L’odore degli USA – Parte I, NYC
Arrivo al JFK ore 22,30 circa, dopo un’ora fila per controllo passaporti e ritiro bagagli, eccoci, l’America.
Il tempo è sempre quello, quello che ci perseguita, a noi padani, e che speravamo di aver lasciato al Marconi… Pioggerellina, umidiccio.. Per fortuna non caldo.
Non so quale odore mi sarei aspettata di sentire in America, ma anche quello era tremendamente padano, e poi, come dire eravamo poi sempre nei dintorni di un aeroporto. Ogni volta che lo risento mi viene in mente l’America, prima invece non aveva nome…
Ci mettiamo in fila per il taxi, quelli che vengono a chiederti se vuoi un passaggio al di fuori delle pensiline è meglio lasciarli perdere, e finalmente è il nostro turno. Via con l’indirizzo, più slangato possibile, tanto poi non ci becchi mai, sei a Ny ma magari il tassista che ti carica è nato a Puertorico e ha vissuto 30 anni in Arizona prima di finire lì, quindi ha un accento tutto suo e non c’è dizione che tenga… 341, Broome Street (Sohotel pioneer, 69$ a notte la doppia con bagno e doccia, http://ixprss.Com/pioneer/).
Durante il viaggio resisto mezz’ora poi il sonno… in aereo non avevo dormito per niente.
Comunque mi ricordo le file, nell’avvicinarsi al ponte che dal Queens porta a Manhattan, e qualche casa in legno stile vittoriano ormai sommersa dall’asfalto delle strade, praticamente con vista tangenziale.
Arrivo a destinazione, 35$ di taxi (è il fisso dagli aeroporti di NY a Manhattan e da due in su è la cosa migliore così eviti cambi di metro o autobus), l’hotel è strano, un po’ albergo un po’ ostello, ma non lo cambierei per niente al mondo, soprattutto avendone visti tanti altri durante il resto del viaggio.
La camera è povera ma pulita, come anche il bagno, ci sono anche condizionatore e TV e una vista sul retro dei palazzi.
23/8/03 Sveglia abbastanza presto, elettrizzati… Il primo contatto con la gente è stato in una ferramenta, cercavamo un convertitore per poter caricare il telefono e la digitale con la 110V, a Modena era stato come chiedere un pezzo da collezione e avevamo deciso di cercarlo là.
L’albergo è esattamente a cavallo fra Little Italy e Chinatown, quindi i negozianti erano assolutamente, rigorosamente, paurosamente cinesi e anche qui addio pronuncia.
Comunque ci siamo spiegati, e internet ci aveva già messo in mente qualche parola tecnica… a ora di pranzo abbiamo potuto telefonare a mammà.
E qui comincia il viaggio, le strade, così grandi… però con tutti sti film non mi sembrava di essere a 9000 km da casa… una cosa che mi ha fatto effetto è come là si possano vedere stabili fatiscenti con mucchi di pattume attorno nel bel mezzo di zone in piena attività.
Su per Bowery St., colazione “Au bon pain” con una brioche alla cannella da 4 etti (stile USA) e caffè, non è che avessimo fame perché in aereo ci avevano riempito oltre ogni modo, ma la curiosità e la voglia di mangiare qualcosa come nei Simpson era troppo forte.
I negozi sono grandi, tutti molto grandi, non voglio riempire già la valigia all’inizio del viaggio ma una maglietta ci può stare (il cotone è veramente migliore di quello europeo) poi di corsa a Washington Square.
Quando sei in una città così grande famosa non puoi fare a meno di cercare dei punti di riferimento o cose da cercare, in questa piazza cerchiamo le panchine di “A piedi nudi nel parco” e l’arco di “Harry, ti presento Sally”, due film che ci hanno unito e che tuttora rimangono fra i nostri preferiti.
Ci incamminiamo per la 5ª strada e scopriamo subito dietro l’angolo uno dei più vecchi agglomerati di NY con ancora le case basse della servitù e il ciottolato; quelli che erano i palazzi sigorili sono diventati dei grattacieli, certe volte non riesco a capire come mai negli USA hanno questa mania di distruggere e ricostruire così velocemente. Questa politica non ha fatto altro che portarli a vedere Boston come una delle città più antiche e colte solo perché ha alcuni degli edifici più antichi ancora esistenti nella Nazione, in questo viaggio mi sarebbe piaciuto vedere qualche altro monumento con più di 150 anni oltre la Old State House e il Quincy Market di Boston, ma si è rivelato più difficile di quello che credevo. Dopo questo gioiellino inaspettato ne scorgiamo uno che invece aspettavamo con ansia… l’Empire State. La nebbiolina (padana) ce lo aveva quasi nascosto fino ad allora ma adesso era lì, finalmente, e non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso, per l’ennesima volta mi ritrovavo a pensare – sono io e sono qui, proprio qui, ora…– ma devo essermelo ripetuto almeno un centinaio di volte in tutto il viaggo. E poi, risalendo ancora Union Sq. Con il grattacielo copia di San Marco e il Flatiron… per rilassarci un po’ ci sediamo sulle panchine nel parchetto e subito ci vengono a trovare gli scoiattoli… cip e ciop, rompiscatole come loro e molto più grandi di quello che pensavo, però sono simpatici! Hanno imparato che i turisti si lasciano intenerire facilmente e vengono subito a vedere se c’è qualcosa da mangiare.
Una nostra usanza, che ripetiamo in ogni grande città del mondo, ci porta a visitare il Natural History Museum, la scelta migliore per muoversi è la Metrocard 7-days unlimited (17 $, http://www.Mta.Info/metrocard), vale su bus e metro ma secondo noi per un turista spostarsi in autobus è di gran lunga il modo migliore, poter vedere la città anche nei momenti morti ci è sembrato utile e poi, per quel che ne sappiamo, la rete della metro a NY non è proprio semplice da capire.
Arriviamo al museo di storia naturale e approfittiamo per acquistare il carnet New York City Pass (38$, http://www.Citypass.Net) che comprende i biglietti per entrare nella maggior parte dei musei della città e anche per fare il giro in traghetto attorno a Manhattan.
Ovviamente il museo è molto bello e curato, con la sua facciata neo-classica e il suo interno così organizzato e moderno, e soprattutto infinito… ci sono sale immense dedicate alle varie civiltà, piene di pezzi rari e di ricostruzioni in miniatura dei villaggi. Forse è un modo un po’ semplificato di raccontare la storia, ma cattura veramente. Per questa tipologia di museo il migliore per noi rimane comunque quello di Londra, nonostante in America spesso finiscano per esagerare con effetti speciali e scenografie, non ritengono necessario farlo nell’allestimento dei musei e un poco si vede. Quando usciamo rimangono il tempo e le energie per una passeggiata lungo Broadway, verso l’albergo, il cielo è limpido e l’Empire e il Crysler sono ancora più belli e brillanti. Camminando capitiamo per caso davanti a Strand Books (828 Broadway at 12th street), una libreria immensa che vende nuovo e usato. Chi non ha le idee ben chiare su quello che vuole può starci giornate intere, è veramente immensa ma di sicuro trovi qualcosa di interessante.
Arriviamo all’hotel e dopo una doccia veloce scendiamo in strada per una passeggiata a Little Italy lungo Mulberry St. Avendo trovato questo albergo praticamente il giorno prima di partire non ci eravamo informati molto sulla zona, sapevamo che era vicino i quartieri italiano e cinese ma non immaginavamo proprio come fossero.
Tanti ristoranti con nomi tipo “da Gino Bellitalia” col cameriere che ti invita a sederti e il menu con fantomatici piatti italiani mai sentiti, un po’ scontato ma è giusto così, in pieno stile “Stregata dalla luna”.
24/8 La mattina seguente decidiamo per il Museum of the City of New York (7 $)… anche qui ci aspettavamo qualcosa di più, d’altra parte non è (o vuole essere) la città più importante del mondo? Dentro non c’è granché: un’area dedicata alla storia dei pompieri della città, qualche documento antico, una sala tutta dedicata alla storia attraverso giocattoli dei bambini di Ny e delle ricostruzioni con pezzi originali di sale delle dimore dei grandi della città (Rockfeller, Vanderbilt…).
Questa città ha sicuramente tanta storia da raccontare ma a quanto pare non sono riusciti ad organizzare un museo che sappia farlo come si deve, ma questo è un male comune grandi città del mondo, a partire da Roma.
Poco lontano, scendendo lungo il lato est del Central Park ci aspetta il Guggenheim Museum. Questo capolavoro di Frank Lloyd Wright è veramente bellissimo e vale la pena entrare anche solo per vederne gli interni, sembra impossibile sia stato progettato negli anni ’40.
Le collezioni d’arte invece ci lasciano un po’ delusi, ma in tema d’arte e tutta una questione di gusti e noi non siamo molto predisposti all’arte moderna.
Il tempo è tornato un po’ piovoso e non possiamo fare la passeggiata nel parco che volevamo.
Facciamo appena in tempo ad attraversare la strada e a riconoscere il camminamento che corre lungo il Reservoir in cui Hoffman corre all’inizio de “il Maratoneta”, poi ci tocca ripararci dalla pioggia battente.
Finalmente è ora di pranzo, il primo pranzo americano… troviamo un ristorante andando verso Madison Avenue, la zona non è senz’altro a buon mercato ma non spendiamo poi tanto… la cucina americana ha di positivo che te la cavi con piatto unico, acqua ghiacciata, e magari dolce e caffè.
L’unica cosa che ci si deve ricordare, nei ristoranti di tutto il mondo, è di non ordinare mai polpettone e polpette… troppo presi dall’euforia ci dimentichiamo del significato di Meat Loaf (mi ricordavo arrosto e non polpettone) e ne ordiniamo uno… niente di male, ma preferisco sempre mangiarlo da qualcuno che conosco così posso sperare che sia fatto con ingredienti decenti! Per fortuna avevamo preso anche del pollo fritto favoloso… E’ il momento del Whitney, anch’esso nel citypass, e soprattutto di Edward Hopper, un’altro dei motivi portanti del viaggio.
Le sue opere finora hanno saputo raccontarci l’America che non avevamo mai visto, il cielo qui è veramente come nei suoi quadri. Facciamo il giro delle sale a lui dedicate più di una volta, come se volessimo riempirci gli occhi il più possibile.
Sono le 17 e il resto della giornata la passiamo lungo la 5ª strada e al Rockfeller Center… anche questa esagerazione di boutiques con troppi zeri fa parte della città e merita una visita, la pioggia comunque ci invoglia ancor meno a stare lì è dopo qualche vestito comprato in saldo non sentiamo più i piedi, compriamo la cena take away lungo Bowery St e ceniamo in hotel.
25/8 Bellissima giornata col cielo blu, andiamo al Metropolitan Museum of Art prendendo l’autobus 103, le strade sono deserte, non c’è molto caldo ma probabilmente la gente che corre tutta la settimana di domenica stacca davvero… ci ha colpisce la gentilezza dei conducenti che salutano a e augurano la buona domenica a tutti quelli che scendono… non sono cose da metropoli queste dalle nostre parti! Il Metropolitan Museum merita sicuramente una visita perchè pensiamo faccia anche capire l’approccio con l’arte che ha questa nazione.
Interi monumenti smontati e ricostruiti nel museo tra cui un tempio egizio, un chiostro spagnolo, lo studiolo in legno del duca di Montefeltro, un salotto arredato progettato dall’architetto Wright e un totem precolombiano canadese… tutti ovviamente comprati dai vari mecenati e donati allo stato. Rimaniamo tutto il tempo combattuti tra stupore e rabbia.
Dalla terrazza sopra al museo si gode una vista bellissima del parco e dei palazzi lungo il suo perimetro tra cui il Dakota Building, scenografia meravigliosa per un panino veloce o una merenda, ma evitate di comprarli quassù perché vi rovinereste la digestione coi prezzi che hanno! Sono le 16 e nonostante ci siano ancora tante aree del museo da vedere il sole e il parco sono troppo belli per restare ancora qui dentro…E non siamo gli unici in città ad aver sentito questo richiamo, ora abbiamo capito dove erano finiti i newyorkesi! Il Central Park su una mappa sembra sproporzionatamente grande ma nelle domeniche d’estate è grande giusto giusto per starci tutti! Nonostante sia un parco creato dal nulla è molto più selvaggio di quello che credevo, ci sono alberi molto vecchi e i prati sembrano fatti apposta per stare lì pomeriggi interi a leggere e dormire.
Scendiamo in a piedi fino al Columbus Circle e al Plaza per vedere dove finiva “Come eravamo”, l’emozione è tanta dopo tanta attesa ma quel film è uno di quelli che più amiamo e la scena finale è davvero indimenticabile.
Dopo aver passeggiato un po’ nelle zone più turistiche, Radio City e Times Square, sentiamo che al nostro soggiorno a NY mancava qualcosa, un aspetto. Tutti quelli con cui avevo parlato del viaggio prima della partenza non mi capivano quando dicevo che non vedevo l’ora di venire qui anche per vedere Harlem ) e ora era arrivato il momento di farlo… prendiamo il 7 e saliamo fino alla 125ª st.
Man mano che procedevamo verso nord rimanevamo gli unici bianchi sul bus… non ci era mai successo, finalmente, qui, eravamo noi i diversi! All’esterno del Adam Clayton Powell State Office Building si teneva una sfilata di moda… come quelle che fanno da noi nei centri commerciali! Le ansie che qualche guida turistica snob provava a mettere riguardo a questa zona sono davvero infondate, almeno per quanto riguarda le ore del giorno lungo le vie principali.
Ormai, nel bene e nel male, anche Harlem è diventata una parte di New York con gli stessi negozi e lo stesso giro di gente delle altre zone con la sola differenza che sono colorati… e che non ci sono grattacieli, per ora. Giriamo lungo tutta l’area di negozi, c’è tanta gente per strada.
Mezza giornata non basta per capire ma non accettavo l’idea che Harlem fosse vista ancora come un posto in cui non si dovesse andare in giro tranquilli, dovevo vedere! Finiamo la serata al Lenox Lounge (http://www.Lenoxlounge.Com), il locale in cui alcuni grandi del jazz cominciarono, prima di arrivare all’Apollo Theatre. La serata, come ogni domenica, propone una jam session di nuovi talenti… il locale mette a disposizione un orchestra jazz e chi vuole cantare qualcosa può farlo, noi ovvimante ascoltiamo solamente ma alcuni cantanti sono veramente bravi.Per non esagerare prendiamo delle costine di maiale stupende, il soul food è imperdibile anche se mi sentivo impacciatissima a mangiare con le mani davanti a gente che suonava e cantava, qui usa così.
Anche qui i costi non sono affatto alti, qui amano la musica e non c’è nulla a che spartire con gli altri ristoranti molto più patinati e cari dei dintorni, fatti apposta per i turisti.
Verso le 23.00 prendiamo il bus verso sud, il 7, scendiamo a Times Square. A quest’ora è veramente affollatissima e per trovare un po di calma camminiamo lungo la 42ª fino al Gran Central Terminal, quello di “Ghostsusters” e degli “Intoccabili”, le luci della notte lo rendono bellissimo anche se è di uno stile un po’ forzato! La zona qui attorno è prevalentemente residenziale e i palazzi lungo Park Avenue sono veramente belli. So che questa è una zona privilegiata della città, molto sicura e viva ma passeggiare di sera da queste parti è veramente bello, anche questa serata ci rimarrà in mente.
26/8 Purtroppo è l’ultimo giorno qui, consapevoli che 1000 giorni non basterebbero per vederla tutta, decidiamo di fare le cose “che non puoi proprio evitare” sapendo che comunque non andremo via davvero appagati.
Andiamo sull’Empire che oggi è di nuovo il punto più alto da cui vedere la città e nonostante la nebbiolina la vista è bellissima, non si capisce proprio dove e se tutto quanto abbia un inizio e una fine… la fila per salire è un po’ lunga ma l’attesa merita. La lobby del palazzo, in pieno stile anni ’30, è come se facesse entrare dritti dritti nei film di Orson Welles.
E’ il momento di Wall Street e di Ground Zero, sia prima che dopo l’11 settembre questa è sempre stata la zona che meno ci attraeva quando pensavo ad un viaggio a NY.
Nonostante sia l’area più antica della città è talmente patinata e frenetica che mi sembra un’offesa a chi ha davvero costruito col sangue ed il lavoro la grandezza di questa città e di cui non rimane alcuna traccia, a parte la Trinity Church, il suo cimitero con tombe risalenti al 1681 e le vie tutte curve e con nomi di cose o persone e non dritte e numerate come nel resto di Manhattan.
Ground Zero è veramente un buco sia nello sky-line che fra i grattacieli solitamente così fitti nella downtown. Anche noi ci siamo sentiti un po’ invadenti nei confronti degli innocenti che avevano perso la vita lì, vittime di chi fa guerre e attentati per il potere e i soldi.
Probabilmente non provavano lo stesso senso di colpa i venditori di hotdog e souvenir delle Twin Towers che stazionavano lì attorno e lungo il muro coi ricordi e i biglietti dedicati delle vittime, d’altra parte siamo nel cuore pulsante dell’economia mondiale e mantenere distanti il dolore per un così grande dramma e l’occasione per fare affari è probabilmente chiedere troppo, anche per le autorità che potrebbero sicuramente evitare di dare licenze di vendita qui attorno.
Sappiamo che oramai ci rimane ben poco tempo e che le cose che non riusciremo a vedere saranno tante, nel carnet City Pass ci avanza il biglietto per il tour in traghetto attorno all’isola e decidiamo di sfruttarlo per vedere anche se da lontano la Statua della Libertà, Ellis Island e Brooklin Bridge.
L’orario che scegliamo è veramente perfetto perché all’andata c’è ancora luce al ritorno c’è buio e riusciamo a vedere NY in tutta la sua bellezza.
Sul traghetto, uno speaker rigorosamente vestito da marine, ci fa la radiocronaca di quello che vediamo ma non è che ci capiamo molto… trascina un po’ le parole ma chissà che noia ripetere lo stesso discorso 5 o 6 volte al giorno! Anche dal mare NY non ci delude, anche se senza le Twin Towers non appare poi tanto diversa da altre città americane sul mare.
27/8 E’ l’ora di lasciare questa città, alle 12 abbiamo il pullman per Washington dal Port Authority Bus Terminal. Siamo ad un terzo del nostro viaggio negli USA e anche se non andiamo via volentieri da qui, ci rimane ancora tanto da vedere e partiamo abbastanza carichi.
Al Port Authority facciamo un po’ fatica a capire dov’è il nostro gate, non tanto per la lingua ma perché succede quasi sempre così negli aeroporti e nelle stazioni che non conosci.
Per andare a Washington abbiamo preferito il bus, anche se ci mette un poco di più del treno, costa quasi la metà (42$, ed è il mezzo più popolare, anche questo lo abbiamo visto fare tante volte nei film e volevamo provare.
I nostri compagni di viaggio sono perlopiù ispanoamericani e neri, loro, che se ne intendono, hanno evitato accuratamente di andare nei posti vicino al WC che sono toccati a noi e ad un anziano nero, a parte un po’ di odore non ci sono problemi e con la luce del giorno abbiamo potuto vedere anche un po’ di campagna lungo la Interstate 95 attraverso New Jersey, Pennsylvania e Maryland.
Libri e Guide utili per il soggiorno a New York: • Official NYC Guide, guida tascabile prodotta dall’Ente Turismo di NY, gratuita, farne richiesta su http://www.Nycvisit.Com/ o ritirarla presso gli uffici in città (810 Seventh Avenue, between 52nd & 53rd Streets) • Let’s Go New York, ti dà una visione realistica della città con hotel e ristoranti abbordabili, non come le guide Touring. Solo in inglese.
• New York Lonely Planet, stesso stile del Let’s go ma in lingua italiana.
• New York e Washington, Guida verde Touring Club Italiano, è ben fatta per visitare musei e monumenti.