L’Argentina che non ti aspetti: il NOA

Viaggio zaino in spalla nel nord-ovest argentino
Scritto da: Nahui
l'argentina che non ti aspetti: il noa
Partenza il: 05/03/2016
Ritorno il: 27/03/2016
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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Due anni fa, il mio compagno Luciano ed io abbiamo fatto un viaggio di esattamente cento giorni in Argentina: approfittando dell’ospitalità della sua famiglia materna, che vive nella graziosa città di La Plata, vicino Buenos Aires, abbiamo potuto esplorare il Nord-ovest del Paese, meglio conosciuto come NOA. Il NOA è la zona andina del Paese, tra le province di Salta, Jujuy, Tucumán, Catamarca, La Rioja e Santiago del Estero.

Prima di partire, ci siamo informati su vari blog argentini circa le maggiori attrattive della zona e abbiamo tracciato un itinerario abbastanza approssimativo delle nostre tappe. Noi infatti viaggiamo “de mochileros”, vale a dire zaino in spalla (da cui il nome del nostro blog, “Mochilando por ahí”), quindi siamo sempre aperti di fronte a qualunque cambio di programma. Avevamo con noi tenda e sacchi a pelo, che però abbiamo usato solo una volta, perché per il resto del viaggio quando non trovavamo ospitalità presso amici o tramite Couchsurfing, ci siamo fermati in ostelli o hospedajes (stanze presso famiglie).

Ci siamo spostati prevalentemente in autobus, il mezzo di trasporto più usato in Sudamerica, ma talvolta siamo anche stati caricati in auto da persone molto gentili, abituati agli autostoppisti da quelle parti. Eravamo infatti in piena estate e per i giovani argentini, soprattutto della zona di Buenos Aires, è consuetudine fare il nostro stesso viaggio, un po’ come noi europei facciamo con l’interrail.

Il primo impatto con il NOA ci lascia a bocca aperta: dopo ben 18 ore di autobus da La Plata, arriviamo a Tafí del Valle, deliziosa cittadina che ricorda le Alpi, tra verdi pascoli e laghi adagiati tra le valli… finché non abbiamo il primo incontro ravvicinato con una famiglia di lama e realizziamo di essere sulle Ande!

La tappa successiva è Amaicha del Valle, la cui piazza principale mostra orgogliosa un cartello secondo cui lì splende il sole tutto l’anno… e ovviamente noi becchiamo l’unico giorno di pioggia (per di più l’unica volta che useremo la tenda in tutto il viaggio!). Tra le attrattive della zona, merita senza dubbio una visita il Museo della Pachamama ma soprattutto è d’obbligo andare a vedere le Rovine di Quilmes, l’omonimo popolo precolombiano che provò coraggiosamente a resistere prima agli Incas e poi agli spagnoli.

Proseguiamo il nostro itinerario facendo tappa nella deliziosa cittadina di Cafayate, famosa per il vino e per l’omonima Quebrada, una delle principali attrazioni della zona (che letteralmente significa “fiume tra due montagne”): un luogo di una bellezza indescrivibile a cui nessuna foto potrà mai rendere giustizia. Per sei ore, insieme alla nostra simpaticissima guida e a nuovi compagni d’avventura, camminiamo e ci arrampichiamo su montagne dalle forme bizzarre e dai mille colori.

Salta, città dall’architettura coloniale detta “la linda” per la bellezza dei paesaggi di cui è il capoluogo, vanta diversi musei tra cui il più famoso è il MAAM, il Museo Archeologico di Alta Montagna, in cui sono conservate tre mummie di bambini Incas che vengono esposte a rotazione. Imperdibile inoltre la vista della città dal Cerro San Bernardo.

A Tilcara siamo ospiti di Micaela, coplera autoctona, e Simone, compaesano di Luciano (i casi della vita!): casa loro è proprio in cima al paese, e ci fa sentire un po’ come l’Inca, con il villaggio ai nostri piedi. Tilcara è in assoluto la cittadina che più mi ha affascinata nel viaggio al NOA: pur essendo oramai meta turistica, è riuscita a mantenere intatta la propria essenza indigena. Tra un trekking sotto al sole fino alla Garganta del Diablo e una visita al Pucará, una colazione andina e molteplici acquisti nel mercatino artigianale, il tempo scorre lentamente in questa città tanto polverosa quanto affascinante e vorremmo fermarci qui a tempo indeterminato.

Arriviamo a Humahuaca e appena scesi dall’autobus conosciamo Alexis, un ragazzo del posto che, oltre ad aiutarci a trovare un ostello, ci propone subito un’escursione in un poco noto sito archeologico in cui sono preservate pitture rupestri risalenti alla Conquista. Siamo gli unici turisti perché le popolazioni locali preferiscono che questo sito non venga preso d’assalto: è successo infatti che alcuni viaggiatori poco rispettosi si portassero via pezzi delle pitture e piante. E’ importante per gli indigeni che tutto resti immutato per poterlo preservare e proteggere. Nel pomeriggio partiamo con un tour per la Quebrada de Humahuaca: sul retro di un pick-up arriviamo a 4300 m e ci godiamo la meraviglia del Cerro de los 14 colores, uno dei paesaggi più emozionanti di tutto il viaggio.

Insieme ad alcuni compagni di viaggio partiamo per Iruya, uno splendido villaggio che si raggiunge dopo qualche ora di autobus su una strada sterrata, stretta tra la montagna (siamo arrivati ad oltre 4000 m per poi scendere a valle) e il precipizio. I bagagli sono saldamente legati sul tetto del bus e noi guardiamo affascinati fuori dal finestrino il paesaggio arido.

Il giorno dopo, insieme ai nostri compagni di viaggio, partiamo per San Isidro, un minuscolo villaggio che si raggiunge solo dopo 3 ore di camminata tutta in salita che in alcuni tratti prevede anche il guado del fiume. Quando arriviamo ci troviamo nel bel mezzo di un’assemblea cittadina in cui si sta discutendo della possibilità di mettere un cancello all’inizio del villaggio per regolamentare l’ingresso dei turisti. I locali sono silenziosi ma gentili con noi e passiamo la notte in un hospedaje.

Tornati a Humahuaca, facciamo (letteralmente) un salto in Bolivia nella città che da un lato si chiama La Quiaca e dall’altro Villazón e poi, rientrati in Argentina, ci rifugiamo per qualche giorno nel piccolo villaggio di Yavi, che sembra uscito dal Medioevo per le sue casette di fango e paglia e i ritmi lenti e tranquilli.

Quando arriviamo a Purmamarca, una delle cittadine più belle del NOA che però il turismo sta alquanto snaturando, è Giovedì Santo e ricorre il quarantesimo anniversario del golpe militare che trasformò l’Argentina in una sanguinosa dittatura. Nella piazzetta è in corso una commemorazione per i desaparecidos mentre sono numerosissimi i turisti accorsi per fotografare il Cerro de los siete colores e fare acquisti al mercatino. Da Purmamarca partiamo in minibus per un’escursione alle Salinas Grandes, dove nella preistoria c’era un lago di oltre 500 km di superficie. È un luogo abbastanza surreale, di un bianco accecante e i turisti ne approfittano per fare foto in pose improbabili.

In modo un po’ inaspettato, decidiamo di mettere fine al nostro viaggio: dopo più di venti giorni la stanchezza comincia a farsi sentire e così partiamo per San Miguel. È la sera prima di Pasqua e troviamo gli ultimi due letti liberi in una camerata di un coloratissimo ostello. Siamo riusciti a trovare gli ultimi due posti liberi su un autobus per La Plata. Diversamente dal viaggio d’andata, siamo quasi al verde e quindi la lunga traversata è segnata dal freddo e dalla scomodità. Dopo innumerevoli peripezie, arriviamo finalmente a destinazione, stanchi ma con ricordi indelebili ben stampati nella memoria.

Il NOA ci ha conquistati, non sapevamo bene cosa aspettarci ma la bellezza dei paesaggi, la dignità e semplicità della gente, i ritmi di vita lenti e il cibo squisito (le empanadas più buone mai mangiate!) valgono decisamente la pena.



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