L’India a modo mio

18 giorni tra Rajasthan, Varanasi e Goa ad agosto. Tre amiche, un'autista, tre voli interni, macchine fotografiche e tanta curiosità...
Scritto da: carmen.vigilanti
l'india a modo mio
Partenza il: 12/08/2017
Ritorno il: 29/08/2017
Viaggiatori: 3
Spesa: 2000 €
Ognuno racconta l’India a modo suo. C’è chi parla dei colori, chi degli odori, chi dei maestosi forti, chi dei sorrisi della gente, chi della sporcizia, chi delle escursioni in cammello o in elefante, chi della pioggia ad agosto ecc.

Io, invece, vorrei raccontare l’India da tutt’altro punto di vista. Infatti, dopo 18 giorni di tutte le cose elencate sopra, la vera India che mi è rimasta è quella che ti fa apprezzare quello che hai a casa perché in un paese come l’India, la gente pensa che la vita che tu conduci, esista solo nei film. Ed è per questo che gli indiani formano le file per farti le foto nella speranza di aver incontrato chissà quale star di Hollywood…

Quando torni da un viaggio in India ti rendi conto di quanto ridicolo sei a metterti l’amuchina ogni tre secondi, ad avere la paranoia di non sapere “cosa mettermi stasera” viste le tonnellate di vestiti che ti ritrovi nell’armadio, ad essere condannato a non avere gli anticorpi necessari vista l’abitudine di vivere in una casa che luccica e splende, ad essere triste e insoddisfatto anche se nulla ti manca nella vita.

Problemi di questo genere gli indiani non ce li hanno… loro vivono spensierati mettendo lo stesso pantalone e la stessa maglietta ogni giorno, a ballare nel fango dopo due gocce di pioggia (senza prendere alcuna malattia), a mangiare con le mani senza il bisogno di riempirsi d’amuchina prima di iniziare, a sorridere spontaneamente nonostante il poco che hanno.

E allora un viaggio in India non farà altro che farti riflettere su questo, penso. Potrai portare a casa mille foto e mille souvenir, ma ciò che di più prezioso avrai guadagnato, sarà la consapevolezza che ognuno nel mondo conduce la vita a modo suo e ciò non significa per forza che una vita sia migliore o peggiore. Pensarla in questo modo sarebbe presuntuoso e sintomo di ignoranza. Semmai, starà proprio nell’intelligenza di quella persona avere la capacità di riuscire a trarre il meglio dalla vita che, per volontà di chissà chi, gli è capitata.

Ciò detto, il mio viaggio si è svolto in cinque fasi.

Fase 1: 10 giorni in giro per il Rajasthan (Mandawa, Bikaner, Jaisalmer, Jodhpur, Pushkar, Agra). Con l’ausilio di un autista prenotato con l’agenzia Karni (consigliato!) abbiamo trascorso i primi dieci giorni indiani in giro per il Rajasthan. E’ un giro abbastanza comune quindi elenco solo alcune impressioni:

Mandawa e Bikaner: tornassi indietro le salterei. La strada è lunga e non vale la pena trascorrere quelle ore per quel poco da vedere. A Bikaner, se necessario fermarsi, vale la pena cenare o soggiornare (per chi può permetterselo) al The Laxmi Niwas Palace. Noi abbiamo, ovviamente, solo cenato ed è stato un incanto. 

Jaipur: non ripeterei il giro in elefante alla salita dell’Amber Fort. Gli animali sono trattati come schiavi e non c’è modo di godere di tale tratto.

Agra: attenzione al controllo sicurezza al Taj Mahal. Sono davvero fiscali: lasciate tutte le cose a casa o ve le bloccano all’ingresso (carte, peluche, tripod, sigarette elettroniche ecc.).

Fase 2: Varanasi. Siamo arrivate in aereo, compagnia Indigo. Prenotato tutto sul sito in maniera facile e veloce. Volo economico e compagnia impeccabile (ritengo anche migliore delle low cost europee). Varanasi, anche se fuori rotta, merita 24 ore di sosta. E’ un posto mistico, quasi spettrale e ti immerge nella cultura induista. L’unica nota triste è data dai turisti occidentali che scattano mille foto delle salme prima della cremazione. Se facessero così al vostro funerale, sareste contenti?

Fase 3: Goa. Ad agosto era sconsigliata dai più. Ce ne siamo fregate e abbiamo pagato le conseguenze. C’è da dire, però, che la necessità di un po’ di riposo accompagnato dallo scrosciare insistente della pioggia, era ciò che ci serviva in quel momento. Al terzo giorno, è risuscitato il sole. Troppo tardi, però.

Fase 4: Delhi. Ultime 24 ore nella capitale. Dopo tre giorni di sonnolenza e pioggia, ripiombare nel traffico e nel caos di una metropoli di 16 milioni di abitanti, non è stato proprio gradevole. Tuttavia, grazie ai tuc tuc a 40 rupie a tratta, ce la siamo girata in maniera agevole e divertente.

Fase 5: Aeroporto. Lo so, non ha senso come ultima fase la sola tratta in aeroporto. Però, in realtà, la corsa in aeroporto nella buia Delhi dell’una di notte, calma, tranquilla, quasi incontaminata, costituiva una sorta di “corsa all’occidente” – e a me ha fatto riflettere. E le riflessioni avute sono proprio quelle descritte nel discorso iniziale che vi invito a rileggere in quanto forse, più che aprire, chiudono al meglio questo mio racconto.

Namaste. Carmen

Ps: amo le parole ma le immagini, a volte, rendono di più. Eccovi il video del nostro viaggio: https://www.youtube.com/watch?v=Rngtpg2P2Pg (visibile solo su pc o smart tv – no smartphone).

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Taj Mahal



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