una tappa fontamentale da fare, la Valley of Gods, noi con la nostra cara e piccina Yaris abbiamo preferito evitare. I pareri che poi abbiamo sentito dire in giro sono stati parecchio discordanti, chi ci diceva che è stata davvero una gran faticaccia e la sconsigliava vivamente a chi ci diceva che era meglio della strada per la Monument! Ma torniamo a noi, la I-63, arrivando verso la Valle, è qualcosa di unico. C’è un tratto drittissimo con i famosi buttes sulla sinistra e la terra rossa che si fonde con il cielo blu. Un volta imboccata l’entrata della Monument si trovano vari negozietti navajo che noi abbiamo tenuto per dopo, abbiamo il timore che arrivi il temporale. Il biglietto d’entrata costa 5$ a persona al giorno. Siamo in territorio Navajo e la nostra card per i parchi nazionali non può essere utilizzata. Per prima cosa andiamo al visitor center raccogliamo alcune notizie e compro la calamita per il Brother, speriamo sia contento! Risaliamo in macchina e cominciamo ad addentrarci nella Monument. La strada non è di certo delle migliori, ma fare il tour con la jeep in lingua solo inglese ci è sembra superflua visto il nostro elementary english. La mappa ricevuta all’ingresso descrive gli undici punti panoramici che incontreremo durante il percorso. Seguiamo l’itinerario anche perchè la strada è una sola e non c’è possibilità di scelta. La Monument ci lascia un po’ perplessi, gli scenari sono veramente belli ma piu’ che visitarla la stiamo girando, ma bisogna tener conto della privacy dei navajo che in quella zona ci vivono. Lasciamo la valle per dedicarci a qualche negozietto, ma arriva il tanto e temuto temporale. Ci rifugiamo in macchina, lasciamo perdere i negozietti e puntiamo verso Page. Speriamo vivamente di trovare il sole, vorrei passare il pomeriggio sul lago Powel e il tramonto all’ Horseshoe Bed. Pranziamo in un posticino sulla strada con due hot-dog, spostiamo l’ora indietro e procediamo spediti. Giunti a Page c’incasiniamo come sempre nelle grandi città. Ebbene si, Page è proprio una cittadina enorme, ha anche un Wal Mark. Facciamo fatica a trovare un motel, tutti pieni e sono solo le 2 del pomeriggio. Decidiamo di dividerci, i motel son cosi tanti che è meglio sentirli tutti. Il motel 6 è pieno, il super 8 è carissimo e il Best Wester ci proprone una suite. Trovo per puro caso il Page Boy, mi offre per 57 $ una camera con letto a una piazza e mezza, la prendo al volo, c’e’ anche la colazione. Il motel è proprio carino, una cucina, wi-fi, macchina per il ghiaccio. Purtroppo il tempo non è clemente, ha smesso di piovere ma è nuvoloso, facciamo lo stesso una passeggiata all’Horseshoes bed ma è triste vederlo con questi colori grigi. Facciamo cosi un salto al super mega supermercato. Da non credere, queste confezioni enormi a dei costi spaventosamente bassi. Usciamo dal supermarket e vediamo che sta quasi per tramontare, che strano, abbiamo messo indietro l’ora ed teoricamente è ancora troppo presto. Ci dirigiamo velocemente al Glen Canyon, entriamo al visitor center che si trova a ridosso della Glen Canyon Dam, l’enorme diga da cui Lake Powell ebbe inizio. Con la nostra card l’entrata è gratuita. Vedere l’enorme diga dalle vetrate del visitor center sembra surreale tanto è alta. Vista la tarda ora decidiamo di fare solo un view point, il Wahweap Marina Area. Qui ci siamo goduti un tramonto splendido, il paesaggio è bizzarro, il blu intenso del lago, l’aridità delle rocce che lo contornano e il rosso del sole che cerca di penetrare le nuvole grigie…magnifico! Ho delle foto splendide. Ovviamente vista la tarda ora e la giornata, fermarsi in spiaggia è poco opportuno, notiamo l’imbarcadero da dove partono le barche per la gita al Rainbow Bridge. Noi l’abbiamo esclusa, il costo era davvero assurdo 250 $ in due.
12° giorno: mercoledì 12 settembre = 155 miglia
Colazione niente male, hanno anche dei cornetti, non sono come i nostri ma finalmente posso decidere di non mangiare il muffin. Andiamo subito in un agenzia per prenotare il Tour all’Antelope Canyon ma ci rimbalzano tutti dicendo che son tutti pieni. Decidiamo quindi di andare direttamente lì in loco per vedere come funziona. Ma visto che il cielo è ancora coperto, decidiamo di tornare all’Horseshoes Bend. Finalmente il cielo si apre e quando arriviamo al parcheggio, troviamo solo tantissime pozzanghere. L’aria è ancora fresca e c’incamminiamo sereni. Arrivati, si rimane letteralmente a bocca aperta sul ciglio del baratro, credo che nessun pittore sia mai riuscito a riprendere una cosa simile, non esistono colori del genere in natura! Il blu intenso del Colorado è acceccante. Descriverlo è davvero difficile. E’ cupo ma allo stesso tempo brillante ed è incredibilmente intenso. Qualcosa di unico. Ora, è ora, andiamo all’Antelope. É a pochissimi chilometri e ci arriviamo in pochi minuti, paghiamo subito 6$ cad per entrare e poi ci mettono in coda, dicendoci che siamo del gruppo delle ore 13…..mah son solo le 11. Scopriamo poi che il tour delle ore 12 costa esattamente il doppio perche’ è quello con la luce migliore. Mentre siamo in coda, per prenotare la jeep, è impossibile entrare nel canyon senza guida e senza una macchina adeguata, commento a voce alta questa cosa senza senso di fare le due code, non era meglio farti pagare subito i 26 $ e poi aspettare? Conosciamo cosi Erika, anche lei del mio stesso pensiero e a breve la raggiunge il neo marito. Vista la lunga attesa chiacchieriamo, sono sardi ma vivono a Genova da sempre. Due ore non sono poche, ma chissa’ perche’ noi italiani, ovunque siamo ci ritroviamo e cosi neanche so bene come si aggregano a noi una coppia di novelli sposi di Jesolo. Finalmente è il nostro turno, Robi si fa fare un biglietto per tutti e sei, cosi anche i ragazzi di Jesolo arrivati all’ultimo possono fare con noi il tour delle ore 13. Questa è stata davvero una grande fortuna, ci danno una jeep solo per noi, una guida privata che ci tiene dentro al canyon due ore anziche una e poi ci fa fare delle foto fantastiche, immagini che non avremmo mai potuto catturare, ci fa vedere cose che mai avremmo notato, facciamo foto in controluce, che sembrano finte ma sono vere, ci sono io! Alcune foto son troppo da luna di miele ed io mi rifiuto categoricamente ma i nostri nuovi amici le fanno con allegria. La guida si merita davvero la mancia! Ma torniamo al nostro canyon. Io credo che sia una delle cose piu’ affascinanti viste durante il mio viaggio. Il fondo del canyon è sabbioso e le strette pareti sono levigatissime e ondulate. Sembra veramente di essere in uno scenario surreale. La magia poi dei raggi di luce che entrano all’alto aggiunge qualcosa di indimenticabile a questa visita. Usciti dal canyon la nostra jeep non parte, che situazione tragi-comica, ma la guida ha dimenticato le luci accese, è delirante poi tutta la situazione che ne segue. La guida recupera un’altra jeep ma non si apre il cofano, ne recupera un’altra ma mancano i cavi della batteria…e in tutto questo, noi 6 ci divertiamo a fare foto spiritose. È tardissimo sono gia le 3 e vorremmo arrivare al Grand Canyon South Rim per il tramonto, ma visto che ieri sera alle 7 era già buio, il tempo a nostra disposizione è davvero poco. Quella del Grand Canyon è stata la nostra ultima tappa naturalistia nel corso del viaggio. Siamo arrivati senza aver “studiato” molto ritenendo che, tutto, sommato, l’approcio ad una bellezza naturale cosi stordente dovesse essere il piu’ libero possibile. Partiamo spediti, mangiamo un panino in macchina. Entiamo dall’east entrance a Desert View, il tempo è strano, fa fresco, ci saranno 15 gradi. Se si vuole dormire dentro al parco bisogna prenotare prestissimo altrimenti, bisogna fare come noi e andate all’unica cittadina vicina. Lasciamo la macchina veloce al parcheggio del visitor center e prendiamo il bus linea Orange per andare al Yaki Point. Per muoversi al parco bisogna utilizzare gli shuttle, che purtroppo non sono frequenti come negli altri parchi e fanno dei giri lunghissimi. Il tramonto all’Yaki Point è bellissimo, appena cala il buio, prendiamo di corsa il bus per essere al crepuscolo al Mather Point. Facciamo foto a valanga e poi è ora di cercare il nostro Lodge, perche’ sta sera abbiamo appuntamento per cena con i ragazzi di Genova. Loro sono al Best Western, l’hotel accanto al nostro. Andiamo a cena da We cook pasta e pizza. Alle 9 sta quasi per chiudere. Mangiamo bene, due pizze spendiamo 40$. Notiamo che conviene largamente prendere una pizza Big piuttosto che due SMALL, ma io non posso proprio sopportarla con la mozzarella. Facciamo un giretto per la via, sara’ lunga 200 metri, ma fa troppo freddo, ci salutiamo e ci diamo appuntamento domani a Williams.
13° giorno: giovedi 13 settembre = 245 miglia
Questa mattina fa parecchio freschino, meglio visto che vogliamo sgambettare fino a giu’ nel canyon. Facciamo una colazione rapidissima e partiamo. Al parcheggio Market Plaza prendiamo la linea blu e scendiamo al Bright Angel Trailhead. E’ assurdo il colore che ha qui il Colorado, lo vedi marrone, rosso, non di certo il blu accecante dell’Horseshoes Bed. Scendere è semplicissimo, cammini cammini cammini che neanche ti accorgi di quanto sei sceso, ed è questo il grande dilemma dei canyon, non riesci poi a calcolare esattamente quanto potrai risalire. Ci sono parecchio cartelli che invitano a non tentare la discesa al fiume e la risalita nel giro di una sola giornata, ci sono cartelli molto forti. Bisogna non scordare mai che per ogni ora di discesa ci vuole circa due ore per risalire e portare sempre molta acqua e cibo, perche’ nel plateau non si trovano di certo steak-house. La risalita è veramente faticosa ma ne vale la pena, ti rendi conto ad un certo punto che tu sei dentro il Grand Canyon… assurdo, inimaginabile! A mezzogiorno siamo gia’ in risalita, vedi a partire la mattina all’alba! Optiamo per dei view point che si possono fare con la linea rossa. Ci fermiamo al Powell Point, al Monument Creek Vista e al Pima Point, tutti belli, ma tutti che mi danno la stessa sensazione: le viste dei view point son veramente molto belle ma il canyon rimane troppo lontano, si vedono pochi dettagli e non si riesce veramente ad afferrarne la grandezza e la maestosita’. Forse questo è dato dal fatto che ci siamo abituati in tutti questi giorni a vedere i parchi “dal di dentro” e non solo come spettatatore da un palcoscenico. Rifare il giro al contrario per recuperare la macchina ci porta via moltissimo tempo. Partiamo rapidissimi e dopo circa 50 miglia arriviamo a Williams, la mitica citta’ di Cars. Ci fermiamo a vedere qualche negozio e voila i nostri amici di Genova. Sono le 4 e sono super affammata mangiamo da Mc Donald, alla fine è comodo perchè è rapido e voloce.
Iniziamo il nostro percorso dedicato alla mitica Route66. Mi fermo al distributore all’entrata del paese, facciamo delle foto spiritose, Williams di certo è rifatta, però è carina. Da qui ci dirigiamo verso Seilngman, fatta di due edifici, tra cui una specie di negozio museo. Ci rendiamo conto che la Route66 vive più di mito che di altro: non è rimasto praticamente più nulla, tra una cittadina e l’altra distese e campi sterminati, ma c’e’ poco da vedere; tant’è che ad un certo punto, decidiamo di procedere veloci e prendiamo l’autostrada. (ci aspettano 900 km per arrivare a San Diego). Ci separiamo dai nostri amici di Genova, loro vanno per Phoenix, s’incontreranno con i ragazzi di Jesolo, stasera a cena! In autostrada vediamo un Truck con dietro due case mobili, enormi, ma no… non ci posso credere, le spostano davvero cosi montate e con i mobili, no, non ci credo, questa cosa e’ assurda, altro che trasporto speciale! Cerchiamo di arrivare il piu’ lontano possibile, ci fermiamo a Neddles, il paesino sembra addormentato non ci sono luci e ci fermiamo al motel 6 (paghiamo 51 $ con le tasse + 3 $ per il wi-fi). Navigando su internet scopriamo che in questo paesino ci sono motel anche a 35 $, ma dove cavolo sono che non c’è anima viva in giro! Mangiamo qui sotto, da Denny’s, prendiamo in due un solo piatto, alla fine abbiamo pranzato alle 4 e ora l’appettito non e’ moltissimo, cmq le uova strapazzate con verdure sono davvero ottime. Qui fa davvero molto caldo, il caldo opprimente di Las Vegas, siamo a 100 km dalla città maledetta.
14° giorno: venerdi 14 settembre = 356 miglia
Partiamo presto, qui alle 6 il sole è già alto. Facciamo colazione strada facendo con un mega cappuccino, provo quello alla vaniglia, non male. I 500 km che ci separano da San Diego son tanti, ma l’autostrada scorre veloce, la strada è libera a parte i Truck. In un parcheggio riesco finalmente a fotografarne due, che simpatici gli autisti, capiscono che siamo turisti, mi salutano, sorridono e mi fanno l’occhiolino. Come vorrei vedere il Cactus, quello simbolo dell’Arizona, è possibile che non l’abbiamo ancora incontrato? Arriviamo in città e c’e’ un caldo esagerato, l’autostrada ci manda quasi in tilt, che differenza dalla pace dei parchi. Ci rechiamo in Hotel Circus, una via piena di motel. E’ comunque un gran caos, la strada è enorme con il contro viale, fare manovra tra il traffico e il caldo e le strade sconosciute è difficile. Proviamo in qualche motel, tutti cari, alla fine senza speranza scegliamo il Motel 6 a 83$. Essendo in una città consiglio di prenotare, anche se in realtà in questa zona la scelta è davvero imbarazzante se non state troppo a guardare il portafoglio. Per andare in centro bisogna prendere la macchina, ma sono solo 8 km da fare in autostrada e in due minuti. Parcheggiare è facile, lasciamo la macchina tra la 1st Avenue e la Beach Street. Andiamo a piedi fino al porto, sono le 3 e la fame si fa sentire. Mangiamo in un posticino carino proprio sull’oceano, mangiamo fish and chips, non male, quello londinese rimane sempre il migliore. Decidiamo di arrivare al Gaslamp Quarter passando dal mare. Percorriamo a piedi tutta la North Harbor Drive, passiamo davanti a un’imponente porta-aerei, vorrei entrare, ma il ticket è di 18 euro. Ci fermiamo al Seaport Village (davvero troppo carino), sembra il Fisherman’Warf di San Francisco in miniatura. Sfioriamo l’embarcadero e ci buttiamo nel mitico quartiere. La zona è bellissima, tantissimi negozi particolari, entro in un paio, e mi piacciono da matti e per dirlo io che non sono di certo un’amante dello shopping. Attraversiamo i palazzi tutti di vetro e bellissimi che fanno parte della Down Town dopo aver macinato davvero molti chilometri, puntiamo il parcheggio per recuperare la macchina, andare in camera e prepararci per la serata. Sta sera ceniamo con Silvia e Marco i ragazzi di Jesolo. Inizialmente volevamo cenare all’Old Town, ma sulle guide abbiamo letto che non c’e’ moltissimo e visto che è venerdi sera, vorremmo fare qualcosa di carino. Mangiamo in un pub, scelto a caso, un piatto enorme e troppo buono (bistezza, pancetta, uova, patatine fritte, coca cola free) a soli 25 $ a coppia! Non riusciamo neanche a mangiare tutto e ci propongono la doggy bag, ma non fa di certo al caso nostro. Cosa ci faccio io con la pancetta avanzata e le uova? Le mangio a colazione? Quest’America è davvero la citta’ del cibo. Il quartiere è ancora più animato del giorno, non notiamo molti turisti, è tutta gente del posto. Sono le undici di sera e fa caldo, adoro questo posto, vivrei qui, anzi io rimango qui, perchè mai tornare nella triste e nebbiosa Milano, soprattutto ora che l’inverno è prossimo?!!
15° giorno: sabato 15 settembre = 356 miglia
Questa notte Robi non è stato molto bene, sara’ l’aria condizionata troppo forte o il caldo esagerato. Oggi passeremo una giornata tranquilla, dobbiamo arrivare in serata a Los Angeles passando per le spiaggie. Le prime soste le facciamo alle spiagge mitiche di San Diego: Ocean Beach con la mitica Dog Beach e la Jolla. Prima di arrivare alla spiaggia passiamo per le ville, da rimanere incantati a bocca aperta, sono una piu’ spettacolari dell’altra. La spiaggia è tipica da surfisti, anche se non e’ periodo, ci sono cmq delle belle onde, io per “pucciare” i piedi mi sono completamente lavata, potevo fare il bagno tanto valeva! Ci sono le foche, che belle…… se ne stanno li indisturbate, e si crogiolano al sole. Questa è la zona IN degli hotel, alcuni davvero molto belli, anche se in realta’ questa zona della citta’ non mi è piaciuta molto, troppi negozi di firme, tutti uguali, con il loro marchio ben in vista, che tu sia a Las Vegas o a L.A nulla cambia. Prendiamo l’autostrada direzione Laguna Beach, usciamo a Orange Contry per mangiare qualcosa. Mi sembra di essere catapultata in un dei tantissimi telefilm americani, quelli che t’impallinano la testa dall’eta di 12 anni. La spiaggia è bella, il mare è pulito ma Robi non tocca l’acqua neanche con piedi, inizia la sua solita tiritera che la Sardegna ha il mare e le spiaggie piu’ incantevoli e meravigliose del mondo…..lo lascio perdere tanto è sempre la solita solfa ovunque andiamo. Fa sempre più caldo, un caldo esagerato. Facciamo lo stesso un giro sulla spiaggia, addocchiamo i surfisti, ma nonc’ e’ molto vento cosi non posso gustarmi delle belle esibizioni. È una zona molto turistica, anche il centro, tanti negozi, bar, ristoranti e come volevasi dimostrare Robi si scoccia. Lasciamo Laguna Beach per Newport. Sono curiosa di vedere il pontile di O.C. Giriamo per il Bilbao Pier, spiagge enormi e non parliamo delle ville, esattamente come quelle dei telefilm. Mentre riprendiamo la macchina constatiamo che abbiamo un po’ sprecato questa giornata, tutto il giorno in giro per spiaggie, ma in realta’ non ci siamo spiaggiati da nessuna parte. Ora direi che abbiamo sbagliato, era meglio lasciar perdere le spiaggie e passare la giornata agli Studios, sicuramente ci saremmo divertiti di piu’! Arriviamo a L.A alle 18, facciamo un giro veloce per i grattacieli del Downtown, ma è sabato e la zona è vuota, ci sono solo gli homeless. Tanti anche qui, esattamente come a San Francisco e a San Diego. Andiamo diretti al motel 6 nella zona di Hollywood, ma è pieno, c’indirizza da un amico, ed è pieno anche lui … inizio ad agitarmi parecchio e perdo la pazienza, non è possibile arrivare in una citta’ come L.A e non aver l’hotel prenotato. È assurdo, ma queste sono le scelte di Roberto. Nel mio stato di nervoso puro, riesce a trovare un motel, niente di che, ma siamo in citta’ e la scelta e’ cosi difficile che accettiamo. Ci fermiamo al Nite Inn all’universal City posto perfetto per andare agli Studios. Ci fanno l’offerta di pagare in contanti e quindi di non pagare le tasse, prendiamo al volo l’occasione, meno spendiamo in questo posto meglio è (103$). La camera è un po’ triste, ma ha l’aria condizionata e il frigo. Usciamo subito, il caldo e’ opprimente e stare in camera è impossibile, accendiamo il condizionatore a manetta e saltiamo in macchina. Scegliamo di andare alla Walk of Fame, troviamo parcheggio facilmente, tutto gratuito dopo le ore 20 e finalmente ammiriamo le stelle di Hollywood. La via non è altro che un susseguirsi di negozi di souvenir e negozi di cibo, niente ristoranti tutti fast-food che vendono di tutto, da quelli piu’ commerciali ad alcuni piccoli bui e sconosciuti. Arriviamo fino al centro commerciale, li c’e’ il Kodak Theater, ma c’e’ davanti tantissima gente, diamo un’occhiata veloce e attraversiamo la strada. Rimango stranita nel trovare una corona di fiori e una foto sopra la stella di Patrick Swayze, da noi la sua morte e’ arrivata dopo pochi giorni da quella di Michael Jackson ed e’ passata quasi inosservata. Mangiamo anche noi in uno dei tanti posti che troviamo sulla strada, ci sono tanti ragazzi buttati sul marciapiede, non capisco se hanno problemi di droga o sono solo scappati di casa. L’America è di certo un posto veramente assurdo, soprattutto queste città enormi. Cerco di ricordare il film di Julia Roberts, quando passeggiava per l’Hollywood Boulevard, ma forse è ancora un po’ troppo presto per certe apparizioni.
16° giorno: domenica 16 settembre = 30 miglia
E’ da ieri che sono triste e angosciata, questa vacanza magnifica sta per finire e la stiamo finendo tristemente, avremmo dovuto mettere all’ultimo giorno una cosa straordinaria come un giro al Disney World. Sta mattina ci alziamo presto, vorrei vedere la scritta di Hollywood, ma gira gira non la troviamo, il tizio dell’hotel ci dice che non c’e esattamente un posto. Ci scocciamo e lasciamo perdere. Proseguiamo per Beverly Hills, anche se sappiamo già che non vedremo niente, le ville hanno tutte cancellate alte e siepi enormi ed in giro non c’e’ assolutamente nessuno. Ma mi domando: ma tutti sti vips del cinema ma dove vivono, parlano sempre di L.A ma a me sembrano quartieri fantasma. Non possiamo farci mancare una puntatina sulla Rodeo Drive… ma è tutta qui? È piccolissima, oddio che delusione, me la immaginavo enorme, invece non c’e’ in giro nessuno, sara’ perche’ è domenica ma che tristezza… la nostra Monte Napoleone è di gran lunga migliore! Cerco il mitico negozio di Pretty Woman, ma non lo trovo, be il film è vecchiotto magari qualcosa è cambiato. Inizio ad avere fame, l’ora di colazione è passata da un pezzo, ma con Roberto è sempre cosi. Andiamo prima a Santa Monica, la spiaggia è enorme, l’acqua è ghiacciata, il mare è parecchio mosso, ma non ci sono surfisti in acqua probabilmente le onde non sono alte a sufficienza. Facciamo colazione da Starbucks, quanto mi piace questo posto! Con il caffe in mano attraversiamo Venice e Venice Beach, scappiamo dopo pochi minuti, c’e’ puzza, brutta gente (ed è sola domenica mattina) e non ci piace. Torniamo sulla strada, c’è un mercatino simpatico, facciamo un giro, camminando ci spingiamo parecchio avanti e torniamo a Santa Monica. Visto che sono le 11, sta volta mi dico, non posso lasciare l’oceano senza aver bagnato almeno i piedi… l’acqua è fredda ma è bella la sensazione che ti da’… grido a Robi, il Pacifico mi bagna… e ride e mi grida che dobbiamo rientrare, dobbiamo andare all’aereoporto, la distanza non è molta ma dobbiamo consegna l’auto e non sappiamo esattamente come funziona. Trovare il Return Rentalcar è facile, basta seguire le mille indicazione, si trova, arrivando dalla città, dopo l’aereoporto. Lasci la macchina, fanno un controllo velocissimo, recuperi i bagagli e prendi lo shuttle. L’autista ti chiede semplicemente con quale compagnia voli e lui ti lascia al terminal. Insomma, poi tutto il resto è la solita e normale procedura. Il volo parte puntuale, arriva puntuale ad Amsterdam e puntuali arriviamo a Linate. Finalmente a casa, sì… per una cosa: il cibo italiano mi è mancato moltissimo, come sempre del resto. Idee per la prossima vacanza, troppe e confuse!