L’isola dei sogni

PARTENZA Più di un mese per decidere la nostra destinazione! Numerose le opzioni scartate per motivi assai diversi fra loro: distanze spazio-temporali, costi eccessivi, stagioni sbagliate, vaccinazioni letali…poi alla fine sbuca fuori questo nome che da sempre odora di abbronzatura, salsedine e relax, esattamente quello che cerchiamo per la...
Scritto da: Vanzaghi Ale
l'isola dei sogni
Partenza il: 21/03/2009
Ritorno il: 28/03/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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PARTENZA Più di un mese per decidere la nostra destinazione! Numerose le opzioni scartate per motivi assai diversi fra loro: distanze spazio-temporali, costi eccessivi, stagioni sbagliate, vaccinazioni letali…Poi alla fine sbuca fuori questo nome che da sempre odora di abbronzatura, salsedine e relax, esattamente quello che cerchiamo per la nostra mini-vacanza di fine marzo 2009: Mauritius! Iniziamo a visionare vari siti internet per capire costi e spostamenti e molto presto ci accorgiamo che il prezzo del viaggio potrebbe non essere così salato come ci aspettavamo o come richiederebbe un soggiorno in altre località classiche del turismo marittimo ai Tropici (a titolo d’esempio, Seychelles e Maldive). Alla fine decidiamo di rivolgerci alla nostra agenzia viaggi di fiducia e scopriamo che con circa 2000 euro in due Mary ed io potremmo gustarci una bella settimana di mare, lontani dal freddo che ancora imperversa in patria. Detto fatto: partenza fissata per sabato 21 marzo 2009. Si chiudono baracca e burattini, si salutano amici e parenti e si scappa a sognare altrove per 9 giorni e 7 notti.

Le 11 ore di volo, o poco meno, che distanziano Malpensa dal “Sir Seewoosagur Ramgoolam International Airport” non ci spaventano. Dopo la luna di miele in Australia, passata per una buona metà del tempo sospesi in aria, forse non ci spaventa davvero più nulla. Io in particolare decido di lasciare a casa cerottini, bottigliette alcoliche, anti-stress e calmanti vari, per affrontare il viaggio come si compete ad un uomo: pensando di continuo alla morte e aggrappandomi al collo addormentato di mia moglie, beatamente assorta in un sonno profondo.

“Eurofly” sta a “Quantas” un po’come Michele Zarrillo sta a Vasco Rossi: si vola comodi, ma non molto; si è seduti di fronte a schermi personalizzati non funzionanti (la qual cosa, a pensarci, mi suscita ancora adesso isteria compulsiva); non mancano gli adorabili vuoti d’aria e i vicini di banco non hanno una passione sfrenata per l’igiene; tuttavia, alla fin dei conti, il viaggio d’andata è sempre e comunque il più appassionante, quello che si affronta con ottimismo e gioia, certi che prima o poi dovrà terminare o con una caduta a picco o con l’approdo a destinazione.

GIORNO 1 Atterriamo sull’isola di Mauritius (e che non si parli più delle Mauritius al plurale, come da sempre abbiamo fatto noi stessi per un’inspiegabile convenzione) verso le 9.30, ore locali. Ci sono da affrontare subito due problemi di non poco conto: un fuso orario privo di ogni logica ( tuttora non abbiamo ancora capito se la differenza con l’Italia sia di 2, 3 o 4 ore) e un caldo fottuto che ci assale appena mettiamo piede fuori dall’aeroporto, dopo la macchinosa prassi burocratica di controllo passaporti, con annessi analisi facciale e sguardo pietrificante da parte dell’addetto di turno. Di buono c’è che subito dopo ci attendono frementi una mezza dozzina di dolci signorine, munite di bottigliette d’acqua e salviette umide. Paiono desiderose di trattarci come principi (benché stanchi e sudati come cammelli), indicandoci subito il pulmino che ci accompagnerà sino all’hotel. Raggiungiamo al volo il mezzo di trasporto, rattristandoci un po’ al pensiero che ci aspetta un’altra lunga ora prima di poter assaporare una doccia e un letto: infatti l’aeroporto si trova a sud dell’isola, mentre il nostro hotel è ubicato quasi all’estremità nord-ovest. Il trasporto su strada passa comunque abbastanza velocemente, allietato prima, e rovinato poi, dall’intrattenitore italico, dotato della maschia voce di Ligabue, ma propenso alla logorrea, suo malgrado. Il suo vocione, che unisce sapienza ed entusiasmo, ci accompagna ininterrotto per tutti i 55 minuti di tragitto. Si conteranno, alla fine, due deceduti e un internato.

“Le Grand Blue” hotel ci spalanca le sue porte verso le 11 del mattino (quindi le 7,8 o 9 del mattino in Italia…). Mezzi storditi dal viaggio e decisi a recuperare le forze, decidiamo di concederci un paio d’ore di sonno nella stanza 205, accogliente e attrezzata di impianto di aria condizionata perfettamente funzionante. Doccia, smistamento bagagli, dormitina e poi via…Alla ricerca del nostro primo bagnetto. Attraversiamo la strada su cui si affaccia l’hotel, una graziosa pineta, e siamo già sulla riva di “Trou aux biches”. Lo spettacolo ha inizio: ci sembra di essere tornati in Sardegna, visto che ci troviamo di fronte ad acque altrettanto cristalline. Una gioia per i nostri occhi, innamorati del mare e dei suoi colori. La sabbia è sottile e lungo la spiaggia infinita sono disposti alcuni giganteschi ombrelloni ideali per un po’ di refrigerio, visto il caldo che soprattutto nelle prime ore del pomeriggio è davvero asfissiante. Per oggi comunque decidiamo di accontentarci, fermandoci in un punto qualsiasi: ci interessa solo sdraiarci sui nostri colorati teli da mare e goderci l’inizio vero e proprio della nostra vacanza.

Verso le 17 rientriamo in hotel con un sorriso ebete di felicità stampato in viso, di cui non riusciremo a liberarci nemmeno nei giorni successivi. La nostra camera si affaccia su una mini-piscina ventilata da altissimi alberi di ogni tipo, che formano un’immagine da cartolina. Ne approfitto subito per un tuffetto, per poi raggiungere Mary in casa e terminare la sistemazione di vestiti e quant’altro. Siamo arrivati qui armati per ogni evenienza, ma gli abiti che utilizzeremo in una settimana si conteranno sulle dita di una mano (mutande incluse, almeno nel mio caso).

Alle 19.30, ci precipitiamo sugli scalini che dalla reception portano al ristorante. Abbiamo prenotato per mezza pensione e stasera intendiamo fare il pieno: in pratica non mangiamo nulla di sostanzioso da circa 24 ore, visto che durante il volo ci sono state servite pietanze abbastanza indegne. Il buffet non è certo fra i più appetitosi e il numero di spezie presenti supera di gran lunga il totale degli abitanti dell’intera isola, ma non importa: ci scegliamo il nostro tavolino, riempiamo a dismisura i piatti e ci strafoghiamo, chiudendo il lacerante buco allo stomaco. Ci sarà tempo successivamente per riflettere sulla qualità del cibo servito, ma stasera vogliamo solo riempirci la pancia e prepararci per una bella dormita. Domani è nostra intenzione alzarci in forma smagliante, dopo aver recuperato appieno le forze dal lungo viaggio e l’incomprensibile sbalzo temporale: una bella mangiata è proprio quel che ci serve.

Abbandoniamo il posto a tavola solo dopo un gelato sciolto come dessert e torniamo alla 205. Non rimaniamo svegli a lungo, sebbene il sottoscritto, prima di coricarsi raggiungendo sua moglie già immersa nel mondo dei sogni, decida di inaugurare la vacanza alcolica con una (o forse due…) birra “Phoenix”, in pratica la più diffusa a Mauritius. Sorseggiare una bionda dopo un mese di astinenza (e questa è un’altra storia…) e farlo sperduto nella profonda Africa, al buio, con in sottofondo suoni primordiali di animali sconosciuti e invisibili ai miei occhi, a petto nudo nella veranda affacciata sulla piscina, con lo sguardo che poco più in là può farsi largo e scorgere le onde del mare, beh, è semplicemente meraviglioso.

GIORNO 2 Lunedì 23 marzo ci alziamo convinti di dover iniziare la nostra settimana lavorativa…E invece no, ci ritroviamo catapultati in un altro mondo! Passiamo in pratica tutta la giornata dividendoci fra la camera d’albergo (per un po’ di fresco) e la spiaggia di fronte al “Grand Blue”. Purtroppo le lunghe ore passate al riparo dal sole non saranno sufficienti a risparmiarmi la mia solita bella scottatura; Mary, invece, grazie all’utilizzo intelligente di protezioni solari, se la cava meglio, pur non passandola del tutto liscia. Stravaccati sulla soffice sabbia, pensiamo alle nostre case lontane senza molta nostalgia: pensiamo alla pioggia, ai telefoni che squillano di continuo, ai conti da pagare, alle case da pulire…E ci sembra tutto così sfuocato, così fatuo, così lontano… Immersi in queste gioiose riflessioni, sfioriamo l’insolazione, ma non fa nulla: sono i rischi del mestiere.

Ci prendiamo una pausa dalle 13 alle 14 per mangiare qualcosa ad un chioschetto lungo la provinciale e per accaparrarci lattine e bottiglie di ogni sorta, da tenere al fresco nel piccolo frigorifero della 205, insieme alle banane che da subito abbiamo iniziato a “prelevare” al ristorante, dopo la colazione. La pausa pomeridiana ci fa davvero bene, visto che le ultime due ore del mattino sono state calde in modo assurdo. Fra l’altro, diversamente da quanto di solito accade in questi luoghi sperduti, le nuvole che costellano la volta celeste, provando con forza disperata ad opporsi ai raggi solari, oggi non si sono fatte vive. Il cielo è limpido come l’acqua che rischiara.

Dopo una breve dormitina e un po’ di lettura (“E non disse nemmeno una parola” di Heinrich Böll per me, un numero imprecisato della rivista “Vanity fair” per Mary), torniamo con un misto di gioia e terrore a cullarci fra le onde dell’Oceano Indiano, bruciandoci la pelle fin quasi al tramonto. Poi, di nuovo in hotel, per una bella doccia, un po’ di musica …E poi via a cena, seguita da una delle tante partite di “Scala 40” che faremo in questa vacanza (con netta e fortunosa supremazia di Mary!). A Mauritius, la sera, non c’è granché da fare: soprattutto nella zona di “Trou aux Biches” non esistono locali per giovani (o giovani un po’ maturi…Come noi) né feste di piazza o altro. In realtà la cosa non ci interessa molto, anzi, le serate passate in veranda sono fra i ricordi più piacevoli della vacanza.

GIORNO 3

Al risveglio mattutino, ci attende il nostro scooter “T-rex” 125, noleggiato per due giorni e consegnatomi verso le 9 di questo martedì 24 marzo 2009. 30 euro per due giorni sono sicuramente una bazzecola, considerando quello che abbiamo intenzione di fare: vedere più o meno tutta la costa ovest dell’isola, muovendoci con quello che ormai è il nostro mezzo di trasporto preferito. Certo , il T-rex” non offre le comodità del “Joymax” 250 parcheggiato nel garage della lontana Sedriano, ma siamo comunque contentissimi di poterci gustare la nostra Mauritius “on the road”. Unico inconveniente: la guida a sinistra! Si parte poco dopo colazione e la prima tappa del giorno si chiama Grand Baie, sicuramente il centro turistico principale, perlomeno nelle vicinanze di “Trou aux Biches”. Giriamo un po’ per i negozietti del centro, ma più che altro per curiosità, rimandando i grandi acquisti agli ultimi giorni di vacanza (errore che continuiamo a ripetere da sempre, imperterriti). Grand Baie ci fa sicuramente un bell’effetto, anche se la spiaggia che presenta non è paragonabile alla meraviglia che si distende nei pressi del “Grand Blue Hotel”. La pausa cittadina dura comunque poco: il nostro obiettivo resta sempre il mare. Ecco perché proseguiamo presto il nostro viaggio verso la punta più settentrionale dell’isola, fermandoci a Pereybere, che presenta una graziosa, benché piccola spiaggetta, dove decidiamo di sostare per un paio d’ore, accuratamente al riparo dal sole, visto che la pelle ha già iniziato a scottare e che veniamo entrambi (in particolare il sottoscritto!) da una notte lunga e dolorosa. Fra l’altro, il cielo, che di prima mattina si presentava pieno di nubi, ora è limpido più che mai . Restare sotto il sole cocente sarebbe quanto meno deleterio, quindi ci arrabattiamo tra la frescura della pineta e il sostegno di creme e magliette protettive. Vogliamo provare a sopravvivere! La pausa pranzo è una vera e propria goduria. Allontanarci dal caldo asfissiante a questo punto diventa fondamentale. Dopo un breve giretto in motorino (più che altro per tirare il tempo) e un’accurata lettura della nostra “Lonely planet”, torniamo di fronte alla spiaggia mattutina e ci accomodiamo in un ristorante dal nome davvero originale: “Pereybere cafè”. La scelta si rivela più che mai azzeccata: con 475 rupie (poco meno di 11 euro) mangiamo alcune specialità locali, come al solito sommerse dal curry e altre spezie. E’ sicuramente il pranzo meno costoso della nostra vita insieme: ci sentiamo dei veri “signori” e arriviamo vicini al punto di farci fregare dal ristoratore, il quale, a fine pranzo, approfittando della nostra manifesta felicità, cerca in tutti i modi di convincerci a partecipare ad un’escursione in catamarano organizzata da un suo cugino o altro lontano parente. Non cediamo alla tentazione di divenire generosi e fessi; paghiamo il salatissimo conto e abbandoniamo il luogo, con le tasche ancora piene di rupie.

Ancora in fase digestiva, dopo pollo e gamberetti, torniamo in sella al nostro “T-rex” e puntiamo al nord estremo. In meno di 10 minuti siamo a Cap Malheureux, luogo davvero suggestivo, dove ci dedichiamo a fotografie e filmati vari, cercando di restare all’ombra il più possibile. Dopo mezz’ora o poco più, siamo ancora sulla strada, decisi a scendere sulla parte orientale dell’isola. L’eccitazione che ci trasmettono le due ruote non è più una novità per noi; vogliamo goderci la strada e andare sempre più avanti. Scegliamo comunque di parcheggiare a Grand Gaube, poco prima che inizi la parte più impervia di Mauritius, quella priva di strutture turistiche e anche meno disagevole da attraversare. Ad ogni modo, a Grand Gaube troviamo quanto di meglio potessimo desiderare: superato un pontile lungo un centinaio di metri, ecco un “capannotto” in mezzo al mare, in un punto fresco e ventilatissimo, il posto ideale per fermarci, dormicchiare e leggere qualcosa.

La pausa giova al nostro morale e al nostro fisico: già prima di rimetterci in moto ci sentiamo completamente rigenerati e la nostra pelle surriscaldata torna pian piano a dare qualche segno di vita. Sulla via del ritorno, ormai padroni assoluti della strada (tranne qualche insignificante, saltuaria dimenticanza che mi porta a guidare dal lato sbagliato) facciamo una nuova tappa a Grand Baie, dove troviamo, del tutto inatteso, il primo posto davvero caro dell’isola, sebbene il super gelato ordinato da Mary abbia davvero un aspetto gigantesco. Verso le 17 siamo di nuovo in riva al mare, con il sole che ovviamente picchia ancora alla grande. Per la serata, il programma è ormai classico: doccia, birretta e musica prima di cena, partita di scala 40, birretta (sempre la “Phoenix”) e musica dopo cena…Ma stasera facciamo i rivoluzionari e prima di rientrare in camera ci stendiamo sulla sdraio a bordo piscina, restando in ascolto dei rumori di Mauritius (dovuti a chissà quali specie di animali nascoste fra le palme) e con lo sguardo fisso in alto, più che per gustarci il cielo notturno, per controllare che qualche noce di cocco non ci rovini addosso.

GIORNO 4 Down in jungleland! Continua la nostra vacanza “on the road” in questo quarto giorno di permanenza a Mauritius. Poco dopo la solita abbondante colazione africana, ci involiamo verso il sud dell’isola, sempre lungo la costa occidentale. Il programma prevede la visita alla tanto discussa capitale Port Luis e poi, sempre più giù, un bel pomeriggio di mare nell’altrettanto rinomata Flick and Flack , con la sua interminabile spiaggia.

Il “T-rex” pare abbastanza in forma, pronto ad affrontare forse il viaggio più lungo della sua ancor giovane esistenza: alla fine della giornata si saranno sommati più di 120 chilometri percorsi, da aggiungere a due deretani bisognosi di lunghi massaggi per ritrovare un po’ di sensibilità. L’avvicinamento a Port Luis è abbastanza agevole e sicuramente divertente: lungo il percorso (25 km) attraversiamo la verde vegetazione tipica di Mauritius, che vede circa metà del suo territorio ricoperta da piantagioni di canna da zucchero.

Arrivati alla porte della città, ci accorgiamo però del dramma che ci attende: sotto il consueto sole cocente, che qui sembra scottare ancora di più, ci troviamo catapultati in una nuova realtà, che purtroppo conosciamo fin troppo bene. Sulla strada, il traffico e il caos assoluto la fanno da padroni. E’come attraversare alcune zone di Milano di prima mattina, quando aprono uffici e scuole. Con molta fatica procediamo a zig zag fra le macchine ferme, intente a strombazzarsi l’una con l’altra a più non posso, quasi come se questo fosse un preciso segnale di riconoscimento. Dopo qualche minuto passato a sfiorare gli specchietti retrovisori di ogni macchina sorpassata (a desta o sinistra), troviamo un parcheggio insperato in una vietta vicino al centro. Mary è terrorizzata all’idea di salutare per l’ultima volta il nostro mezzo di trasporto; io condivido in pieno la sua preoccupazione, ma fingo di credere che da questa parte del mondo non sia un’usanza tipica appropriarsi di qualsiasi oggetto di appartenenza altrui, legittimando il proprio gesto di fronte a Dio e al credo assoluto nella divisione dei beni.

Ad ogni modo, psicologicamente preparati a contattare un taxi per il viaggio di ritorno, passiamo le successive due ore in visita alla capitale, attratti in particolare dal famoso e marcio mercato centrale, che mantiene dal vivo le promesse lette sulla nostra super-guida turistica. Mary si esercita a reperire qualche oggetto non contraffatto e degno di essere acquistato, io invece nella mia classica operazione di azzeramento del prezzo, in cui mi reputo maestro. L’esperienza si rivelerebbe anche suggestiva, se non dovessimo lottare ogni due metri con le urla di richiamo animale da parte di ogni esercente incrociato. Che si vendano frutta, sciarpe, souvenir o sigarette poco conta: tutti strillano e imprecano al limite estremo delle proprie forze, riuscendo a far dimenticare anche l’inquinamento acustico provocato dagli incessanti clacson che risuonano in vicinanza.

Verso le ore 13, con poche rupie spese e una breve ispezione nella parte più godibile della città, bagnata dalle acque, lasciamo Port Luis, miracolosamente in motorino. Il pensiero di fermarci a mangiare qualcosa in questa sin city non ci sfiora nemmeno: preferiamo rimetterci in viaggio e avvicinarci alla destinazione finale, lontana più di 30 chilometri. Sprezzanti del pericolo e privi di ogni indicazione geografica, li percorreremo lungo l’unico tratto autostradale dell’isola, che unisce in pratica il Nord al Sud. Il nostro 125 regge abbastanza bene l’urto, sebbene vi siano alcune folate di vento di non poco conto che mettono a repentaglio la sua aderenza al terreno e le nostre stesse vite. Sono questi i pensieri che viviamo in silenzio seguendo la lunga linea bianca sino a Flick and Flack.

La spiaggia è in effetti splendida, come il suo mare. Ci adagiamo di fronte alla solita pineta, dividendoci per un paio d’ore tra la luce abbagliante del sole e la frescura degli alberi. Dopo essere stati “aggrediti” al nostro arrivo dal solito venditore ambulante, solo un po’ più tossico della media, veniamo lasciati in pace e possiamo iniziare a gustarci il nostro pomeriggio di mare. Prima di tutto, però, riempiamo le nostre pance grazie ad una piccola spesa al supermercato “Spar”, mangiando panini e quant’altro adagiati sull’erba spinosa della pineta, come due barboni abbronzati. L’ora del ristoro è come al solito necessaria per mantenersi in vita prima di tornare in guerra, sotto i raggi solari. Dalle 16 alle 18 siamo infatti di nuovo in spiaggia, armati di macchina fotografica e videocamera, soddisfatti per aver raggiunto l’obiettivo finale della nostra “gitarella” e consapevoli del fatto che ne sia valsa davvero la pena. Restiamo tutt’oggi convinti che Trou aux Biches sia il luogo ideale in cui soggiornare a Mauritius, ma se dovessimo scegliere un’alternativa, dopo Gran Baie punteremmo senza dubbio su Flick and Flack.

Alle 18 in punto, i nostri occhi si sollevano verso il cielo e assistono ad uno spettacolo spaventoso. In direzione Nord, il buio più tetro ha sommerso la luce solare e non promette nulla di buono. Ricordandoci della distanza che ci divide dal nostro hotel e consci del pericolo bufera imminente, a malincuore ci troviamo costretti a salutare Flick and Flack e a rimetterci in moto. Percorsi due, forse tre chilometri, ecco un primo piccolo scroscio di pioggia che ci induce a fermarci subito e rivestirci dei k-way che, in maniera a dir poco previdente, la mattina stessa abbiamo caricato sul T-rex. Il viaggio prosegue per più di un’ora, non più in autostrada, ma serpeggiando lungo la costa. Fortunatamente non si verifica l’atteso acquazzone (cosa inspiegabile visto le condizioni drammatiche della volta celeste). Ci facciamo comunque poche domande: siamo ai Tropici…Meglio vivere e non pensare cosa sia normale o meno.

Sul finire del viaggio, con la pioggerella ormai completamente scomparsa, assistiamo all’omicidio di un povero cane pirla da parte di un fuoristrada, che non frena vedendo attraversare la povera bestia. Mary ed io, in direzione contraria, non possiamo far altro che renderci conto di quanti incidenti simili possano accadere a Mauriuts, isola in cui il numero dei cani sciolti supera di gran lunga quello delle formiche presenti a terra. A Trou aux Biches arriviamo giusto in tempo per l’ora del tramonto, che andiamo a gustarci sulla spiaggetta di fronte all’hotel. E’ uno spettacolo straordinario, che ci regala alcune fotografie da ingrandimento tridimensionale. Un momento romantico conclude dunque una giornata davvero avventurosa e libera, forse la più bella vissuta in questa vacanza. La serata conclusiva è votata al relax assoluto e al tentativo solo in parte riuscito di recuperare le nostra ossa, lasciate a morire sulla sella dello scooter, che domani mattina riconsegneremo ai legittimi proprietari.

GIORNO 5 “Ile aux cerfs: questa splendida isola al largo della costa orientale di Mauritius è una delle più frequentate destinazioni del paese..” . Già dalla prima lettura della nostra Lonely Planet ci siamo convinti che rinunciare alla visita all’isola dei cervi sarebbe stato un crimine, nonostante la distanza dal nostro hotel e alcune voci negative, dovute all’assalto turistico in quel lembo di terra ormai non più incontaminato. Ed eccoci qui, dunque, alle 8.30 del mattino, lesti a salire sul nostro taxi che, al costo di 40 euro, non solo ci condurrà a destinazione, ma sarà ai nostri ordini per tutta la santa giornata. Nei giorni precedenti, ascoltando anche i consigli di un simpatico cinesino e di un classico tuttofare, due strambi personaggi impiegati al ristorante del “Gran Blue”, ci siamo decisi a recarci sul posto in macchina, invece che sulle due ruote. E visto che con sole 600 rupie possiamo avere una guida tutta per noi da mattina a sera, non ci tiriamo indietro e rinunciamo almeno per questa volta alla totale autonomia. Il viaggio è molto gradevole: il taxi driver si rivela persona simpatica e inoltre simpatizzante interista, tant’è che in un’ora di macchina, tra un campo di canna da zucchero e cani solitari lungo la strada, lo riempiamo di domande e riusciamo anche a strappargli qualche informazione sportiva, visto che il tizio è abbonato ad una specie di tv satellitare e segue il campionato italiano! Arrivati a Trou d’Eau Douce ci imbarchiamo praticamente al volo sul traghetto che in 20 minuti ci porta all’Ile aux cerfs. Io mio gioco male il mio primo e unico travelgum della vacanza (all’inizio sembrava che il viaggio in motoscafo potesse essere più lungo e pericoloso per il mio stomaco); Mary, invece, insensibile ad ogni fastidio fisico determinato da qualsiasi mezzo a motore, è più che altro preoccupata delle condizioni atmosferiche che non promettono alcunché di buono.

In effetti le prime due ore passate sull’isola le viviamo sotto le nubi e la pioggia, ma proprio quando iniziamo ad innervosirci, il sole di Mauritius torna all’attacco per smentirci senza pietà. Durante le ore rimanenti di permanenza ci adagiamo beati in spiaggia, in perfetta solitudine, molto lontani dal punto di approdo di traghetti e imbarcazioni varie, dove ovviamente si ferma la maggior parte dei turisti poco atletici o poco selettivi. I chilometri percorsi sulle sabbie dell’isola dei cervi (dove, manco a dirlo, non si vede un cervo nemmeno a pagarlo!) ci fanno scoprire un paesaggio da favola e un’acqua di mare impagabile. Intorno alle 14.30, un altro motoscafo ci riporta al luogo d’incontro pattuito con il nostro accompagnatore del giorno, che ci saluta beato dalla riva mentre stiamo ancora cavalcando le onde. Una breve pausa (come al solito, siamo a stomaco vuoto da colazione!) e poi via verso la seconda tappa del giorno: la “ridente” cittadina di Belle Mare, che rovinerà in parte l’esperienza vissuta in mezzo ai tanti cervi… A parte la spiaggia come al solito eccezionale (dove passiamo la maggior parte del tempo), Mary ed io riusciamo infatti a prendere un paio di fregature in due negozietti di paese, dove ragazze falsissime con falsi sorrisi stampati in faccia riescono a spillarci una cifra molto più alta del dovuto per qualche souvenir. Tutto il mondo è paese, pensiamo quasi all’unisono: e ci viene da ridere al pensiero che generalmente si ritenga che solo gli italiani siano sempre pronti a fregare il prossimo (turista fesso in primis) con ogni mezzo possibile. Questa brutta esperienza, il sole cocente, la stanchezza che comincia ad affiorare e qualche parola di troppo ci rovinano il pomeriggio di mare: le 17.30, ora in cui è fissato il ritrovo con il tassista per la ripartenza, arrivano molto lentamente, nonostante Belle Mare, come detto, presenti una spiaggia da sogno, con la solita acqua in stile Sardegna. Dopo un’oretta sul taxi, passata in glaciale silenzio contrariamente al viaggio di andata, siamo di nuovo di fronte al nostro hotel. Saldo l’autista, ringraziandolo per la cortesia e lasciandogli anche una piccola mancia, cosa che non mi capita spesso di fare, per ataviche questioni di principio. L’ora di cena, per nostra fortuna, arriva presto, e non possiamo fare a meno di abbuffarci per placare la fame che ci attanaglia; queste gite fuori porta hanno troppo spesso il difetto di farci dimenticare che ogni tanto bisognerebbe anche mangiare! Poco dopo cena, una deliziosa sorpresa: l’hotel ha organizzato una serata dedicata alla “sega”. Non si tratta di una masturbazione di gruppo, ma di un’energica combinazione di musica e danza, utilizzata in passato dagli schiavi africani come antidoto contro le ingiustizie subite nella vita quotidiana. A interpretarla da protagonisti sono dapprima tre ragazzi, che si occupano di musica e canto, e tre donzelle, che pensano invece ai balli e alla coreografia; ben presto, però, il coinvolgimento del pubblico nella sala del ristorante diventa totale. Mary stessa, ex danzatrice di latino-americano, si trova catapultata in questa realtà tribale e si dedica con ostentato sforzo a seguire i movimenti sgraziati dei ballerini di turno, su note musicali in realtà assordanti. Io, nascosto in un buio angolino della sala, mi riservo il diritto di filmare la scena e vengo dunque esonerato dalle danze. Dopo un’oretta di spettacolo, lasciamo il ristorante per raggiungere la 205. Un po’ di relax e poi tutti a letto, dopo questa nuova intensa giornata. Siamo più che mai contenti del fatto che domani ci aspetta soltanto la pace della nostra dolce spiaggetta. Il tour de force è giunto a conclusione.

GIORNO 6 Vicini al capolinea, ma non ancora sazi della nostra Mauritius, scegliamo di passare il penultimo giorno di vacanza così come l’avevamo iniziata…Quindi in modo assolutamente sedentario, con movimenti ridotti allo stretto necessario. Il massimo che ci concediamo a partire dalla sveglia (comoda, alle 9.30) è una camminata di pochi metri per stenderci in spiaggia o recarci a mangiare. La differenza più grande rispetto ai primi giorni africani consiste nel colore della nostra pelle, ormai cotta al punto giusto. Il sole non ci spaventa più e persino Mary può mettere da parte creme e cremine, solitamente sue immancabili compagne.

La mattinata in spiaggia passa tranquilla, tra nuotate, letture e discorsi sui numerosi divertenti aneddoti della vacanza. Il pensiero ogni tanto va anche a casa, più che altro ai colleghi infreddoliti nei nostri uffici, così lontani da questo paradiso. Oggi festeggiamo i nostri primi 6 mesi di matrimonio: quell’indimenticabile 27 settembre 2008 si è allontanato un po’ nel tempo, ma certo non nella nostra memoria…E trovarsi su una spiaggia tropicale a ricordare alcuni di quei momenti è una bella soddisfazione! Per pranzo vogliamo dare fiducia al “Cafè de Paix”, ubicato a due passi dal “Grand Blue”. Da giorni ormai ci passiamo davanti snobbandolo bellamente, ma alla fine cediamo alla tentazione di un secondo pranzo in un ristorante del luogo…E cosa c’è di più comodo di questo posticino attaccato al nostro hotel? Il pranzo non si rivela né malvagio né costoso (ma va??): con soli 20 euro in due assaggiamo altre delizie mauriziane, anche se in realtà il desiderio di un bel piatto di pastasciutta ha cominciato prepotentemente ad affiorare già da tempo. Terminato il pasto, rientriamo in camera per un paio d’ore di riposo e di fresco. Mary si fa una bella dormita, mentre io proseguo la mia opera cinematografica, guardando un horror (“30 giorni al buio”) sul mio fantastico lettore cd-dvd portatile, che utilizzo forse più di quanto Mary non faccia con le sue amate creme.

Dalle 16 alle 19 siamo di nuovo sulla spiaggia di Trou aux Biches in una giornata splendida di sole, in cui anche le nuvole si arrendono in partenza. Unica nota negativa di questo 27 marzo è invece la cena, senza dubbio la peggiore da quando siamo arrivati. Poca scelta al buffet e cibi di scarsa qualità, ma almeno, dopo le danze di ieri sera, troviamo un’altra gradita sorpresa: quattro musicisti accompagnano la serata e decidono di dedicare a noi due ed altri italiani pezzi come “Volare” e “La canzone del sole”, meritandosi un bell’applauso. La serata termina come di consueto con la nostra giovanilistica partita a scala 40, con musica di sottofondo e qualche fresco bicchiere di birra per il sottoscritto.

GIORNO 7 Un nuovo scooter “T-Rex” 125, stavolta di colore blu (il primo era a tratti rossi e bianchi), ci attende all’ingresso dell’hotel la mattina del nostro ultimo giorno mauriziano. Non abbiamo niente di speciale in programma, ma visto l’esiguo prezzo di noleggio decidiamo di muoverci ancora liberi sulle due ruote lungo strade che ormai conosciamo a menadito. Dopo colazione, ci attende una brutta sorpresa: il sole non si vede nemmeno all’orizzonte! Niente di drammatico, perché sappiamo che prima o poi sbucherà fuori anche oggi, ma un po’ ci dispiace perché vorremmo dare gli ultimi ritocchi alla nostra abbronzatura.

Verso le 11.20 lasciamo dunque la spiaggia in zona “Grand Blue” e ci mettiamo in moto verso Gran Baie, con l’intenzione di fare un po’ di spesa. Tra il dire e il fare, più che il mare…Ci sono un sacco di soldi nel mezzo, quelli che spenderemo per appagare in parte i nostri “vizi” in parte tutte le persone (di famiglia, perlopiù), cui abbiamo promesso un ricordino al nostro ritorno. Iniziamo da un grosso supermercato, rimanendo sorpresi dal livello di civilizzazione e modernità qui presenti, visto che il market può essere tranquillamente paragonato per pulizia e organizzazione ai nostri vari “Auchan”, “Esselunga” and company. Altro che terzo mondo! Poco dopo troviamo un negozio lungo lo stradone principale e rimaniamo subito colpiti dalla quantità di oggetti ivi presenti: ci sentiamo completamente in trappola e non possiamo far altro che dedicarci alla ricerca di qualsivoglia oggetto che abbia un’utilità pratica vicina allo zero. Contro ogni previsione, comunque, non usciamo dissanguati dal posto, con un solo prelievo bancomat all’attivo e un numero di sacchetti sollevabili con due mani soltanto. Non male, direi.

Nel mezzo ci scappa pure un pranzo in un baretto all’aperto dove siamo costretti ad attendere più di un’ora due semplici panini, che ci vengono serviti quando ormai birra e coca-cola (consegnatici ovviamente un minuto dopo l’ordinazione) sono già evaporati per il calore. Il pranzo, e la sua lunga attesa, sono allietati da un inguardabile barbone ubriaco che passa da un tavolo all’altro barcollante prima di accasciarsi a terra a pochi metri dal bar e venire raccolto da due poliziotti accorsi abbastanza presto. Oltre che inguardabile e ubriaco, infatti, il barbone è pure molto poco accorto e molto sfigato insieme, visto che dall’altra parte della strada, dove lui tiene il suo show, sorge l’unica stazione di polizia mai vista a Mauritius! Nel pomeriggio, con il sottoscritto sfoggiante una camicia hawaiana degna del miglior Magnum P.I. Acquistata a 5 euro poco prima, torniamo a Trou aux Biches, ovviamente sotto il sole che, come previsto, è tornato a dominare il mondo. Sono le ultime ore che passiamo sulla nostra spiaggia africana e un po’ ci piange il cuore. Per tirarsi su il morale, Mary acquista un ananas da un venditore ambulante, che nel giro di 40 secondi netti riesce a sbucciare il frutto e a presentarlo nelle mani di mia moglie come fosse un gelato con stecchino. Una scena incredibile a vedersi e l’ennesima occasione in cui mi rendo conto di quanto inconsistente sia il lavoro impiegatizio. Pensate a come sia diverso rispondere alla classica domanda “Cosa fai per vivere?”: a) “Vendo ananas tropicali sulle spiagge di Mauritius” b) “Offro servizi internet vicino alla centrale nucleare di Settimo Milanese” – No comment.

La preparazione dei bagagli è il duro compito che tocca a Mary prima di cena. Lentamente vediamo svuotarsi armadi, cassetti e comodini utilizzati in questi giorni. Persino in frigorifero rimangono solo un paio di birre con cui festeggiare l’ultima sera, ma visto che domani mattina la sveglia è fissata poco dopo l’alba, non ci aspettano molti bagordi. A ricordarci, appunto, di questa sveglia (la nostra dipartita, fra l’altro, coincide con un cambio di fuso orario che ci sconvolgerà ulteriormente) è la fantomatica guida turistica con la voce da Ligabue, tornata alla ribalta proprio per il rush finale. Parlare al telefono con lui, ascoltarlo augurarci un buon rientro e darci tutti i consigli per un futuro roseo, è un’esperienza unica. La profondità di quella voce è ancora oggi impressa nelle nostre menti. Speriamo che il giovane si ravveda e scelga la strada che più gli si addice, quella di cantastorie, lasciandosi alle spalle il passato da viaggiatore e sottaniere.

L’ultima cena mauriziana, che dovrebbe in teoria essere la più triste e nostalgica, si rivela invece eccellente sotto ogni punto di vista. Oggi è tutto a base di carne e la quantità di cibo a disposizione dei commensali è grandiosa! Ci sembra quasi di trovarci in un altro hotel, tanta è la differenza con le serate precedenti, ma siamo proprio qui, al nostro “Le Grand Blue” e ci ingozziamo alla grande prima di accomiatarci e rientrare in camera, anzi nella dolce veranda esterna, per l’ultima partita di carte e l’ultimo brindisi.

CONCLUSIONE Quanto accade dopo l’ultima notte è solo routine, è solo il resoconto del triste ritorno. La sveglia alle 6 del mattino, la riconsegna delle chiavi in reception, il trasposto dall’hotel all’aeroporto con un pulmino carico di bagagli e persone, gli ultimi fuggevoli sguardi ad una terra lontana, i gadget inutili comprati per sbarazzarci delle rupie avanzate, l’attesa per l’imbarco…Sono rituali che ormai ben conosciamo e sui quali è preferibile sorvolare quando si racconta un viaggio bello come il nostro. La parte conclusiva di ogni avventura è sempre quella meno interessante, in cui a darti forza è soltanto il desiderio di rivedere la tua casa.

Durante tutte le 14 ore passate sull’aereo (se contiamo anche l’odioso scalo tecnico alle Seychelles, causa rifornimento di carburante), lasciamo da parte i ricordi e le emozioni di una vacanza breve e bellissima, per concentrarci solo sul ritorno in patria. Mary, dormicchiando, gustandosi un film o guardando mite fuori dal finestrino; io, pensando di continuo alla morte, ascoltando musica o ripensando di continuo alla morte. Ciascuno di noi, a suo modo, guarda già oltre, guarda alla nostra casa, alla vita di sempre che ricomincia, ai giorni di pioggia che ancora ci dividono dall’estate. Ed è solo nel momento in cui rimettiamo piede sulla nostra Italia e ci involiamo in macchina verso casa (con la solita valigia rotta, grazie all’ottimo servizio aeroportuale di Malpensa), che qualcosa di nuovo si affaccia all’orizzonte, nei nostri pensieri. In quel preciso istante comincia l’attesa del prossimo viaggio.



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