L’Italia dell’emisfero meridionale
I prezzi sono indicati in pesos. A dicembre 2004 un pesos valeva piu’ o meno 500 lire e in euro 25 centesimi. Gli euro sono scambiati solo in banca, e di gran lunga in genere preferiscono i dollari, e per noi che abbiamo un rapporto euro/dollaro di 1.30, era ancora meglio. Ma ecco il diario avvincente di questi 30 gg.
15 novembre, Buenos Aires, Mar del Plata, Bahia Blanca.
Voliamo con Alitalia, fatto strano per noi, ma il prezzo erano veramente competitivo. Poco meno di 1600 euro per una business in Sudamerica, non si poteva rifiutare. Buona scelta: le poltrone sono eccellenti, stante il fatto che sia in andata che in ritorno viaggeremo di notte. Il cibo non e’ il massimo, ma i nostri steward ed hostess non lesinano sui bis. Arriviamo dunque all’aeroporto di Buenos Aires puntualissimi alle 6.30, e ci aspettiamo sole e caldo ed troviamo 15 gradi e una pioggia fastidiosa. Subito ritiriamo l’auto (prenotata via internet) alla Hertz. E’ una Fiat Siena rosso fiammante, nuovissima. La Siena e’ -praticamente- l’evoluzione della “Duna”, che qui ha avuto un grande successo. Come la 127 e la 128, tuttora circolanti in numero ragguardevole.
Comunque l’auto e’ semplice ma completa, anche l’estintore e’ fornito. I bagagli ci stanno alla perfezione, ma quest’anno abbiamo abbandonato le valigie rigide per optare per borsoni morbidi, ed e’ tutto piu’ “facile”. Molto dello spazio, tuttavia lo occupano un sacco a pelo e una coperta in pile: i nostri portafortuna. Cambiamo anche un po’ di soldi, e ci avvertono che ci sono ancora molti soldi falsi Partiamo subito superando Buenos Aires (come sempre optiamo per visitarla alla fine), percorrendo la autopista Grl Riccheri e tramite la 25 de Mayo che taglia la citta’, ci immette direttamente sulla Autopista 2 per Mar del Plata. Sono 400 km di buon asfalto, interrotti qua e la’ da pedaggi, 2 o 4 pesos. Eccoci a Mar del Plata, localita’ di villeggiatura per i ricchi argentini, e qui (ma anche in moltissimi altri posti) si capisce subito che la citta’ ha vissuto tempi migliori.
Grattacieli (o anche scheletri abbandonati) altissimi (20, 30 piani) costruiti senza alcuna logica, inframmezzati da basse e vetuste costruzioni, danno un’idea di urbanisti ignoranti e meno che meno esteti. La zona pedonale e’ un’accozzaglia di negozietti di cianfrusaglie e robetta per turisti. Moltissimi i negozi di alfajores (Havanna soprattutto ma anche Terrabusi), il dolce nazionale inventato qui, due gallette dolci con un ripieno di dulce de leche in un mix da urlo.
Le spiagge, invece, sono bellissime, e possiamo vederle bene solo perche’ siamo fuori stagione. D’estate, infatti, ospitano ben 2 milioni di persone, rendendole praticamente formicai umani. E -appunto- essendo fuori stagione, l’albergo scelto, il Benedetti, ci offre una matrimoniale con colazione e a buffet e posto auto a 90 pesos. Cosi’, dopo una breve passeggiata, prendiamo l’auto e ci dirigiamo al porto, dove speriamo di assistere al ritorno dei pescatori con i leoni marini che approfittano degli scarti. Ovviamente si va un po’ a naso, poiche’ i cartelli scarseggiano e quando sto per sacramentare ecco che sul ciglio della strada un gruppo di maschi di leoni marini convive tranquillamente con turisti, pescatori e avventori. Sono bestioni di 400 kg e di un paio di metri di lunghezza, e ne siamo affascinati. Sonnecchiano tranquillamente, ma se qualcuno si avvicina troppo si rizzano e allungano il collo, emettendo grugniti simili a ruggiti leonini, e l’impressione e’ forte. Quando poi uno decide di attraversare la strada (molto trafficata) e’ il panico. Traffico fermo e per fortuna che ha deciso di non fermarsi in mezzo. Purtroppo le foto sono del telefonino, perche’ ho lasciato la digitale in hotel, non sapendo ancora il grado di pericolosita’ del paese. La strada ci porta alla fine del molo, con a destra il mare burrascoso e a sinistra il porto, con il cimitero delle navi (tantissime abbandonate) e la colonia di leoni marini vera e propria, protetta da grate.
Sappiamo che qui ci sono i rari ristoranti di pesce, e dopo essere tornati in hotel per una doccia decidiamo di venire qui a cenare. Scegliamo il piu’ lussuoso, e con una cena a base di ostriche gigantesche, fresche e gratinate, e una parilla di mariscos, innaffiato da un ottimo chardonnay, e per finire pere con gelato per Carla e panqueque (frittatina ripiena) al dulce de leche. Spendiamo 200 pesos, una enormita’ per loro, ma ne valeva la pena. Satolli e stanchi (il fuso di 4 ore ci ha allungato una giornata gia’ molto lunga) piombiamo a letto in un sonno profondo. Ci svegliamo alle 7 e 30, e dopo colazione andiamo in un ufficia ACA per procurarci mappe e cartine aggiornate. La giornata e’ puramente di viaggio, cosi’ fra strade diritte come fusi, vacche a perdita d’occhio e acquazzoni sparsi arriviamo a Bahia Blanca a meta’ pomeriggio, e abbiamo tutto il tempo per scegliere l’hotel, stavolta il migliore, l’Argos in Av. Espana, un caseggiato moderno rosso e assolutamente stonato in un quartiere centrale e relativamente antico. 16 novembre, Bahia Blanca, Carmen de Patagones, Viedma, San Antonio Oeste, Las Grutas Oggi siamo entrati in Patagonia: si vede e si sente. Continuano le strade dritte con la vegetazione sempre piu’ bassa, il vento sibila fortissimo ed ininterrotto, e continuano gli acquazzoni improvvisi. Percorriamo altri 400 km e scegliamo una minuscola localita’ di mare: Las Grutas. Si intuisce che in stagione (che iniziera’ a Natale, grossomodo) e’ un centro vivace, ma ora e’ praticamente un mortorio con 3-alberghi-3 aperti. Anche le strade devono essere ancora asfaltate. Scegliamo un hotel non riportato da nessuna guida, perche’ e’ nuovo, mentre quelli citati sono da evitare. Il Portovenere ci offre una suite spaziosissima (e che vista!)per 90 pesos, con colazione a buffet. In serata ci prendiamo il lusso di farci una corsetta sul lungomare, e dopo una eccellente doccia ceniamo a base di pesce, chebiche di polipo, cappe sante gratinate e con una Cazuela de mariscos che mi terra’ compagnia tutta notte. 17 novembre, Sierra Grande, Puerto Piramide Eccola, finalmente, la Peninsula Valdes! Quante volte Carla l’ha studiata sulla carta, e quando ci siamo arrivati tutto ci e’ apparso semplice. Contrariamente al Cile, dove spesso ci trovavamo in difficolta’ per la mancanza di alloggi nei luoghi piu’ frequentati, aggiungendo anche difficolta’ a trovare benzina nei luoghi piu’ isolati, qui e’ tutto meglio organizzato. Sebbene l’impressione di paese turisticamente in sviluppo (e anche duramente colpito dalla crisi di 3 anni fa) una certa cultura turistica di base c’e’. Quindi per turisti “fai da te” come siamo noi, non c’e’ l’accoglienza fredda e distante trovata spesso in Cile, ma anzi una certa attenzione e interesse. Cosi’, entriamo nella riserva (35 pesos a persona) e percorriamo gli 80 km asfaltati che ci portano a Puerto Piramides. Il paese e’ piccolo, tutto proteso su questa baia a “C” dalle cui estremita’ partono continuamente imbarcazioni per l’avvistamento balene, che qui, nel Golfo Nuevo hanno uno dei rifugi estivi. Ci sono tanti negozi di souvenir molto carini e di buon gusto, ristorantini e comunque, tolti i pulmann di turisti il posto appare molto tranquillo.
Rimaniamo indecisi fino all’ultimo se fare anche noi l’escursione a caccia di balene, il mare e’ assai mosso e pur considerandola per il giorno dopo non prendiamo una decisione. Dopo un lauto pasto ed un mare che sembra piu’ calmo ci imbarchiamo nell’ultima escursione al volo, con un gruppo di olandesi. Carla e’ volata in hotel (a poche decina di metri) per prendere al volo la giacca a vento, e indossati i giubbotti di salvataggio, appena imbarcati ci accorgiamo che e’ una barca molto piccola… Insomma balleremo un bel po’. Pero’ tutto passa quando ci appaiono le prime balene, dapprima una madre con il piccolo poi altre, e siamo appena fuori dal porto…Le balene le abbiamo viste un po’ ovunque nei nostri viaggi, ma ogni volta e’ un tuffo al cuore. Essendo un posto inserito dai tour operator in ogni viaggio argentino, qui gli alloggi sono quasi sempre pieni (come a Puerto Madryn, cittadina a 50 km da qui), e ci dobbiamo accontentare di una sistemazione nel motel ACA, spartano ma pulitissimo, che ci offre una camera con colazione. Purtroppo alcuni ospiti nella notte non conoscono l’educazione e devo rimandare piu’ volte l’abbraccio con Morfeo. Poi scopriamo che c’e’ un bell’ hotel (ma forse era pieno), l’Hosteria Pub Paradise. Vabbe’… Sara’ per la prossima volta.
18 novembre, giro della Peninsula Valdes, Puerto Madryn.
La giornata si presente bene, un caldissimo sole ci accompagna nel tour della penisola, prima meta, dopo il pagamento del biglietto, Punta Delgada, dove c’e un bel faro oltre che un famoso alloggio. La strada e’ tutta sterrata (ca. 200 km in totale) ma senza grosse difficolta’. Con una bella camminata dall’alto ammiriamo uno splendido panorama e numerosi elefanti marini, enormi, e tuttavia, nell’escursione sulla spiaggia con una guida che ci porta a pochi metri, ci dice che non ci sono maschi, che misurano circa 6 metri per 4 tonnellate, ma solo femmine e cuccioli. E’ una escursione gratuita e conviene perche’ non si ha altro modo di osservarli cosi’ da vicino. Tutta la costa poi e’ un susseguirsi di avvistamenti, di leoni ed elefanti marini, e in stagione (luglio/agosto) le orche fanno capolino qua per cibarsi di cuccioli di foca. A Punta Norte c’e un ristoro, dove prendiamo un caffe’ e facciamo due passi, l’ultimo pezzo di sterrato si e’ fatto sentire… Nel parcheggio spunta un armadillo, e basta tendergli la mano che si avvicina curioso.
Usciti dalla riserva puntiamo decisi a Puerto Madryn, dove arriviamo a meta’ pomeriggio, in tempo per scegliere un ottimo hotel, il Peninsula Valdes, che ci offre una lussuosa suite per 230 pesos. Un’altra bella corsa sul lungomare, sebbene un vento fastidioso alzi un po’ troppa sabbia, e dopo una tonificante doccia, eccoci a cenare al Placido, con ottimi piatti di pesce a base di mariscos e centolla (il granchio). Il tutto innaffiato da ottimo vino e seguito da un eccellente panqueque al dulce de leche e caffe. Il buffo e’ che la maggior parte dei ristoranti, anche in riva al mare (come il Placido) offra come specialita’ “parilla” (grigliata) di carne. Finora l’abbiamo snobbata, la carne, ma sappiamo bene che sara’ amore a prima vista. 18 novembre, Trelew, Comodoro Rivadavia, Caleta Oliva Neanche a farlo apposta ci saremmo riusciti a scegliere Caleta Oliva come meta di oggi, e solo per fare qualche chilometro in piu’. Qui, oggi ricorre il 103imo anniversario dalla fondazione. Niente di male, se non fosse che l’unico hotel “decente” il tre stelle Robert ha un’unica stanza libera di livello “standard” cioe’ microscopica seppure pulitissima. Degli altri hotel che dovrebbero esserci non parliamo, perche’ da fuori destano piu’ compassione che voglia di chiedere una stanza. Di proseguire per altri 330 km non ne ho voglia, cosi’ ci fermiamo e cerchiamo di assaporare questa “fiesta”. Oggi abbiamo percorso chilometri molto noiosi e scarsamente riforniti (sebbene sia proprio la zona petrolifera) e Comodorio Rivadavia arriva dopo una serie di colline che interrompono la monotonia dei drittoni patagonici. Cosi’, superata questa citta’ che stando alle guide non offre nulla, ci troviamo qui, a Caleta Oliva, sotto il “Gorosito”, l’obrero petrolero (operaio petrolifero) una statua di oltre dieci metri che sovrasta la piazza, seguendo in diretta tv la fasi della festa. Sara’ dura mangiare… 20 novembre, Puert San Julian, Comandante Luis Piedra Buena, Rio Gallegos Contro ogni previsione con una tiratona di 700 km siamo all’estremo sud della terraferma. Abbiamo scoperto che nel nostro hotel si concentrava la crema del governo della provincia di Santa Cruz, una squadra di calcio e numerosi loro tifosi al seguito. Di quasi tutti vi potremmo riportare l’ora del rientro in camera (fino alle 2) e l’ora in cui sono scesi per la colazione (dalle 6), dato che eravamo vicino all’ascensore, e cosi’ la nottata non e’ stata molto tranquilla. Comunque ieri sera abbiamo scoperto che il miglior ristorante di Caleta Oliva, secondo la Lonely Planet, e’ diventato un negozio di abbigliamento. Segnatevelo: l’El Abuelo non esiste piu’. Decoroso il Puerto, invece. Ma anche la guida ACA (e pure la YPF) hanno delle pecche, riportando il rifornimento a Fitzroy (che non c’e’). C’e’ pero’ a Tres Cerros, regolarmente citato. Il paesaggio cambia poco, spazi ampissimi a perdita d’occhio con guanachi sul ciglio. Le citta’ che passiamo non ci colpiscono particolarmente e proseguendo arriviamo a Rio Gallegos prima di sera. Ci appare come una cittadina vitale, con negozi, ristoranti e supermercati. Abbiamo telefonato al Santa Cruz, che e’ in parte in ristrutturazione, e dopo una bella prima camera senza acqua calda, ce ne danno una seconda ancora migliore. Ottima la cena al El Horreo, a base di centolla (granchio) che qui dimostrano di sapere cucinare. 21 novembre, Rio Gallego Siamo demoralizzati. Stamattina armi e bagagli siamo partiti per Ushuaia, ma al confine con il Cile, 80 km a sud di Rio Gallegos, la dogana argentina ci impedisce di proseguire. Il problema e’ che l’auto noleggiata a Buenos Aires non possiede il “Permiso Especial” per uscire dall’Argentina (una sorta di carta verde) e quindi non possiamo -con quell’auto- attraversare il confine. Il funzionario della dogana e’ gentilissimo e si presta a spiegarlo alla Hertz (raggiunto tramite telefono a gettoni e parlando in uno spagnolo improbabilissimo), ma i tempi sembrano dilatarsi troppo. Anche perche’ oggi e’ domenica. Cosi’, con la coda fra le gambe torniamo al Santa Cruz che ci da’ un’altra stanza e meditiamo il da farsi.
Contattiamo vari car renter della zona (a questo punto, con molti chilometri di sterrato, decidiamo di noleggiare un 4×4) ma ci offrono auto simili alla nostra, cosi’ decidiamo di aspettare domani, lunedi, per fare il giro di altri car renter oggi introvabili. Affoghiamo la nostra pena in un pasto a base di churrasco e chorizo (bisteccone di 2 e 3 etti e mezzo) pensando anche ad un volo, alla peggio. Cena notturna al Club Britannico. 22 novembre, Rio Grande, Ushuaia Oh, yes. Avete letto bene, U-s-h-u-a-i-a. Siamo arrivati e la soddisfazione e’ grandissima. Ricapitoliamo. La decisione finale e’ stata per il noleggio di un pick up, a qualunque (o quasi) costo. Cosi’ subito abbiamo trovato la Windland che ci ha presentato un pick up. Normalmente non avrei neanche cosiderato quel “coso”, ma in quel momento era l’auto piu’ bella del mondo. Il pick up e’ un Toyota a cabina singola (i bagagli stavano solo nel cassone) con oltre 300 mila km, con meta’ dei comandi non funzionanti, caro come il sangue (160 pesos al giorno per 7 giorni con “soli” 200 km compresi al giorno -previsti 1800) ma ha il “permiso especial” e ci portera’ a Ushuaia: tanto mi basta. Lasciamo la nostra Fiat nel parcheggio del Santa Cruz, carichiamo nel cassone i bagagli e ora fila tutto liscio alla dogana argentina, cosi’ come a quella cilena. Al traghetto sullo Stretto di Magellano (prorpio lui!) ci accorgiamo che il Cile non ha sofferto la crisi economica dell’Argentina: il costo, infatti e’ di 12 euro per una traversata di 20 minuti. Poco dopo iniziano i 130 km di sterrato. Con i camion che sollevano quintali di polvere e sassi, anche un sorpasso e’ un azzardo, meno male che qui c’e’ l’usanza di segnalare strada libera con la freccia sinistra. Ci impiego 2 ore, ma finalmente ne sono fuori. Altre due frontiere (entrambe chiamate San Sebastian) e siamo di nuovo in Argentina. Le frontiere sono come una volta. Si parcheggia, si scende con Passaporto e documenti dell’auto e in ogni frontiera si passano 3 uffici: Polizia (per l’auto), Immigrazione (per le persone) e la Dogana alimentare, molto premurosa. A seconda dell’afflusso si perdono dai 20 ai 50 minuti. Qui, a San Sebastian ci parlano di altre 5 ore di auto per Ushuaia, e sono gia le 4 del pomeriggio. Fa buio tardi, ma lo sterrato distrugge. Speriamo bene. Dopo un’ora siamo a Rio Grande, la capitale della Tierra del Fuego. Qui e’ ancora forte il ricordo per la non riconquista delle isole Malvinas (Falkland). Dato che il mio cellulare prende decido di prenotare l’hotel a Ushuaia. Leggendo uno dei tanti racconti sul web alcuni italiani hanno parlato strabene del Tolkeyen. E io prenoto la suite, per due notti. Ci aspettano altri 150 km, ma almeno avremo un letto dove dormire. Il paesaggio ora e’ veramente affascinante, boschi, ruscelli e montagne si alternano a lande desolate, da Tolhuin ritorna lo sterrato, che per fortuna subito dopo il Passo Garibaldi a 430 m (il nome e’ di un indios non del nostro Giuseppe) finisce e ritorna il “pavimento”, e finalmente, dopo altri 40 km, Ushuaia. La citta’ non sembra bella, ma la baia sul Canale di Beagle e’ splendida, e poi -oh!- e’ la nostra agognata meta! Abbiamo parecchie difficolta’ a trovare l’hotel, per cui lo scriviamo per chi avesse intenzione di andarci. Si entra in Ushuaia con la 3 e la strada diventa Avenida Maipu, e costeggia il mare. Alla rotonda per l’aeroporto si prosegue dritto, sulla Irigoyen, e dopo una paio di km (ora si chiama Malvinas Argentinas) si trova una mini centro commerciale sulla sinistra ed il cartello che vi invita a prendere la strada sterrata a sinistra. In fondo troverete il Tolkeyen.
La suite e’ un appartamento, con 3 locali distinti, salotto, zona bagno e camera. Nella zona bagno c’e’ l’idromassaggio, la doccia (in una camera a parte) e i due lavandini. Qui anche lo spogliatoio. E per cena? Ma diamine, centolla, insalata e Chablis!…
23 novembre Ushuaia Dopo esserci goduti una bella nottata nel lettone del Tolkeyen (una rarita’, in genere i letti in Argentina sono un po’ sottodimensionati) prendiamo la navetta che ci porta in centro, e ci lanciamo nello shopping. Essendo una citta’ estremamente turistica la maggior parte dei negozi e’ lungo la San Martin, e la qualita’ sembra buona. Soprattutto converrebbe comprare abbigliamento tecnico da montagna, perche’ molto economico. Ma non ci sono solo negozi, ci sono anche invitanti ristoranti tutti intenti nella preparazione dell’asado, l’agnello grigliato. Alla fine non resistiamo e ci infiliamo in uno di questi. Anche l’agnello e’ delizioso. Speriamo che in barca non ci dia problemi… Abbiamo infatti prenotato la crociera di mezza giornata nel canale di Beagle, dopo un’attenta valutazione delle numerose offerte.
Il tour e’ ben fatto (timbro sul passaporto compreso!), e permette un ottima visuale dell’isola del faro, di cormorani reali, leoni marini ed il clou, l’isola dei Pinguini di Magellano. Sono quelli piccoli, non piu’ di 30/40 cm di altezza, ma come spesso accade ne rimaniamo affascinati. Ritornati in hotel verso le 21, stasera ceneremo in centro, perche’ il Tolkeyen non ha come punto di forza il ristorante. Il vento sferza e ci taglia la faccia, la temperatura, da qualche giorno in salita, ora e’ molto piu’ fresca e piove pure, e mi godo il mio giaccone. Domani dovremo ripartire, e a Rio Grande non abbiamo trovato posto. Il nostro tragitto prevede Punta Arenas, ma vorremmo arrivarci in due giorni, e non sappiamo dove dormire. Comunque ci gustiamo l’ennesima centolla al Tya Elvira, sul porto, e domani e’ un altro giorno, vedremo.
24 novembre, Parco Tierra del Fuego, Ushuaia, Rio Grande, San Sebastian Avete mai visto Bagdad Cafe’? Ci troviamo in un posto che lo ricorda perfettamente. Dunque, ieri notte ci siamo ricordati che a San Sebastian (argentino) c’e’ un motel ACA, e dopo diverse telefonate finalmente ci hanno risposto. E -soprattutto- hanno una camera doppia (l’unica) libera. E’ molto importante, perche’ ci permette di visitare senza troppi patemi il Parco Tierra del Fuego, ovvero di arrivare alla fine della Ruta 3, che non finisce a Ushuaia, ma alla Bahia Lapataia, 26 km ad ovest.
Il tempo e’ deprimente, piove, tira un gran vento e fa un freddo cane. Percorriamo abbastanza in fretta tutto il parco, diga dei castori compresa, ma temiamo che il tempo peggiori e abbiamo sempre il passo Garibaldi da fare. Per fortuna a Ushuaia ritorna il sole, e anche il (nostro) sorriso. Sul passo ci fermiamo ad ammirare il lago Fagnano, e poi via di corsa a Rio Grande. Qui ci fermiamo a mangiare in un posto, ma solo perche’ l’unico aperto, la Piemontesa, che per 9 euro (in totale!) ci delizia con un churrasco (bisteccona) da fine del mondo (in effetti…) con insalata e tanta birra. Ed anche il caffe’. Insomma, l’Argentina e’ proprio economica. Altri 80 km e siamo a San Sebastian. Il nostro Bagdad Cafe’. Una piana ventosissima, e davanti a noi varie macchine per l’asfaltatura, il grosso edificio del confine, alcune abitazioni a sinistra (si presume dei soldati di confine) un benzinaio sulla destra, e a fianco il nostro motel ristorante. La camera e’ semplice, ma non e’ la peggiore dove abbiamo dormito, soprattutto contando il prezzo: 15 euro con colazione. 25 novembre Stretto di Magellano, Punta Arenas La giornata di ieri e’ terminata con la cena obbligata al motel, carne, insalata, birra e dolce in compagnia di una nutrita schiera di camionisti e della tv a tutto volume sulla partita Boca-International di Porto Alegre, semifinale della Libertadores. Per il nostro modo di essere turisti questa serata l’abbiamo apprezzata molto di piu’ che trovarci a tavola a chiacchierare di nulla con altri 60 italiani e di cui non me ne fregherebbe nulla prima, durante o dopo il viaggio. Siamo ripartiti dopo una buona colazione e aggiunti 5 euro (complessivi) per la cena ai 15 gia’ concordati. Lo sterratone si presenta piu’ umido, e quindi meno polveroso e sembra anche piu’ corto. Ma il vento e’ micidiale. Solleva il telone che copre i nostri bagagli, e dobbiamo fermarci spesso. Stavolta lo stretto di Magellano e’ agitato, e temiamo un po’ ma poi alla fine siamo di nuovo sul continente, stavolta direzione Punta Arenas. Una volta arrivati, sempre accompagnati da un vento tempestoso dopo un bel po’ di tentativi troviamo posto in una hostal (de l’Avenida, il nome), piu’ o meno un B&B. E’ una quadrupla e costa 60 euro, ma va benissimo. Cosi’ cerchiamo subito posto a Puerto Natales, dove vorremmo essere domani, e finalmente anche li’, dopo qualche telefonata, troviamo all’hotel Glaciares. Punta Arenas non e’ bella, sara’ il vento ma non mi ha per nulla impressionato. Sono le 4 e dopo aver girato a piedi per il centro decidiamo di mangiare al Quijote delizioso ristorantino che ci offre delizie di pesce. La cucina cilena decisamente e’ piu’ varia (ed anche piu’ raffinata), anche se ci mettiamo tutto il pomeriggio per digerire la cazuela de mariscos. Dopo, come ci avevano consigliato, prendiamo l’auto e andiamo alla zona franca, sorta di centro per turisti alle porte della citta’, dove -dicono- si fanno grossi affari. In realta’ noi non abbiamo trovato nulla, ed anzi ho rischiato di comprare una videocamera ad un prezzo piu’ alto che in Italia. 26 novembre, Puerto Natales Ci svegliamo con la pioggia e dopo colazione partiamo per Puerto Natales, 250 km. Delizioso il paese, sulla riva di uno dei tanti fiordi in cui la costa cilena quaggiu’ e’ frammentata, cosi’ come l’hotel. Con una decisione volante decidiamo di stare 3 notti, dopo aver prenotato all’agenzia Tour Express un tour del Torres del Paine e il giorno dopo quello a El Calafate e al Perito Moreno.
La terza notte, dopo una breve, ricerca la passeremo al Charles Darwin, ancora piu’ bello e piu’ nuovo. Piove, piove e piove, ma qui nessuno ci fa caso. Ci fidiamo della Lonely Planet, per la cena: andiamo all’ Ultima Esperancia. Bocciato senza pieta’. Pieno di americani, il cibo e’ normalissimo, il servizio niente di che. Insomma, lo ripeto per l’ennesima volta: per mangiare non seguite i consigli della LP. Mi spiego meglio: la Lonely Planet e’ nata per un turista USA, che va pazzo per il cibo italiano, tanto che il turista USA lo ricerca in tutto il mondo. La LP non fa altro che un elenco dei ristoranti italiani nel mondo (a volte citati come migliori dei ristoranti locali!), e cosi’ e’ stato per la maggior parte dei paesi da noi visitati, Namibia, Sudafrica, Cile, Argentina, Australia, Nuova Zelanda. Ed e’ ovvio che il turista USA si lecchera’ i baffi in questi ristoranti, poiche’ negli USA la cucina italiana non esiste piu’, l’hanno uccisa. E qui, invece si puo’ rifare (per noi e’ sempre un livello infimo e una rappresentazione della nostra cucina inverosimile). E nemmeno le rassicurazioni EDT (chi cura cioe’ le edizioni italiane delle LP) valgono: i ristoranti sono gli stessi dell’edizione americana: ovvero il peggio che si possa trovare. Per mangiare all’estero (se volete mangiare i buoni prodotti locali, ovvio) fidatevi di 2 cose: vedere se il ristorante e’ pieno, indice assai affidabile, ma soprattutto chiedete al vostro hotel o alla gente. Oppure all’ ufficio del turismo. Non fidatevi ne’ della LP ne’ di nessun’ altra guida non italiana. Mangerete ottimamente.
27 novembre, Puerto Natales, Torres del Paine, Puerto Natales Oggi e’ una splendida giornata, e alle 7.30 puntualissimo passa il bus per il nostro tour. Ci sono anche 2 genovesi, Massimo ed Antonietta. La prima tappa sara’ alla “Cueva del Melodon”, una grotta dove, nei primi anni del 1900, fu trovato lo scheletro di un erbivoro preistorico, il Melodon, appunto. Quindi il parco. E’ difficile descrivere la bellezza di questo posto. Normalmente viene sbolognato con la foto dei “tre picchi” ma e’ il Torres del Paine niente in confronto al blu del Lago Sarmiento, all’azzurro ghiaccio del Lago Nordenskjord, alla splendida vista di cime innevate, alla cascata del Rio Paine che forma diversi arcobaleni. Per tacere del Lago Grey, dove arrivano quasi a riva gli iceberg del ghiacciaio omonimo. Ed infine posso anche mostrare le mie doti (scarse) di “andinista”…
E la fauna? Guanachi, Emu, volpi… Insomma un vero paradiso. Varrebbe la pena passarci qualche giorno per fare almeno qualche sentiero e soggiornare in uno dei lussuosi hotel in riva a qualche lago. Il rientro in hotel in serata ci lascia un magnifico ricordo di un posto molto sottovalutato. Ceniamo a El Maritimo in compagnia di Massimo ed Antonietta.
28 novembre, Puerto Natales, El Calafate, Perito Moreno, Puerto Natales.
Terribile giornata. Ma lo sapevamo. Per una serie di motivi, abbiamo deciso di fare un tour di un giorno a El Calafate e al Perito Moreno perche’ stiamo spendendo un po’ troppi giorni quaggiu’. E’ vero che e’ la nostra meta, ma Buenos Aires e’ a 3300 km, e i giorni passano… Cosi’, con una decisione sofferta tagliamo via tutta la zona andinica, da El Chaiten a San Carlos de Bariloche, con la promessa di un futuro viaggio che comprenda tutta la Ruta 40, mito del fai da te. Cosi’ oggi e’ stata una sfacchinata, ma certamente imperdibile. Il tour lo fa una compagnia turca, ma il pulmann e’ nuovissimo.
La sfortuna (un passeggero spagnolo ha un programma di viaggio sballato ed ha perso il visto, facendoci perdere moltissimo tempo alla frontiera), inoltre ci impedisce di visitare al meglio El Calafate, di cui tutti dicono male ma che ad un’occhiata di pochissimi minuti invece sembra deliziosa. Comunque il Perito Moreno e’ salvo, e alle 15 abbiamo 2 ore per girare in lungo ed in largo le passerelle che danno sul ghiacciaio. Lo spettacolo e’ grandioso, e riusciamo anche a cogliere i momenti in cui si rompe una parte della diga naturale che il ghiaccio ha creato. Le rotture si susseguono senza soste ed il rumore secco interrompe attimi di silenzio completo.
Alla fine, nonostante il viaggio di ritorno massacrante (8 ore in bus in totale) riusciamo ad essere molto felici e a cenare, a base di carne, a Los Pionieros. Anche in Cile la carne e’ ottima. 29 novembre, Puerto Natales, Rio Turbio, Esperanza, Rio Gallegos Dopo un’ottima dormita, ci prepariamo a tornare in Argentina. Da un paio di giorni ci tormenta un dubbio. Ci sono 3 possibilita’ per tornare in Argentina, da Puerto Natales: i due “valichi” contigui di 28 de Noviembre ed El Turbio, che sembrano avere poco sterrato, o Cerro Castillo, ovvero la strada che ci ha portato al Torres del Paine e a El Calafate: 80 km in comune, la maggior parte sterrati. Tutti ci danno risposte vaghe e non risolutive, e le carte in nostro possesso ci danno indicazioni relative: una quindicina di km in sterrato poi asfalto per chissa’ quanto fino a Tapi Aike. Insomma un bel rebus. Alla fine devo imporre a Carla il fatto che sia io a guidare per fare una dogana diversa. Sara’ Rio Turbio. Insomma, alla fine avremo fatto una ventina di chilometri di sterrato, facendoci rimanere il dubbio perche’ mai per andare a El Calafate il tour abbia dovuto spaccarci la schiena per quei 80 km di sterrato in Cile.
Comunque dopo circa 120 km noiosissimi di “nulla”, eccoci all’incrocio fra la ruta 7 e la ruta 5, dove ci fermiamo a mangiare in un posto che si chiama Esperanza. E’ un posto dove tutti si fermano, dai tour ai camionisti, fino ad un pulmino di riservisti, che subito rallegra l’atmosfera, mettendo il juke box a manetta e intonando canti tipici, coinvolgendo un pulmann di francesi. Per una mezzora e’ un delirio, e il “plato del dia” (3500 lire), lenticchie e carne (di vario tipo) sembra scendere liscio liscio. In realta’ ci ha causato bruciori di stomaco incredibili, ma pazienza. Arrivati a Rio Gallegos abbiamo riconsegnato il pick up (abbiamo risparmiato il 21% di IVA pagando in contanti). Ceniamo all’hotel Commercio, senza infamia ne’ lode.
30 novembre, Rio Gallegos, Comandante Piedra Buena, Puerto San Julian, Jaramillo, Puerto Deseado Cominciamo a risalire il paese, e fino a Comandante Piedra Buena il paesaggio tiene desta l’attenzione, ma dopo e’ stancante, monotono e senza alcun interesse. In piu’ il vento mi costringe a particolare attenzione, si rischia di volare via dalla carreggiata. A Tres Cerros ci riforniamo, (si puo’ anche dormire e mangiare) perche’ o si tira diritto a Caleta Oliva o si gira a destra per Puerto Deseado, come abbiamo fatto noi. Decantata dalla LP (ma anche dalla Clup), un po’ controvoglia ci sobbarchiamo questi 120 km nel nulla piu’ totale per giungere in un posto che definire orrendo e’ poco. “Una delle piu’ belle spiagge di questo tratto” e’ una delle tante definizioni trovate su Puerto Deseado… Dove sono le spiagge? Noi non le abbiamo trovate. Incantevole paesaggio. Dal nostro hotel, il migliore, l’Hotel Acantilados, ha una vista suberba sulle banchine del porto e sui silos di benzina. Veramente una delusione totale anche il “centro”, case semi-diroccate e abbandonate, con i migliori locali riportati chiusi da tempo. Insomma, evitatela pure. Certo, per chi viva da anni in Argentina, e che sia stanco morto di El Calafate, Ushuaia, Punta Tombo, Buenos Aires, per chi, insomma, non sappia piu’ dove andare a sbattere la testa, le escursioni lungo la foce del Rio Deseado magari un qualche interesse lo possano destare, ma anche allora ne dubitiamo fortemente. Fatto sta che questi 240 chilometri,tra andare e tornare, ve li potete risparmiare. Quello che salva una giornata persa e’ la cena al Puerto Cristal (pochi passi dall’hotel) che ci offre per 60 pesos centolla (granchio), langostinas (gamberoni) a la plancha, ensalada e panqueque al dulce de leche. Mi sa che quando torno in Italia non vado piu’ al ristorante…
1 dicembre, Puerto Deseado, Caleta Oliva, Comodoro Rivadavia, Trelew.
Al risveglio, con il sole, il paesaggio e’ un po’ migliorato. Ripartiamo (ottima la colazione, comunque) e a pochi chilometri da Puerto Deseado, con una deviazione di un paio di chilometri su un discreto sterrato, si raggiunge un luogo di culto, “la gruta de Lourdes”, molto suggestivo. Dopo, poco altro. Attenzione ai rifornimenti: paradossalmente, in questa zona, dove estraggono il petrolio, e’ piu’ difficile rifornirsi di carburante. Comunque altri 630 km, e siamo a Trelew. Troviamo in fretta l’hotel prenotato stamattina, il Libertador, un bel hotel moderno, che ci da una “superior a 126 pesos, e subito a piedi ci mettiamo alla ricerca di agenzie per prenotare l’escursione a Punta Tombo ed eventualmente a Gaiman, la cittadina gallese. Finalmente e’ scoppiata l’estate, ed il caldo si sente. Soprattutto eravamo gia’ molto a corto di roba pensante… Infine riusciamo anche a farci una corsetta attorno alla laguna e al parco Centenario. 2 dicembre, Trelew, Rawson, Punta Tombo, Gaiman, Trelew. Eccoci dunque sul pulmino che ci portera’ a fare un tour completo dei dintorni. Fa molto caldo, e la prima tappa, e’ a Rawson, dove faremo un’escursione in mezzo al mare a caccia di toninas, piccoli delfini neri con una grande macchia bianca sul dorso, come piccole mucche. Sono velocissimi, e facciamo un po’ fatica a coglierli saltellanti, e ci riusciamo con l’aiuto di un peschereccio. Riusciamo a vedere anche un paio di pinguini ed un’otaria solitaria.
Il gommone, inoltre, balla molto, e quella che dovrebbe stare male e’ la’ che si diverte come una pazza, io che non dovrei soffrirlo invece ho le budella in disordine (niente di trascendentale, ma se non avessi nulla starei meglio…) Comunque un’escursione consigliabilissima, anche perche’ costa 45 pesos (all’incirca 10 euro). Adesso ci aspettano 120 km di sterrato per arrivare a Punta Tombo, ma -vi assicuro- lo spettacolo e’ imperdibile. Tra i 500.000 ed il milione di pinguini di Magellano vivono qui, la piu’ alta concentrazione al mondo. Pinguini dappertutto, tanto che bisogna stare attenti dove si cammina. I piccoli, nati da poco, fanno capolino dalle tane pigolando, mentre gli adulti fanno un verso che sembra quello di un asino (sono detti, infatti, pinguini asini) e il rumore e’ forte. Rimaniamo un ora e mezzo, ma rimarremmo di piu’. Infine Gaiman, dove ci rifocilliamo in uno splendido localino, come i gallesi, abitanti ancora orgogliosi di questo piccolo paese, con torte deliziose (6 differenti e 3 tipi di pane con formaggio) e the. Il paesino e’ tutto un prato tagliato all’inglese, case basse e singole, proprio come in Inghilterra… E invece siamo in Argentina. Ceniamo al ristorante Eloisa di Trelew, asado de tira (costine di manzo) per Carla e bife de lomo (bistecca super) per me, immancabile insalata (tomate, lechuga e cebolla, pomodoro, lattuga e cipolla) e un buon vino rosso. No, stasera no postre (dolce), gracias…
3 dicembre, Trelew, Sierra Grande, San Antonio Oeste, Viedma. Che sorpresa Viedma! All’andata avevamo visto solo la periferia e ci aveva fatto una pessima impressione. Invece siamo alloggiati all’hotel Austral, 4 stelle, 109 pesos la doppia, con splendida vista fiume (Rio Negro). Siamo arrivati nel primo pomeriggio dopo 500 km tranquilli, e dopo aver appoggiato in camera le valigie decidiamo che e’ giunta l’ora di una “Milanesa”. E gia’ che ci siamo la innaffiamo di birra fresca e l’accompagniamo con fumanti patatine fritte. Insalata a buffet e caffe’. Il tutto, 27 pesos. Belli satolli siamo pronti per l’ escursione, stavolta in autonomia: andremo alla Loberia, un punto sulla costa (Viedma e’ sul fiume, ma a pochi chilometri dal mare) particolarmente abitato da leoni marini. La vista e’ un po’ alta, ma lo spettacolo e’ impressionante: centinaia di leoni marini, maschi, femmine e cuccioli, che rischiavano l’estinzione fino a che non si e’ deciso che fosse area protetta. Infine, al ritorno ci fermiamo sulla spiaggia El Condor, anzi il “balneario”. La marea e’ bassa e’ la spiaggia sara’ larga oltre 150 metri. Impressionante. Ritorniamo a Viedma con ancora la milanesa che galleggia sullo stomaco e decido che con una bella corsa possa essere digerita. Il lungo fiume, infatti e’ un parco immenso, con solarium e zona di balneazione, insomma un posto molto carino. 4 dicembre, Viedma, Carmen de Patagones, Bahia Blanca, Tres Arroyos, Necochea Sull’onda dell’entusiasmo della prenotazione telefonica, abbiamo preso la nostra prima fregatura. A Necochea, non solo l’hotel Presidente, 4 stelle, e’ un “cesso”, ma ha anche due receptionist che piu’ invornite non si puo’. Ci mangiamo il fegato perche’ attorno ci sono alberghi molto piu’ carini, e di certo un po’ piu’ nuovi. Insomma dev’essere un po’ di tempo che non fanno la revisione delle “stelle” degli hotel.
Anche il paese lascia a desiderare, tranne la spiaggia, davvero bella, mentre il resto e’ tutto in preparazione del natale, quando partira’ la stagione. Ceniamo al Don Jose’ -bisteccone e patate- per 37 pesos. 5 dicembre, Necochea, Miramar, Mar del Plata, Santa Clara del Mar, Villa Gesell, Pinamar Ci svegliamo che piove, dopo una nottata di baldoria (altrui) dato che e’ sabato e le finestre davano sulla strada, e tanto per completare il quadro “hotel da evitare” stamattina ci hanno fatto aspettare mezzora perche’ non funzionava bene la linea telefonica e non riuscivano a contattare l’ufficio per l’autorizzazione della carta di credito. Per andarcene abbiamo dovuto pagare in dollari, senno’ mi sa che eravamo ancora la’. Percorriamo la costiera, e i vari centri turistici estivi ci scorrono piovosi e tuttavia bellini, anche Mar del Plata, almeno la zona periferica, e’ molto carina. Ci fermiamo a pranzare in un ristorante molto semplice, ma eccellente a Santa Clara (la Portada) Soggiorneremo, invece, nella localita’ esclusiva per eccellenza, Pinamar, e per consolarci del brutto hotel di ieri prendiamo una suite al Reviens, un vero 4 stelle. Fa ancora freddo, e dopo una corsetta ci infiliamo al Viejo Lobo, raccomandato dalle guide. Ma come al solito… Proprio da dimenticare. 6 dicembre, Pinamar Vita da spiaggia, oggi. Sotto un bel sole abbiamo fatto una gran passeggiata (quasi 7 chilometri) sulla spiaggia, ed il risultato e’ che le nostre spalle sono due belle aragoste bollite. Cosi’ dopo un po’ di piscina (ma tirava troppo vento) e presa l’auto, siamo andati ad esplorare le altre localita’ costiere, tutte molto carine, peccato che come paragone di stagione siamo a maggio, e una Riccione a maggio e’ poco interessante.
Infatti per mangiare siamo dovuti tornare a Pinamar e dopo alcuni tentativi ci siamo infilati in un fast food cui non avrei dato 2 lire, ma che ci ha preparato un hamburgher di pollo con patate fritte e birra ottimi. Un po’ troppo caro, pero’. Alla sera abbiamo provato (era ora, no?) la parilla, ma dopo un sanguinaccio e le mammelle fritte abbiamo detto basta. 7 dicembre, San Clemente del Tuyu’, Dolores, Chascomus Ci svegliamo con la stessa idea. Ieri -lunedi- Pinamar era molto triste e vuota e cosi’ preferiamo avvicinarci ulteriormente a Buenos Aires, anche perche’ cosi’ bruciati non possiamo stare al sole. Gia’ ci prende l’ansia dell’hotel di Buenos Aires: questa settimana ci sara’ oltre alla conferenza sull’ambiente con migliaia di rappresentanti di tutto il mondo, anche la giornata mondiale del Tango, e sappiamo cosa voglia dire il tango qua. Infatti un paio di telefonate ci mandano nel panico. Cosi’ decidiamo di provare fino a che non troviamo, e alla fine, scendendo da 5 a 4 stelle e fino a 3 troviamo due notti (mercoledi e giovedi) al Luey, 3 stelle, e la notte di sabato all’Etoile, 5 stelle. Rimane la notte di venerdi… Vabbe’ troveremo qualcosa. Partiamo verso mezzogiorno (non c’era un vero orario di check out perche’ “nessuno aveva prenotato la camera”) dopo aver lasciato il cortesissimo personale del Reviens, e scopriamo che ci hanno pure fatto uno sconto. In verita’ non sappiamo dove andare, anche se non vogliamo andare diretti a Buenos Aires, e cosi’ a 200 km dobbiamo trovare un posto abbastanza intrigante. Di questo posto, Chascomus, le nostre guide non parlano, mentre quella della ACA mostra una foto della laguna. Vada per la laguna di Chascomus. Ci sono diverse soluzioni, fra cui delle cabanas, e alla fine scegliamo quelle della Posada, piu’ centrale. Siamo immersi in uno splendido giardino, dove anche dei rospi giganti fanno capolino, insieme a tre splendidi gatti. Anche qui lungo la laguna ne approfittiamo per una rigenerante corsetta, insieme a tanti altri ragazzi, e come sempre, andiamo a cena verso le 22, molto tardi per noi ma in orario per loro (anzi, l’asado era ancora un po’ indietro…) Carla ha ripiegato per il Pejerrey, un pesce che ancora ci e’ sconosciuto, seguito da flan casero (un crem caramel delizioso) per Carla, e panqueque per me. La bilancia non sara’ per nulla contenta…
8 dicembre, Chascomus, Buenos Aires Qualcuno dovra’ spiegarmi cosa intende per “tipica citta’ sudamericana”. Perche’ dopo Santiago del Cile, anche Buenos Aires e’ una splendida citta’ molto europea, piu’ simile ad una Madrid che non a una fantomatica citta’ sudamericana.
Infatti seguendo le varie autostrade troviamo facilmente il nostro hotel, il Luey, in Comodoro Rivadavia 2902. Discreto, ottimo 3 stelle, con parcheggio riservato e gratuito un po’ distante dal centro ma che con la metro si raggiunge in poco tempo. Certo, il quartiere (la ONCE) non e’ dei migliori, ma come mi dice quello della reception “con un pochito de atencion no tiene algun problemas” (mi scuso se riporto al frase non corettamente) Oggi e’ festa, e non ci rendiamo conto del traffico, percio’ sembra anche molto piu’ bella. Arriviamo in Plaza de Mayo, famosa (ancora) per le madri, che sono sempre li’, in attesa di sapere cosa ne e’ stato dei figli, non dimenticano. Ci sentiamo in forma e proseguiamo per il quartiere San Telmo, quello del tango e degli antiquari, poi i vecchi docks del porto, che come oramai nel mondo fanno tutte le citta’ portuali sono stati restaurati e riempiti di negozi e ristoranti. Qui lo spazio non manca e ci hanno aggiunto anche splendidi giardini. Infine ci buttiamo nella Florida, la strada pedonale dei negozi, e oltre alla ressa dobbiamo contrastare gli acchiappaturisti che cercano di attirarti nei negozi di pellame. La qualita’ non si discute, ma il gusto e l’utilita’ si, e ne rimaniamo fuori. Tuttavia ne approfitto per qualche altra compera, dopo vari cd (ad un quarto del costo italiano) qualche dizionario particolare (lo sapete che qui a Buenos Aires parlano un dialetto molto particolare, il lunfardo?) Infine comincia a piovere e siamo costretti a prendere la metro. La linea A e’ la piu’ antica del continente e nulla sembra contraddirla: un trenino che viaggia a due all’ora con finestroni aperti e specchi, le luci sono lampade primi novecento, e i sedili in puro legno. Sembra il treno del Far West…
La sera ceniamo di fretta nel primo posto che troviamo: di sera non sembra proprio sicurissima, la ONCE: molti gli homeless per strada, e molti anche gli scarafaggi.
9 dicembre, Buenos Aires Come si racconta Buenos Aires? Non e’ certo citta’ di monumenti, se non i canonici Obelisco, Casa Rosada con la Plaza de Mayo, la chiesa della Recoleta… No. Buenos Aires offre il meglio di se’ con le emozioni. Le emozioni che ti danno le madri della Plaza de Mayo, che ancora sfilano con i fazzoletti bianchi in testa, da anni. Le emozioni che ti danno quei ragazzi di 20/25 anni che scavano sotto una rampa dell’autostrada per dare cristiana sepoltura a coloro che morirono in un centro di torture segreto. O quei bambini, ragazzi o adulti che, per sbarcare il lunario, separano i rifiuti da sacchi abbandonati per strada. O quelle che ti danno coloro che dignitosamente sono in fila per un pasto alle mense di poverta’. O quelle che i ballerini di tango per le strade del quartiere BOCA offrono ai turisti. O ragazzi che lo suonano come se fosse un successo appena uscito, e scopri che e’ un brano di cent’anni fa. E la sera, infatti ci concediamo un carissimo spettacolo di tango, al Senor Tango. Il piu’ caro.
O come quegli studenti universitari che raccolgono decine di cani di padroni frettolosi e portano in giro. O lo stadio del Boca, la bomboneira, che anche se vuoto drizza i peli della schiena. La gente, ogni persona, offre un emozione diversa, qua. O, infine, trovare moltissimi fiori freschi sulla tomba di una donna che tuttora e’ venerata: Evita Peron. 11 dicembre, Buenos Aires In questi due giorni abbiamo scoperto altre Buenos Aires, ancora diverse. Ieri abbiamo soggiornato al Colon, un 4 stelle vecchio stampo, quindi evitabile, con una cameretta piccola e poco funzionale. Pero’ e’ sulla 9 del Julio, la spettacolare strada a nove corsie, la piu’ larga al mondo. Risaliamo dunque la Santa Fe e troviamo il lusso, con negozi di grandi marche, per certi versi sono anche superiori agli europei, soprattutto come classe e raffinatezza. Oggi abbiamo incontrato alcuni italiani, ovviamente al negozio della La Martina, nota marca di abbigliamento (e non solo) per appassionati di polo. Costano un terzo, e anche noi ne facciamo incetta.
Alla sera ceniamo al lussuoso Tomo 1 uno dei migliori ristoranti argentini, e i prezzi altissimi per gli argentini sono appena superiori alla media dei nostri. Ovvero 200 peso in due. Stamani ci siamo trasferiti alla Recoleta, dove l’Etoile, il nostro hotel 5 stelle, ha vista sul cimitero della Recoleta, il monumentale. E da li’ siamo partiti, visitando le tombe dei grandi argentini. Poi la parrocchia Nuestra Senora del Pilar, infine percorriamo un bel pezzo della Avenida del Libertador, la zona delle ambasciate e dei ceti medio alti. Infine, ritornati in hotel, ci gustiamo questa suite a 4 vani, ma ancora di piu’ la piscina ed il solarium al 14imo piano, in un’atmosfera che mai vorremmo lasciare. Peccato che la cena, con parilla completa, sotto l’hotel, al Montana e’ la peggiore fin qui mangiata. Domani si parte, e non c’e’ tempo per rimediare. Per quest’anno.
Mappe, links e foto al sito www.Federicofranchini.It/Argentina/