L’India non ti cambia… ma ti toglie la sabbia dagli occhi…

Accanto a me il Sikh con il turbante arancio si toccava la lunga barba, la donna davanti a me allattava il neonato ed io speravo di incrociare uno sguardo amico intorno a me...
Scritto da: Riccardo74
l'india non ti cambia... ma ti toglie la sabbia dagli occhi...
Partenza il: 30/07/2011
Ritorno il: 15/08/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Accanto a me il Sikh con il turbante arancio si toccava la lunga barba, la donna davanti a me allattava il neonato ed io speravo di incrociare uno sguardo amico intorno a me.

All’improvviso un urlo dalla bocca del Sikh ruppe il silenzio e tutti insieme si unirono alla sua preghiera di ringraziamento …eravamo atterrati a New Delhi il mio viaggio in India stava nascendo.

Ti accorgi di essere in Asia dall’afa che ti prende, ti avvolge, dagli odori acri, forti che ti stordiscono dalla confusione.

Nella notte più buia ogni città nasconde un’altra città, si mostra nuda e cruda come e’ senza finzione senza luci, vedi gente dormire per strada, lungo i cigli dei marciapiedi, sulle panchine e acconto a loro i bimbi che dormono guardando il cielo, alcuni vestiti alcuni nudi, ombre che mi si avvicinano e allungano la loro misera mano per un aiuto, sono la miseria, la povertà che cammina, che il mio viaggio indiano abbia inizio.

Ciò che sembrava un lungomare infernale al mattino e’ un brucolio di gente, di venditori ambulanti a cui non puoi passare inosservato perche’ tu per loro sei una gallina dalle uova d’oro, un euro che cammina a cui cercano di spillare soldi.

Vedi gente che spinge carretti di cianfrusaglie, frutta, di cibi speziati, tuk tuk e riscio’ che sfrecciano lungo le strade senza un senso e una regola dove vige la legge del più scaltro, poi arrivi in un angolo di paradiso che fu la dimora di Ghandi dove vige la semplicità silenzio credere e lottare in qualcosa ed inizi a comprendere che alla fine il viaggio ha un suo perché.

Quando la fame ti prende abbatti le tue diffidenze, e come un bambino incuriosito ti lanci a provare cibi da strada, quelli dei baracchini e baracche, e l’unico modo di sapere il loro sapore e come sono e’ di usare il palato e non dare retta ad una guida. Speziati, caldi, che ti lacerano la gola e ti bruciano lo stomaco e loro li a guardarti incuriositi nel vedere, le tue smorfie di piacere o dolore, ma così facendo e’ l’unico modo di entrare nel loro mondo.

Ti guardano ti scrutano, i bambini ti assalgono per chiederei 1, 2 rupie o del cibo e tu quando non ne hai per tutti sei padrone del loro destino. Vedi bambini trascinare per strada sacchi di iuta più grandi di loro, puliscono le pentole, servono il tea e ti domandi se hanno smesso di sognare per poter sopravvivere. Poi ti sorridono, scatti loro una foto e gli dai una caramella per addolcire i loro dolori, ma forse non ne hanno bisogno consapevoli di quello che li aspetterà.

La gente cammina per strada incurante dei corpi distesi non sai se sono vivi o morti, un corpo trascinato via perché l’unica sua colpa e’ essere caduto dalla sua bici e quindi aver bloccato il traffico che non si può permettere di fermarsi, e quando la sera torni a casa l’unico momento in cui ti senti pulito e’ quando l’acqua scorre sul tuo corpo e la patina di sudore, sporco, di stanchezza se ne vanno mentre i tuoi perché rimangono.

Viaggiando lungo le loro strade dove ogni volta si rischia la vita, colonne ti autocarri, di bus stipati come uova, sia all’interno che all’esterno, animali che liberamente circolano per le strade liberi, vedi gente sbucare dal nulla, ti domandi da dove viene e dove va, dato che intorno a te c’e’ il nulla.

Per essere come loro o avere per lo meno il loro rispetto, i tuoi privilegi da turista vanno dimenticati, ti lavi le mani con loro, e quando il bambino vede che aspetti il tuo turno mentre lui deve sciacquare le tazze e anzi gli dai una mano, si mette a ridere e capisci che hai avuto i loro permesso a varcare la linea.

Ogni giorno impari qualcosa di nuovo, che l’acqua per una doccia e’ secondaria ma non primaria, che OGGI va goduto perché non lo riavrai domani. In India sopravvivi non vivi, ogni sorriso e’ vero pieno caldo come le lacrime che scendono dal tuo viso.

Nessuna guida porta’ raccontarvi quello che i vs occhi vedranno, alcune sensazioni vanno vissute, regali loro un sapone perché sai che alla fine del viaggio tu ne potrai avere altro mentre loro no, i bambini giocano con l’aria, con la carta, con i loro sogni e speranze. Quei bambini che corrono tra i campi di grano appena usciti da scuola, con la loro divisa malconcia e sporca, con le loro cartelle colorate e con la loro curiosità si avvicinano ed educatamente in fila ci presentiamo, offro loro una caramella, sorridono con i loro occhioni li abbracci tutti, sanno regalarti momenti indimenticabili. Ti colpisce la loro innocenza, li vedi camminare a piedi scalzi e scappare da te, alcuni non parlano inglese, non perché non l’hanno voluto imparare ma perché nessuno lo ha loro insegnato, si avvicinano com prudenza vorresti solo dargli qualcosa, un dolce una caramella e non fargli del male.

Ci sono posti che sono affascinanti, silenziosi caldi e misteriosi come il deserto, immenso senza fine, che ti affascina al tramonto e all’alba, dove dormi sotto le stelle e ti senti protetto tra le sue dune, e la mattina ti lavi al pozzo insieme a loro, diventando uno di loro e li incuriositi nel vedere uno straniero che non ha paura di quella terra e le sue tradizioni, delle loro abitudini, qualvolta incomprensibili.

Quando il sole e’ alto incominci a sudare il caldo e’ soffocante ti secca la gola, l’acqua scorre, la gente del deserto si risveglia, vedi sari colorati indossati con eleganza da donne che portano brocche d’acqua sulla testa, una, due, anche tre tutte insieme senza perdere equilibrio e la loro elegante camminata, sono come dei colori in quadro bianco e nero.

Le strade deserte della notte si rianimano, la gente popola i cigli, urlano, suonano il clacson, urinano per strada, vacche libere che bloccano la strada, molte volte valgono piu’ di loro, le donne che portano pesi enormi sulla testa e allo stesso tempo in braccio tengono i loro piccoli, per le strade baraccopoli che fanno da rifugio ad autisti, dove la gente mangia, dorme, chiacchera e sorseggia il tea su delle reti, mentre in un angolo le chapati vanno fate sfornare e calde accompagnano cibi speziati e colorati.

Orde di turisti che fanno la fila per salire su un elefante, venditori che li assalgono come iene, da ogni angolo vendendo loro l’impossibile, procacciatori di soldi di rupie, bambini che vendono il loro sorriso si spogliano della loro dignita’ dei loro sogni solo per il dio denaro questa e’ l’India che non fa per me a cui cerco di stare lontano ma fa parte del quadro.

Cammini per le vie, ti ci perdi, bambini semi nudi che si rincorrono che giocao con l’acqua, con i pezzi di giornali vedi in loro un velo di tristezza, ti inginocchi per guardarli negli occhi e dai loro quello che ti rimane del tuo mangiare, ti sorridono, e quando hanno il bottino tra le mani scappano impauriti che tutto sia finto. Alcuni sono così neri che non sai se e’ il colore della loro pelle o sporcizia e non sai dove finisce una e inizia l’altra, vorrei non essere testimone di certi momenti, ma fanno del mio viaggio.

Molte volte la gioia che ti da la gente locale con i loro sorrisi, le loro domande viene soffocata e repressa da venditori ambulanti assillanti che cercano di vendetti qualsiasi cosa, cercando di soggiogarti con finte storie.

Le strade, le autostrade sono dei propri villaggi a cielo aperto, animali e persone che attraversano la strada all’improvviso e tu devi essere scaltro ad evitarli, e quando ti fermi ad un baracchino a bere dell’acqua sporca che ti spacciano come caffè e mangi dei biscotti friabili ma umidicci che al ns palato sembrano divini.

Tutto quello che hai passato, gli sforzi fatti, le notti insonne per il caldo, gli odori sgradevoli acri, alla sua vista viene dimenticato, lo osservi così immenso, regale, il Taj Mahl.

Ma l’ entusiasmo dura poco perché sempre loro, i bambini li vedi spingere carretti, preparare chapati, pulire piatti, i tavoli, trasportare i pesanti sacchi, capisci che sono diventati adulti prima di nascere che sono stati costretti a rinunciare alla loro infanzia, alla loro adolescenza, ai loro diritti, per la sopravvivenza, non sanno cosa significa giocare, sognare, bambine che diventano donne e donne che sono uomini, tutti hanno un loro compito.

Ho visto venditori di foglie, di riso, di cibi fritti, ma mai avevo visto in vita mia venditori di sterco, qui non si butta via niente, gente che cammina con scarpe ricucite, incollate, più grandi dei loro piedi.

I mercati locali mi hanno sempre regalato le immagini più belle più vere, sbirci, tocchi, assaggi, fai la fila, le smorfie, sputi, ridi con loro anche quando ridono di te, e poi quando i tuoi occhi incrociano quelli di un vecchio, con i suoi occhi lucidi e tristi, con il suo vestito bianco, ed un filo di barba che orna la sua faccia nera scavata dalla fatica e dagli anni, mentre lo vedi farsi riparare un ombrello sgangherato, che non penseresti di riparare perché e’ troppo rotto, ma noi non viviamo la loro vita, la loro terra, lo saluti regalando lui delle rupie che a te non basterebbero neanche per un biglietto della metro che farai a piedi. Cammini e pensi a quante scarpe, ombrelli, magliette hai buttato per la fatica di un rammendo.

I treni di terza classe con i loro finestrini con grate di ferro che sembrano galere, si aggrappano e ti guardano, sembrano prigionieri ai tuoi occhi, e pensi che forse lo siamo più noi con le ns regole che loro con la loro libertà.

Il fiume sacro, il Gange, così maestoso con le sue albe e i suoi tramonti pieno di vita e morte, un cimitero galleggiante dove vedi scorrere corpi semi bruciati, accanto a gente che prega, che si lava, e tu capisci che tutto e’ surreale, impensabile, inimmaginabile, mentre lo fai ti perdi tra le stradine invase di sterco, di vacche, di gente strillante, degli odori di incenso, di gente che in processione chiede perdono o misericordia, gente che dorme in ogni angolo d’ombra, bambini si aiutano a fare la doccia in una fontanella, il più grande aiuta il più piccolo a lavarlo, oppure a sollervarlo per prendere un mio biscotto, e mano nella mano scalzi si dirigono a scuola, mentre in un angolo un altro spacca il carbone in pezzi più piccoli con un martello, vedi trainare un risciò a fatica con il sudore che gronda dalla fronte per delle rupie, allora tu scendi e spingi con lui e gli fai capire che lo pagherai lo stesso perché non vuoi essere un cane come gli altri, non vuoi essere un turista da 4 soldi, entri nelle scuole e tutti che ti salutano educatamente, composti, con i loro sorrisi curiosi ti scrutano e chiedono da dove vieni, bambini tutti uguali con le loro divise senza gelosie, invidie, ma come una grande famiglia dove il più grande aiuta il più piccolo, dove un biscotto una caramella viene divisa e non nascosta, dove vorrei abbracciarli tutti portarli via con me, ma non posso, posso solo essere testimone.

L’India non ti cambia….ma ti toglie la sabbia dagli occhi



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